Henri F. Ellenberger

La scoperta dell’inconscio

Capitolo 7
Sigmund Freud e la psicoanalisi

Con Sigmund Freud la storia della psichiatria dinamica acquista nuovi lineamenti. Mentre uomini come Pierre Janet rimasero entro i confini delle organizzazioni scientifiche tradizionali, scrissero in riviste aperte a qualunque opinione psicologica o medica e non tentarono mai di fondare una scuola, Freud invece infranse pubblicamente i vincoli con la medicina ufficiale. Con Freud incomincia l'era delle più moderne scuole dinamiche, con la loro dottrina ufficiale, la loro rigida organizzazione, le loro riviste specializzate, i circoli ristretti, e la prolungata iniziazione imposta ai membri. La fondazione di questo nuovo tipo di psichiatria dinamica fu collegata a una rivoluzione culturale paragonabile per ampiezza a quella scatenata da Darwin.

Lo sfondo storico

Sigmund Freud nacque a Freiberg, in Moravia, nel 1856, e morì a Londra nel 1939. A parte i primi quattro anni della sua vita e l'ultimo, egli visse sempre a Vienna.

Nel 1856 l'Impero austriaco risentiva ancora delle conseguenze della rivoluzione del 1848 che era stata repressa dall'esercito, il ventiseienne imperatore Francesco Giuseppe I stava cercando di ridurre l'esercito e di rafforzare il suo potere personale [1]. Dopo la guerra di Crimea l'Austria era rimasta la potenza dominante nell'Europa centrale. Nel 1857 il giovane imperatore decise di fare di Vienna la moderna capitale di un grande impero. Le antiche mura della città furono demolite per far posto al Ring, vasto viale attorno alla città, ai lati del quale sarebbero stati costruiti nei decenni successivi splendidi palazzi ed edifici. Durante questi anni iniziali della sua fondazione, l'Impero godette di uno sviluppo industriale ed economico senza precedenti, nonostante taluni sconvolgimenti politici. Nel 1859 l'Austria fu sconfitta in Italia dai franco-piemontesi e perse la Lombardia. Nel 1866 l'Austria, in guerra con la Prussia, subì una rapida e schiacciante sconfitta a Sadová e perse il Veneto. L'Impero austriaco dovette abbandonare le sue ambizioni a riguardo della Germania e dell'Italia e incominciare a volgere lo sguardo, per la propria espansione politica ed economica, sulla penisola balcanica dove incontrò la crescente rivalità della Russia. Nel 1867 l'Impero austriaco si trasformò in Regno austro-ungarico. Nel 1875 la Bosnia e l'Erzegovina si ribellarono contro i turchi e ciò determinò una guerra russoturca (1877-78). Questo conflitto si concluse con il congresso di Berlino, che pose queste due regioni sotto la protezione e amministrazione dell'Austria-Ungheria. Nel 1890 i sobborghi di Vienna furono incorporati alla capitale, che giunse ora ad avere oltre un milione di abitanti e divenne una delle più belle città del mondo.

L'assassinio del re Alessandro di Serbia e di sua moglie nel 1903 segnò l'inizio di un periodo di aperta ostilità da parte della Serbia contro il Regno austro-ungarico. Nel 1908 ci fu la rivoluzione dei Giovani Turchi e la Bosnia-Erzegovina fu annessa dall'Austria-Ungheria. I conflitti etnici e i problemi delle lingue amministrative ufficiali divennero sempre più complessi all'interno del Regno austro-ungarico. L'opinione pubblica seguiva con estrema attenzione le guerre balcaniche che culminarono nel 1912 e 1913.

Nel giugno 1914 l'assassinio a Saraievo dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono, e di sua moglie scatenò la prima guerra mondiale, e successivamente la sconfitta e il crollo del Regno austro-ungarico, nel novembre 1918. La piccola Repubblica austriaca che emerse dalle sue rovine fu scossa da sconvolgimenti dell'ordine sociale e politico. Nel 1926 la situazione economica e politica migliorò temporaneamente in Austria, ma poco dopo vi furono le rivolte del 1927, l'insurrezione socialista, l'assassinio del cancelliere Dollfuss e infine l'occupazione nazista di Vienna nel febbraio 1938. Freud fu salvato per l'intervento di amici influenti. Egli partì per l'Inghilterra e morì a Londra il 23 settembre 1939, all'età di ottantatré anni, tre settimane dopo l'inizio della seconda guerra mondiale.

La vita di Sigmund Freud è esempio di una graduale ascesa sociale dalla piccola all'alta borghesia. Dopo i difficili anni della libera docenza, egli divenne uno dei medici più conosciuti di Vienna, con l'ambito titolo di "professore straordinario". I pazienti sui quali compì i suoi studi neurologici appartenevano agli strati inferiori della popolazione, ma la sua clientela privata, sulla quale basò la psicoanalisi, era costituita da pazienti provenienti dagli ambienti sociali più elevati. Verso i cinquant’anni egli si trovò a capo di un movimento la cui influenza andò gradualmente estendendosi alla vita culturale del mondo civile, cosicché verso i settant'anni aveva raggiunto fama mondiale. Quando morì esule in Inghilterra, fu commemorato come simbolo della lotta per la libertà contro l'oppressione fascista.

La famiglia

Molti dati relativi alla famiglia di Sigmund Freud sono ancora ignoti o poco chiari. Il poco che sappiamo dev'essere compreso entro il più ampio schema di riferimento delle condizioni degli ebrei nel Regno austro-ungarico del diciannovesimo secolo [2]. Prima dell'emancipazione gli ebrei di Austria e Ungheria appartenevano a vari gruppi che vivevano in condizioni politiche, sociali ed economiche assai diverse.

A Vienna vi erano le cosiddette famiglie "tollerate" [3]. Pur essendo stati gli ebrei banditi da Vienna nel 1421 e nuovamente nel 1670, nella seconda metà del diciottesimo secolo si ricostituì una "terza comunità" intorno ad alcune famiglie ricche e influenti. Nel Vormärz (periodo dal 1790 al 1848) il loro numero aumentò, e nonostante le regolamentazioni restrittive esse acquisirono grande importanza nella vita economica, controllando, in particolare, il commercio tessile e del grano.

Un altro gruppo ebraico di Vienna, la cosiddetta comunità turco-israelita, era costituito da ebrei sefarditi provenienti da Costantinopoli e da Salonicco e che godettero per lungo tempo della protezione del sultano [4]. Essi parlavano un dialetto spagnolo-ebraico, e pronunciavano l'ebraico in un modo diverso dagli ebrei di lingua tedesca. A quanto sembra, erano invidiati dagli altri ebrei e correva voce che alcuni di questi ultimi avessero tentato di unirsi alla comunità spagnolo-ebraica e ne fossero stati sdegnosamente respinti.

Vi erano anche gli ebrei del ghetto di certe città. Il modo di vivere degli ebrei di Presburgo è stato ben descritto da Sigmund Mayer, un ricco mercante nato e cresciuto in quella città [5]. A Presburgo, città di quarantamila abitanti a quell'epoca, vi erano cinquemila ebrei, che abitavano tutti in un'unica strada lunga e stretta, limitata alle due estremità da un cancello che veniva chiuso dalla polizia ogni sera. Un lato di quella strada apparteneva alla città, l'altro lato era proprietà del conte Palffy, un magnate ungherese; gli inquilini di questo lato della via subirono restrizioni meno dispotiche. Tuttavia nessuno aveva il diritto di comprare un appartamento o una casa. Da entrambi i lati vi erano negozi e abitazioni in cui la gente viveva in condizioni di estrema ristrettezza. Alcuni degli ebrei erano artigiani, ma i più erano negozianti. Qualcuno aveva grandi imprese, particolarmente nel commercio tessile. Poiché gli ebrei erano i soli mercanti nella città, le strade del ghetto erano sovraffollate di clienti per tutta la giornata. Gli ebrei vivevano sotto grande pressione a causa della concorrenza e lavoravano febbrilmente dal mattino presto fino a tarda sera per sei giorni alla settimana. Il resto del tempo era assorbito dalle pratiche religiose: si recavano alla sinagoga a pregare due volte al giorno, e celebravano il sabato e le feste ebraiche in maniera rigorosamente ortodossa. I bambini frequentavano la scuola alla sinagoga, dove la massima parte dell'insegnamento consisteva nella lettura dei libri sacri in ebraico, senza capirne il significato, una prova del fuoco per la maggior parte di essi. La vita familiare era rigorosamente patriarcale, l'uomo era l'autorità indiscussa nella famiglia. La disciplina era rigida, ma i genitori facevano tutto il possibile per assicurare un futuro migliore ai figli. In simili condizioni di relegamento, nelle quali ognuno sapeva che cosa faceva l'altro, si sviluppò una particolare mentalità, caratterizzata da una severa repressione degli impulsi, da onestà inevitabile, da uno spirito vivace in vena sarcastica (come si trova in scrittori quali Heinrich Heine e Ludwig Börne, cresciuti in un ghetto). Il tratto principale era la paura, paura dei genitori, degli insegnanti, dei mariti, dei rabbini, di Dio, e soprattutto dei gentili. "A Presburgo — scrisse Sigmund Mayer — nessun ebreo avrebbe osato rispondere alle percosse ricevute da un cristiano, e neanche noi bambini avremmo osato lottare contro bambini cristiani che ci avessero attaccato." Infine, all'interno del ghetto vi era una struttura sociale composta di gente di successo e fallita, di ricchi e di poveri, e di un'aristocrazia di qualche famiglia facoltosa, come i Gomperz, i Todesco, gli Ullmann, i Pappenheim, che mantenevano un'estesa rete d'affari e di relazioni sociali.

Altri gruppi ebraici erano sparsi in luoghi dove vivevano in condizioni molto diverse. Vi era una comunità ebraica attiva e prospera nella piccola città di Kittsee, tra Vienna e Presburgo, ai piedi del castello del conte Batthyàny. Vi erano commercianti di grano che avevano là i loro magazzini e le loro case, godevano di una relativa libertà ed erano attivamente impegnati nel commercio con Vienna e Budapest.

La maggior parte della popolazione ebraica dell'Austria viveva in piccole città e villaggi della Galizia, ed erano in così stretto rapporto con i contadini polacchi, che spesso si rivolgevano gli uni agli altri con il familiare "tu".'La mentalità di questi ebrei era diversa da quella degli ebrei del ghetto. Fra loro vi erano dei mercanti ambulanti. Quelli poveri andavano a piedi, portando le loro merci sulla schiena, gli altri avevano carri trainati da cavalli. Vi erano anche molti artigiani e commercianti, albergatori e piccoli proprietari terrieri. Della vita di queste comunità ebraiche della Galizia alla fine del diciottesimo secolo abbiamo una vivace descrizione nelle memorie di Ber di Bolechow (1723-1805), mercante ebreo che s'interessava appassionatamente della vita culturale della sua comunità [6]. Egli descrisse i loro commerci, le regole degli affari, le relazioni commerciali, il sistema e la circolazione monetari, il credito e i prezzi, la stretta relazione di alcuni di essi con centri commerciali esteri, i loro lunghi viaggi a dorso di cavallo, la loro conoscenza delle lingue e le amichevoli relazioni con i gentili. Ber descrisse anche l'autonomia di queste comunità ebraiche sotto l'amministrazione del kahal, le cui funzioni si estendevano a questioni legali, attività economiche e istituzioni filantropiche, e che altresì riscuoteva le imposte delle quali era responsabile. Il kahal aveva un'amministrazione propria e manteneva un corpo di polizia. Oltre al kahal vi erano il rabbino, capo religioso, e il dayan (giudice). Un aspetto notevole nella descrizione di Ber è l'intensità della vita culturale: oltre al generale rispetto per la cultura e la riverenza per i saggi rabbini, vi erano vivaci dibattiti tra gli ebrei ortodossi e i seguaci dell'hasidismo e dell'Halakha'h. Ber parla con ironia della propria istruzione talmudica e del pilpel, cioè l'accesa discussione sui punti oscuri del Talmud tra uomini dotti, ognuno dei quali rivaleggia con gli altri in argomentazioni sottili, distinzioni pedanti e asserzioni audaci ricavate da ingegnose combinazioni del testo. Tra questi ebrei galiziani, la rinascita della lingua e della letteratura ebraiche era avvenuta nella prima metà del diciottesimo secolo. Perciò non vi è nulla di sorprendente nel fatto che Jacob Freud (padre di Sigmund), che proveniva da Tysmienica, sapesse scrivere l'ebraico correntemente.

In Moravia agli ebrei non era permesso stabilirsi su base permanente. Gli ebrei moravi erano perlopiù immigranti dalla Galizia con un permesso di residenza limitato a sei mesi, che doveva essere rinnovato dopo tale periodo di tempo. Inoltre, essi potevano abitare solo in edifici speciali, i cosiddetti städtische Bestandhäuser, di proprietà comunale e dati in affitto. Il permesso di abitare in alloggi privati poteva essere concesso dietro pagamento di una tassa speciale. Tali drastiche condizioni non impedirono a molti ebrei in Moravia di svolgere attività commerciali, incoraggiate dalle autorità locali in quanto vantaggiose per la comunità.

Questa era la condizione degli ebrei prima dell'emancipazione. La fallita rivoluzione del 1848 fu seguita da una breve ma aspra reazione, che colpì anche gli ebrei, ma nel 1852 iniziò un periodo di politica liberale. Nel 1867 agli ebrei fu ufficialmente concessa parità di diritti politici, di cui in pratica essi avevano già goduto per un decennio. Ci fu un grande afflusso di ebrei, da tutte le parti del regno a Vienna e anche dalle parti confinanti dell'Impero russo verso l'Austria-Ungheria.

L'emancipazione e l'abolizione dei ghetti mutò completamente la vita degli ebrei. Non solo molti di essi emigrarono dalla campagna nelle città, e dalle città di provincia a Vienna, ma per i più mutò radicalmente il modo di vivere. Molti degli ebrei, particolarmente nelle città, si sforzarono di "assimilarsi" adottando abitudini, maniere, abiti e modo di vivere della popolazione in mezzo alla quale si trovavano, e gli ebrei che parlavano yiddish (dialetto tedesco del quattordicesimo secolo frammisto di parole ebraiche) adottarono il tedesco moderno corrente. Molti di questi ebrei "assimilati" mantennero la loro religione sotto forma del cosiddetto giudaismo liberale; altri che avevano uno scarso o nessun sentimento religioso restarono tradizionalmente legati alle loro comunità. Taluni ebrei andarono anche più in là: abbandonarono la religione dei loro avi, che ormai non significava più niente per loro, e poiché era obbligatorio essere classificati in una religione, essi si facevano registrare come cattolici o protestanti. Alcune comunità di ebrei ortodossi mantennero rigorosamente il loro credo, i riti e le abitudini. Leggendo certe descrizioni della vita del ghetto, come quelle di Sigmund Mayer [7] o di Heymann Steinthal [8], si avverte un curioso sostrato di nostalgia per il tempo in cui la vita religiosa e la disciplina morale erano così rigorose.

È chiaro che una tanto estesa rivoluzione sociale, politica, economica e culturale comportò difficili problemi per le famiglie o gli individui coinvolti. La situazione assomigliava in certo modo a quella degli emigranti europei negli Stati Uniti d'America nel processo di passaggio da una civiltà a un'altra. Per molti giovani l'emancipazione fu un'esperienza straordinaria, che apriva loro un mondo dì possibilità insospettate. Josef Breuer dice di suo padre Leopold Breuer:

Egli appartenne a quella generazione di ebrei che per prima passò dal chiuso del ghetto spirituale all'aria aperta del mondo occidentale... Noi non possiamo valutare appieno l'energia spirituale rivelata da quella generazione. Cambiare il gergo con il tedesco corretto, la limitatezza del ghetto con le usanze colte del mondo occidentale, ottenere accesso alla letteratura, alla poesia e alla filosofia della nazione tedesca... [9].

D'altra parte sorsero molti conflitti tra i genitori ortodossi e i figli divenuti estranei, che non potevano rendersi conto delle aspre condizioni nelle quali avevano vissuto i loro genitori. Freud racconta che quando aveva dieci o dodici anni, suo padre gli disse che una volta, da giovane, mentre passeggiava per la via, era passato un gentile e con un colpo gli aveva buttato il berretto nel fango urlando: "Giù dal marciapiede, ebreo!" Sigmund chiese al padre che cosa egli avesse fatto allora, e Jacob rispose: "Andai in mezzo alla via e raccolsi il berretto [10]." Il ragazzo restò indignato per quella che considerava viltà da parte del padre. Un aneddoto di questo genere illustra quale abisso vi fosse tra la giovane generazione e quella precedente, e può contribuire a spiegare la genesi del concetto di complesso edipico.

Un'altra conseguenza dell'emancipazione fu che gli ebrei dovettero sottoporsi alla stessa registrazione civile degli altri cittadini. Molti adottarono nomi nuovi, soprannomi, date di nascita fittizie; venivano registrati nella comunità ebraica con un nome ebraico e nel registro civile con un altro, cosicché avevano una sorta di doppia identità. In Austria la registrazione civile veniva spesso effettuata in modo del tutto accidentale. Sui certificati di matrimonio o di morte, il registro civile si basava per le date di nascita sulle informazioni fornite verbalmente dalle persone, e poteva accadere anche che su un documento ufficiale il luogo di nascita fosse confuso con una precedente località di residenza. Per queste ragioni gli storici devono essere molto attenti quando utilizzano i documenti ufficiali austriaci di quell'epoca, particolarmente quelli relativi a ebrei.

La tendenza all'assimilazione fu facilitata dal fatto che in Austria per due o tre decenni l'antisemitismo fu quasi del tutto sconosciuto. A Vienna la popolazione ebraica aumentò costantemente, e dalle poche centinaia che erano all'inizio del diciannovesimo secolo, gli ebrei raggiunsero il numero di 72000 nel 1880, di 118000 nel 1890, e di 147000 nel 1900 [11]. Molti erano gli avvocati, i medici e gli scienziati ebrei. Tra i professori ebrei della facoltà di medicina di Vienna Max Grünwald nomina l'oculista Mauthner, il fisiologo Fleischl von Marxow, l'anatomista Zuckerkandl, i dermatologi Kaposi e Zeissl, i laringologi Stoerk e Johann Schnitzler, l'idrologo Winternitz, il pediatra Kassowitz, l'otologo Politzer, il patologo sperimentale Stricker, e il neurologo Moritz Benedikt [12]. Vi erano anche Josef Breuer, i due premi Nobel Fried e Barany, e molti altri. Sembrerebbe che i primi segni di antisemitismo siano comparsi dopo il panico della borsa valori del 1873, e che esso sia andato lentamente crescendo negli anni ottanta e novanta, sebbene taluni ebrei in posizioni influenti che vivevano a Vienna a quell'epoca affermino di non essersi accorti di nulla o di averne avuto solo lieve sentore [13]. Tuttavia anche in questi due o tre decenni durante i quali l'antisemitismo praticamente fu inesistente a Vienna, molti ebrei restarono ipersensibili a qualunque cosa sembrasse implicare il minimo antagonismo. Josef Breuer criticò tale atteggiamento in un suo scritto del 1894 in risposta a un'inchiesta condotta dalla Kadimah, un'associazione studentesca ebraica:

La nostra epidermide è quasi diventata troppo sensibile, e io vorrei che noi ebrei avessimo ferma coscienza del nostro valore, quieti e semindifferenti al giudizio degli altri, piuttosto che questo point d'honneur vacillante, facilmente ferito, ipersensibile. Comunque sia, questo point d'honneur è certamente un prodotto dell'"assimilazione" [14].

Tra gli ebrei di Vienna nella seconda metà del secolo un occhio perspicace potrebbe riconoscere vari tratti caratteristici a riguardo dell'ambiente familiare. A seconda che provenissero da famiglie viennesi "tollerate", dalla comunità "ispano-turca", da altre comunità privilegiate, dal ghetto, o da qualche città della Galizia, le loro vedute generali sulla vita erano destinate nel essere molto diverse. Non è irrilevante notare che il padre di Josef Breuer era stato emancipato in gioventù da una comunità molto unita e rigida, che il nonno di Bertha Pappenheim era un uomo importante nel ghetto di Presburgo, che il padre di Adler proveniva dalla prospera comunità ebraica di Kittsee, che Moreno nacque in una famiglia ebraica spagnola, e che gli antenati di Freud avevano vissuto in Galizia e in Russia.

Ciò che precede ci aiuterà a capire il problema dell'ambiente familiare di Freud nella sua piena complessità. I dati effettivi e attendibili sugli antenati di Freud, e anche sui suoi genitori, sono scarsi. Come molti dei loro contemporanei, essi furono molto discreti nel rivelare cose del proprio passato. Quasi tutto circa la vita e la personalità di Jacob Freud è oscuro. Solo recentemente le accurate ricerche compiute da Renée Gicklhorn e J. Sajner hanno fatto luce su alcuni elementi [15].

Il più antico documento che possediamo sulla storia della famiglia di Freud è una lettera, datata 24 luglio 1844, scritta da un mercante ebreo, Abraham Siskind Hoffman, che viveva nella piccola città di Klogsdorf, nei pressi di Freiberg, in Moravia. Egli informava le autorità che "vecchio di sessantanove anni" aveva preso come socio d'affari il nipote Jacob Kelemen (Kallamon) Freud, di Tysmienica in Galizia. Abraham Hoffman ricorda alle autorità che egli compra stoffa di lana a Freiberg e dintorni, la fa tingere e apprettare, la invia in Galizia, e porta prodotti regionali dalla Galizia a Freiberg. Egli aggiunge che ha ottenuto per sé e il nipote un passaporto di viaggio dal governo di Lemberg, valido fino al maggio 1848. Egli richiede alle autorità il permesso di residenza a Freiberg per entrambi per lo stesso periodo.

Su approvazione della corporazione fabbricanti di stoffe, la richiesta di Abraham Hoffman fu accolta. L'età di Jacob Freud è indicata di ventinove anni a quell'epoca. Sappiamo da altri documenti che egli era figlio di Salomon Freud, mercante, e di Pepi Hoffman, di Tysmienica. Sua moglie, Saly Kanner, rimase a Tysmienica con i due figli. Sia Abraham Hoffman che Jacob Freud appartenevano al gruppo dei Wanderjuden (ebrei viaggianti) che si spostavano continuamente dalla Galizia a Freiberg. Erano tutti parenti e provenivano da Tysmienica, Stanislau, e Lemberg. Dal registro comunale di Freiberg e dal passaporto di Jacob Freud sappiamo che negli anni seguenti egli trascorse sei mesi a Klogsdorf o a Freiberg e per il resto dell'anno viaggiò andando in Galizia, a Budapest, Dresda e Vienna.

Nel febbraio 1848, la città di Freiberg decise di imporre una tassa sul gruppo di otto commercianti ebrei galiziani. Questo rese necessaria un'indagine sugli affari di ciascuno. La corporazione fabbricanti di stoffe dichiarò, che Abraham Hoffman e Jacob Freud erano noti come onesti uomini d'affari, e che la loro presenza era di grande vantaggio per la popolazione. Ciò, accadde poco prima della rivoluzione del 1848, che diede agli ebrei libertà di residenza. Prove scritte testimoniano che gli affari di Jacob Freud raggiunsero il loro punto massimo nel 1852. Nello stesso anno la seconda moglie Rebecca venne ad abitare a Freiberg con i due figli della prima moglie: Emanuel, di ventun anni, e Philipp di sedici anni. Emanuel era sposato e aveva un figlio. Rebecca Freud morì tra il 1852 e il 1855. Jacob Freud si sposò per la terza volta il 29 luglio 1855, a Vienna, con Amalia Nathanson [16].

Non sappiamo quando Jacob rilevò gli affari del nonno, né sappiamo per quale ragione egli li affidò al figlio Emanuel nel 1858. Nel 1859 egli richiese un certificato di moralità e buona condotta alle autorità, e poco tempo dopo partì da Freiberg. Detto per inciso, ciò accadde nell'anno in cui in Austria furono ufficialmente abolite tutte le restrizioni per gli ebrei.

A parte questi rari dati scritti, sappiamo molto poco di Jacob Freud, e anche la sua data di nascita è incerta [17]. Nulla sappiamo della sua infanzia, della sua giovinezza, della sua prima moglie e del primo matrimonio, né dove egli visse fino al 1844, né della sua seconda moglie, né quando e come egli incontrò la terza moglie, che cosa faceva a Lipsia nel 1859, né infine come si guadagnasse da vivere a Vienna, e quale fosse la sua situazione finanziaria.

L'occupazione di Jacob Freud a Vienna è generalmente registrata come "mercante in lana", ma anche questo resta incerto. Renée Gicklhorn afferma di non essere riuscita a trovare alcuna menzione di lui nel Gewerberegister (registro del commercio) di Vienna, o nel Gewerbesteuericataster (catasto delle imposte sul commercio), il che escluderebbe la possibilità ch'egli abbia praticato alcun commercio a Vienna [18]. Secondo Jones, Jacob Freud fu sempre in una situazione finanziaria precaria e riceveva denaro dalla famiglia della moglie [19]. Tuttavia, come osserva Siegfried Bernfeld:

...Jacob Freud era di fatto riuscito in qualche modo a mantenere la famiglia discretamente ben nutrita e ben vestita, e a vivere in uno spazioso appartamento. Nessuno dei figli dovette interrompere gli studi, e anche qualche lusso era concesso. Vi era denaro per libri, per biglietti teatrali, per un pianoforte, per lezioni di musica, per un ritratto a olio di Sigmund all'età di nove anni, e di tutti i figli qualche anno più tardi, per la moderna e perfezionata lampada a petrolio — la prima del suo genere a Vienna — e anche per vacanze estive in una località di villeggiatura in Moravia [20].

Renée Gicklhorn aggiunge che, in base ai dati d'archivio, Jacob Freud pagò sempre interamente le tasse scolastiche per il ginnasio del figlio, anche se il ragazzo avrebbe potuto facilmente ottenerne l'esenzione poiché era sempre il primo della classe (tuttavia, ciò avrebbe implicato un'indagine sullo stato finanziario della famiglia).

Anche più oscure sono le personalità dei fratelli di Jacob Freud, particolarmente dello zio di Sigmund, Josef, e le notizie su contrasti di quest'ultimo con la legge.

La terza moglie di Jacob, Amalia Nathanson, secondo il certificato matrimoniale proveniva "da Brody" (il che non significa necessariamente che vi fosse nata), aveva diciannove anni (quindi la data di nascita sarebbe 1836) e suo padre, Jacob Nathanson, era un Handelsagent (agente commerciale) a Vienna. Essa trascorse una parte dell'infanzia a Odessa, nel sud della Russia, da dove i suoi genitori si trasferirono a Vienna, a una data che non ci è nota. Le testimonianze su di lei concordano in tre punti: la sua bellezza, la personalità autoritaria e la sconfinata ammirazione per il primogenito Sigmund. Essa morì nel 1931 all'età di novantacinque anni.

Jones rilevò l'insolita composizione della famiglia Freud, con i due fratellastri Emanuel e Philipp, che avevano quasi la stessa età della madre di Sigmund, solo di poco più vecchio del nipote John [21]. Dei fratelli e delle sorelle più giovani di Sigmund, solo Anna nacque a Freiberg; gli altri cinque — Rosa, Marie, Adolfine, Paula e Alexander — nacquero a Vienna. I sette figli di Jacob e Amalia Freud nacquero nel giro di dieci anni.

Ovviamente la famiglia Freud seguì la tendenza di moltissimi ebrei di Vienna verso l'assimilazione. Qualunque possa essere stata la lingua madre di Jacob Freud e di Amalia Nathanson, pare che in casa parlassero solo il tedesco corrente, e presto si conformarono al modo di vivere dei viennesi del ceto medio. In quanto alla religione, essi non appartenevano al gruppo ortodosso, ma poiché l'istruzione religiosa era obbligatoria, a Sigmund fu impartita da maestri ebrei.

Pur non essendo stato allevato alla maniera ebraica ortodossa e non essendo in grado di leggere l'ebraico, Freud conservò un certo attaccamento all'ebraismo, che sembra essersi sviluppato sotto l'influsso del crescente antisemitismo e che si rifletté più tardi nella sua attrazione per la figura di Mosè. La personalità di Freud era stata fortemente plasmata dalle tradizioni della sua comunità ebraica [22]. Egli mantenne l'ideologia patriarcale, con la fede nella supremazia dell'uomo e nella subordinazione della donna, la devozione alla grande famiglia e i severi costumi puritani. Inoltre egli ebbe sempre un profondo rispetto per i suoi maestri, come dimostra anche il fatto che diede ad alcuni dei figli i loro nomi. Un altro tratto tipico era il suo umorismi pronto e sarcastico e la sua predilezione per gli aneddoti ebraici.

Freud aveva in comune con taluni ebrei austriaci l'estrema sensibilità pei qualunque forma (reale o presunta) di antisemitismo, come pure la discrezione nel parlare della propria famiglia e di sé, non rivelando nulla pur sembrando dire molto. Egli attribuiva alla sua origine ebraica la propria capacità di non lasciarsi influenzare dalle opinioni della maggioranza; a questo avrebbe potuto aggiungere la sua disposizione a credere d'essere rifiutato.

La vita

La difficoltà nello scrivere su Freud deriva dalla profusione della letteratura su di lui e dal fatto che intorno a lui si era creata una leggenda, il che rende estremamente gravoso e scarsamente fruttuoso il compito di biografo obiettivo. Dietro questa montagna di materiale effettivo e leggendario vi sono ampie lacune nella nostra conoscenza della sua vita e della sua personalità. Inoltre, molte delle fonti note non sono disponibili, particolarmente quelle contenute negli archivi Freud depositati alla Library of Congress di Washington. Le fonti disponibili possono essere grosso modo suddivise in quattro gruppi:

1) Oltre all'abbozzo autobiografico, Freud accenna a molti particolari della sua vita per tutta la sua opera, in particolare nell'Interpretazione dei sogni (1899) [23]. Una parte relativamente piccola della sua vasta corrispondenza è stata pubblicata: parte delle lettere a Fliess [24], Pfister [25], Abraham [26], Lou Andreas-Salomé [27], e una scelta di altre lettere [28]. Delle novecento lettere alla fidanzata, solo alcune sono state pubblicate, ma molte altre sono state utilizzate da Jones. I

2) Ricordi di Freud sono stati pubblicati dal figlio Jean-Martin e da numerosi discepoli, colleghi, visitatori e intervistatori [29]. La maggior parte di tali pubblicazioni si riferisce agli ultimi anni della vita di Freud. I

3) Un'accurata indagine sulla vita di Freud, basata su materiale d'archivio, è stata iniziata da Siegfried Bernfeld con i suoi articoli sull'infanzia [30], gli studi di medicina [31], la prima ricerca [32], gli studi sulla cocaina [33], e i primi anni di professione medica [34]. Di valore fondamentale sono le ricerche documentarie di Josef e Renée Gicklhorn sulla carriera accademica a di Freud [35], integrate da una chiarificazione di Renée Gicklhorn su certi episodi della vita di Freud e dal libro da lei scritto sul cosiddetto "processo Wagner-Jauregg" [36]. Altri documenti sono stati forniti da K. R. Eissler [37]. Uno studio obiettivo delle fonti a cui attinse Freud è stato iniziato da Maria Dorer [38], e un'indagine sullo sviluppo dei concetti freudiani sulla base di materiale originale è stata intrapresa da Ola Andersson [39].

4) Schizzi biografici su Freud sono stati pubblicati da Wittels [40], Helen Puner [41], e Sachs [42]. La biografia principale e per così dire ufficiale scritta da Ernest Jones [43] è di valore inestimabile, poiché questo autore ebbe accesso a molto del materiale che è rimasto, e probabilmente rimarrà per lungo tempo, non disponibile ad altri ricercatori. Tuttavia tale biografia non è priva d'inesattezze. Nell'insieme, siamo ben lontani dall'avere quella profonda ed esatta conoscenza della vita di Freud che generalmente si suppone esistere. Ma neanche una ricostruzione completa della vita di Freud dello sviluppo della sua opera sarebbe sufficiente a dare un quadro preciso, poiché tanto la sua vita quanto la sua opera devono essere viste sullo sfondo degli avvenimenti contemporanei, e la sua originalità non può essere misurata se non si conoscono le idee preesistenti e contemporanee.

Sarebbe superfluo scrivere una nuova biografia di Freud. Nostra cura sarà quella di dare una veduta cronologica, nel tentativo di separare il certo dal l'incerto, i dati storici dalla leggenda, e di situare le conquiste personali di Freud nel loro contesto storico.

Sigmund Freud nacque a Freiberg (in ceco Pribor) in Moravia. Nella Bibbia di famiglia di Jacob Freud la sua nascita è registrata sotto il nome ebraico di Schlomo [44], in data martedì del Rosch Hodesch Iyar 5616 del calendario ebraico, cioè il 6 maggio 1856 [45]. Nel 1931, quando il consiglio cittadino decise di affiggere una targa commemorativa sulla casa in cui era nato, nel locale registro delle nascite si scoprì, a quanto si afferma, che la sua vera data di nascita era il 6 marzo 1856. Jones pensò che si trattasse di un lapsus di scrittura dell'impiegato. In effetti, Renée Gicklhorn e Sajnur hanno dimostrato che la data di nascita fu indiscutibilmente il 6 maggio 1856 [46].

I primi tre anni della vita di Freud trascorsero a Freiberg, che a quell'epoca era una cittadina di circa cinquemila abitanti, in un pittoresco paesaggio di prati e boschi, lontana dalla strada ferrata. Gli ebrei di lingua tedesca erano una minoranza tra i cechi. La casa dove nacque Freud apparteneva alla famiglia del costruttore di serrature Zajic, e portava il numero 117 a Freiberg. Vi erano due stanze al piano terreno per l'officina, e due stanze al piano superiore, una per la famiglia del padrone di casa e una per la famiglia di Jacob e Amalia. Emanuel Freud e la sua famiglia vivevano in un'altra casa e avevano al loro servizio come cameriera Monica Zajic, che doveva badare ai figli di tutt'e due le famiglie Freud, ed essa fu probabilmente la "Nannie" dei ricordi di Freud della primissima infanzia. L’asserzione che Jacob Freud avesse una fabbrica tessile fa parte della leggenda, come pure la storia che egli partì da Freiberg a causa dell'infuriante antisemitismo.

Non meno frammentaria è la nostra conoscenza dell'anno trascorso a Lipsia, e del viaggio da Lipsia a Vienna, dove Jacob Freud si stabilì verso il febbraio 1860.

E quasi nulla sappiamo della prima infanzia di Freud a Vienna. L'unico punto certo è che Jacob Freud cambiò casa varie volte tra il 1860 e il 1865, e successivamente visse nella Pfeffergasse, nel quartiere di Leopoldstadt abitato prevalentemente da ebrei [47]. Né sappiamo se Sigmund ricevette la sua prima istruzione in casa dal padre, o se andò a una delle scuole elementari ebraiche delle vicinanze.

Sigmund Freud frequentò la scuola media dal 1866 al 1873. Quella scuola, il primo ginnasio comunale di Leopoldstadt, chiamato comunemente Sperl Gymnasium o Sperlaeum, aveva un alto livello didattico. Tra gli insegnanti vi erano il naturalista Alois Pokorny, lo storico Annaka e il futuro statista Victor von Kraus. La ricerca dei Bernfeld e di Renée Gicklhorn ha fornito precise informazioni sul curriculum di quella scuola e sui risultati conseguiti da Freud. L'affermazione di Freud di essere stato costantemente il migliore della classe per tutto il periodo della scuola è stata confermata dai documenti d'archivio della scuola stessa. Freud riferisce anche che, quando aveva quindici anni, la sua classe decise all'unanimità di ribellarsi contro un insegnante ignorante e impopolare, ed egli fu eletto per acclamazione generale a fare da portavoce del gruppo [48]. Di tale episodio non si è trovata menzione nei ben conservati archivi della scuola, ma un altro episodio è emerso dalla ricerca della Gicklhorn [49]. Nel giugno 1869 (Freud aveva tredici anni) il corpo insegnante fu sconvolto nell'apprendere che alcuni allievi avevano frequentato luoghi di dubbia reputazione. Furono fatte indagini e fu convocata una riunione del preside e degli insegnanti della scuola per decidere un'azione disciplinare nei confronti degli imputati. Sigmund Freud non era fra questi, e il suo nome è menzionato solo come uno di coloro che dissero ciò che avevano sentito sulla questione.

Non molto si sa circa la vita in famiglia del giovane Sigmund in questi anni. Possiamo in qualche modo immaginarcela in base a una descrizione della famiglia di Jacob Freud scritta da Judith Bernays Heller, che abitò per un anno con i nonni nel 1892-93 [50]. A quel tempo Jacob Freud non lavorava più, e Judith si chiedeva "chi realmente mantenesse famiglia e servitù". Egli trascorreva il suo tempo leggendo il Talmud e molti altri libri ebraici e tedeschi, stando seduto in un caffè, e passeggiando nei parchi. Viveva piuttosto appartato dal resto della famiglia e non prendeva parte attiva alle conversazioni durante i pasti. La nonna Amalia, per contro, è descritta come tirannica, egoista e soggetta a sfoghi emotivi. In questo periodo Sigmund era stato lontano da casa per un certo tempo, ma tutti i particolari che conosciamo indicano che egli, quando era a casa, godeva di una posizione privilegiata.

I biografi di Freud sono rimasti stupiti dal fatto che egli conoscesse lo spagnolo, lingua non comunemente studiata in Austria a quei tempi. Un dialetto spagnolo-ebraico era la lingua della non numerosa comunità sefardita. Il prestigio di tale comunità potrebbe aver attratto il giovane Sigmund a studiare la loro lingua? D'altra parte si è scoperto che Freud imparò lo spagnolo con un compagno di scuola di nome Eduard Silberstein. I due ragazzi avevano fondato tra loro una specie di "accademia spagnola" di due membri, con una loro propria "mitologia". In seguito Silberstein studiò legge e si stabilì in Romania. Vi fu tra loro scambio di lettere per un periodo di dieci anni; le lettere di Freud a Silberstein sono state ritrovate di recente; quando saranno pubblicate forniranno indubbiamente preziose informazioni sulla vita di Freud tra i sedici e i ventisei anni [51].

Sigmund lasciò il ginnasio a metà del 1873. Fu un anno di drammatici avvenimenti a Vienna. Era stata appena inaugurata un'esposizione internazionale quando scoppiò un'epidemia di colera e i visitatori provenienti da altre città fuggirono in preda al panico, dopodiché la borsa crollò causando fallimenti, suicidi, e una profonda depressione economica. Se e in quale misura ciò colpì gli affari di Jacob Freud noi non sappiamo. In ogni caso non sembrò aver distolto Sigmund dai suoi studi. Secondo quanto dice egli stesso, fu influenzato nella scelta della professione da una conferenza dello zoologo Carl Brühl, il quale lesse un poema, La natura, attribuito a Goethe [52]. Per molti giovani a quel tempo lo studio della medicina era un mezzo per soddisfare il loro interesse per le scienze naturali. Auguste Forel e Adolf Meyer giunsero anch'essi allo studio della medicina per tale via.

A quel tempo gli studi medici in Austria si protraevano per un minimo di dieci semestri (cinque anni); l'anno accademico era suddiviso in un semestre invernale da ottobre a marzo, e un semestre estivo da aprile a luglio. Lo studente poteva iniziare lo studio sia dall'uno che dall'altro semestre. Alla scuola di medicina come all'università in generale, regnava la libertà accademica: questo termine significava che lo studente era assolutamente libero di lavorare o di non lavorare; che non vi erano controlli della frequenza, né prove o compiti assegnati, e non vi erano esami salvo quelli finali. Lo studente poteva scegliere qualunque corso purché vi si iscrivesse e pagasse le tasse relative; vi era tuttavia un certo numero di corsi obbligatori. Pochi studenti si limitavano a frequentare i corsi obbligatori; nella maggior parte s'iscrivevano anche ai corsi di medicina a seconda dei loro interessi personali e della futura specializzazione. Di frequente gli studenti seguivano uno il due corsi di un'altra facoltà, specialmente se il corso era tenuto da un professore illustre. La maggior parte degli studenti non abusava della "libertà accademica"; essi sapevano che avrebbero dovuto superare difficili esami finali. Gli studenti di medicina dovevano superare i tre rigorosa, i primi due in date stabilite nel corso dei cinque anni, e il terzo alla fine; tuttavia essi avevano il diritto di posticipare i primi due rigorosa fino alla fine. Molti studenti facevano un lavoro supplementare, particolarmente durante le vacanze dall'università, si occupavano come famuli (allievi ricercatori) in ospedali o laboratori, facevano cioè lavori umili al fine di poter ottenere gradualmente occupazioni più importanti, anche pagate, se dimostravano zelo e capacità. Molti studenti dedicavano anche una parte del loro tempo libero alle "associazioni studentesche".

Freud iniziò gli studi di medicina nel semestre invernale del 1873, e si laureò il 31 marzo 1881. Il fatto che i suoi studi medici si siano protratti per otto anni ha sconcertato i biografi di Freud, tanto più che si dice che In sua famiglia fosse povera. Siegfried Bernfeld ha pubblicato un elenco di corsi frequentati da Freud durante gli studi di medicina sulla base di una ricerca condotta negli archivi dell'Università di Vienna [53]. Durante i primi tre semestri Freud frequentò i corsi seguiti dagli altri studenti, con qualche altro supplementare. A partire dal quarto semestre egli s'impegnò in un intenso studio delle scienze naturali, in particolare della zoologia. Alla fine del quinto semestre iniziò nel laboratorio di anatomia comparata del professor Carl Claus un lavoro regolare che si protrasse per due semestri, con due soggiorni presso la stazione zoologica sperimentale di Trieste; tale lavoro fu coronato dalla pubblicazione del suo primo scritto scientifico. Sembra che Freud sia stato deluso da Claus, e dopo due semestri con lui si trasferì dal suo laboratorio a quello di Brücke, che insegnava fisiologia e "anatomia superiore" (come egli chiamava l'istologia). Per Freud Ernst Brücke (1819-92) divenne un maestro venerato, e nel suo laboratorio egli trovò un luogo congeniale nel quale avrebbe lavorato per i sei anni successivi. Benedikt nelle sue memorie ha tracciato un curioso ritratto di quel prussiano rigido e autoritario che mai si sentì a suo agio a Vienna e che ai viennesi faceva l'impressione di uno straniero, con i suoi anelli rossi, il viso austero e il sorriso mefistofelico [54]. Il livello scientifico del suo insegnamento era di gran lunga troppo alto per i suoi studenti, ed egli non si degnò mai d'insegnare al loro livello. Egli, il più temuto fra tutti gli esaminatori, poneva solo una domanda, e se il candidato non sapeva rispondere, non gliene poneva mai una seconda. Brücke aspettava in impassibile silenzio finché non erano passati i quindici minuti concessi. "Quale enorme rispetto egli ispirasse agli studenti è dimostrato dal fatto che essi non si ribellarono mai contro di lui", aggiunge Benedikt. La storia della sua lunga e feroce inimicizia con l'anatomista Hyrtl divenne leggendaria nel mondo scientifico di Vienna [55]. Brücke era stato allievo di Johannes von Müller, il grande fisiologo e zoologo tedesco che segnò il passaggio dalla filosofia della natura alla nuova tendenza mcccanicistico-organicistica ispirata dal positivismo [56]. Ciò significa che, insieme con Hermann von Helmholtz, Emil Du Bois-Reymond, Carl Ludwig e altri, Brücke rifiutava ogni specie di vitalismo e finalismo nella scienza, ma aspirava a ridurre i processi psicologici in leggi fisiologiche, e i processi fisiologici in leggi fisiche e chimiche [57]. Gli interessi di Brücke si estendevano a molti campi; scrisse intorno ai princìpi scientifici delle belle arti, alla base fisiologica della poesia tedesca, e inventò la Pasigraphia, una scrittura universale che si pretendeva applicabile a tutte le lingue del mondo.

Nell'istituto di Brücke Freud conobbe i suoi due assistenti più anziani, il fisiologo Sigmund Exner ed Ernst von Fleischl-Marxow, uomo di grande ingegno, e anche il dottor Josef Breuer, che stava compiendo là una ricerca. Freud trovò in Breuer un collega stimolante, un amico paterno che lo aiutò in anni successivi con considerevoli prestiti in denaro, e che altresì acuì la sua curiosità con la storia della straordinaria malattia e guarigione di una giovane donna isterica che sarebbe divenuta famosa sotto lo pseudonimo di Anna O.

Josef Breuer (1842-1925) nacque a Vienna, dove il padre Leopold era insegnante di religione nella comunità ebraica [58]. In una breve nota autobiografica, Breuer dice di aver perso la madre da piccolo, e di aver trascorso l'infanzia e la giovinezza "senza miseria e senza lusso" [59]. Egli fece le massime lodi del padre, educatore appassionato, sempre pronto ad aiutare i membri della comunità (evidentemente il padre fu per Breuer il modello che egli cercò di imitare per tutta la vita). Leopold Breuer scrisse un manuale di religione che fu usato nelle scuole ebraiche di Vienna per molti anni [60]. Tuttavia Josef Breuer si allontanò dall'ebraismo ortodosso [61] e abbracciò le idee del cosiddetto ebraismo liberale. Studiò medicina ma seguì corsi di molte altre scienze. Il suo appassionato interesse e il suo grande talento per le scienze sperimentali si dimostrarono in due notevoli ricerche, una sul meccanismo di autoregolazione della respirazione, e l'altra sul meccanismo di percezione di movimenti e posizioni del corpo attraverso il labirinto dell'orecchio. Secondo i suoi biografi egli aveva iniziato una brillante carriera scientifica, ma rinunciò al grado di libero docente e rifiutò il titolo di professore straordinario. Una spiegazione è che egli era tanto completamente votato ai suoi pazienti da non volerli sacrificare a una carriera scientifica; un'altra è che abbandonò la libera docenza in seguito a intrighi di colleghi. Egli non era certo una natura bellicosa. Tutti coloro che l'hanno conosciuto sono concordi nel dire che era "l'uomo più modesto che si potesse immaginare". Clinico ammirevole, riuniva in sé acume scientifico e senso umanitario. Curò due gruppi di pazienti gratuitamente: i suoi colleghi e le loro famiglie da un lato e i bisognosi dall'altro, e molti di questi espressero la loro gratitudine in maniera commovente [62]. Essendo uno dei medici più ricercati di Vienna, aveva un grosso reddito e poteva permettersi un elevato livello di vita, compresi viaggi regolari in Italia. Uomo eccezionalmente colto, era buon conoscitore di musica, pittura e letteratura, e un conversatore affascinante. Conosceva personalmente il compositore Hugo Wolf, lo scrittore Schnitzler, il filosofo Brentano, e mantenne una corrispondenza con la poetessa Maria Ebner Eschenbach [63]. Secondo talune testimonianze, egli era troppo altruista e troppo fiducioso [64]. Il fisiologo De Kleyn, che lo visitò in tarda età, esprime la propria ammirazione per "il vigore mentale perfetto, la familiarità con le pubblicazioni mediche più recenti, il giudizio infallibile del quasi ottuagenario, e parla anche della sua "estrema semplicità e calore personale", come pure della sua capacità critica che "rimase notevolmente acuta, seppure benevola, fino alla fine" [65]. Egli aveva così tanti amici e ammiratori devoti a Vienna, che quando Sigmund Exner organizzò una sottoscrizione per onorare il settantesimo compleanno di Breuer nel 1912, le più note personalità di Vienna vi contribuirono. Fu così istituita la Breuer Stiftung, fondazione il cui scopo era di assegnare premi a ricerche scientifiche meritorie, o d'invitare scienziati eminenti a tenere conferenze a Vienna [66].

Freud non aveva ancora terminato gli studi di medicina quando dovette prestare un anno di servizio militare (1879-80). La sua principale realizzazione durante quel periodo fu la traduzione di un volume dei Collected Works di John Stuart Mill [67]. Egli si rese conto che doveva concentrare i propri sforzi per ottenere la laurea. Nell'Interpretazione dei sogni (1899) dice che si stava creando la fama dell'eterno studente. Pur continuando a lavorare nel laboratorio di Brücke, superò i primi rigorosa nel giugno 1880 e il terzo rigorosum il 30 marzo 1881, cosicché conseguì la laurea in medicina il 31 marzo 1881. Poco tempo dopo ottenne un posto temporaneo di "dimostratore" (una specie di assistente all'insegnamento) nel laboratorio di Brücke, con un piccolo stipendio, e proseguì nell'istituto stesso la sua ricerca istologica; lavorò altresì per due semestri nel laboratorio chimico del professor Ludwig, ma chiaramente non era quella la sua specialità.

A questo punto si verificò un mutamento notevole nella vita di Freud. Fino ad ora egli sembrava aver deciso per una carriera scientifica. Ora, nel giugno 1882, improvvisamente lasciò il laboratorio di Brücke dove aveva lavorato per sei anni — mantenendo buoni rapporti con lui — e si volse a esercitare la libera professione di medico, evidentemente senza grande entusiasmo.

In quei tempi vi erano tre vie verso una carriera medica. La prima comportava cinque anni d'intenso lavoro, in particolare di clinica medica, e un lavoro come famulus negli ospedali durante le vacanze, dopodiché si poteva mettere una targa sulla porta e attendere che arrivassero i pazienti. La seconda via era di integrare i propri studi regolari con due o tre anni d'internato volontario per acquisire maggiore esperienza o per specializzarsi. La terza e più difficile via era di concorrere, dopo aver terminato gli studi, per i posti successivi nella carriera accademica in uno dei rami della medicina teorica o della medicina clinica. Occorrevano da due a cinque anni per diventare Privatdozent (libero docente), e altri cinque-dieci anni di ardua competizione per diventare professore straordinario. Solo pochissimi riuscivano a ottenere il grado di professore ordinario, posto di vantaggi ragguardevoli e di elevato status sociale. Freud, nel 1882, sembrò propendere per la seconda soluzione, vale a dire quella della pratica medica specializzata, ma non abbandonò il suo interesse per il lavoro di istologia cerebrale, in cui forse vedeva già il mezzo per una futura carriera scientifica. Due spiegazioni sono state date per tale cambiamento: Freud stesso spiegò che Brücke gli fece rilevare la mancanza di prospettive nel suo istituto, dato che i suoi due assistenti, Exner e Fleischl, avevano dieci anni di anzianità: ciò significava che Freud avrebbe dovuto accontentarsi per molto tempo di una posizione inferiore e mal retribuita. Siegfried Bernfeld e Jones affermarono che la vera ragione era da ricercarsi nei nuovi progetti di Freud di sposarsi e fondare una famiglia.

Freud aveva incontrato Martha Bernays, si era innamorato, e si era fidanzato con lei nel giugno 1882. Secondo Jones, ella apparteneva a una nota famiglia ebraica di Amburgo [68]. Suo padre, commerciante, era giunto a Vienna molti anni prima ed era morto nel 1879. Coloro che la conobbero la descrissero come una persona molto attraente e dotata di un carattere fermo: sotto questi due aspetti assomigliava alla madre di Freud; entrambe vissero molto a lungo (Martha Bernays nacque il 26 luglio 1861 e morì il 2 novembre 1951, all'età di novant'anni). Secondo le convenzioni sociali del tempo si presumeva che un matrimonio avvenisse solo dopo che era stata assicurata un'adeguata situazione finanziaria. I fidanzamenti lunghi, che comportavano separazione e assidua corrispondenza, erano frequenti. I legami tra le famiglie Freud e Bernays furono rafforzati dal matrimonio del fratello di Martha, Eli, con la sorella di Sigmund, Anna.

A questa svolta della sua vita, la situazione di Freud era tutt'altro che facile. Egli iniziò un periodo di tre anni d'internato in ospedale a basso stipendio, e si trovò indietro di quattro anni rispetto a coloro che avevano scelto la medicina clinica sin dall'inizio. Le prospettive erano luminose, ma realizzabili in un futuro remoto. Il solo modo per abbreviare tale lenta ardua carriera sarebbe stato quello di fare una brillante scoperta che gli procurasse rapida fama (speranza segreta di molti giovani medici).

Il vecchio Ospedale generale di Vienna con i suoi quattro o cinquemila pazienti, era uno dei più famosi centri d'insegnamento del mondo, dove quasi ogni direttore di reparto era una celebrità medica. Vi era grande emulazione tra il personale medico, e un'aspra competizione per i posti tanto desiderati e scarsamente pagati [69]. Sigmund Freud incominciò con due mesi di pratica nel reparto di chirurgia, poi lavorò con il grado di aspirante nel reparto del grande Nothnagel, specialista di medicina interna, dall'ottobre 1882 all'aprile 1883. Il 1° maggio 1883 fu assunto come Sekundärartz nel reparto psichiatrico diretto dall'illustre Theodor Meynert. Freud si era già impegnato in una ricerca istologica sul midollo allungato nel laboratorio di Meynert, dove rimase e lavorò dal 1883 al 1886, e sembrò che egli avesse ora trovato un nuovo maestro.

Theodor Meynert era una figura di rilievo a Vienna, ma aveva anche ciò che i tedeschi chiamano una natura problematica [70]. Bernard Sachs, che lavorò nel suo laboratorio nello stesso periodo di Freud, lo descrive come "abbastanza singolare nell'aspetto — una testa enorme su un corpo basso — riccioli arruffati che avevano la seccante abitudine di cadere giù sulla fronte e che dovevano essere tirati indietro di quando in quando" [71]. Meynert era considerato, insieme con Flechsig, il più grande anatomista del cervello in Europa. Sfortunatamente egli decadde gradualmente in una "mitologia del cervello", la tendenza allora corrente a descrivere i fenomeni psicologici e psicopatologici in termini di strutture cerebrali reali o ipotetiche. Auguste Forel racconta nelle sue memorie di quanto fosse stato deluso quando, trovatosi a lavorare con Meynert, si era reso conto che molti dei tratti del cervello che si presumevano scoperti da lui non erano altro che creazioni della sua immaginazione [72]. Meynert era noto come buon clinico, ma era un conferenziere piuttosto noioso, e aveva scarsi contatti con i suoi studenti; era anche poeta [73], conoscitore di musica e d'arte, e il suo ambiente sociale comprendeva l'elite intellettuale di Vienna, benché egli fosse una personalità difficile e avesse inimicizie violente [74].

Dopo aver trascorso cinque mesi nel reparto di Meynert, nel settembre 1883 Freud si trasferì alla quarta divisione medica diretta dal dottor Scholtz, dove acquisì un'ottima esperienza clinica con pazienti neurologici.

Nel frattempo un articolo scritto dal dottor Aschenbrandt, nel dicembre 1883, pose in rilievo l'importanza della cocaina, un alcaloide tratto dalla coca [75]. Freud sperimentò su di sé e su altri la sostanza che si supponeva innocua e che egli scoprì essere efficace contro l'affaticamento e i sintomi nevrastenici. Nel luglio 1884 Freud pubblicò uno scritto nel quale lodava con eloquenza le virtù del nuovo farmaco [76]. Egli affermava che la cocaina poteva essere usata come stimolante, come afrodisiaco, contro i disturbi di stomaco, la cachessia, l'asma, e per l'eliminazione dei sintomi dolorosi che accompagnano nei morfinomani le privazioni dalla morfina. Egli l'applicò effettivamente in quel modo nel curare l'amico Fleischl, il quale, a causa di gravi nevralgie, era diventato morfinomane. Tuttavia l'esito di tale trattamento fu che Fleischl divenne cocainomane.

Parlando della cocaina con i suoi colleghi Leopold Königstein (un libero docente di sei anni più vecchio di lui) e Carl Koller (di un anno più giovane), Freud accennò al fatto che la cocaina causava un intorpidimento della lingua. Koller stava ricercando in quel momento una sostanza che producesse anestesia dell'occhio. Mentre Freud era in vacanza per far visita alla fidanzata a Wandsbek (sobborgo di Amburgo) nell'agosto 1884, Koller si recò nel laboratorio di Stricker dove fece esperimenti con la cocaina sugli occhi di animali, e ne scoprì rapidamente le proprietà anestetiche. Com'era spesso abitudine tra scienziati desiderosi di assicurarsi la priorità di una scoperta, egli mantenne il silenzio e si affrettò a inviare una comunicazione preliminare perché fosse letta da un amico, il dottor Brettauer, al Congresso di oftalmologia a Heidelberg il 15 settembre [77]. Lo scritto destò grande sensazione. Königstein si affrettò a compiere esperimenti delle stesso genere e ad applicare la scoperta alla chirurgia umana. Insieme con Koller egli presentò la scoperta alla Gesellschaft der Ärzte (Società dei medici) il 17 ottobre 1884. Quando Freud tornò da Wandsbek, costatò che Koller era giunto per primo alla fortunata scoperta che gli aveva procurato fama improvvisa, e rimase tanto più frustrato in quanto era stato lui a dare a Koller il suggerimento che aveva condotto alla scoperta. Ma Freud non abbandonò il suo studio sulla cocaina [78]. Egli ne sperimentò gli effetti sulla forza muscolare e continuò a propugnare l'uso medico del nuovo farmaco. Questo accadeva non molto tempo prima della pubblicazione di uno scritto di Albrecht Erlenmeyer che metteva in guardia contro il pericolo di una tossicomania da cocaina, e questo sarebbe stato l'inizio di una tempesta contro Freud [79].

Nel frattempo, il 21 gennaio 1885 Freud aveva fatto domanda per il posto di libero docente in neuropatologia, e nel marzo presentò domanda all'Università di Vienna per una borsa di studio, valida per un viaggio di sei mesi. Freud lavorò al reparto di oftalmologia dal marzo alla fine di maggio, e al reparto di dermatologia nel giugno. Il suo saggio sulle radici e sulle connessioni del nervo acustico comparve pure nel giugno e fu ben accolto. Nelle stesso mese superò l'esame orale per divenire libero docente e tenne la lezione di prova [80]. Il 18 luglio ricevette la nomina e apprese poi che in seguito all'intervento di Brücke e Meynert era stato prescelto su altri due candidati per la borsa di studio, che decise di impiegare andando a Parigi nell'ospedale dove insegnava Charcot.

Il 1° agosto 1885 Freud lasciò l'Ospedale generale di Vienna dove aveva trascorso gli ultimi tre anni. Si prese quindi una vacanza di sei settimane e andò a Wandsbeck dalla fidanzata, e l'11 ottobre partì per Parigi. Manifestamente egli considerò questo soggiorno a Parigi come la grande occasione della sua vita [81].

Per un giovane scienziato serio e poco mondano come Freud dev'essere stata un'esperienza travolgente quella di ritrovarsi improvvisamente nella febbrile atmosfera della capitale francese. Con appassionato interesse egli osservò la vita quotidiana di Parigi, visitò i musei e la cattedrale di Notre Dame, e assistette a spettacoli nei quali recitavano grandi attori; ma non potè evitare al primo momento di sentirsi sperduto alla Salpétrière. Nonostante la lettera di presentazione di Benedikt, Freud non era per Charcot che uno dei tanti visitatori che venivano alla Salpétrière. Egli iniziò a fare ricerche al laboratorio di patologia con il neurologo russo Darksevič ed evidentemente rimase deluso delle condizioni di lavoro. Freud offrì poi i propri servigi a Charcot come traduttore di alcune delle sue opere in tedesco. Il grande uomo invitò Freud a qualcuno dei suoi eleganti ricevimenti. Fin dall'inizio Freud era stato sotto l'influsso magico di Charcot, che lo colpiva non solo per l'audacia delle concezioni dell'ipnosi, dell'isteria e delle nevrosi traumatiche, ma anche per l'immenso prestigio e la lussuosa vita da principe della scienza. Evidentemente, Freud non si rendeva conto che Charcot era circondato da fieri nemici, e non restò abbastanza tempo per percepire (come Delboeuf che era là nello stesso periodo) la misura della suggestione alimentata in molti dei pazienti isterici di Charcot.

A Freud piaceva dire di essere stato studente di Charcot a Parigi nel 1885 e 1886: ciò induceva talvolta a credere che egli fosse rimasto a Parigi per molto tempo. In realtà, in base alle lettere di Freud alla fidanzata, Jones afferma [82] che Freud vide Charcot la prima volta il 20 ottobre 1885, e si congedò da lui il 23 febbraio 1886, e da questi quattro mesi deve essere sottratta una settimana di vacanza natalizia, trascorsa da Freud con la fidanzata in Germania, e "un paio di settimane" di malattia di Charcot. Possiamo supporre che l'incontro di Freud con Charcot sia stato più un incontro di tipo esistenziale che un normale rapporto tra maestro e discepolo. Freud partì da Parigi il 28 febbraio 1886 con l'impressione di aver incontrato un grande uomo, un uomo con il quale si sarebbe mantenuto in contatto per la traduzione dei suoi libri, e che gli aveva fornito un mondo di idee nuove.

Dopo aver trascorso il mese di marzo a Berlino studiando pediatria con Baginsky, Freud ritornò a Vienna il 4 aprile 1886. Prese un appartamento nella Rathausstrasse e aprì lo studio alla fine di aprile del 1886. Fu un laborioso periodo della sua vita, con i preparativi per il matrimonio e le preoccupazioni per il proprio lavoro scientifico. Egli scrisse, per il Collegio dei professori, una relazione sui suoi viaggi di studio compiuti grazie alla borsa di studio concessagli [83], e nel maggio presentò rapporti sull'ipnotismo alla Società di fisiologia e alla Società di psichiatria [84]. Nello stesso mese comparve un secondo scritto di Erlenmeyer che metteva in guardia contro i pericoli della cocaina e che citava in modo critico il nome di Freud [85]. Freud aveva alcuni pazienti a pagamento e riempiva il tempo di ozio forzato traducendo un volume di lezioni di Charcot, che comparve con una prefazione di Freud datata 18 luglio 1886 [86].

Dall'11 agosto al 9 settembre Freud compì un periodo di servizio militare con il grado di medico di battaglione in un reggimento di lingua tedesca che effettuava manovre a Olmütz. È curioso raffrontare la lettera di Freud a Breuer [87], nella quale esprime le sue lagnanze circa la vita militare e il suo disprezzo per essa, con il rapporto scritto dai superiori di Freud dopo il completamento di tale periodo di servizio [88]. Il 13 settembre 1886 ebbe luogo a Wandsbek il matrimonio di Sigmund Freud con Martha Bernays; essi trascorsero il resto del mese in luna di miele sulle spiagge del vicino mar Baltico.

Al loro ritorno a Vienna, Freud trasferì il suo studio in un nuovo appartamento nel Kaiserliches Stiftungshaus, un grande edificio costruito per iniziativa dell'imperatore Francesco Giuseppe I nel luogo dove era sorto il Ring Theater, distrutto da un incendio l'8 dicembre 1881, causando una perdita di circa quattrocento vite umane. Egli non poteva ancora iniziare il suo insegnamento come Privatdozent, ma incominciò a lavorare all'istituto di Kassovitz, un ospedale privato per bambini, nel quale gli era stato affidato il reparto neurologico e dove potè raccogliere un ampio materiale per gli studi clinici [89].

Freud era ritornato da Parigi entusiasta di ciò che aveva appreso alla Salpétrière e ansioso di renderlo noto a Vienna. Il rapporto che lesse alla Società dei medici gli procurò una delusione, e tale incidente ha dato luogo a una tenace leggenda. Poiché ci è impossibile esaminare i numerosi episodi della vita di Freud nell'ambito limitato di questo volume, ne sceglieremo uno particolare come esempio.

Il resoconto ufficiale di quell'evento è del seguente tenore: il 15 ottobre 1886 Freud presentò un rapporto sull'isteria maschile alla Gesellschaft der Ärzte. Tale scritto fu accolto con incredulità e ostilità. Freud fu sfidato a presentare alla società stessa un caso d'isteria maschile e, pur avendo egli raccolto la sfida il 26 novembre dello stesso anno, l'accoglienza fu fredda, e questo fu il punto di partenza dell'inimicizia con il mondo medico viennese che si protrasse per tutta la vita di Freud.

Nel verificare la storia, si devono chiarire quattro punti: 1) che specie di corpo scientifico era la Gesellschaft der Ärzte? 2) che cosa significava a quell'epoca il concetto di isteria maschile? 3) che cosa accadde realmente durante la riunione? 4) come si possono spiegare tali avvenimenti?

La "Kaiserliche Gesellschaft der Ärzte" di Vienna era una delle società mediche più stimate in Europa [90]. La sua origine risaliva a un gruppo di medici, i quali intorno al 1800 avevano cominciato a riunirsi una volta la settimana per discutere problemi di medicina e di igiene pubblica. Dopo svariate vicissitudini, la società ottenne il riconoscimento ufficiale e nel 1837 lo stato giuridico che ha tuttora. La società aveva conservato il proprio originario interesse specifico per i problemi della salute pubblica, ma si occupava anche di tutti i rami della medicina e aspirava a mantenere il massimo livello scientifico possibile in ogni settore. Molte importanti scoperte furono annunciate per la prima volta in seno alla società. Nel 1858 Czermak dette dimostrazione del laringoscopio inventato da Türck. Il 15 maggio 1850 Semmelweis espose la sua scoperta che l'infezione puerperale verificatasi nel reparto maternità di un ospedale vi era stata portata dai locali di anatomia. Nel 1879 Nitze e Leiter presentarono il loro citoscopio; nell'ottobre 1884, due anni prima del rapporto di Freud, Königstein e Koller annunciarono l'impiego della cocaina nella chirurgia oculare. Un'altra caratteristica della società era che qualunque medico poteva presentare relazioni purché si trattasse di contributi originali. Ma sebbene gli oratori non abbandonassero mai le loro maniere dignitose e cortesi, i contributi erano sottoposti ad aspre critiche. Il chirurgo Breitner descrisse nella sua autobiografia il modo in cui, durante la discussione di uno dei suoi saggi, Wagner-Jauregg "lo schiacciò contro il muro come una mosca" [91]. Le riunioni avvenivano ogni venerdì sera nell'edificio dell'Accademia delle scienze, in maniera piuttosto formale. Le discussioni venivano registrate da un segretario (Schriftführer) e riassunte nel bollettino quindicinale della società. Alle riunioni assistevano giornalisti specializzati in medicina che ne mandavano i resoconti alle rispettive riviste.

Ciò che accadde realmente alla riunione del 15 ottobre 1886 è incomprensibile se non si definisce che cosa significasse il termine "isteria maschile" a quell'epoca, e per far questo dobbiamo tornare indietro di qualche decennio. Nel decennio precedente vi era stato un enorme incremento del traffico ferroviario, degli incidenti ferroviari e dei reclami alle assicurazioni. Si era aperto un nuovo capitolo della patologia, nel quale erano stati all'avanguardia alcuni medici britannici, i quali descrivevano, sotto il nome di railway spine (spina dorsale da ferrovia) e railway brain (cervello da ferrovia), situazioni traumatiche provocate da incidenti ferroviari, distinguendo lo shock nervoso da quello traumatico. In Inghilterra, il dottor Page sosteneva che molti casi di railway spine non derivavano da lesioni nervose ma da disturbi funzionali, che egli chiamò isterici; egli riscontrò in questi pazienti emianestesia e altri sintomi generalmente considerati stigmate dell'isteria [92]. Le affermazioni del dottor Page suscitarono vivaci discussioni circa due punti: primo, la relativa frequenza di lesioni organiche e dinamiche (in linguaggio moderno: funzionali), e secondo, se queste condizioni nervose non organiche fossero o no identiche all'isteria. Tali punti erano di notevole importanza pratica per i pazienti, per le compagnie di assicurazione e per i periti medici che dovevano valutare i reclami. L'opinione di Page era ampiamente condivisa in Inghilterra e fu accolta negli Stati Uniti da Walton [93], Putnam e altri [94]. In Germania due eminenti neurologi, Thomsen e Oppenheim, obiettarono che l'emianestesia non era prova di isteria (perché, come dimostrarono, la si poteva riscontrare in molte altre condizioni), e che nei casi da loro esaminati di railway spine essi avevano costatato che l'emianestesia era molto più grave che nei pazienti isterici, la depressione era più profonda e c'era scarsa reazione alla terapia [95]. I casi non organici di railway spine furono da loro descritti come nevrosi traumatiche specifiche, distinte dall'isteria.

In Francia Charcot negò l'esistenza delle nevrosi traumatiche descritte da Thomsen e Oppenheim; ammise che i casi non organici di railway spine avevano certe peculiarità sintomatiche (come i tedeschi affermavano), ma insistette sulla loro appartenenza all'isteria. Come prova, Charcot disse che sotto ipnosi egli aveva prodotto delle paralisi che sintomaticamente erano uguali alle paralisi traumatiche. Poiché molte delle vittime dei disastri ferroviari erano uomini, la diagnosi di isteria maschile, precedentemente limitata a uomini con sintomi isterici classici, fu ora estesa a uomini con disturbi funzionali post-traumatici. Così la frequenza dell'isteria maschile aumentò in Francia, almeno come etichetta diagnostica, e vi furono allora due specie di isteria maschile a Parigi: quella classica (nella quale l'ereditarietà era considerata il fattore etiologico principale), e quella post-traumatica (nella quale l'ereditarietà aveva minore o nessuna importanza). A Vienna non si poneva più in dubbio l'esistenza dell'isteria maschile classica, ma i neurologi autorevoli non accettavano l'identificazione fatta dal Charcot della paralisi traumatica negli uomini con l'isteria maschile.

Per capire la discussione che seguì al rapporto di Freud, occorre quindi tenere a mente due fatti: il termine "isteria maschile" si applicava a due diverse condizioni, vale a dire all'isteria maschile classica, la cui esistenza era accettata da tutti, e all'isteria maschile traumatica di Charcot, che era oggetto di accese discussioni tra i neurologi; e la discussione dell'isteria maschile traumatica era essa stessa parte di una più ampia controversia riguardante le conseguenze dei disastri ferroviari e di altri traumi.

Il modo migliore per ricostruire ciò che accadde alla riunione del 15 ottobre 1886, è di basarsi sui rapporti pubblicati immediatamente dopo. Non siamo in possesso del testo della relazione di Freud, ma era probabilmente simile alla relazione da lui inviata al Professoren Collegium [96]. Un breve riassunto della discussione seguita all'esposizione di Freud fu riportato nel numero successivo del bollettino della Gesellschaft der Ärzte, e ne furono dati resoconti più dettagliati in cinque riviste mediche [97].

Il rapporto di Freud fu preceduto dalla dimostrazione clinica di un caso di lupus della laringe e del palato, condotta dal laringologo Grossmann. Quindi Freud raccontò alla società in che modo aveva trascorso alcuni mesi a Parigi con Charcot, e spiegò il concetto d'isteria di quest'ultimo. Charcot — egli disse — distingueva tra grande hystérie (con un tipo specifico di convulsioni, emianestesia e varie altre caratteristiche) e petite hystérie. Charcot — aggiunse — aveva il merito di dimostrare che i pazienti isterici non erano malati immaginari, che l'isteria non derivava da disturbi degli organi genitali, e che l'isteria maschile era più frequente di quanto non si pensasse in generale. Freud espose poi un caso di isteria maschile da lui osservato durante il periodo trascorso presso Charcot: era un giovane che aveva avuto un incidente sul lavoro e aveva contratto poi una paralisi a un braccio come pure tutta una serie di stigmate. Sulla base di casi del genere, Charcot era incline a equiparare la maggior parte dei casi di railway spine e di railway brain con l'isteria maschile.

La discussione fu iniziata dal professor Rosenthal, neurologo. L'isteria maschile — egli disse — non era una rarità. Egli ne aveva descritto due casi sedici anni prima.

Meynert affermò di aver osservato ripetutamente casi di attacchi epilettici e di disturbi di coscienza post-traumatici, e che sarebbe stato interessante verificare se tali casi presentavano sempre i sintomi descritti da Freud.

Il professor Bamberger, presidente, riconobbe i meriti di Charcot, ma non trovò niente di nuovo nell'interessante rapporto di Freud. Egli discusse la distinzione di Charcot tra grande e petite hystérie, perché alcuni dei casi più gravi di isteria non appartenevano alla grande hystérie. In quanto all'isteria maschile, era una condizione ben nota; ma sulla base delle proprie osservazioni Bamberger dissentiva da Charcot nell'equiparare la railway spine con l'isteria maschile vera e propria, nonostante certe somiglianze nel quadro clinico.

Il professor Leidesdorf accennò di aver spesso visitato pazienti i quali, in seguito a incidenti ferroviari o a traumi analoghi, avevano sviluppato sintomi organici che nulla avevano in comune con l'isteria. Egli non negava che vi fossero casi nei quali lo shock potesse essere stato seguito da isteria, ma metteva in guardia dal concludere che l'isteria fosse una conseguenza del trauma, perché a quello stadio non poteva ancora essere valutata la vera ampiezza delle lesioni.

La relazione di Freud fu seguita da una del professor Latschenberger, sulla presenza di un pigmento biliare nei tessuti e nei liquidi in gravi malattie degli animali. Bamberger avanzò aspre obiezioni alle asserzioni di Latschenberger. (Ovviamente la freddezza era nello stile della società, e sotto questo riguardo Latschenberger non fu trattato meglio di Freud nonostante il suo titolo di professore.)

Dai leggendari resoconti di quella riunione sembrerebbe che a Parigi fossero state rivelate a Freud scoperte straordinarie che non avevano ancora raggiunto Vienna (come l'esistenza dell'isteria maschile), e che egli, agendo da missionario di Charcot ai pandit viennesi, fosse stato disdegnato e rifiutato vergognosamente. In realtà le cose erano assai diverse. Freud era ritornato da Parigi con un'immagine idealizzata di Charcot. Gran parte di ciò che egli attribuiva a Charcot era opinione di autori precedenti, e l'isteria maschile era una condizione nota della quale erano state pubblicate storie cliniche a Vienna, molto tempo prima, da Benedikt [98], Rosenthal, e altri [99]. Charcot era ben noto a Vienna; Benedikt andava da lui ogni anno. Meynert [100] aveva con lui rapporti amichevoli, e Leidesdorf parlava di lui molto bene [101]. Ma il mondo medico di lingua tedesca era inquieto per la nuova direzione assunta dalla ricerca di Charcot dal 1882. È tipico il fatto che il "Neurologisches Zentralblatt " pubblicò una recensione dettagliata della traduzione delle lezioni di Charcot, nella quale venivano espressi il massimo apprezzamento su Freud come traduttore, ma una critica aspra seppure garbata nei confronti del nuovo insegnamento di Charcot [102].

Dai resoconti risulta chiaro che nessuno negava l'esistenza dell'isteria maschile classica. Dei quattro intervenuti due, Rosenthal e Bamberger, affermarono espressamente che l'isteria maschile era nota, e Leidesdorf ne parlò come di una nozione corrente. Meynert condivise necessariamente la stessa opinione, poiché proprio un mese prima sotto i suoi auspici era stato pubblicato un caso d'isteria maschile classica, osservato in un suo reparto, e non perché l'isteria maschile fosse infrequente, ma perché il caso presentava un raro sintomo isterico [103]. È chiaro che il punto cruciale della discussione era l'equiparazione di Charcot della nevrosi traumatica con l'isteria maschile. Risulta quindi evidente che i neurologi viennesi entrarono in discussione su tre punti del rapporto di Freud. Primo, Freud non si era conformato alla tradizione della società, secondo la quale l'oratore deve esporre qualche cosa di nuovo e di originale. (Questo è il senso dell'osservazione di Bamberger: "Tutto questo è molto interessante, ma non ci vedo niente di nuovo.") Freud avrebbe probabilmente avuto migliore accoglienza se anziché riferire su uno dei casi clinici di Charcot ne avesse esposto uno proprio. Secondo, Freud s'intromise, basandosi sull'autorità esclusiva di Charcot, in una controversia di cui non sembrava aver afferrato la complessità e le implicazioni pratiche. In realtà, l'atteggiamento prudente dei neurologi viennesi riguardo alla diagnosi dei disturbi isterici era a vantaggio dei loro pazienti. (Questo è il significato dell'osservazione di Leidesdorf.) Terzo, fu forse irritante per questi neurologi che Freud attribuisse a Charcot la scoperta che l'isteria non era né una malattia simulata né il risultato di disturbi degli organi genitali, due punti che erano noti a Vienna da molto tempo, cosicché sembrò che Freud li trattasse come degli ignoranti e dicesse cose elementari per farsi capire.

Ci si potrebbe chiedere come mai Freud non si rese conto che stava offendendo queste persone che erano state ben disposte nei suoi confronti [104]. Una ragione era che Freud, che era sempre stato soggetto a immediati e intensi entusiasmi, subiva ora il fascino di Charcot; un'altra ragione era che Freud aspirava alla grande scoperta che gli avrebbe dato fama. Egli risentiva ancora della delusione causatagli dall'episodio della cocaina, e probabilmente riteneva che la rivelazione ricevuta alla Salpètrière potesse essere il punto di partenza per ulteriori scoperte. Così la fredda accoglienza data al suo rapporto fu per lui tanto più penosa.

Non esiste alcuna prova scritta del fatto che Freud fosse stato sfidato a presentare di fronte alla società un caso d'isteria maschile. Ma comunque sia, Freud si sentì in dovere di farlo. Riuscì a trovare un tale caso una settimana dopo la riunione, fece eseguire l'esame oftalmologico dal dottor Konigstein il 24 ottobre, e la dimostrazione ebbe luogo il 26 novembre. Freud iniziò la sua relazione affermando che assecondava la richiesta del professor Meynert di dare dimostrazione alla società di un caso d'isteria maschile con le stigmate descritte da Charcot [105]. Il paziente era un artigiano di ventinove anni, il quale all'età di otto anni in seguito a incidente stradale aveva riportato la rottura di un timpano ed era stato afflitto da convulsioni di natura non chiara per i due anni successivi all'incidente. Ora, dopo uno shock nervoso avuto tre anni prima, aveva sviluppato sintomi isterici. Egli presentava una grave emianestesia e altre stigmate isteriche, del tipo descritto da Charcot. In effetti si trattava di un caso ambiguo, che non si poteva diagnosticare né come isteria traumatica riattivata (a causa del vecchio incidente), né come isteria maschile classica (a causa dello shock nervoso), e non fu sufficiente a chiarire il punto che era stato criticato durante la seduta del 15 ottobre. Questa volta non vi furono discussioni, forse a motivo del gravoso programma. Freud affermò più tardi nella sua Autobiografia (1924) che tale relazione era stata applaudita, ma evidentemente non dissipò l'impressione creatasi nella riunione precedente.

Contrariamente alla leggenda, Freud non ruppe i suoi legami con la società dopo quella riunione. La sua candidatura fu presentata da sette eminenti membri della società stessa il 16 febbraio 1887, ed egli vi fu ammesso il 18 marzo 1887. Non cessò mai di essere membro della società finché non partì da Vienna [106].

La seduta del 15 ottobre 1886 fu rievocata tre mesi dopo da Arthur Schnitzler in una recensione alla traduzione di Freud del libro di Charcot [107]. Schnitzler parla della "fantasia del geniale medico" (die Phantasie des geistreichen Arztes), cioè di Charcot, e di come il suo concetto di isteria maschile traumatica fosse stato accolto con riserve [108]. Queste riserve erano state confermate "quando il dottor Freud recentemente parlò sull'argomento alla Gesellschaft der Ärzte di Vienna, e ne nacque una vivace discussione". La controversia sulla nevrosi traumatica contrapposta all'isteria maschile fu ancora molto accesa in Europa per qualche anno, finché intorno al 1900 il mondo medico perse interesse per l'isteria, cessò di credere nell'esistenza delle stigmate descritte da Charcot, e la malattia stessa divenne molto meno frequente [109].

Nei dieci anni che seguirono Freud lottò per mantenere la propria famiglia, farsi una clientela, portare a termine il lavoro neurologico, e creare una nuova psicologia. Quando nel 1886 iniziò la pratica della professione, dovette affrontare le difficoltà abituali del giovane medico che ha debiti e non è ricco. I pazienti privati erano scarsi, ed egli aveva difficoltà nel trovare dei casi per le dimostrazioni che doveva presentare come Privatdozent. Alcuni fatti dimostrano che egli dev'essere stato sottoposto a qualche critica in questo periodo. Fu accusato di avere scatenato sull'umanità quel "terzo flagello" che era la cocainomania (gli altri due erano l'alcolismo e il morfinismo). In un'ultima relazione sulla cocaina, del luglio 1887, Freud cercò di giustificarsi: la cocaina — egli disse — era pericolosa solo per coloro che erano morfinomani, ma si potevano ottenere splendidi risultati trattando i morfinomani con la cocaina durante lo stadio di privazione [110]. E aggiunse: "Non è forse superfluo notare che questa non è un'esperienza personale, ma un consiglio dato a qualcun altro." Una rivista medica che aveva pubblicato una breve recensione scritta da Freud su un libro di Weir Mitchell dette poco tempo dopo una recensione più ampia dello stesso libro fatta da un altro recensore [111]. Freud aveva rotto i rapporti con Meynert, e tra loro scoppiò un'aspra lite nel 1889. In uno scritto sulle nevrosi traumatiche Meynert criticò le teorie di Charcot sulle paralisi traumatiche, e aggiunse in una nota che le opinioni di Freud erano più dogmatiche che scientifiche e contraddicevano all'insegnamento di Charcot [112]. A questo Freud replicò con un violento attacco a Meynert, accusandolo di avere dei pregiudizi. Questi episodi illustrano l'atmosfera d'isolamento e di sfiducia nella quale Freud iniziò la sua carriera.

Ma Freud ebbe anche qualche facilitazione. Il suo vecchio amico Josef Breuer, che godeva di una delle più ricche clientele di Vienna, gli mandò dei pazienti. Inoltre a Freud era stata affidata, dopo il suo ritorno da Parigi, la responsabilità del reparto neurologico dell'Istituto di Kassowitz [113]. Lavoratore assiduo, Freud si creò gradualmente una posizione sociale e una reputazione come specialista.

Secondo tutte le testimonianze, il suo matrimonio con Martha fu un matrimonio felice. Nacquero sei figli: Mathilde il 16 ottobre 1887, Jean-Martin il 7 dicembre 1889, Oliver il 19 febbraio 1891, Ernst il 6 aprile 1892, Sophie il 12 aprile 1893, e Anna il 3 dicembre 1895 [114]. In famiglia vivevano anche la cognata di Freud, Minna Bernays, e due o tre domestiche. Nell'estate del 1891 la famiglia traslocò nell'appartamento di Berggasse 19, che Freud avrebbe abbandonato solo nel 1938.

L'appartamento di Freud era situato in un quartiere residenziale, vicino alla innere Stadt o città vecchia, nelle quasi immediate vicinanze dell'università, dei musei, del teatro dell'opera, del Burgtheater, dei grandi edifici governativi e inoltre della Corte imperiale. Quest'ultima comprendeva il palazzo imperiale (Hofburg), i suoi giardini, le gallerie d'arte, la biblioteca, la sala del tesoro (Schatzkammer), e la Scuola imperiale spagnola d'equitazione. La famiglia dunque visse e si accrebbe accanto al cuore pulsante del grande impero. Era evento frequente veder passare l'imperatore per il quartiere nella sua carrozza. Sotto molti aspetti la vita era molto diversa da quella che è ora: i professionisti ricevevano i clienti a casa propria, cosicché era loro facile interrompere il lavoro per vedere la famiglia. I figli avevano idee vaghe sull'occupazione del padre, che ai loro occhi godeva di grande prestigio. Non era insolito che il lavoro si protraesse dal mattino fino a sera tardi, per sei giorni alla settimana, ma i professionisti e le persone benestanti prendevano tre mesi di vacanze estive, che trascorrevano o in campagna o viaggiando con in mano il Baedeker.

L'evoluzione scientifica di Freud durante questi dieci anni è dimostrata dal fatto che nel 1886 egli era principalmente un neurologo che accettava completamente le teorie della nevrosi di Charcot, mentre entro il 1896 non aveva più interesse per la neurologia, e dopo aver abbandonato le idee di Charcot e di Bernheim era lentamente giunto a elaborare un sistema proprio.

Il primo passo fu il suo crescente interesse per Bernheim, di cui egli tradusse il manuale; poi, nel luglio 1889 si recò a Nancy per far visita a lui e a Liébeault, dopo di che prese parte al Congresso internazionale di psicologia a Parigi [115].

Nel 1891 comparve il libro di Freud sulla paralisi cerebrale nei bambini, scritto in collaborazione con Oscar Rie, come pure il suo studio critico sulla teoria dell'afasia, e nel 1892 Freud pubblicò la traduzione di un altro libro di Bernheim [116]. In due conferenze che egli tenne il 27 aprile e il 4 maggio 1892 al Wiener medizinischer Klub, il concetto di suggestione da lui esposto era quasi esattamente quello di Bernheim [117]. Ma Freud tradusse anche un altro volume delle lezioni di Charcot, che corredò di note a piè di pagina, alcune per spiegare le idee di Charcot, altre per affermare il proprio concetto di isteria o per contraddire Meynert [118].

Nel 1893 apparve uno schizzo biografico di Freud su Das geistige Wien, una sorta di Chi è? delle celebrità viennesi [119]. Freud pubblicò vari articoli sull'isteria, in particolare la "Comunicazione preliminare" con Josef Breuer intitolata Meccanismo psichico dei fenomeni isterici (1893). Il concetto di Charcot del meccanismo delle nevrosi traumatiche fu esteso all'isteria in generale, e fu proposto un metodo psicoterapeutico basato sul concetto di catarsi e di abreazione. Nel 1894, nel suo scritto Le neuropsicosi da difesa, Freud aveva proseguito dall'isteria alle fobie, alle ossessioni e anche alle allucinazioni. Freud sollecitò Breuer perché si completassero gli Studi sull'isteria, che furono pubblicati nel 1895. Era un libro ben organizzato: dopo una breve introduzione nella quale essi dicevano che non usavano tanti casi clinici quanti avrebbero voluto a causa del segreto professionale, venne ristampata la "Comunicazione preliminare" del 1893, seguita dal caso della paziente Anna O., presentato come prototipo di una terapia catartica. Poi vi erano quattro dei casi clinici di Freud, il primo dei quali era Emmy von N., il primo trattamento catartico di Freud. Il libro si concludeva con un capitolo sul concetto di isteria scritto da Breuer e un altro di Freud sulla psicoterapia. Ritorneremo in seguito sull'effetto prodotto da questo libro e sugli scritti contemporanei di Freud. Nel frattempo la posizione professionale e finanziaria di Freud era migliorata, al punto che egli poteva permettersi viaggi periodici in Italia e la collezione di oggetti d'arte. L'anno seguente egli ritenne che la sua teoria e il suo metodo terapeutico fossero sufficientemente originali da poter essere chiamati con un nome nuovo e specifico: psicoanalisi. Ma la nascita di questa nuova scienza sarebbe avvenuta attraverso un processo molto insolito, che era ormai cominciato.

Per un periodo di circa sei anni (dal 1894 al 1899) quattro avvenimenti sono inestricabilmente collegati nella vita di Freud: la sua stretta relazione con Wilhelm Fliess, i suoi disturbi nevrotici, l'autoanalisi e l'elaborazione dei princìpi fondamentali della psicoanalisi. Riassumeremo innanzitutto i fatti conosciuti, per poi proporne un'interpretazione. Le due fonti principali sono L'interpretazione dei sogni (1899), che analizza dozzine di sogni di Freud stesso in quel periodo, e la parte pubblicata della sua corrispondenza con Fliess. (La pubblicazione completa di queste lettere forse modificherà in parte la nostra descrizione di quel periodo.)

Freud aveva conosciuto nel 1887 Wilhelm Fliess, uno specialista berlinese di malattie del naso e delle orecchie. Fliess era autore di teorie i cui tre punti principali erano la corrispondenza tra la mucosa nasale e gli organi genitali, la bisessualità degli esseri umani e l'esistenza in ogni individuo di una doppia periodicità, una femminile con un ciclo di ventotto giorni, e una maschile con un ciclo di ventitré giorni [120]. La prima lettera di Freud a Fliess del 24 novembre 1887, riguardava la diagnosi di una paziente. Ne nacque un'amicizia, dimostrata nel giugno 1892 dall'adozione del confidenziale "tu". Presto acquistò un carattere più emotivo. Per Freud, Fliess era un corrispondente scientifico, un medico che curava lo stato del suo naso, e un confidente che gli era di stimolo e nel cui giudizio riponeva illimitata fiducia. All'inizio del 1894 Freud soffriva di sintomi cardiaci. Su consiglio di Fliess smise di fumare, e nonostante che ne soffrisse molto mantenne la propria decisione. A quest'epoca si verificò un episodio che è stato descritto da Max Schur [121]. Freud aveva in cura una donna isterica, Emma, e richiese a Fliess di determinare se ci fosse una connessione tra i suoi sintomi e un eventuale disturbo nasale. Fliess operò Emma al naso e ritornò a Berlino. La paziente tuttavia soffrì di gravi complicazioni postoperatorie, e un altro specialista scoprì che Fliess aveva accidentalmente lasciato un lungo pezzo di garza allo iodoformio nella cavità. Settimane dopo la paziente ebbe un'emorragia di gravità tale che le sue condizioni restarono critiche per un bel po' di tempo. Secondo Schur, Freud espresse in una lettera, finora non pubblicata, la sua piena fiducia in Fliess che rimaneva per lui il guaritore "nelle cui mani si affida fiduciosamente la propria vita." Tali avvenimenti si verificavano in un periodo in cui Freud era interamente assorbito dalla sua meditazione su una nuova psicologia. Nel giugno 1895 egli scrisse a Fliess di avere ripreso a fumare, dopo un'interruzione di quattordici mesi: non riusciva più a sopportare l'astinenza dal fumo. Fu durante la notte tra il 23 e il 24 luglio 1895 che Freud ebbe il famoso sogno dell'iniezione di Irma, il primo sogno che egli sottopose ad analisi completa con la sua nuova tecnica delle associazioni. Questa sarebbe divenuta il prototipo di un'analisi dei sogni, non solo nella Traumdeutung (1899) di Freud, ma agli occhi di tutti gli psicoanalisti. Max Schur ha dimostrato che gli elementi basilari di quel sogno erano presenti nella storia della paziente Emma, e che esso può essere interpretato come il tentativo del sognatore di giustificare Fliess. Freud ebbe la sensazione di aver risolto il mistero dei sogni e di aver trovato una chiave per la loro interpretazione, chiave che poteva ora utilizzare nell'indagine e nel trattamento dei suoi pazienti.

Nel periodo tra il luglio 1895 e la morte del padre, avvenuta il 23 ottobre 1896, Freud pubblicò insieme con Breuer gli Studi sull'isteria (1892-95), ruppe i suoi rapporti con Breuer e scrisse il Progetto di una psicologia (1895), che tuttavia abbandonò presto, cosicché restò inedito. Le sofferenze di Freud aumentavano: durante un'escursione in montagna rimase senza fiato e fu costretto a tornare indietro. Ancora una volta smise di fumare, ma riprese presto. Le sensazioni di aver fatto grandi scoperte erano seguite da dubbi tormentosi. Jacob Freud, che era stato gravemente malato per parecchi mesi, morì il 23 ottobre 1896. Nella notte seguente al funerale, Sigmund sognò di trovarsi in un locale e di aver letto su un cartello: "Si prega di chiudere gli occhi [122]." Vi era nel sogno una connotazione di autorimprovero. Freud si rese ora conto di quanto avesse significato per lui il padre. Molto probabilmente egli aveva sentimenti di colpa per l'ostilità che aveva nutrito nei suoi confronti per tanto tempo. Da quel momento in poi l'autoanalisi di Freud, che era proceduta fino ad allora in modo discontinuo, divenne sistematica e lo assorbì sempre di più, in particolare l'analisi dei propri sogni. Edith Buxbaum [123] in un articolo, e Didier Anzieu in un libro [124], hanno cercato di ricostruire l'autoanalisi di Freud collocando i sogni in ordine cronologico e in giustapposizione con la corrispondenza con Fliess.

Per circa un anno dopo la morte del padre, le sofferenze interiori di Freud si aggravarono, come dimostrano le sue lettere a Fliess. Egli rimuginava giorno e notte sull'apparato psicologico e sull'origine delle nevrosi. Prestò maggiore attenzione alle fantasie di copertura di certi ricordi. Sentiva di essere sul punto di scoprire grandi segreti, o di averli scoperti, ma subito retrocedeva, preso da dubbi. Parlava della sua nevrosi, la sua piccola isteria. Sosteneva di essere indifferente agli intrighi che potevano essersi verificati all'università. Il 14 agosto 1897 scrisse a Fliess: "Il malato che oggi più mi preoccupa sono io stesso", e aggiunse che la sua analisi era più difficile di ogni altra.

Il 21 settembre 1897, Freud scrisse a Fliess una sorprendente confidenza. Le storie di una seduzione infantile da parte del padre, come quelle raccontate da tutti i suoi pazienti isterici, erano pure fantasie, cosicché la sua intera teoria dell'isteria era scossa. La mancanza di successo terapeutico, l'improbabilità che tante seduzioni da parte del padre potessero passare inosservate, l'impossibilità di distinguere nell'inconscio un ricordo da una finzione, erano le ragioni principali che lo inducevano ora ad abbandonare la speranza di chiarire il mistero della nevrosi. Erano scomparse le aspettative di una grande scoperta che arrecasse fama e ricchezza; tuttavia il tono di questa lettera era ottimistico. Restavano a Freud il suo metodo d'interpretazione dei sogni e la sua metapsicologia (il suo sistema dell'apparato psichico), che era ai primi passi. Da questo momento in poi la sua autoanalisi entrò in una fase fruttuosa. Ricordi dell'infanzia si affollavano alla mente: la vecchia e brutta bambinaia, che gli parlava di Dio e dell'inferno, fu ora da lui considerata essere alla base della sua primissima esperienza sessuale, mentre la libido verso la madre si era risvegliata all'età di due anni e mezzo. I rapporti con il nipote di un anno più vecchio di lui erano stati il modello del lato nevrotico delle sue amicizie successive. Egli ricordò la propria gelosia verso il fratellino e i successivi sensi di colpa dopo la sua morte. Alla ricerca di ricordi circa la balia, scoprì un esempio di ciò che più tardi chiamò ricordo di copertura. Egli suppose che i sentimenti amorosi del bambino per la madre e la gelosia verso il padre fossero fenomeni generali. Evocò i nomi di Edipo e di Amleto. Diede sempre maggiore importanza alla resistenza, considerata ora come persistenza di caratteristiche infantili. Riformulò la sua idea circa l'origine dell'isteria e delle ossessioni. In tale processo, l'autoanalisi e l'analisi dei pazienti erano strettamente collegate, e in una lettera del 3 ottobre 1897 Freud scriveva a Fliess: "Non posso darti un'idea della bellezza intellettuale del lavoro."

Nel novembre 1897, Freud scriveva che la sua autoanalisi era nuovamente in fase di ristagno. Altri ricordi d'infanzia emergevano lentamente. Egli era molto occupato dai problemi riguardanti le antiche zone sessuali, particolarmente i ricordi e le fantasie anali. Egli mise a confronto sogni, fantasie, sintomi nevrotici, motti di spirito e creazioni artistiche. Avvertì un progresso nella propria nevrosi: si emancipava dall'influenza di Brücke e di Charcot, e si identificava con Goethe. Le sue lettere a Fliess divennero meno frequenti, più brevi, e manifestarono uno spostamento dalla dipendenza alla competizione. All'inizio del 1898 incominciò a scrivere un libro sui sogni. Tale lavoro fu interrotto dalle vacanze estive e in autunno da un nuovo periodo di depressione e inibizione, ma fu ripreso e portato a termine nel settembre 1899.

La pubblicazione dell'Interpretazione dei sogni segnò la fine della nevrosi di Freud, ma egli non interruppe mai l'autoanalisi, e da allora in poi dedicò ad essa un po' di tempo tutti i giorni. Egli uscì da questa esperienza con una profonda trasformazione interiore. Si liberò della sua dipendenza da Fliess, e la loro intima amicizia finì all'inizio del 1902. Freud riuscì a superare una misteriosa inibizione che gli aveva impedito di andare a visitare Roma, e nel settembre 1901 trascorse dodici giorni in quella città dei suoi sogni. Infine compì alcuni passi per sollecitare la propria nomina a professore, e ora si sentì pronto a raccogliere intorno a sé una piccola cerchia di seguaci.

Lo strano male di cui Sigmund Freud soffrì tra il 1894 e il 1900, insieme con la sua autoanalisi, hanno dato luogo a svariate interpretazioni. Taluni suoi avversari sostengono che era un uomo gravemente malato, e che la psicoanalisi fu l'espressione di una nevrosi. I suoi seguaci, come ad esempio Jones, affermano che la sua autoanalisi fu un'impresa eroica, senza precedenti e che non sarebbe mai più stata ripetuta, attraverso la quale gli abissi dell'inconscio furono rivelati all'umanità per la prima volta. Noi avanziamo l'ipotesi che l'autoanalisi di Freud sia stata uno degli aspetti di un complesso processo (gli altri essendo la sua relazione con Fliess, la sua nevrosi e l'elaborazione della psicoanalisi), e che tale processo costituisca un esempio di quella che si può chiamare malattia creativa.

Questo ci costringe a dare una definizione di malattia creativa e a descriverne i tratti principali [125]. Essa si presenta in varie situazioni: la troviamo tra gli sciamani, tra i mistici di diverse religioni, in certi filosofi e scrittori creativi. Un esempio già citato in questo volume è quello di Fechner [126], e in un capitolo successivo descriveremo la malattia creativa di C. G. Jung [127]. Una malattia creativa segue a un periodo dominato da un'idea e dalla ricerca di una certa verità. Si tratta di una condizione polimorfa che può presentarsi in forma di depressione, di nevrosi, di sofferenze psicosomatiche, o anche di psicosi. Quali che siano i sintomi, essi vengono sentiti dal soggetto come penosi, se non tormentosi, con periodi alterni di sollievo e di peggioramento. Nel corso della malattia il soggetto non perde mai il filo della sua preoccupazione dominante, che spesso è compatibile con una normale attività professionale e con la vita di famiglia. Ma anche se il soggetto mantiene le sue attività sociali, egli è quasi interamente assorbito da sé stesso; soffre di sensazioni di isolamento assoluto, anche quando ha un mentore che lo guida attraverso le ordalie (come l'apprendista sciamano con il suo maestro). La conclusione è spesso rapida e segnata da una fase di buon umore. Il soggetto esce dalla sua ordalia trasformato permanentemente nella propria personalità e con la convinzione di aver scoperto una grande verità o un nuovo mondo spirituale.

Nel caso di Freud sono presenti tutte queste caratteristiche. Dall'epoca della sua visita a Charcot nel 1885 e 1886 egli era sempre stato preoccupato dal problema dell'origine della nevrosi, problema che in certi momenti divenne un interesse dominante. A partire dal 1894 le sofferenze di Freud, come vengono descritte nelle sue lettere a Fliess, potrebbero indubbiamente classificarsi come nevrotiche, e a volte come psicosomatiche. Ma a differenza della nevrosi, la concentrazione su un'idea fissa non aveva semplicemente un carattere ossessivo ma anche un carattere creativo. La speculazione intellettuale, l'autoanalisi e il lavoro con i pazienti si svolgevano in una specie di disperata ricerca di una verità sfuggente. Ripetutamente egli sentiva di essere sul punto di scoprire un grande segreto o di esserne già in possesso, per poi essere nuovamente preso dai dubbi. Il sentimento tipico dell'isolamento totale è un motivo ricorrente nelle sue lettere a Fliess. Non abbiamo prove che Freud fosse realmente isolato, né che fosse trattato male dai suoi colleghi in quegli anni. Le tre conferenze tenute al Doktorenkollegium furono ben accolte nonostante la singolarità delle sue teorie. Un'altra, sui sogni, tenuta al B'nai B'rith, Freud dice che ottenne un'accoglienza entusiastica. Ancor più, si può parlare di autentico rispetto e tolleranza nei suoi confronti da parte dei colleghi. Il 2 maggio 1896, quando egli tenne una conferenza al Verein für Psychiatrie und Neurologie (Società di psichiatria e neurologia), esponendo la sua teoria della seduzione infantile come causa dell'isteria, Krafft-Ebing, che presiedeva la seduta, osservò semplicemente che sonava come una favola scientifica, e nondimeno l'anno seguente propose la nomina di Freud a Professor extraordinarius [128]. In quanto all'uditorio, chi potrebbe biasimarlo per il suo scetticismo se Freud stesso, qualche mese dopo, scoprì che aveva sbagliato? Un tratto frequente della nevrosi è l'abbondanza di giudizi dispregiativi; tali furono quelli espressi da Freud in queste lettere a riguardo dei colleghi. Già nell'agosto 1888 egli disse che i suoi colleghi lo invitavano a moderarsi nei suoi attacchi contro Meynert. Il suo libro sull'afasia è un attacco contro vari colleghi e particolarmente contro "il troneggiante idolo" Meynert. Anche il buon Breuer venne trattato con un certo dispregio. In queste lettere appare inoltre una forte intolleranza per ogni sorta di critica. A proposito della recensione di Strümpell degli Studi sull'isteria, che riconosce i meriti del libro seppure con qualche riserva, Freud dice che il libro è stato "bassamente accusato" [129]. Quando C. S. Freund pubblicò un articolo sulle paralisi psichiche [130], Freud lo definì "un plagio" [131], sebbene l'articolo presentasse una teoria del tutto diversa da quella di Freud, che l'autore peraltro cita a quel riguardo. Freud era sensibile in questioni di priorità e teneva angosciosamente a non essere preceduto, ad esempio da Moebius o Janet. Il suo atteggiamento verso i colleghi appariva in queste lettere come un atteggiamento di sfiducia o di provocazione [132].

La relazione di Freud con Fliess, che ha reso perplessi tanti psicoanalisti, può essere facilmente compresa se collocata nel contesto della malattia creativa. La persona ha la sensazione di aprire una pista nuova in un mondo sconosciuto, in condizione di completo isolamento. Egli ha disperatamente bisogno di una guida che lo aiuti in tale cimento. Freud si era lasciato alle spalle le figure paterne rappresentate da Brücke, Meynert, Breuer e Charcot, e ricorse ora all'amicizia di un uomo della sua stessa generazione. Negli anni dell'adolescenza Freud aveva avuto un'intima amicizia con un compagno di scuola, Eduard Silberstein, con il quale trascorreva la maggior parte del suo tempo libero. I due amici studiarono lo spagnolo, per usarlo come una specie di lingua segreta, assunsero nomi spagnoli, fondarono un'accademia castigliana, e continuarono a scambiarsi lettere per circa dieci anni. Su un modello alquanto simile si stabilì la stretta amicizia tra Freud e Fliess. Essi si scambiavano idee e particolarmente nuove intuizioni e scoperte ancora tenute segrete a tutto il resto del mondo. Tuttavia, da un'attenta lettura delle lettere di Freud a Fliess si rileva che al rapporto iniziale tra due amici alla pari si sostituì gradualmente un rapporto di subordinazione intellettuale di Freud a Fliess, finché alla fine Freud riacquistò la sua posizione passata di pari. Ciò dimostra che durante il periodo cruciale della malattia creativa di Freud, Fliess aveva involontariamente e inconsciamente assunto il ruolo del maestro sciamano di fronte all'apprendista sciamano, e del direttore spirituale per il mistico.

Tipica della malattia creativa è la guarigione spontanea e rapida accompagnata da un senso di esaltazione. Ricordiamo come Fechner attraversò una fase lievemente ipomaniacale durante la quale pensò di poter decifrare tutti gli enigmi del mondo. Un sentimento abbastanza simile si esprime nella frase: "Chi ha occhi per vedere e orecchi per intendere si convince che ai mortali non è possibile celare nessun segreto. Chi tace con le labbra chiacchiera con la punta delle dita, si tradisce attraverso tutti i pori [133]. " Tutti gli anni di sofferenza erano svaniti, ma restava l'impressione di aver attraversato un lungo periodo di terribile isolamento in un mondo ostile. Tipico della fine della malattia creativa è lo spostamento graduale dell’interesse dal mondo interno a quello esterno. Mentre nelle sue lettere aveva detto a Fliess di essere indifferente alla propria nomina e aveva persino illustrato una completa rottura con l'università, Freud intervenne ora attivamente presso il ministero per agevolare i propri interessi.

Come la personalità di uno scienziato possa essere influenzata dalla sua scoperta si dimostra, ad esempio, nel caso di Robert Bunsen, come viene ritratto da Uexküll [134]. Quando Bunsen scoprì l'analisi spettrale, la sua visione del mondo cambiò, e cambiò anche la sua personalità; da quel momento in poi "si comportò come un re che viaggia in incognito". Paul Valéry ha dimostrato come la personalità di uno scrittore creativo possa altresì essere rifoggiata a immagine della sua opera [135]. Riguardo alla malattia creativa, la trasformazione della personalità che ne consegue è ancora più profonda. È come se l'individuo avesse seguito l'appello di sant'Agostino: "Non andare al di fuori, ritorna in te stesso; nell'uomo interiore sta la verità [136]." Anche per questa ragione, la trasformazione della personalità è indissolubilmente legata alla convinzione di aver scoperto una verità grandiosa che dev'essere proclamata all'umanità. Nel caso di Freud fu la scoperta del metodo psicoanalitico e di una nuova teoria della mente, e la prima prova si trova nel suo libro L'interpretazione dei sogni (1899).

Freud considerò sempre L'interpretazione dei sogni la propria opera principale, e certamente si tratta di un libro straordinario. Mentre molte erano ogni anno le pubblicazioni relative ai sogni, il tema della loro interpretazione non era stato ripreso dal tempo di Scherner, nel 1855. In secondo luogo, il libro non solo formulò una teoria originale dei sogni, ma determinò anche la fondazione di una nuova psicologia. E in terzo luogo, il libro era in sommo grado legato alla vita e alla personalità del suo autore. Hervey de Saint-Denis e altri avevano riempito interi volumi dei propri sogni e di spiegazioni di essi, ma nessuno aveva analizzato sogni avuti durante una malattia creativa.

Oggi L'interpretazione dei sogni è un classico, e ci è divenuto tanto familiare che ci è difficile immaginare l'impressione da esso suscitata nel 1900. La versione corrente oggi è che Freud era a quel tempo uno sconosciuto neurologo che subiva l'"ostracismo" dei colleghi, e che il libro, apportatore di tante innovazioni, fu disprezzato o accolto con un mortale silenzio. Da un esame obiettivo dei fatti ricaviamo un quadro diverso. Durante quegli anni di malattia creativa la reputazione di Freud era andata lentamente crescendo sia a Vienna sia all'estero. Al Congresso internazionale di psicologia, tenutosi a Monaco nell'agosto 1896, il nome di Freud era stato menzionato come un'autorità preminente in materia d'isteria [137]. Van Renterghem nel 1897 annoverò Freud tra i principali rappresentanti della scuola di Nancy [138]. Nel 1901 era apparso uno schizzo biografico su Freud in una specie di Chi è? delle celebrità mediche [139]. Inoltre a Lione un ginecologo, il dottor Cesar Tournier, già nel 1895 aveva cominciato a interessarsi profondamente alle idee di Freud sulla sessualità infantile [140]. L'affermazione che Freud a Vienna fosse vittima di ostracismo è infondata: egli non cessò mai di essere membro della Gesellschaft der Ärzte [141], e almeno nel 1899-1900 fu consigliere del Verein für Psychiatrie und Neurologie [142] (la società presso la quale la sua conferenza sull'isteria era stata accolta con una certa incredulità nel 1896). Un certificato ufficiale del 4 ottobre 1897 dichiarava che "Freud vive in condizioni evidentemente molto buone, ha tre cameriere, e gode di una clientela non molto estesa ma rimunerativa", ed è chiaro che la sua posizione era andata ancora migliorando nel frattempo [143].

Malgrado la sua fama, L'interpretazione dei sogni è una delle opere di Freud meno capite oggi, e questo per varie ragioni. Primo, perché il testo ha subito molti cambiamenti, aggiunte e sottrazioni da un'edizione all'altra, cosicché l'edizione ora accessibile è piuttosto diversa per forma e contenuto dall'originale. Secondo, il libro era difficile da tradurre e molte sfumature dell'originale sfuggono anche nella migliore delle traduzioni [144]. Il solo modo per ottenere una reale conoscenza del contenuto è leggere l'edizione originale tedesca, che, sfortunatamente, è molto rara. Terzo, L'interpretazione dei sogni è piena di allusioni ad avvenimenti e abitudini che erano familiari al lettore contemporaneo, ma che sono quasi incomprensibili oggi senza note esplicative [145]. Essa brulica letteralmente di spiritosi dettagli sulla vita della Vienna fin de siècle.

Inoltre, il libro potrebbe essere definito un'autobiografia "in maschera". Freud parla della propria nascita e della predizione di una vecchia contadina fatta a quel tempo, della rigida educazione ricevuta da una vecchia bambinaia, della peculiare mescolanza di amicizia e ostilità tra lui e il nipote John, maggiore di lui di un anno, dell'emigrazione dei suoi fratellastri in Inghilterra, di un incubo dell'infanzia nel quale egli vide la madre e figure col becco da uccello, della sua posizione di primo della classe a scuola, della "cospirazione contro l'insegnante malvisto", dei primi accenni ch'egli ebbe di antisemitismo tra compagni di scuola, e di molti altri particolari. Freud menziona anche alcuni avvenimenti politici: il governo liberale del 1866 nel quale vi erano due ministri ebrei, la guerra ispano-americana del 1898, i criminosi attentati anarchici a Parigi. Freud parla delle sue opere precedenti, della sua delusione nella faccenda relativa alla cocaina, del suo sentimento di euforia quando mise piede a Parigi nel 1885, e del suo amico Fliess. Accenna alle scoperte circa i ricordi di copertura, la sessualità infantile e il complesso edipico. Nasconde accuratamente tutto ciò che riguarda la pro pria vita, ma parla dei figli e dà esempi dei loro sogni. Non nasconde i propri sentimenti di ateo, né la propria incredulità nell'immortalità.

D'altra parte, Freud applicò lo stesso stratagemma a cui fece ricorso Dante gettando nell'inferno le persone che non gli piacevano. Una di queste persone era per Freud lo zio Josef, la pecora nera della famiglia, per il quale egli affermò di non avere "naturalmente, mai provato teneri sentimenti"; è nominata pure la vecchia balia che l'aveva trattato severamente quando era piccolo, e lo stupido insegnante del ginnasio contro il quale vi era stata una rivolta. L'eccessivamente severo Brücke fu raffigurato in un sogno nell'atto di costringere Freud a sezionare la propria gamba e la pelvi. Di Meynert è detto che era stato curato per tossicomania da cloroformio in una clinica psichiatrica privata. Abbiamo accennato all'aspra lotta di Meynert contro Freud e al fatto che Meynert prima di morire confessò a Freud di essere affetto da isteria maschile, tenuta nascosta per tutta la vita [146]. Assai singolari sono le reminiscenze riguardanti il padre di Freud: quando Sigmund aveva sei anni, il padre Jacob diede a lui e alla sorella un libro illustrato da strappare, fatto che era "da un punto di vista didattico... difficilmente giustificabile". Dopo che il piccolo Sigmund aveva orinato nella camera da letto dei genitori, il padre commentò che dal ragazzo non sarebbe mai venuto fuori niente. Vi è anche l'incidente del cristiano che aveva insultato Jacob, e il codardo comportamento di Jacob stesso. In un sogno egli viene presentato ubriaco e agli arresti. Vi sono anche i penosi sintomi che afflissero Jacob e la famiglia negli ultimi giorni prima della sua morte. Non vi è molto dal lato positivo, e questo ci fa chiedere se Freud non avesse ragioni più profonde per questo atteggiamento verso il padre che la rivalità della prima infanzia a causa della madre.

Una caratteristica peculiare del libro è un elemento di provocazione deliberata ma ben nascosta. A quell'epoca la parola Traumdeutung era usata a designare l'interpretazione popolare dei sogni da parte degli indovini; ad esempio il filosofo Gomperz [147] aveva pubblicato un opuscolo dal titolo Traumdeutung und Zauberei (Interpretazione dei sogni e magia). Per gli scienziati contemporanei il titolo Traumdeutung aveva qualcosa d'interessante e d'irritante [148]. Freud pose all'inizio del suo libro una frase ripresa dall'Eneide di Virgilio: "Flectere si nequeo Superos, Acheronta movebo" (Se mover contra lui non posso il cielo, moverò l'Acheronte) [149]. Queste erano le parole di Giunone quando Giove rifiutò d'impedire a Enea di diventare re del Lazio; essa poi convocò dall'Inferno la furia Aletto, che con una banda di donne infuriate attaccò i troiani. Questo motto può essere interpretato come un'allusione al destino degli impulsi rimossi, ma anche come riferimento al mancato riconoscimento accademico di Freud e al rivoluzionamento da lui operato nella scienza della mente. In una lettera a Fliess del 9 febbraio 1898, egli scrive che si rallegra "pensando agli scotimenti di testa che faranno gli altri ad ogni indiscrezione e audacia" che il libro contiene.

Queste caratteristiche inconsuete della Traumdeutung, il titolo e il motto provocatori, l'elevata qualità letteraria, l'intima connessione con la vita e la personalità di Freud, le spiritose allusioni alla vita viennese di quel tempo, tutto ciò contribuì all'effetto che il libro produsse sui lettori. Alcuni parlarono in termini critici di mancanza di rigore scientifico, ma per altri fu una rivelazione che li sconvolse e diede un nuovo corso alla loro vita. Lo psichiatra tedesco Blüher [150] racconta nella sua autobiografia di aver avuto scarso interesse per l'opera di Freud finché un amico non gli prestò L'interpretazione dei sogni, da cui egli non riuscì a staccarsi finché non ebbe finito di leggerlo, e che diede un orientamento decisivo alla sua carriera. È attraverso esperienze simili che Stekel, Adler e Ferenczi divennero discepoli di Freud. In quanto all'affermazione che il libro incontrò silenzio o critiche distruttive, essa è stata confutata da Use Bry e Alfred Rifkin [151].

Un punto oscuro nella vita di Freud è perché la sua nomina a professore straordinario sia giunta così tardivamente. La versione tradizionale parla di antisemitismo, dello scandalo causato dalle teorie sessuali di Freud, e della meschinità dei colleghi che si risentivano della sua superiorità. La leggenda aggiunge che la nomina finale di Freud fu ottenuta quando uno dei suoi pazienti ricchi convinse il ministro dell'Istruzione a nominarlo donando un quadro di Böcklin alla galleria d'arte che egli patrocinava. Uno studio obiettivo dei fatti si è reso possibile quando Joseph e Renée Gicklhorn trovarono una serie di quaranta documenti relativi alla carriera universitaria di Freud negli archivi dell'Università di Vienna e nell'archivio di Stato austriaco [152]. Successivamente sono stati aggiunti due documenti da K. R. Eissler [153]. È fatto confermato che nel gennaio 1897 i professori Nothnagel e Krafft-Ebing chiesero al collegio dei professori di proporre Freud per il titolo di professore straordinario. Nella riunione del 13 febbraio 1897, il collegio incaricò un comitato di sei professori di fare una relazione sull'argomento. Il 12 giugno 1897, dopo aver ascoltato una relazione favorevole letta da Krafft-Ebing, il collegio propose al ministero la nomina di Freud; tuttavia, fu solo il 27 febbraio 1902 che il ministro della Pubblica Istruzione Wilhelm von Hartel propose la nomina, che fu firmata dall'imperatore Francesco Giuseppe il 5 marzo 1902.

Ciò che accadde in quell'intervallo di cinque anni non è sufficientemente spiegato dai documenti disponibili. In una lettera a Fliess datata 11 marzo 1902 Freud dice di essersi reso conto, al ritorno da Roma, che doveva agire egli stesso se mai voleva ricevere la nomina così a lungo differita; Sigmund Exner gli aveva accennato a "influenze" operanti contro di lui all'interno del ministero, consigliandogli di cercare di opporre ad esse altre influenze personali; egli le aveva trovate in una ex paziente, Elise Gomperz; aveva quindi chiesto a Nothnagel e a Krafft-Ebing di rinnovare la vecchia proposta in suo favore. Infine, in seguito all'intervento di un'altra ex paziente, la baronessa Marie von Ferstel, la nomina fu concessa. È certo che la rinnovata richiesta di Nothnagel e di Krafft-Ebing del 5 dicembre 1901 fu seguita dalla nomina di Freud, ma questo ancora non spiega la ragione per la quale la prima richiesta del collegio dei professori sia rimasta sepolta per più di quattro anni. In merito a ciò, i Gicklhorn hanno dato la seguente spiegazione: il 28 maggio 1898, con un decreto segreto (Geheimerlass), il ministero dell'Istruzione decise di ridurre il numero di nomine per il titolo di professore straordinario, stabilendo che quelli nominati avrebbero potuto sostituire il professore titolare, e anche che si doveva tener conto di quei liberi docenti che già avevano una vasta pratica d'insegnamento. Secondo i Gicklhorn, Freud non era in condizioni conformi a quelle richieste: aveva il titolo di libero docente in neurologia, ma non in psichiatria (come invece Wagner-Jauregg). Inoltre aveva prestato più attenzione alla clientela privata rimunerativa che alla propria funzione di Privatdozent. Queste conclusioni dei Gicklhorn sono state discusse punto per punto da K. R. Eissler [154]. È certo che taluni candidati proposti contemporaneamente a Freud e dopo di lui ricevettero la nomina prima di lui. È vero che vi erano stati ripetuti cambiamenti al ministero e il nuovo ministro Wilhelm von Hartel, uomo straordinariamente attivo, che era responsabile di tutto il sistema scolastico austriaco come pure degli affari religiosi e culturali, non si poteva presumere informato di ogni singola candidatura [155]. Ma egli era soggetto a tutte le specie di pressioni politiche; molte nomine a professore erano ottenute per influenze politiche più che per i meriti dei candidati. Per questa ragione Von Hartel fu oggetto di violenti attacchi da parte di Karl Kraus [156]. Egli fu attaccato anche da antisemiti perché aveva avuto una parte rilevante nella concessione di un premio letterario ad Arthur Schnitzler, e perché aveva pubblicamente condannato l'antisemitismo di fronte al parlamento austriaco. Che Freud non sia stato nominato prima non può quindi ascriversi all'antisemitismo.

In quanto alla leggenda secondo cui la nomina di Freud sarebbe stata ottenuta dalla baronessa Ferstel in cambio di un quadro di Böcklin (Die Burgruine), Renée Gicklhorn ha dimostrato che tale quadro restò in possesso dei suoi proprietari, la famiglia Thorsch, fino al 1948, e che la Galleria d'arte moderna aveva già acquistato un altro quadro di Böcklin [157]. Eissler replicò che la Galleria d'arte moderna aveva effettivamente ricevuto dalla baronessa Marie von Ferstel, nel 1902, un quadro del pittore Emil Orlik: Chiesa ad Auscha [158]. Tenuto conto del basso valore del quadro, ciò confermerebbe piuttosto l'improbabilità della versione per la quale la nomina di Freud sarebbe stata ottenuta con la corruzione [159]. Forse questo dono non fu altro che un segno di gratitudine da parte della baronessa al ministro. Se ne può concludere che la ragione principale del ritardo nella nomina di Freud fu la vis inertiae burocratica, e che fu sempre data la precedenza a candidati raccomandati, mentre Freud era stato troppo assorbito dall'autoanalisi per occuparsi dei propri interessi.

Così nel 1902 Freud vide esaudita questa sua ambizione. Il titolo di professore straordinario era un riconoscimento del suo lavoro scientifico, e gli permetteva anche di contare su onorari superiori. Seguì per Freud un periodo d'intensa produttività. Nell'autunno del 1902 egli riunì un piccolo gruppo di persone interessate, che s'incontravano a casa sua ogni mercoledì sera per discutere problemi di psicoanalisi. Il gruppo si denominò "Società psicoanalitica del mercoledì". I primi partecipanti furono Kahane, Reitler, Adler e Stekel. Questo fu l'inizio del movimento psicoanalitico, che doveva espandersi fino a raggiungere dimensioni mondiali.

Da quell'epoca in poi la storia della vita di Freud è in gran parte quella del movimento psicoanalitico. Nel 1904 Freud pubblicò la Psicopatologia della vita quotidiana (1901) in forma di volume. Malgrado una spiacevole polemica con Fliess, egli trovò crescente riconoscimento in vari ambienti; nel settembre cominciò una corrispondenza con Eugen Bleuler. Nel 1905 apparvero tre delle sue opere più conosciute: Tre saggi sulla teoria sessuale, Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio e Frammento di un'analisi d'isteria. (Caso clinico di Dora), scritto nel 1901. La prospettiva di coloro che vedevano la psicoanalisi dal di fuori cambiò. Mentre intorno al 1900 Freud era considerato un esploratore dell'inconscio e un interprete di sogni, egli appariva ora come il proponente di una teoria sessuale. La versione tradizionale dice che queste nuove teorie suscitarono una tempesta d'indignazione e d'ingiurie; ma anche a questo riguardo un esame obiettivo offre un quadro diverso. La Bry e Rifkin, sulla base di recensioni di opere di Freud dell'epoca, concludono che "la conoscenza e l'apprezzamento dell'opera di Freud si estesero ampiamente e rapidamente", che "nel tempo in cui si suppone che Freud sia stato ignorato, molti segni di riconoscimento e di straordinario rispetto potrebbero aggiungersi ai pochi esempi dati in questo scritto" [160]. Freud era diventato una celebrità e un terapeuta molto ricercato. Nel 1906, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, ricevette dai suoi discepoli un medaglione con sopra inciso il suo ritratto. Ad eccezione di una polemica con Fliess, la cui amicizia di un tempo si era mutata in odio, Freud ricevette segni di riconoscimento e di devozione da ogni parte.

Nel marzo 1907, C. G. Jung e Ludwig Binswanger fecero visita a Freud e al loro ritorno a Zurigo fondarono un piccolo gruppo psicoanalitico. Nel 1908 il movimento acquistò carattere internazionale e venne convocato il 1° Congresso internazionale di psicoanalisi a Salisburgo, e nel 1909 fu fondato il primo periodico psicoanalitico. Freud fu invitato a tenere conferenze alla Clark University di Worcester nel Massachusetts, e compì il viaggio in America con Jung e Ferenczi. Questo momento luminoso nella vita di Freud fu, come egli si espresse, "la fine dell'isolamento".

Questo ci induce a esaminare il significato di quell'isolamento del quale Freud si lamentava tanto. Nell'autobiografia egli parla di "dieci anni o più d'isolamento" senza specificare in che anno esso incominciò o finì. Tale preteso isolamento non fu certo in relazione con il suo ambiente immediato: egli ebbe una vita familiare felice e Jones parla della sua "sorprendentemente vasta" cerchia di conoscenze [161]. Vi sono scarse prove d'invidia e di meschinità da parte dei colleghi. Ogni volta che l'amicizia lasciava il posto a ostilità (come nei casi di Meynert, Breuer, Fliess) è difficile valutare di chi fosse il torto. Per quanto ne so, nessuno degli articoli di Freud fu mai rifiutato da una rivista, né alcuno dei suoi libri respinto da un editore. Contrariamente alle comuni affermazioni, le sue pubblicazioni non incontrarono mai il glaciale silenzio o le critiche denigratorie che si dice vi siano state. In realtà, l'accoglienza fu in linea di massima favorevole, sebbene a volte accompagnata insieme da sorpresa e perplessità. Raramente fu un rifiuto diretto, e a tale riguardo altri non se la passavano meglio di lui. Probabilmente il sentimento di estremo e amaro isolamento, che è tratto caratteristico della nevrosi creativa, persistette in Freud e si rafforzò per il fatto che egli, durante quegli anni, si era notevolmente isolato dal mondo medico viennese.

Il 1910 segnò un punto culminante nella vita di Freud e nella storia della psicoanalisi. La Società psicoanalitica del mercoledì, che era divenuta nel 1908 Società psicoanalitica viennese, non poté più riunirsi nell'appartamento di Freud a causa dell'aumentato numero dei membri. Al 2° Congresso internazionale, tenutosi a Norimberga, fu fondata l'Associazione psicoanalitica internazionale, come pure un secondo periodico di psicoanalisi. Freud pubblicò Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci (1910). Ma proprio il fatto che la psicoanalisi fosse proclamata un "movimento" (e non semplicemente un nuovo ramo della scienza) provocò inevitabilmente l'opposizione degli ambienti psichiatrici e il manifestarsi in essi di un sentimento ostile verso la psicoanalisi, e crisi all'interno del gruppo iniziale [162]. Nel giugno 1911 Alfred Adler abbandonò Freud e fondò una società dissidente.

Nell'ottobre 1912 fu Stekel ad andarsene, ma per qualche tempo le defezioni furono largamente compensate da nuove adesioni. La grande crisi sopraggiunse nel settembre 1913, quando Freud e Jung ruppero i loro rapporti e il gruppo svizzero si disgregò. In quell'anno Freud pubblicò un'altra delle sue opere principali, Totem e tabù.

Alla fine del luglio 1914 scoppiò la prima guerra mondiale. Freud, i cui due figli Jean-Martin ed Ernst furono arruolati nell'esercito austriaco, seguì la tendenza generale di entusiasmo patriottico. La sua clientela diminuì sensibilmente. Egli formulò le sue considerazioni sulla guerra e sulla morte, e le sue ultime lezioni all'università furono pubblicate con il titolo Introduzione alla psicoanalisi (1915-17). La preoccupazione per le nevrosi di guerra ravvivò l'interesse per la psicoanalisi e sull'argomento fu organizzato un congresso a Budapest nel settembre 1918. Ma ben presto vennero la sconfitta, la disintegrazione dell'Austria-Ungheria e gli anni di rovina economica e di carestia. Freud fu nominato ufficialmente professore ordinario nel gennaio 1920, e il mese seguente prese parte al cosiddetto processo Wagner-Jauregg.

Progressivamente furono ripresi i collegamenti internazionali. La clientela di Freud si accrebbe nuovamente di pazienti provenienti da paesi stranieri. Egli espose le sue teorie rivedute in Al di là del principio di piacere (1920) e in Psicologia delle masse e analisi dell'Io (1921).

L'anno 1923 fu un anno critico e infausto [163]. Nel febbraio Freud si scoprì una leucoplachia al palato e alla guancia. In aprile consultò uno specialista che lo sottopose a operazione e riscontrò che la leucoplachia asportata era cancerosa. Questa fu la prima di una serie di trenta operazioni che egli avrebbe subito fino alla morte. A quell'epoca Freud aveva da poco perso la figlia Sophie, e il 19 giugno 1923 morì il nipote Heinerle Halberstandt al quale era particolarmente attaccato e che abitava con loro. Come dice Jones, questo fu per Freud il più grande lutto della sua vita. Il 4 e 11 ottobre di quell'anno Freud subì un'operazione più importante, nella quale furono parzialmente rimossi la parte superiore della mascella e il palato, sostituiti da una protesi. Nel corso di quell'anno egli pubblicò L'Io e l'Es. Da allora in poi, fino alla morte, sedici anni dopo, Freud visse nell'aura di una fama mondiale, ma la sua vita comprese anche una lunga serie di patimenti sopportati con coraggio stoico. Il movimento psicoanalitico si allargò rapidamente; nel 1925 Freud scrisse Inibizione, sintomo e angoscia e pubblicò uno schizzo autobiografico. Nel 1926 il suo opuscolo sul Problema dell'analisi condotta da non medici fu un'energica difesa in favore della pratica della psicoanalisi da parte di non medici. La psicoanalisi divenne immensamente popolare in Inghilterra, e ancor più negli Stati Uniti, con sorpresa e talvolta inquietudine di Freud.

Nel 1927 Freud pubblicò L'avvenire di un'illusione, una delle più aspre critiche della religione mai pubblicate, e nel 1929 scrisse Il disagio della civiltà. Nell'agosto 1930 gli fu assegnato il Premio Goethe, e nell'ottobre 1931 vi fu una cerimonia nella sua città natale, Freiberg, ora chiamata Pribor. Nel 1932 Freud rivedette parte delle sue idee scritte in forma di lezioni tenute a un uditorio immaginario: la Nuova serie di lezioni. Nel 1933 Hitler prese il potere e il futuro si prospettò oscuro per l'Europa. Nel 1934 i libri di Freud furono bruciati a Berlino e nel 1936 l'intero deposito dell'Internationaler Psychoanalitischer Verlag fu confiscato a Lipsia. In quell'anno, in occasione dell'ottantesimo compleanno di Freud, Thomas Mann lesse un'allocuzione [164]. Il mese seguente vi fu una recrudescenza del cancro.

Gli amici e i discepoli di Freud cercarono di persuaderlo a emigrare, ma egli rifiutò. Il 12 marzo 1938 i nazisti entrarono a Vienna e Freud si rassegnò infine all'emigrazione che però i nazisti resero difficile. La fuga di Freud fu ottenuta attraverso ardue negoziazioni da parte della principessa Marie Bonaparte e di altri amici influenti e devoti. Gli era già stato procurato un rifugio a Londra dal figlio Ernst, ed egli partì da Vienna il 4 giugno 1938. Nel passare per Parigi egli fu salutato alla stazione ferroviaria dall'ambasciatore americano Bullitt.

Freud fu accolto a Londra con grandi onori. Malgrado l'età e le intollerabili sofferenze, la sua mente rimaneva vigile. Dopo qualche esitazione, egli pubblicò Mosè e il monoteismo: tre saggi (1934-38), forse il suo scritto più controverso. Egli ricevette visite e omaggi da molti ferventi ammiratori, e fu eletto membro della Royal Medical Society; la delegazione gli portò a casa l'atto di nomina, fatto questo assolutamente eccezionale. Dall'epoca della prima operazione nell'aprile 1923, Freud aveva subito altre trentadue operazioni, come pure trattamenti con raggi X e radio. Aveva in bocca varie cicatrici e per anni dovette portare una complicata protesi. Vi furono periodi nei quali egli non poteva parlare, aveva difficoltà a trangugiare e udiva con difficoltà. Freud non manifestò né impazienza né irritazione, né lasciò mai adito all'autocommiserazione. Rifiutò qualunque analgesico al fine di conservare una mente vigile. Sigmund Freud morì a Londra nella casa del figlio a Hampstead, il 23 settembre 1939, all'età di ottantatré anni. La sua salma fu cremata al Golden Green Crematorium. Non vi fu alcuna cerimonia religiosa; elogi funebri furono pronunciati da Ernest Jones, in nome dell'Associazione psicoanalitica internazionale, da Neumann in nome del Comitato degli austriaci in Inghilterra, e da un altro rifugiato illustre, Stefan Zweig [165].

Capitolo 7 (seguito)

La personalità

Sigmund Freud è uno di quei pochi uomini che videro la propria vita e la propria personalità esposte alle luci della ribalta, e sé stessi oggetto di curiosità mondiale. Egli cercò di proteggersi dietro uno schermo di riserbo, ma tanto più nacquero leggende intorno a lui, ed egli è stato fatto oggetto di molti giudizi contraddittori.

Una delle ragioni di questo può essere che la sua personalità subì cambiamenti sostanziali nel corso della sua vita. Descrizioni della sua infanzia lo dipingono come figlio primogenito di una giovane madre, che riversò su di lui amore e rassicurazione. Molto probabilmente fu lei che gli ispirò quell'ambizione che sarebbe andata sempre più fortemente crescendo per tutta la vita. Nei ricordi della sorella Anna, Sigmund appare come il bambino maggiore privilegiato e come un giovane tiranno della famiglia, che le proibiva di leggere Balzac e Dumas, che era l'unico ad avere una sua stanza e una lampada a petrolio personale [166]. Egli non tollerava il disturbo provocatogli dal suono del pianoforte, per cui questo fu venduto e la sorella fu privata di questa esercitazione musicale, abituale a Vienna. A scuola fu un allievo brillante, sempre il migliore della classe: ciò è confermato dagli archivi scolastici, dai quali risulta anche che in uno scandalo scolastico egli non si trovava tra i colpevoli, ma fu uno di coloro che collaborarono con le autorità dando informazioni [167]. Come studente di medicina Freud appariva ancora ambizioso e gran lavoratore, ma i suoi prolungati studi e i corsi al di fuori del piano di studi sembrano indicare una certa mancanza di senso pratico.

Dai ventisette ai trent'anni la sua corrispondenza con la fidanzata rifletteva ancora ambizione e assiduo lavoro; Freud si dimostrava uomo di forti simpatie e antipatie, innamorato fervido e devoto, sebbene talvolta possessivo e geloso.

Non sappiamo molto del rapporto di Freud con Martha dopo il loro matrimonio. I discepoli e gli ospiti parlano semplicemente di lei come di una buona padrona di casa e madre, anche se non troppo ben informata sul lavoro scientifico del marito. Si racconta che essa abbia detto: "La psicoanalisi si ferma sulla porta della stanza dei bambini", e un accenno in una lettera a Fliess dell'8 febbraio 1897 sembra confermarlo. Laforgue racconta che mentre passeggiava con lei nei boschi di Vienna, ella osservò ermeticamente che "la natura ha fatto in modo che gli alberi non crescano nel cielo" [168]. Il figlio Jean-Martin descrive Freud come un buon educatore e un padre cortese, che trovava tempo per la famiglia alla domenica e durante le vacanze estive [169]. Egli parla anche della rigida adesione di Freud alle convenzioni della vita professionale e della sua riluttanza ad accettare novità come la bicicletta, il telefono e la macchina per scrivere.

Il primo documento disponibile che offre una descrizione sostanziale del carattere di Freud è un rapporto circa le sue qualifiche professionali di ufficiale medico, redatto dopo un periodo di servizio militare nell'esercito austriaco, dall'11 agosto al 9 settembre 1886. Diamo una traduzione delle parti essenziali di tale rapporto [170].

NOTE CARATTERISTICHE

Nome: Dr. Sigmund Freud.

Grado: K.K. Oberarzt, nominato il 13 giugno 1882.

Incarichi militari: Dall'11 agosto al 9 settembre 1886, durante l'esercitazione principale, medico capo di battaglione, e durante il concentramento del reggimento dal 31 agosto al 6 settembre, medico capo di reggimento.

Conoscenze linguistiche: Tedesco perfetto (letto e scritto), francese e inglese buono, italiano e spagnolo discreto.

Attitudini professionali e conoscenza del servizio sanitario: Molto abile nella sua professione, conosce esattamente le prescrizioni sanitarie e il servizio sanitario.

Gode della fiducia dei militari e dei civili? Gode di grande fiducia tra militari e civili.

Qualità di mente e di carattere: Onesto, di carattere fermo, sereno.

Zelo, correttezza e fidatezza nel servizio: Molto zelante nell'esecuzione dei propri compiti, è disciplinato e degno di fiducia in servizio.

È in possesso dell'uniforme prescritta e del materiale sanitario? Possiede l'uniforme prescritta e il materiale sanitario.

Condotta in servizio:

1. Davanti al nemico: Non ha prestato servizio.

2. Verso i superiori: Obbediente e aperto, inoltre modesto.

3. Verso i suoi pari: Amichevole.

4. Verso i subalterni: Benevolo ed esercita una buona influenza.

5. Verso i pazienti: Molto preoccupato del loro benessere, umano.

Condotta fuori servizio: Molto corretta e modesta, maniere cordiali.

Condizioni di salute, idoneità per il servizio di guerra: Delicato ma completamente sano, idoneo al servizio di guerra.

Qualifiche per avanzamenti: Normali per il suo grado.

La valutazione conferma altre dichiarazioni che dipingono Freud come uomo di carattere fermo e dotato di forte senso del dovere. Degno di nota è il termine “sereno” (heiter) che non sempre è stato associato all'immagine del suo carattere [171].

Le lettere a Fliess, scritte durante il periodo successivo della vita di Freud, rivelano la sua ambizione, il suo desiderio di compiere un lavoro di grande importanza, la sua amicizia appassionata verso Fliess, molte lamentele per i disturbi depressivi, il suo giudizio critico verso molte persone e il suo senso d'isolamento in un mondo ostile.

Dal 1900 in poi, la personalità di Freud appare in una nuova luce. L'autoanalisi aveva trasformato l'insicuro giovane professionista nel fondatore di una nuova dottrina e di una nuova scuola, sicuro di sé, convinto di aver fatto una grande scoperta, che considerava sua missione trasmettere al mondo. Sfortunatamente ci mancano descrizioni contemporanee di Freud in quel periodo: la maggior parte delle descrizioni di lui furono scritte molto più tardi, dopo il 1923.

In quel periodo la personalità di Freud fu trasformata dalla sua fama mondiale e dalle sofferenze fisiche causate da una malattia inesorabile. Le sue lettere, come pure le testimonianze dei suoi discepoli, lo presentano come buon marito, padre, figlio, amico e medico, comprensivo, pieno di tatto nello scrivere lettere e nella scelta di doni, privo di ogni sorta di affettazione o teatralismo, come maestro capace di guidare un movimento in mezzo a circostanze difficili, e come uomo che affronta col massimo coraggio le sofferenze fisiche e la consapevolezza della morte incombente. Egli apparve quindi a coloro che gli furono vicini come una rara personificazione di un saggio e di un eroe.

La prima intervista di Freud di cui si ha notizia fu rilasciata durante il suo viaggio in America a un giornalista di Boston, che lo descrive nel modo seguente:

Si vede alla prima occhiata che è un uomo di grande raffinatezza, di grande intelletto e di cultura poliedrica. Gli occhi chiari, acuti e però gentili fanno subito pensare al medico. La fronte alta, con le grandi bozze dell'osservatore, e le splendide, energiche mani fanno una grande impressione [172].

Vi è un lungo intervallo tra questa intervista e quelle successive, che cadono nel periodo seguente il 1923, cioè quando la personalità di Freud aveva subito una trasformazione causata dalla sua fama mondiale e dal cancro che rese la sua vita un martirio. Fu durante questo periodo che egli ebbe più visitatori, e che più si scrisse di lui.

Recouly, un giornalista francese, disse che l'appartamento di Freud sembrava un museo, e che Freud stesso era simile a un vecchio rabbino:

Vediamo un tipo ebreo estremamente accentuato, l'aria di un vecchio rabbino appena arrivato dalla Palestina, il viso scarno ed emaciato di un uomo che ha trascorso giorni e notti a discutere con i suoi seguaci, iniziati alle sottigliezze della Legge, nel quale si sente una vita intellettuale molto intensa e il potere di giocare con le idee come un orientale gioca con i grani d'ambra del suo rosario. Quando parla della sua dottrina, dei suoi discepoli, lo fa con un misto di orgoglio e di distacco. Tuttavia è l'orgoglio che predomina [173].

Max Eastman, nel 1926, fu sorpreso dei violenti pregiudizi che Freud mostrò contro gli Stati Uniti e dal modo assai manifesto in cui egli li espresse di fronte a visitatori americani [174].

André Breton riferì che "il più grande psicologo dell'epoca attuale vive in una casa dall'aspetto mediocre, in uno sperduto quartiere di Vienna" [175]. Egli non trovò una cameriera che aprisse elegantemente la porta. Quando infine si recò nello studio di Freud, Breton dice: "Mi trovai alla presenza di un vecchio piccolo, modesto, che riceveva nel suo misero ufficio, come un medico dei poveri."

Il drammaturgo Lenormand giudicò lo studio di Freud "simile a quello di un qualunque professore universitario" [176]. Freud gli mostrò le opere di Shakespeare e dei tragici greci nella sua libreria dicendo: "Ecco i miei maestri." Egli affermava che i temi essenziali delle sue teorie erano basati sull'intuizione dei poeti.

Uno psichiatra tedesco, Schultz, descrisse Freud come un uomo di statura poco più alta della media, leggermente curvo, di corporatura robusta, con le maniere tipiche di un professore, che rammenta in modo sorprendente Paul Ehrlich [177]. Aveva una barba corta e folta, portava gli occhiali e aveva uno sguardo penetrante. Univa un atteggiamento intellettuale, obiettivo, a uno spirito vivace e a un'amabilità tipicamente austriaca, e si esprimeva con un linguaggio di stile classico. Schultz definì Freud uomo dalla personalità straordinariamente armoniosa. "Lei davvero non crede di essere in grado di guarire?" gli chiese Freud. Schultz rispose: "Assolutamente no; però, come fa il giardiniere, si possono togliere gli impedimenti alla crescita personale." "Allora ci capiremo", rispose Freud.

Viktor von Weizsäcker descrisse Freud come "un uomo di mondo erudito, di elevata cultura borghese" [178]. Nel suo studio vi era una lunga fila di statuette antiche in bronzo e terracotta, satiri e divinità e altri oggetti artistici. "Egli non mostrava traccia di pedanteria accademica, e la sua conversazione scivolava facilmente dai temi seri e difficili alla chiacchiera scherzosa e benevola. L'uomo eminente era presente comunque." Era chiaro che Freud soffriva fisicamente, ma egli non era opprimente con coloro che lo circondavano.

Emil Ludwig disse di aver fatto visita a Freud nell'autunno del 1927 e di aver trovato fantastica la sua interpretazione delle vite di Goethe, Napoleone e Leonardo da Vinci [179].

Un'intervista fu estorta a Freud da una giornalista francese, Odette Pannetier, che era divenuta famosa per le sue canzonature letterarie [180]. Sapendo che l'ottantenne Freud, fisicamente sofferente, aveva chiuso la porta ai giornalisti, essa finse di essere una paziente con una fobia per i cani, e portò a Freud una lettera di raccomandazione di uno psichiatra francese. L'intervista, secondo quanto essa riferisce, lungi dal far apparire Freud ridicolo, lo presentò come un vecchio amabile e spiritoso che non sembrò aver preso troppo seriamente la sua fobia. Egli le chiese di vedere suo marito, espose il costo e le difficoltà della cura. "Gli porsi una busta. I suoi modi sembravano più amichevoli che professionali. Ma egli prese la busta."

Le relazioni fatte da persone analizzate da Freud risalgono per la maggior parte agli ultimi anni della sua attività. Roy Grinker descrive Freud come un saggio e come fonte di saggezza [181]. Hilda Doolittle descrisse l'ispirazione da lei tratta dall'analisi con lui in termini altamente poetici [182]. Joseph Wortis, che si sottopose a un'analisi didattica di quattro mesi con Freud nel 1934, tenne un diario delle sedute e lo riscrisse in forma di libro [183]. La sua relazione espone molto della tecnica usata da Freud, e dimostra che Freud esprimeva le proprie opinioni su tutti gli argomenti possibili: denaro, socialismo, vecchiaia, donne americane, questione ebraica e così via; faceva anche commenti sarcastici su certi colleghi.

Per finire citeremo i colloqui avuti da Bruno Goetz con Freud nel 1904 e 1905, e che egli riferì a memoria quasi mezzo secolo dopo [184]. In quegli anni Goetz era un povero e affamato studente di Vienna, che soffriva di una forte nevralgia facciale. Un suo professore gli consigliò di consultare il dottor Freud, al quale egli aveva mostrato alcune poesie di Goetz. Goetz rimase colpito dal modo in cui Freud lo guardò attentamente con i suoi "occhi meravigliosamente gentili, caldi, malinconici, consapevoli". Freud gli chiese anche perché il mare era ricorrente nei suoi versi e se per lui fosse un simbolo o una realtà. Goetz allora gli narrò diffusamente la propria vita, dicendogli che il padre era stato un grande navigatore, che egli aveva trascorso l'infanzia con dei marinai, e gli raccontò molti altri particolari. Freud gli disse che non aveva bisogno di un'analisi e gli prescrisse una medicina per la nevralgia. Freud s'informò della situazione finanziaria di Goetz e apprese che l'ultima volta che aveva mangiato una bistecca era stato quattro settimane prima del loro incontro. Scusandosi se faceva la parte del padre, Freud gli porse una busta con "un piccino onorario per il piacere che lei mi ha procurato con i suoi versi e con la storia della sua giovinezza". La busta conteneva 200 corone. Un mese dopo Goetz , la cui nevralgia era ormai scomparsa, fece una seconda visita a Freud, il quale lo mise in guardia contro il suo entusiasmo per la Bhagavadgita e gli espose le proprie idee sulla poesia. Molti mesi dopo, prima di ritornare a Monaco, Goetz venne a congedarsi da Freud, che criticò alcuni suoi articoli, letti nel frattempo, e aggiunse: "È bene che non ci vediamo per un po' di tempo e che non ci parliamo", e chiese a Goetz di non scrivergli.

Freud era un uomo di media statura (taluni lo giudicarono piccolo), snello in gioventù, un po' appesantito col passare degli anni. Aveva gli occhi castani e i capelli castano scuro, la barba ben curata, più lunga in gioventù che in seguito. Era un lavoratore assiduo e rimase tale anche durante il periodo peggiore della malattia. Il suo unico sport fu quello di fare escursioni durante le vacanze estive. Divenne un grande fumatore di sigari, al punto da rischiare la vita, ma i tentativi di smettere di fumare gli causavano un tale disagio che egli ricominciò ogni volta. Dalle descrizioni che abbiamo di Freud si possono trarre due immagini molto diverse. Alcune persone furono colpite da quella che chiamarono la freddezza di Freud; Jung affermò addirittura che la caratteristica principale di Freud era l'amarezza, "ogni parola ne è carica... il suo atteggiamento era l'amarezza della persona che è totalmente malintesa e i suoi modi sembravano sempre voler dire: 'Se non mi capiscono, vadano all'inferno.'[185]". Freud apparteneva senza dubbio a quella categoria di persone che "non riesce a sopportare di buon grado gli stupidi". Egli poteva inoltre continuare per molto tempo a serbare rancori e risentimento verso coloro che a torto o a ragione riteneva l'avessero offeso [186]. Molti altri lo dipinsero come un uomo estremamente gentile e garbato, pieno di spirito e di arguzia e nell'insieme affascinante. È come se fossero combinati in lui il freddo riserbo della madre e la natura disinvolta del padre.

Una caratteristica basilare di Freud era la sua straordinaria energia; in lui un'illimitata capacità di lavoro si combinava con un'intensa concentrazione su una meta. Al coraggio fisico era alleato un coraggio morale che culminò nel suo stoico atteggiamento durante gli ultimi sedici anni della sua vita. La convinzione della verità delle sue teorie era tanto completa, che egli non ammetteva contraddizioni. Questo era definito dai suoi oppositori intolleranza e dai suoi seguaci amore per la verità.

Freud visse moralmente, socialmente e professionalmente secondo i più alti livelli di un uomo del suo tempo e della sua posizione. Uomo di scrupolosa onestà e dignità professionale, rifiutò sprezzantemente ogni proposta di prestare il suo nome per fini commerciali. Era estremamente formalistico, manteneva puntualmente gli appuntamenti, regolava tutte le sue attività su un preciso programma stabilito per ora, giorno, settimana, anno. Altrettanto meticoloso era riguardo al proprio aspetto esteriore. Considerandoli a posteriori, alcuni di questi tratti sono stati giudicati ossessivi; ma risultano normali se visti nel contesto di quei tempi [187]. Dai professionisti della sua condizione ci si aspettava grande dignità e decoro. Definire Freud un " non viennese" vuol dire confondere la stereotipia di un'operetta viennese con là realtà storica [188].

La difficoltà nel comprendere la complessa personalità di Freud ha indotto molti a cercare una nozione di base per renderlo intelligibile. Sono state date interpretazioni di Freud come ebreo, come professionista viennese del suo tempo, come romantico, come uomo di lettere, come nevrotico e come genio.

Freud scrisse nel 1930 [189] di essere completamente estraneo alla religione dei padri (come ad ogni altra), e di non poter condividere l'ideale nazionalistico ebraico, ma di non avere mai rinnegato l'appartenenza al proprio popolo, di sentire come ebreo il suo particolare modo d'essere e di non desiderarlo "diverso da quello che è", e se qualcuno gli domandasse che cosa c'è ancora di ebraico in lui, risponderebbe: "Moltissimo, probabilmente la cosa principale [190]." Il suo sentimento ebraico sembra aver seguito la stesa curva che seguì quello di molti suoi contemporanei austriaci. L'antisemitismo era quasi inesistente in Austria all'epoca della sua nascita. Era invece presente in qualche misura in certe associazioni studentesche al tempo della sua giovinezza. Nei due ultimi decenni del diciannovesimo secolo l'antisemitismo si estese, ma non tanto da ostacolare la carriera di un professionista. Proporzionalmente all'estendersi dell'antisemitismo, in particolare dopo la prima guerra mondiale, il sentimento dell'identità ebraica si ravvivò, e molti ebrei che erano stati propensi a rifiutare la propria identità ebraica finirono con l'accentuarla. Forse la migliore interpretazione della personalità di Freud come ebreo è stata data da Hyman:

Il ragazzo cresce in una famiglia ebraica di ceto medio con il mito della discendenza da dotti famosi, e una leggendaria storia familiare risalente alla distruzione del Tempio. Era il primogenito e il prediletto della madre, il "sapiente" viziato, orgoglio del padre, il beniamino degli insegnanti. Sappiano che egli sarà alquanto radicale in gioventù, ma si acquieterà, diventerà un buon marito e un padre affettuoso e indulgente, appassionato giocatore di carte, grande parlatore tra gli amici intimi. Egli è ambivalente circa il suo ebraismo, come tanti semintellettuali che conosciamo. Prova antipatia per la cristianità senza avere una nuova fede da sostituirle; i suoi amici sono quasi soltanto ebrei; è affascinato dai riti ebraici, ma di tutto si burla definendolo superstizione, si trastulla con l'idea della conversione ma non è mai serio; ha una bruciante ambizione al successo e alla fama e un corrispondente disprezzo per il goyim privo d'ambizioni; non crede che un autore cristiano (in questo caso George Eliot) possa scrivere sugli ebrei e sapere cose "di cui parliamo solo tra noi", soffre di fantasie da Schnorrer [pitocco] (termine da lui usato) relative all'eredità di un'immeritata ricchezza, s'identifica con l'eroismo ebraico nella storia e nella leggenda ("mi sono spesso sentito come se avessi ereditato tutta la passione dei nostri padri quando difendevano il loro Tempio"). Possiamo essere sicuri che questo individuo Unirà nel B'nai B'rith, e così è. Se ci avessero detto che questo dottor Freud viveva agiatamente tacendo il medico generico, procurava ai suoi figli un'ottima educazione e di lui mai nulla si seppe al di fuori del vicinato, non saremmo stati sorpresi [191].

Indubbiamente vi furono molti tra i contemporanei ebrei di Freud che nella vita e nella carriera seguirono un modello simile (senza tuttavia conseguire fama mondiale). Un confronto tra Freud e Breuer può essere istruttivo: Breuer, che era stato vittima di intrighi e che aveva perso l'occasione di fare una brillante carriera accademica, non attribuì mai i propri scacchi all'antisemitismo, e dichiarò di essere perfettamente contento della vita che aveva; Freud invece accennò più volte all'atteggiamento ostile di colleghi e funzionari antisemiti. Parlando del padre, Breuer sottolineava come fosse stato meraviglioso per un uomo della sua generazione essere libero dal ghetto e in grado di entrare nel più vasto mondo; di Freud l'unico accenno alla giovinezza del padre fu la storia dell'offesa subita da parte di un gentile. Breuer dedicò metà della propria autobiografia a un elogio del padre, mentre Freud non ebbe alcuno scrupolo nell'esprimere sentimenti ostili verso il padre. Breuer criticava l'ipersensibilità dell'ebreo al più lieve segno di antisemitismo e l'attribuiva a una imperfetta assimilazione; fin dall'inizio Freud si sentì appartenente a una minoranza perseguitata e attribuì la propria creatività parzialmente al fatto di essere stato costretto a pensare diversamente dalla maggioranza. Benedikt, nell'autobiografia, mosse una lunga serie di accuse a molti dei suoi contemporanei, mai però quella di antisemitismo. Dunque, un ebreo a Vienna poteva essere portato ad assumere atteggiamenti diversi nei confronti dell'ebraismo e del mondo dei gentili, e l'essere ebreo non era un ostacolo al sentirsi allo stesso tempo completamente viennese.

Freud si potrebbe interpretare anche considerandolo come un tipico rappresentante del mondo professionistico viennese della fine del diciannovesimo secolo. Non era infrequente a Vienna, crogiuolo etnico e sociale, che un uomo della classe media, dotato di talento, riuscisse a salire nella scala sociale e a raggiungere verso la metà della sua vita uno status sociale e finanziario abbastanza elevato, purché avesse frequentato la scuola secondaria e l'università. Un esempio fu Josef Breuer, figlio di un modesto insegnante che divenne uno dei medici più ricchi di Vienna e che certamente avrebbe potuto avanzare ancora se lo avesse voluto. L'uomo doveva naturalmente essere dotato, assiduo lavoratore e ambizioso, e Freud era tutto questo. Per un medico, ciò significava affrontare un periodo di attività ospedaliere scarsamente retribuite, l'insegnamento come libero docente, un'intensa competizione, e procedere faticosamente per anni in un lavoro scientifico poco redditizio. Freud fu tra coloro che superarono con successo tali prove. A partire dai trentacinque anni in poi egli fu in grado di condurre la vita del borghese-benestante di Vienna, che aveva un ampio appartamento con personale di servizio in uno dei migliori quartieri residenziali della città, si prendeva tre mesi di vacanze estive che trascorreva in Austria e all'estero, leggeva la "Neue freie Presse" e si conformava rigorosamente agli obblighi della sua professione. Freud possedeva altresì in sommo grado le maniere dell'alta borghesia viennese del suo tempo, la cultura raffinata e poliedrica, la squisita urbanità, l'umorismo benevolo, e l'arte della conversazione. L'interpretazione dei sogni (1899), la Psicopatologia della vita quotidiana (1901) e Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905) sono opere piene di allusioni alla vita viennese e agli avvenimenti locali contemporanei. Freud era viennese dalla testa ai piedi (compresa la caratteristica affettazione dell'odio per Vienna).

Freud condivideva anche i valori della sua classe. David Riesmann, cercando di ricostruire la Weltanschauung di Freud dai suoi scritti, mise in rilievo le sue nozioni di lavoro e gioco [192]. Freud considerava il mondo del lavoro come il mondo reale ed estese questo anche all'inconscio sotto forma di "lavoro onirico" e di "lavoro del lutto" in opposizione al mondo del piacere, che è il mondo del bambino, dell'immaturo, del nevrotico, della donna e dell'aristocratico. I criteri della salute mentale erano, secondo Freud, la capacità di lavorare e quella di provare piacere. In tale formula Freud esprimeva l'ideale dell'industrioso borghese di Vienna, che si conformava alle severe richieste della propria posizione, ma che dei piaceri della città esigeva la propria parte. Freud considerava la società come naturalmente e necessariamente autoritaria e la famiglia come paternalistica. Come egli aveva rispettato i suoi maestri, così si aspettava che i suoi discepoli rispettassero lui. Per la verità Freud non si conformò in ogni particolare a un certo tipo di viennese dell'alta borghesia. Non era un frequentatore di teatri o dell'opera, né aveva relazioni con attrici. Ma il comportamento puritano e la monogamia, propri di Freud, non erano così eccezionali come li vorrebbe la leggenda. Coloro che hanno definito Freud un "non viennese" hanno inteso male il carattere sia di Freud che di Vienna.

La personalità di Freud potrebbe essere considerata anche come quella di un romantico. Wittels ha detto che sebbene Freud fosse un contemporaneo della Germania di Bismarck, egli apparteneva idealmente alla Germania di Goethe [193]. Nel suo stile di vita vi era molto del Romanticismo. Lo lettere alla fidanzata mostrano l'esaltazione che s'incontra, ad esempio, nelle lettere di Herzen alla sua amata. L'appassionata relazione di Freud con Fliess, così estranea ai nostri modelli attuali, era simile a quelle che si ritrovavano tra i giovani romantici. È come se Freud s'identificasse con la figura byroniana dell'eroe solitario che combatte contro un esercito di nemici e di difficoltà. Le riunioni settimanali di amici nei "cenacoli" erano consuetudine per i poeti, gli studenti e i giovani scienziati romantici. Intorno al 1900, tuttavia, gli scienziati si riunivano nei convegni delle società ufficiali. Il gruppo serale del mercoledì organizzato da Freud si sarebbe meglio collocato nel contesto dei poeti neoromantici o, un secolo prima, degli scienziati romantici. La formazione di un gruppo segreto di sei discepoli selezionati che consacrarono il proprio impegno alla difesa della psicoanalisi e che ricevettero ciascuno un anello da Freud, era un'idea eminentemente romantica. Che dopo un lungo periodo d'indifferenza politica, in Freud nascessero improvvisamente sentimenti patriottici per l'Austria, quando scoppiò la guerra, ricorda il fervore patriottico dei giovani romantici tedeschi nel 1806. Infine, molta parte della psicoanalisi può intendersi come una rinascita dei concetti della filosofia della natura e della medicina romantica.

Wittels trovò la chiave della personalità di Freud nella sua identificazione con Goethe, ricordando che Freud aveva fatto la propria scelta professionale dopo aver ascoltato il poema di Goethe La natura [193]. Si ritrovano in Freud sia l'idea di bellezza sia l'interesse per l'arte e l'archeologia di Goethe, come pure il suo concetto di scienza con la sua ricerca di modelli archetipici. Lo stile letterario di Freud si modella su quello di Goethe; l'influsso di Goethe si può riscontrare anche nella predilezione di Freud per certe parole quali "internazionale" (nel senso di sovranazionale).

Freud può anche essere considerato come un uomo di lettere. Egli possedeva in sommo grado gli attributi di un grande scrittore. In primo luogo aveva doti linguistiche e verbali, amore per la lingua nativa, ricchezza di vocabolario, lo Sprachgefühl (senso della lingua) che lo portava infallibilmente a scegliere la parola appropriata [194]. Anche i suoi primi articoli di istologia sono scritti in uno splendido stile. Come scrisse Wittels:

Per i lettori non professionalmente interessati, spesso ciò che egli dice non è tanto importante quanto il modo in cui lo dice. Le traduzioni dei suoi scritti non possono riprodurre lo spirito completamente tedesco che emana dalle opere di Freud. La magia della lingua non può essere ritrasmessa. Se si desidera realmente comprendere la psicoanalisi di Freud fino in fondo si devono leggere i suoi libri nella lingua originale...

In secondo luogo egli era dotato di quella curiosità intellettuale che induce lo scrittore a osservare il suo prossimo, a cercare di penetrarne la vita, gli amori, gli atteggiamenti intimi. (Questa ardente curiosità è stata ben descritta da Flaubert e da Dostoevskij.) In terzo luogo Freud amava scrivere e aveva inclinazione a scrivere lettere, diari, saggi e libri: nulla dies sine linea. Per un letterato mettere per scritto i propri pensieri e le proprie impressioni è più importante che controllarne l'esattezza. Questo è il principio del metodo di Börne, vale a dire scrivere le proprie impressioni immediate di ogni cosa, ricercare soprattutto la sincerità; questo è anche il modo in cui Popper-Lynkeus scrisse i suoi saggi. I saggi di Freud su Michelangelo e su Leonardo da Vinci potrebbero considerarsi saggi scritti alla maniera di Börne. In quarto luogo Freud possedeva una delle qualità più rare in un grande scrittore, e cioè quella che Paul Bourget chiamò la credibilità. Gli scrittori mediocri fanno sembrare costruita una storia vera, mentre un grande scrittore può far sembrare vera la meno plausibile delle storie. Uno storico ebraico, commentando Mosè e il monoteismo, elencò un gran numero d'inesattezze e d'impossibilità contenute in esso, ma aggiunse che con il suo grande talento Freud aveva fatto di questa rete di impossibilità una storia plausibile [195]. Freud ripetè più volte che i grandi poeti e scrittori avevano preceduto gli psicologi nell'esplorazione della mente umana. Egli citò spesso i tragici greci, Shakespeare, Goethe, Schiller, Heine e molti altri scrittori. Senza dubbio Freud sarebbe potuto essere uno dei migliori scrittori del mondo, ma anziché usare la sua profonda, intuitiva conoscenza dell'animo umano per la creazione di opere letterarie, egli tentò di esprimerla in formule e di renderla sistematica.

Vi sono state interpretazioni della personalità di Freud sotto forma di quelle "patografie" rese famose da Moebius e sviluppate successivamente dagli psicoanalisti [196]. Maylan spiegò l'opera e la personalità di Freud attraverso il suo complesso paterno [197]. Natenberg raccolse dagli scritti di Freud e dal materiale biografico accessibile prove di nevrosi, e le mise insieme in un ritratto di un individuo profondamente disturbato con un sistema delirante [198]. Nella patografia di Erich Fromm, Freud è percepito come un fanatico della verità che, aiutato da vari tratti nevrotici, era completamente convinto che fosse sua missione guidare una rivoluzione intellettuale per trasformare il mondo per mezzo del movimento psicoanalitico [199]. Percival Bailey ritrae Freud come una specie di genio eccentrico e impacciato che ricorreva all'antisemitismo e all'ostilità dei colleghi come scusa per i propri errori e che deviò costruendo teorie fantasiose [200]. Maryse Choisy considera alla base della personalità e dell'opera di Freud la debolezza della sua libido: "Non è la teoria di Freud una razionalizzazione della sua propria inibizione sessuale? [201]". Secondo Alexander, Freud soffrì di un conflitto irrisolto tra il dover rimanere all'opposizione e l'ardente desiderio di ricevere pieno riconoscimento [202].

Molteplici altri tratti sono stati messi in rilievo in Freud e definiti come nevrotici. Di lui si dice che sia stato credulo in certe questioni (credette ad esempio alla propaganda di guerra degli Imperi centrali), che abbia commesso errori di giudizio a riguardo di certe persone, che abbia mantenuto ingiustificati rancori verso altre, che sia stato intollerante, che abbia commesso indiscrezioni parlando di qualcuno dei suoi pazienti, che abbia dimostrato una preoccupazione eccessiva per questioni di priorità mentre affermava di non curarsene, che abbia attribuito a sé l'origine di molti concetti esistenti e che fosse un nicotinomane [203]. Anche il suo comportamento puritano e la sua rigorosa monogamia sono stati giudicati anormali: la poetessa Anna de Noailles, dopo avergli fatto visita, restò molto colpita dal fatto che un uomo che aveva scritto tanto sulla sessualità non fosse mai stato infedele alla moglie [204]. Marthe Robert giustificò il suo modo di vivere puritano dicendo che al tempo in cui egli aveva acquisito conoscenza della sessualità era troppo vecchio per cambiare [205]. In realtà, in tutto questo non vi è nulla che giustifichi una diagnosi di nevrosi. Una domanda a cui è molto più difficile rispondere è come abbiano potuto l'ipersensibilità di Freud e il suo sentimento soggettivo d'isolamento creare in lui la convinzione di essere rifiutato e messo al bando, convinzione che tutti i documenti accessibili dimostrano essere stata infondata [206].

A quanto ci risulta, Eissler è l'unico autore che tentò uno studio sistematico di Freud come genio [207]. In un libro precedente su Goethe [208], Eissler definisce gli uomini di genio come "...persone capaci di ricreare il cosmo umano, o parte di esso, in un modo che è comprensibile all'umanità e che contiene un aspetto nuovo, fino ad allora non percepito, della realtà". Il genio è il risultato di una straordinaria combinazione di fattori e di circostanze. Alla radice si trova un fattore innato, biologico: in Goethe era l'intensità e la qualità della funzione del sogno, che era al servizio della creazione; in Freud una padronanza perfetta del linguaggio. Ma perché il genio emerga occorre anche tutta una serie di fattori ambientali. Essendo l'adorato primogenito di una madre giovane, la quale era essa stessa seconda moglie di un uomo più anziano di nome Jacob, Freud era predestinato a una precoce identificazione con il personaggio biblico di Giuseppe, l'interprete dei sogni che giunse a superare il padre e i fratelli. Il giovane Sigmund aveva investito la propria libido nel lavoro e nelle ambizioni scientifiche; l'incontro con Martha Bernays lo indusse a rivolgere una parte della sua libido su di lei e sul mondo esterno; ma i quattro anni di fidanzamento comportarono una grave frustrazione, quindi un più alto grado di sublimazione. Per amore di Martha, Freud abbandonò i sogni di ambizione scientifica, dedicandosi al lavoro clinico, ed è tale rinuncia che gli consentì di fare scoperte nel campo delle nevrosi. La corrispondenza giornaliera con Martha affinò la sua abilità di osservazione psicologica e d'introspezione. Eissler ritiene che questi quattro anni di fidanzamento siano serviti a provocare una ristrutturazione della personalità di Freud, che a sua volta rese possibile l'autoanalisi e in seguito la graduale comparsa di una nuova visione del mondo, cioè della psicoanalisi. Tuttavia non è ancora venuto il tempo in cui si possa formulare una valutazione veramente soddisfacente della personalità di Freud. I dati sono ancora insufficienti (la nostra conoscenza della sua infanzia è tanto scarsa quanto lo era la nostra conoscenza della sua autoanalisi prima della pubblicazione della corrispondenza con Fliess). Non è impensabile che col passare del tempo diventi sempre più difficile capirlo. Freud apparteneva a un gruppo di uomini di uno stesso stampo, quali Kraepelin, Forel e Bleuler, con un lungo esercizio di disciplina intellettuale ed emotiva, uomini di elevata cultura, di costumi puritani, d'illimitata energia e di forti convinzioni che essi sostennero vigorosamente. Malgrado tutte le divergenze personali o dottrinali, questi uomini erano in grado di comprendersi l'un l'altro immediatamente, mentre il loro tipo ascetico-idealistico sta diventando sempre più estraneo a una generazione edonistico-utilitaristica.

I contemporanei

La personalità di Freud, come quella di ogni altro uomo, non può essere pienamente compresa se viene isolata dal contesto dei suoi contemporanei, con i loro parallelismi, le divergenze e le interrelazioni. Tra questi uomini sceglieremo Wagner von Jauregg, che seguendo la via tradizionale compì rilevanti scoperte nella psichiatria, e Arthur Schnitzler, che, inizialmente neuropatologo, divenne uno dei grandi scrittori austriaci.

Julius Wagner von Jauregg, figlio di un impiegato statale, nacque il 7 marzo 1857, un anno dopo Freud [209]. Secondo la sua autobiografia, egli scelse la medicina senza avere una speciale vocazione per essa, e s'iscrisse alla facoltà di medicina di Vienna nell'ottobre 1874 (un anno dopo Freud) [210]. Diversamente da Freud, terminò gli studi medici nel tempo minimo, pur svolgendo anch'egli lavoro extrascolastico in laboratori a partire dal terzo anno in poi. Suo grande maestro fu il professore di patologia sperimentale Salomon Stricker. Come quella di Freud, la sua prima pubblicazione comparve negli atti della Kaiserliche Akademie der Wissenschaften, quand'era studente del quart'anno. Si laureò in medicina il 14 luglio 1880 e rimase nel laboratorio di Stricker, dove incontrò Freud; essi giunsero a rivolgersi l'uno all'altro con il "tu" familiare. Rendendosi conto che non vi era futuro per lui se rimaneva con Stricker, Wagner-Jauregg si volse alla medicina clinica, si trastullò per qualche tempo con l'idea di emigrare in Egitto, studiò con Bamberger e Leidesdorf e, una volta, s'interessò anche di una ricerca sulle proprietà anestetiche della cocaina. Nel 1885 divenne libero docente in neuropatologia, dopo che il suo maestro Leidesdorf ebbe superato la forte opposizione di Meynert. Tre anni più tardi, la libera docenza di Wagner-Jauregg fu estesa alla psichiatria. Questa promozione, che Freud non ottenne, dette a Wagner-Jauregg la possibilità di essere successivamente nominato professore titolare. Nel 1889 egli fu nominato professore straordinario di psichiatria a Graz, e nel 1893 (quando Freud e Breuer avevano appena pubblicato la loro "Comunicazione preliminare"), fu nominato professore titolare di psichiatria a Vienna.

Il lavoro psichiatrico di Wagner-Jauregg fu caratterizzato da tre risultati principali. Primo: considerato il fatto che il cretinismo è correlato con una deficienza di iodio e potrebbe essere evitato con l'assunzione regolare di sale iodato, egli si batté per l'applicazione su vasta scala di tale misura profilattica, che determinò la quasi totale scomparsa del cretinismo in certe parti d'Europa. Secondo: fu sua la scoperta della cura della paralisi progressiva (condizione fino ad allora considerata incurabile) mediante inoculazione di malaria; tale scoperta fu il risultato di sistematici esperimenti condotti per molti anni. La terza grande impresa fu la sua proposta e realizzazione di una riforma della legge austriaca relativa ai pazienti psichiatrici. A Wagner-Jauregg furono concesse molte onorificenze, la più importante delle quali fu nel 1927 il Premio Nobel. Fu il primo psichiatra a ricevere tale premio.

Wagner-Jauregg era un attivo escursionista e cavallerizzo, e aveva ricevuto un'istruzione poliedrica. Scriveva in stile chiaro e conciso evitando similitudini e figure retoriche. Il suo insegnamento veniva considerato buono ma non eloquente. Del suo modo di comportarsi verso gli studenti si diceva che fosse autoritario ma benevolo. Oltre all'insegnamento, la ricerca, le responsabilità ospedaliere e la professione privata, egli era attivo in molte società scientifiche e in incarichi accademici.

Le personalità di Freud e di Wagner-Jauregg avevano un orientamento diverso che non ci si poteva proprio aspettare che i due si comprendessero. Wagner-Jauregg riconobbe pienamente il valore del lavoro neurologico di Freud e forse i suoi primi studi sulle nevrosi, ma non potè accettare ime scientificamente validi gli ulteriori sviluppi di Freud, come l'interpretazione dei sogni e la teoria della libido. Molto si è detto sull'ostilità di Wagner-Jauregg verso Freud, sebbene Wagner-Jauregg sostenga nella sua autografia di non aver mai espresso alcuna animosità nei confronti di Freud, parte qualche parola detta per scherzo in riunioni private. Tuttavia uno dei suoi allievi, Emil Raimann, divenne un duro avversario di Freud e Freud sembrò incolpare Wagner-Jauregg di questi attacchi. Wagner-Jauregg disse che Freud, essendo un uomo intollerante, non poteva capire che qualcun altro permettesse ai propri allievi di avere opinioni personali, ma su richiesta di Freud, Wagner-Jauregg chiese a Raimann di cessare le critiche a Freud, osa che Raimann fece. Quando infine Freud ricevette il titolo di professore ordinario, nel 1920, fu Wagner-Jauregg a scrivere il rapporto che ne proponeva la nomina. I freudiani hanno rilevato che alla fine della sua relazione Vagner-Jauregg fece un lapsus di scrittura, proponendo la nomina di Freud professore "straordinario", e cancellando quindi il prefisso "stra". Si può trarne la conclusione che Wagner-Jauregg era riluttante ma appoggiò la candidatura di Freud per solidarietà professionale.

Molte affermazioni contraddittorie sono state fatte intorno al cosiddetto processo Wagner-Jauregg del 1920, sul quale ritorneremo in altra parte di questo volume [211]. Anche se la relazione peritale di Freud sul processo Wagner-Jauregg fu moderata nei termini, è chiaro che egli era a sua volta riluttante. Tale riluttanza si manifestò più apertamente durante i dibattimenti, e Wagner-Jauregg se ne risentì, come apprendiamo dalla sua autobiografia. Quando questi due uomini erano ormai vecchi e famosi in tutto il mondo, si scambiarono congratulazioni per il loro ottantesimo compleanno, in maniera quasi regale. Come disse Eissler, data l'enorme differenza esistente tra le loro personalità e i loro temperamenti, si sarebbe potuto prevedere che si sviluppasse una inimicizia personale tra Freud e Wagner-Jauregg. L'amicizia che era iniziata te loro in gioventù sopravvisse però a tutte le vicissitudini della vita. Il mutuo rispetto e l'amichevole stima non furono distrutti dalle divergenze scientifiche, e questo è un episodio veramente esemplare nella biografia dei due ricercatori [212].

Si sono ripetutamente tracciati paralleli tra Sigmund Freud e Arthur Schnitzler. In una lettera a Schnitzler, in occasione del suo sessantesimo compleanno. Freud scrisse: "Ma voglio farle una confessione... Penso di averla evitata per una specie di 'timore del sosia'[213]". Come Freud, Schnitzler apparteneva a una famiglia ebrea che si era allontanata dalla religione dei padri. Egli nacque a Vienna il 15 maggio 1862 (era dunque di sei anni più giovane di Freud). Il padre, celebre laringologo e professore all'Università di Vienna, era direttore di una rivista medica e aveva nella sua clientela attrici e cantanti d'opera. Arthur studiò medicina a Vienna dal 1879 al 1885 e si laureò quindi tre anni dopo Freud. Come Freud, trascorse tre anni all'Ospedale generale di Vienna, fu allievo di Meynert e s'interessò alle discussioni correnti sull'isteria e l'ipnosi. Il suo primo scritto riferiva di sei pazienti che egli aveva curato per afonia isterica in una o due sedute ipnotiche ciascuno. Egli preferì chiamarla afonia funzionale perché aveva qualche dubbio circa la diagnosi e i concetti dell'isteria [214].

Seguendo le orme del padre, Schnitzler si diede al giornalismo nel campo della medicina. Egli riferiva nella "Wiener medizinische Presse" sui convegni che si svolgevano alla Gesellschaft der Ärzte, e fu così che si trovò a dare un resoconto della riunione del 15 ottobre 1886, nella quale Freud parlò dell'isteria maschile [215]. In un articolo successivo, ricordando quella vivace discussione, Schnitzler espresse i suoi timori che, come conseguenza, in riunioni future fossero presentati molti casi di presunta isteria maschile; ma lo zelo eccessivo — egli disse — era certamente più proficuo per la scienza che un atteggiamento negativo [216]. Schnitzler scrisse anche molte recensioni di libri di medicina nella "Internationale klinische Rundschau", con preferenza per quelli che trattavano di isteria, nevrosi e ipnosi. Commentando le traduzioni di Freud dei libri di Charcot e di Bernheim, ne lodò l'abilità di traduttore ma avanzò dubbi su parte del contenuto. Nella sua recensione del libro di Bernheim sulla suggestione, Schnitzler parlò del "mettersi in posa" e del "recitare una parte" dell'individuo ipnotizzato, rifacendosi alla propria esperienza [217]. Similmente, Schnitzler dava il dovuto riconoscimento a Liébeault ma deplorava le "ingegnose fantasie" alle quali egli si era abbandonato. Il 14 ottobre 1895, quando Freud lesse al Dokctorenkollegium il famoso scritto nel quale proponeva la sua classificazione di quattro nevrosi fondamentali, con una specifica origine sessuale per ognuna, fu Schniztler che ne scrisse la recensione più esauriente e obiettiva [218].

Intanto, il tempo e gli interessi di Schniztler erano sempre più assorbiti dalla letteratura e dal teatro, e la sua pratica professionale si restrinse gradualmente. Tempestose relazioni amorose con attrici gli causarono sofferenze ma gli fornirono materiale per le sue commedie. Intorno al 1890 egli riunì un gruppo di giovani poeti e drammaturghi austriaci di talento che si denominarono "Giovane Vienna" [219]. La fama letteraria di Schnitzler iniziò con Anatól, storia di un giovane frivolo e mondano dell'epoca [220].

Uno degli episodi della commedia tratta di ipnosi: Max si congratula per la maniera in cui egli ipnotizza la sua giovane amante e le fa recitare varie parti. Egli suggerisce ad Anatol di cercare di scoprire attraverso l'ipnosi se essa gli è o no fedele. Anatol ipnotizza Cora, che gli dice di avere ventun’anni e non diciannove come gli aveva fatto credere, e dice che lo ama. Anatol ha paura di porle ulteriori domande e la sveglia. Max conclude: "Una cosa mi è chiara: che le donne raccontano bugie anche sotto ipnosi."

Una delle commedie successive di Schnitzler, Paracelsus, ruota ancora attorno all'ipnosi [221]. Nella Basilea del sedicesimo secolo Paracelso viene scacciato dalle autorità come ciarlatano, ma egli attrae le masse e compie guarigioni miracolose. Ipnotizza Justina, moglie di un ricco cittadino, sostenendo di poterle far sognare tutto ciò che vuole lui; Justina gli fa quindi sorprendenti rivelazioni; nessuno sa quanto vi sia di vero; il punto in cui ella si risveglia dallo stato ipnotico non viene chiarito. La morale della commedia è la relatività e l'incertezza, non solo dell'ipnosi, ma della vita mentale stessa. Paracelso afferma che se un uomo potesse veder illustrati i propri anni passati, difficilmente potrebbe riconoscerli, "perché la memoria inganna come la speranza", che noi recitiamo sempre una parte anche nelle questioni più profonde, e che "chiunque lo sa è saggio". Il Paracelsus di Schnitzler dà quindi un'immagine dell'ipnosi e della vita psichica molto diversa da quella degli studi sull'isteria di Breuer e Freud. Breuer e Freud sembravano giudicare le rivelazioni dei soggetti ipnotizzati dalle apparenze, e costruirono le loro teorie su quella base, mentre Schnitzler aveva sempre sottolineato l'elemento di artificiosità e di recitazione di una parte nell'ipnosi e nell'isteria.

Le somiglianze tra Schnitzler e Freud non dovrebbero essere esagerate. Se Freud introdusse il metodo della libera associazione in psicoterapia Schnitzler fu uno dei primi a scrivere un romanzo interamente nello stile del "monologo interiore" [222]. Comune a Schnitzler e Freud fu l'interesse per i sogni. Di Schnitzler si dice che trascrivesse i propri sogni, ed egli fece vasto uso di motivi onirici nelle sue opere. Nei suoi romanzi le persone hanno sogni nei quali avvenimenti recenti, ricordi passati e preoccupazioni attuali sono deformati e mescolati in variazioni molteplici. Ma non v’è nulla dei "simboli freudiani", e malgrado la loro bellezza e ricchezza artistica questi sogni forniscono scarso materiale per interpretazioni psicoanalitiche. La stessa indipendenza dalla psicoanalisi di Freud si dimostra nel romanzo di Schnitzler Frau Beate, storia dell'incesto tra un giovanetto e la madre vedova [223]. Non è fatto qui alcun riferimento a un complesso edipico o a situazioni dell'infanzia; una combinazione straordinaria di circe stanze rende quasi inevitabile l'esito del racconto.

La prima guerra mondiale indusse molti uomini a riflettere sulla tragedia nella quale erano coinvolti. Freud nelle sue Considerazioni attuali sulla guerra e la morte (1915) concluse affermando che le pulsioni aggressive erano più forti di quanto non credesse l'uomo civile contemporaneo e ritenne clic il problema principale fosse la manipolazione e l'incanalamento dell'aggressività. Schnitzler contestava il ruolo dell'odio: né i soldati, né gli ufficiali, né i diplomatici, né gli statisti odiavano realmente il nemico [224]. L’odio è introdotto artificialmente nell'opinione pubblica dalla stampa; le vere cause della guerra sono la malevolenza di pochi individui che hanno un interesse acquisito per la guerra, la stupidità di alcuni uomini di potere che ricorrono alla guerra per risolvere i problemi che potrebbero essere risolti in altro modo, e soprattutto l'incapacità delle masse di raffigurarsi la vera immagine della guerra. Infine, s'impone alla gente un'ideologia della guerra con dichiarazioni pseudofilosofiche e pseudoscientifiche, e con falsi imperativi politici espressi con un vocabolario emotivamente carico. Per prevenire la guerra — diceva Schnitzler — occorre sradicare ogni possibilità di affarismo, occorre un Parlamento permanente delle nazioni per risolvere i problemi che portano generalmente alla guerra, occorre smascherare l'ideologia della guerra e ridurre al silenzio i guerrafondai.

Dopo la prima guerra mondiale la nuova generazione austriaca disprezzò Schnitzler come prototipo dello "spirito corrotto della decadente monarchia" e "della vita frivola della classe agiata viennese". Nel 1927 egli pubblicò un libretto dal titolo Der Geist im Wort und der Geist in der Tat, che era un curioso tentativo di tipologia di varietà di uomini come il poeta, il filosofo, il prete, il giornalista, l'eroe, l'organizzatore, il dittatore e così via [225]. Un'altra raccolta di pensieri e frammenti avrebbe richiesto solo un minimo di organizzazione per costituire un profilo di filosofia [226]. Schnitzler si rivelò molto meno scettico di quanto si sarebbe potuto pensare dalla sua opera letteraria precedente. Egli prese posizione contro la teoria del determinismo universale. Considerò il libero arbitrio non solo come la base della moralità, ma come la base dell'estetica; la sua fede nell'esistenza di Dio è dichiarata, seppure in termini velati.

Sia Freud che Schnitzler furono afflitti da sofferenze fisiche negli ultimi anni della loro vita: Freud dal cancro e Schnitzler dall'otosclerosi. In quegli ultimi penosi anni Schnitzler scrisse il romanzo che si considera generalmente il suo capolavoro, Flucht in die Finsternis (Fuga nell'oscurità): lo stato soggettivo della mente schizofrenica di un uomo è descritto in modo la le che lo sviluppo della sua malattia fino al punto di uccidere il medico fratello e reso intelligibile [227].

Freud trovò somiglianze tra il suo pensiero e quello di Schnitzler, ma Schnitzler, malgrado tutta la sua ammirazione per gli scritti di Freud, sottolineò il proprio disaccordo con i principi fondamentali della psicoanalisi. Entrambi gli uomini realmente esplorarono, nei modi loro propri, lo stesso regno, ma giunsero a conclusioni diverse. È facile immaginare che specie di psicologia del profondo Schnitzler avrebbe potuto concepire: avrebbe accentuato il recitare una parte e l'elemento di falsità nell'ipnosi e nell'isteria, l'inattendibilità della memoria, la funzione mitopoietica dell'inconscio, l'elemento tematico piuttosto che quello simbolico nei sogni e la componente di autoinganno piuttosto che quella aggressiva nell'origine della guerra. Egli avrebbe altresì scritto saggi filosofici in una vena meno pessimistica di Freud. Si può liberamente speculare sulle possibilità di successo letterario se Freud avesse abbandonato la medicina per sviluppare il suo grande talento di scrittore. Emmy von N., Elisabeth von R., e la giovane Dora sarebbero diventate eroine di brevi storie alla Schnitzler. Le ossessioni dell'"uomo dei lupi" sarebbero state ridotte a romanzo del terrore alla maniera di Hoffmann, e un racconto su Leonardo da Vinci avrebbe oscurato il romanzo storico di Merezkovskij. Un romanzo di Freud sul crudele vecchio padre e sull'orda avrebbe portato alla perfezione quel genere letterario di romanzi preistorici che i fratelli Rosny avevano reso popolari in Francia, anche se Freud l'avrebbe concepito più nello stile del Regenmacher di Hesse [229]. La storia di Mosè sarebbe stata un romanzo paragonabile ai romanzi biblici di Shalom Ash e di Thomas Mann. I discepoli di Schnitzler avrebbero quindi dovuto analizzare tali scritti e ricostruire il sistema psicologico in essi implicito. Freud però evitò questa possibilità poiché scelse la psicologia, con lo scopo di annettere alla scienza un sistema di quell'intuizione e conoscenza psicologiche possedute dai grandi scrittori.

Dall'anatomia microscopica alla neurologia teorica

Tante sono le descrizioni date dell'opera di Freud che noi ne tenteremo qui soltanto una breve rassegna, con speciale riguardo alle sue fonti, ali; sua relazione con la scienza contemporanea e particolarmente alla sua linea d'evoluzione.

I primi storici della psicoanalisi divisero la carriera scientifica di Freud in un periodo prepsicoanalitico e in un periodo psicoanalitico. Essi considerarono Freud un neurologo che abbandonò la sua prima vocazione per fondare una nuova psicologia. Si riconobbe in seguito che una conoscenza del prime periodo è necessaria per la comprensione dell'origine della psicoanalisi. Un esame ancora più approfondito dei fatti rivela una precisa linea evolutivi per tutto il periodo prepsicoanalitico.

Quando il diciannovenne studente Sigmund Freud incominciò a fare ricerca all'Istituto di anatomia comparata del professor Claus, egli s'impegnò in una carriera di natura particolarmente ardua. Il lavoro con il microscopio era una scuola di ascetismo scientifico e di abnegazione. Agassiz ha ben descritto il lungo e arduo addestramento degli occhi, della mano e dell'intelletto che è necessario prima di poter lavorare efficientemente con il microscopio o il telescopio:

Io penso che non ci si renda generalmente conto della difficoltà dell'osservazione al microscopio, o di quanta faticosa preparazione sia necessaria per adattare gli organi della vista e del tatto a tale lavoro... Sembra cosa facile che un uomo si sieda e osservi gli oggetti attraverso una lente che ingrandisce ogni cosa alla sua vista; ma certi oggetti di ricerca microscopica sono tanto oscuri, che lo studente deve attenersi a una dieta speciale prima d'intraprendere la sua indagine, affinché la fermezza dello sguardo non sia disturbata neanche dal pulsare delle arterie, e la condizione del sistema nervoso sia di tale calma che tutta la sua persona possa rimanere per ore in rigida obbedienza allo sguardo fisso e concentrato [230].

Occorrono spesso anni di addestramento prima che il giovane scienziato sia in grado di fare la sua prima scoperta e, come sottolinea Agassiz, il lavoro di tutta una vita può riassumersi in una sola frase [231]. Ma anche gli esperti di tale metodo non furono immuni dall'autoillusione: Haeckel descrisse e illustrò immaginarie configurazioni che confermavano le sue teorie e che gli procurarono un'accusa di frode; Meynert descrisse tratti illusori nella sostanza cerebrale; e molte generazioni di astronomi videro e rappresentarono sulle carte i "canali" su Marte.

Al giovane studente veniva generalmente affidata una piccola porzione di ricerca da compiere, sia per mettere alla prova le sue capacità sia per ottenere determinati risultati. La prima indagine di Freud fu sulla struttura gonadica dell'anguilla. Jones ha riferito che Freud sezionò circa quattrocento anguille ma non riuscì a giungere ad alcuna conclusione decisiva. Ciò nonostante Claus fu soddisfatto del lavoro di Freud e presentò la sua dissertazione all'Accademia delle scienze; tuttavia Freud era insoddisfatto [232]. (Evidentemente il giovane ambizioso non aveva ancora capito la filosofia della ricerca al microscopio.)

Durante i sei anni trascorsi nel laboratorio di Brucke, Freud condusse una ricerca di alta qualità su soggetti limitati. A quel tempo l'anatomia del cervello era un campo inaugurato di recente, nel quale ogni ricercatore diligente poteva fare scoperte. A tal fine potevano applicarsi tre metodi: il primo era un'indagine stereotipica di nuovi casi con tecniche correnti; il secondo, il perfezionamento di una nuova tecnica (quale un microtomo o un agente colorante) per aprire nuove possibilità di studi; e il terzo, la concettualizzazione (metodo adottato da coloro che presentarono la teoria del neurone). Freud provò tutti questi metodi uno dopo l'altro. Iniziò con una limitata indagine su certe cellule del midollo spinale di un'infima specie di pesci, il Petromyzon [233]. Anche in questo caso il maestro fu più soddisfatto dei risultati di quanto non lo fosse l'allievo. È caratteristica degna di nota l'elevata qualità dello stile nel quale questo lavoro tecnico è scritto. Freud volse poi le sue indagini alle meno note regioni del sistema nervoso. Tale fu il suo lavoro sul corpus restiforme e sul nucleo del nervo acustico. Questo era il tipo di lavoro attraverso il quale uomini come Auguste Forel e Constantin von Monakow stavano acquistando notorietà nel mondo neurologico. Riguardo al secondo metodo, Freud introdusse una tecnica di colorazione al cloruro d'oro, che tuttavia non produsse risultati uniformi e non fu quindi adottata su vasta scala [234]. Dal punto di vista concettuale Freud scrisse un articolo sulla Struttura degli elementi del sistema nervoso, che taluni storici considerano un'anticipazione della teoria del neurone [235].

Durante i suoi tre anni d'internato all'Ospedale generale di Vienna, Freud venne per la prima volta in contatto con dei pazienti e la sua ricerca mutò di conseguenza. Fu il periodo dei suoi esperimenti con la cocaina, periodo in cui egli sperimentò anche il metodo anatomoclinico, cioè la verifica delle diagnosi con i reperti delle autopsie. Freud si dimostrò abile in quest'arte e pubblicò tre dei casi da lui diagnosticati nel 1884 [236].

Nel periodo seguente, dopo aver lasciato l'Ospedale generale e il laboratorio di Meynert, Freud si dedicò alla neurologia puramente clinica. A quel tempo per avere pazienti il neurologo dipendeva molto dall'ospedale o dall'istituto. Freud assunse l'incarico del reparto neurologico nella clinica di Kassowitz, dove visitò tanti bambini affetti da paralisi cerebrale, da divenire uno specialista in materia. Nel 1891 egli fu in grado di pubblicare con Oskar Rie uno studio di trentacinque casi di emiplegia nella paralisi cerebrale [237]. Tale studio mette in rilievo l'esistenza di due tipi estremi, l'uno di attacco acuto della paralisi e l'altro di insorgenza graduale con corea e tutte le possibili combinazioni intermedie di sintomi. Questo mostra un esempio di ciò che Freud chiamò più tardi serie complementari.

Nel 1891 Freud pubblicò un libro sull'afasia dedicato a Josef Breuer [238]. Questo libro fu trascurato per molto tempo dagli psicoanalisti; più tardi fu elogiato come una pietra miliare nella storia dello studio dell'afasia e come precursore di concetti psicoanalitici successivi. In realtà è più facile costatarne il significato nell'evoluzione dell'opera di Freud che nella storia dell'afasia. A quel tempo vi era una grande abbondanza di pubblicazioni sull'afasia. Oggigiorno tali scritti non sono facilmente accessibili; molto in essi è scritto nello stile della mitologia contemporanea. Le teorie prevalenti sull'afasia, come quelle di Wernicke e di Lichtheim, si basavano sull'ipotesi che le immagini sensoriali fossero conservate in certi centri del cervello e che le lesioni in queste aree fossero la causa dell'afasia. Intorno al 1880 Heymann Steinthal [239] presentò una teoria dell'afasia che oggi chiameremmo dinamica, ma essendo un linguista egli fu ignorato dai neuropatologi [240]. Gli storici dell'afasia [241] rilevano che dal tempo di Bastian a quello di Déjerine vi fu un progressivo riconoscimento dei fattori dinamici nell'afasia, in questa monografia, Freud prefigurò i concetti di Déjerine; fu probabilmente il primo sul continente a richiamarsi all'opera di Hughlings Jackson, e introdusse e definì il termine "agnosia". Freud evidentemente non considerò questo lavoro un contributo importante al problema dell'afasia; era una discussione teorica senza osservazioni cliniche nuove o nuove scoperte patologiche. Ciò che viene detto tradizionalmente di questo libro di Freud sull'afasia, e cioè che non ebbe alcun successo e non fu mai citato da altri autori, è a dir poco un'esagerazione [242].

Nel 1882 l'allievo di Freud Rosenthal pubblicò nella sua dissertazione medica cinquantatré osservazioni su casi di forme displegiche di paralisi cerebrale, che egli aveva seguito lavorando sotto la direzione di Freud [243]. Nel 1893 Freud espose la sua concezione della displegia cerebrale nei bambini [244]. Una recensione anonima del libro affermava che Freud aveva descritto l'anatomia patologica di tale condizione non in base alle proprie osservazioni ma in base a un'elaborazione delle scoperte di altri autori, che rendeva non convincenti le interpretazioni fisiopatologiche di Freud perché la connessione da lui proposta tra certi gruppi di sintomi e certi fattori etiologici non era sufficientemente sostanziata dai fatti [245]. D'altra parte, lo studio di Freud ricevette il massimo elogio da Pierre Marie, e Freud scrisse un saggio in francese sullo stesso tema per la "Revue neurologique" [246].

La fama di Freud come specialista di paralisi cerebrali era ora tanto riconosciuta che Nothnagel gli chiese di scrivere una monografia sull'argomento; questa apparve tardivamente nel 1897 [247]. L'opera ottenne grande apprezzamento in Francia da parte di Brissaud e Raymond [248]. In Belgio la teoria di Freud sulla paralisi cerebrale e la classificazione in essa contenuta di sottoforme fu criticata da Van Gehuchten, il quale la definì una concezione artificiale mancante di qualunque base anatomopatologica [249]. Questi fatti sono interessanti perché dimostrano che anche nel suo periodo di neurologo Freud ricevette lodi e critiche, contrariamente a ciò che comunemente si sostiene, e cioè che egli non ebbe altro che elogi fin quando fu neurologo, e nient'altro che ingiurie non appena si dedicò allo studio delle nevrosi. Fin dall'inizio fu la tendenza la di Freud a fare ardite generalizzazioni che dette luogo a critiche.

Vediamo così che durante i vent'anni del suo periodo prepsicoanalitico Freud aveva seguito una linea di evoluzione che andò dall'anatomia microscopica alla neurologia anatomoclinica, e da qui alla neurologia puramente clinica, e anche al tipo di neurologia teorica non clinica, espressa nel suo libro sull'afasia. Quest'ultimo orientamento avrebbe raggiunto l'acme con il Progetto di una psicologia (1895), di cui ci occupiamo ora.

La ricerca di un modello psicologico

Vi sono due modi di costruire una teoria psicologica. Il primo consiste nel raccogliere dei fatti e trovare fattori comuni da cui dedurre leggi e generalizzazioni. Il secondo consiste nel costruire un modello teorico e osservare come i fatti siano in armonia con esso, al fine di rimaneggiare il modello se necessario. Seguendo un orientamento comune al suo tempo, la preferenza di Freud andò al secondo. Tra coloro che tentarono di correlare le funzioni psicologiche con la struttura del cervello si distinse Meynert, che però sfortunatamente spesso degenerò nella mitologia del cervello. Altri, ispirati dalla psicofisica di Fechner, postularono l'esistenza di un'energia nervosa sul modello dell'energia fisica, e cercarono di esprimere i fenomeni mentali in termini di tale ipotetica energia nervosa. Tentativi ancora più arditi furono fatti per interpretare i fenomeni mentali in termini sia di anatomia del cervello sia di energia nervosa.

Freud dedicò molto tempo e molta cura all'elaborazione di un modello teorico di quel tipo. La sua corrispondenza con Fliess ha conservato la minuta del 1895 nota come Progetto di una psicologia [250]. Gli studiosi della psicoanalisi concordano su due fatti: primo, che questo modello era estremamente artificiale, e secondo, che può aiutarci a capire l'origine di certi concetti psicoanalitici.

L'idea principale del Progetto è la correlazione dei processi psicologici con la distribuzione e la circolazione di quantità d'energia attraverso certi elementi materiali, cioè ipotetiche strutture cerebrali.

L'energia, chiamata da Freud quantità, è uguagliata a somme di eccitamento che hanno origine dal mondo esterno attraverso gli organi sensori o dal mondo interno, cioè dal corpo. La quantità è governata da due princìpi: l'inerzia, che è la tendenza alla completa scarica dell'energia, e la costanza, che è la tendenza a mantenere costante la somma di eccitamento.

Le particelle materiali di Freud erano i neuroni, dei quali egli postulò tre tipi. I neuroni φ ricevono quantità d'eccitamento dal mondo esterno, ma non mantengono la corrente perché sono regolati dal principio d'inerzia. I neuroni ψ ricevono quantità di eccitamento o dal corpo o dai neuroni φ, ma poiché sono regolati dal principio di costanza essi mantengono tracce di ogni stimolazione ricevuta; costituiscono perciò il sostrato della memoria.

I neuroni ω ricevono quantità di stimolazione dal corpo e dai neuroni φ,e hanno la peculiarità di trasformare la quantità in qualità a causa di un periodo di movimento. Tali neuroni costituiscono il sostrato della percezione.

Il principio di piacere-dispiacere è spiegato nel senso che il dispiacere è l'aumento e il piacere la scarica del livello di quantità.

L'Io è un'organizzazione di neuroni dotati di una riserva costante di quantità e capace di inibire l'eccitamento subentrante. Ciò fornisce un criterio di realtà; l'esame di realtà è uguagliato a un'inibizione da parte dell'Io.

Freud distinse un processo primario e un processo secondario. Nel primario una quantità di eccitamento stimola le immagini mnestiche nei neuroni φ e poi ritorna ai neuroni ω, evocando l'allucinazione; in tale processo l'energia è tonica e legata, e le allucinazioni sono controllate dall'inibizione operata dall'Io.

Questi sono alcuni dei princìpi basilari del Progetto del 1895; essi furono sviluppati in un sistema straordinariamente complesso; entro questa struttura trovavano spiegazione quasi tutte le funzioni psicologiche e molte manifestazioni psicopatologiche.

Per rendere intelligibile il Progetto occorre situarlo nel suo contesto, cioè nella lunga linea evolutiva che era iniziata con Herbart. Per tutto il diciannovesimo secolo l'anatomia e la fisiologia del cervello furono costruite su una base scientifica e sperimentale, ma vi fu anche una linea parallela di anatomofisiologia cerebrale speculativa, che nell'ultima parte del secolo fu chiamata Himmythologie (mitologia del cervello). È abbastanza curioso notare che furono talvolta gli stessi uomini che avevano aperto la via dell'anatomofisiologia scientifica del cervello ad abbandonarsi anche alla mitologia del cervello, pur considerandosi dei "positivisti" e disprezzando la filosofia della natura. Il Progetto di Freud non è che un tardo frutto di questa sequenza speculativa. La filosofia dinamico-speculativa all'inizio può ricondursi a Herbart, e la maggior parte dell'energetica a Fechner [251]. Il principio d'inerzia e il principio di costanza sono molto simili a ciò che Fechner chiamava "stabilità assoluta" e "stabilità approssimata". Fechner aveva già collegato il principio di piacere-dispiacere con l'idea dell'avvicinamento e allontanamento dalla stabilità approssimata, e uguagliava altresì la qualità della percezione con la periodicità di un movimento stabile. Questi princìpi fechneriani furono successivamente integrati da Heinrich Sachs con la sua presunta legge della quantità costante dell'energia psichica: "La somma delle tensioni di tutte le onde molecolari presenti è, entro certi limiti di tempo, approssimativamente costante nello stesso individuo [252]". Le altre tre fonti principali del Progetto sono Brucke, Meynert e Exner, come ha ben dimostrato uno studio di Peter Amacher [253].

Brucke era tra coloro che riducevano la psicologia alla neurologia, e spiegò l'intero funzionamento del sistema nervoso come una combinazione di riflessi [254]. La stimolazione degli stessi organi determina quantità di eccitamento che sono trasmesse per tutto il sistema nervoso, trasferite da cellula a cellula e spesso accumulate in certi centri finché non possono essere scaricate in forma di movimenti. Brucke, come pure Meynert ed Exner, descrisse i processi mentali indifferentemente in termini fisici e in termini psicologici.

Meynert inoltre descrisse i processi psicologici in termini di quantità di eccitamento e di neurologia dei riflessi, sebbene in modo più elaborato di Brucke [255]. Egli assunse da Herbart e dagli empiristi inglesi la dottrina dell'associazionismo, ma la ridusse a una neurologia dei riflessi simile a quella di Brucke, e ai propri concetti della struttura e del funzionamento del cervello. Egli distinse due specie di risposte riflesse, quelle determinate alla nascita, che seguono vie subcorticali, e quelle acquisite che seguono vie corticali. Vi sono fasci associativi tra i centri corticali, e quando un afflusso di eccitamento arriva simultaneamente ai due centri, si apre un sentiero corticale e avviene un fenomeno d'induzione, fatto fisico concomitante a un'associazione e a una funzione logica elementare. Tali esperienze, che iniziano il primo giorno di vita, si sviluppano in un sistema di sentieri corticali (cioè di associazioni) che costituiscono l'Io primario, cioè il nucleo dell'individualità. In seguito, si costituisce un Io secondario, la cui funzione è quella di controllare l'Io primario, e che è la sottostruttura dei processi di pensiero ordinati. Come clinico Meynert descrisse l'amentia, condizione mentale con allucinazioni e deliri incoerenti, che riproduce uno stato di confusione infantile in cui non vi è alcun controllo dell'Io. Meynert equiparava l'attività corticale durante il sogno all'attività corticale che produceva l'amenza.

Exner, il terzo dei maestri di Freud in neurologia, pubblicò il suo Entwurf nel 1894; questo può considerarsi una sintesi dei sistemi di Brücke e di Meynert [256]. Nel frattempo, però, era apparsa la teoria dei neuroni ed Exner discusse come le quantità di eccitamento potessero essere trasferite alle connessioni tra i neuroni, dove egli credeva che avessero luogo somme di eccitamenti. Exner presuppose anche che le connessioni potessero essere cambiate nel corso della vita dell'individuo, nonostante l'eccitamento simultaneo di due cellule. Exner chiamò Bahnung (incanalamento) i processi attraverso i quali l'eccitamento simultaneo di due cellule corticali si aprirebbe una via nervosa tra queste stesse e trasferirebbe l'eccitamento da una all'altra, quando l'una o l'altra fosse successivamente investita dall'eccitamento. Egli descrisse centri emotivi, particolarmente il centro del dolore o dispiacere. Sotto il nome di istinti descrisse le associazioni tra le idee e i centri emotivi. Sviluppò ampiamente la sua psicologia neurologica, dando spiegazioni della percezione, del giudizio, della memoria, del pensiero e di altri processi mentali.

Il Progetto del 1895 di Freud può considerarsi come uno sviluppo logico delle teorie dei suoi predecessori, particolarmente dei suoi maestri Brücke, Meynert ed Exner. È l'esito e lo strascico di un secolo di mitologia del cervello. Questa è probabilmente la ragione per la quale Freud abbandonò questo Progetto non appena completato. Ma molte delle idee formulate nel Progetto sarebbero riapparse sotto varie nuove forme nelle successive teorie psicoanalitiche di Freud.

La teoria delle nevrosi

Le circostanze che portarono Freud a concepire una nuova teoria delle nevrosi risiedono sia nello spirito del tempo sia in specifiche esperienze personali. Nel passare dalla neuroanatomia alla neurologia anatomo-clinica, e da questa a un concetto dinamico delle nevrosi, Freud seguì un iter tipico del tempo, del quale sono esempi anche Charcot, Forel e più tardi Adolf Meyer. La neuropatologia (a quel tempo del tutto distinta dalla psichiatria) stava cominciando ad essere una specializzazione medica di moda. Due esperienze personali orientarono Freud in questa direzione: la sua visita a Charcot e la storia della paziente di Breuer Anna O.

Freud vide il punto di partenza della psicoanalisi nell'esperienza di Breuer con Anna O. Fino ad oggi la più elementare esposizione della psicoanalisi inizia con la storia della giovane donna "i cui numerosi sintomi isterici scomparivano uno a uno come Breuer riusciva a farle evocare le circostanze specifiche che ne avevano causato la comparsa". Il velo di leggenda che avvolge questa storia è stato sollevato solo parzialmente da una ricerca obiettiva.

Ernest Jones ha rivelato il vero nome della paziente: Bertha Pappenheim (1859-1936). La sua vita è nota da una breve notizia biografica pubblicata dopo la sua morte [257], e da una breve biografia scritta da Dora Edinger [258]. Bertha Pappenheim apparteneva a un'illustre antica famiglia ebraica. Il nonno, Wolf Pappenheim, era una personalità di rilievo del ghetto di Presburgo, e il padre, Siegmund Pappenheim, era un agiato commerciante di Vienna. Poco si conosce della sua infanzia e giovinezza. Ella aveva ricevuto una raffinata istruzione, parlava inglese perfettamente e leggeva il francese e l'italiano. Secondo le sue stesse affermazioni, viveva la vita abituale di una signorina dell'alta società viennese, facendo molti lavori di ricamo e attività all'aperto, compresa 1 equitazione. Nelle notizie biografiche del 1936 nulla fu detto a proposito di una malattia nervosa in gioventù. Fu riferito che dopo la morte del padre lei e la madre lasciarono Vienna e si stabilirono a Francoforte sul Meno, dove Bertha a poco a poco incominciò a interessarsi di attività sociali. Nei tardi anni ottanta, ella incominciò a svolgere una considerevole attività filantropica. Per circa dodici anni fu direttrice di un orfanotrofio ebraico a Francoforte. Viaggiò nei paesi balcanici, nel Vicino Oriente e in Russia per indagare sulla prostituzione e sulla tratta delle bianche. Nel 1904 fondò il Jüdischer Frauenbund (Lega delle donne ebree), e nel 1907 fondò un istituto pedagogico, affiliato a tale organizzazione. Tra i suoi numerosi scritti vi sono brevi racconti, opere teatrali su temi sociali, resoconti di viaggi, studi sulla condizione delle donne ebree e sulla criminalità degli ebrei. Negli anni della vecchiaia curò nuove edizioni di antiche opere religiose ebraiche in forma modernizzata, e una storia dei propri antenati con ampie tavole genealogiche. Verso la fine della sua vita, viene descritta come una persona profondamente religiosa, severa e autoritaria, altruista in modo assoluto e completamente consacrata al suo compito, come una persona che aveva mantenuto un vivace senso dell'umorismo, frutto della sua educazione viennese, il gusto per il buon cibo e l'amore della bellezza, e come una persona che possedeva una notevole collezione di ricami, porcellane e cristalleria. Morì nel maggio 1936, in tempo per sfuggire al fato del martire, ma abbastanza tardi da prevedere l'imminente sterminio del suo popolo e la distruzione dell'opera della sua vita. Dopo la dominazione nazista, ella fu ricordata come una figura quasi leggendaria, tanto che il governo della Germania occidentale ne onorò la memoria nel 1954 con l'emissione di un francobollo con il suo ritratto.

Vi è un enorme divario tra le descrizioni della filantropa e assistente sociale ante litteram ebrea Bertha Pappenheim e quelle della paziente isterica Anna O. di Breuer. Nulla nella biografia di Bertha Pappenheim ci farebbe supporre che fosse Anna O., e nulla nella storia di Anna O. ci farebbe supporre che sarebbe diventata famosa come Bertha Pappenheim. Se Jones non avesse svelato l'identità delle due figure è probabile che nessuno l'avrebbe mai scoperta [259]. Riguardo alla storia di Anna O. vi sono due versioni: quelia data da Breuer nel 1895 [260], e l'altra di Jones nel 1953 [261].

Secondo Breuer, la signorina Anna O. era una giovane attraente, intelligente, dotata di una forte volontà e di molta immaginazione. Era gentile e caritatevole, ma afflitta da una certa instabilità emotiva. Era stata allevata in una famiglia fortemente puritana. e vi era un notevole contrasto tra la raffinata educazione da lei ricevuta e la monotona vita familiare che conduceva. Questo la portò a rifugiarsi in sogni a occhi aperti che essa chiamava il suo "teatro privato". La sua malattia, come viene descritta da Breuer, ebbe un decorso in quattro fasi.

Dal luglio al dicembre 1880 si dedicò all'assistenza del padre gravemente malato e presentò segni di indebolimento tìsico. Breuer chiamò questa la fase di incubazione latente.

Dal dicembre 1880 all'aprile 1881 vi fu la fase di psicosi manifesta. Comparve una grande varietà di sintomi nel giro di poco tempo: paralisi, contratture, disturbi della vista, disorganizzazione del linguaggio; parlava in una specie di gergo agrammaticale; la sua personalità era scissa in una persona normale, cosciente e triste, e in una persona morbosa, volgare, agitata chi aveva talvolta delle allucinazioni di serpenti neri. Durante tale periodo Breuer la visitò frequentemente; sotto ipnosi, ella gli raccontava i suoi più recenti sogni a occhi aperti, dopodiché si sentiva sollevata. Questa era da lei chiamata la sua talking cure (cura parlata). Nel marzo divenne incapace di parlare qualunque altra lingua che non fosse l'inglese.

Dall'aprile al dicembre 1881 i suoi sintomi peggiorarono considerevolmente. La morte del padre, il 5 aprile, fu un grave trauma. Non riconosceva nessuno, tranne Breuer, il quale per qualche tempo dovette anche nutrirla, e continuava a parlare solo inglese. Fu trasferita in una casa di cura privata vicino a Vienna, dove Breuer le faceva visita ogni tre o quattro giorni. I sintomi si presentavano ora a ritmo regolare e venivano alleviati dalle sedute ipnotiche di Breuer. Anziché raccontargli i suoi sogni a occhi aperti, ella gli raccontava le sue recenti allucinazioni.

Dal dicembre 1881 al giugno 1882 si produsse un lento miglioramento. Le due personalità erano ora nettamente distinte e Breuer riusciva a farla passare da una all'altra presentandole un'arancia. La caratteristica principale era che la personalità malata viveva 365 giorni prima di quella sana. Grazie al diario che la madre aveva tenuto, Breuer potè controllare che gli avvenimenti che Anna allucinava si erano verificati, giorno per giorno, esattamente un anno prima. Una volta, sotto ipnosi, ella gli raccontò che la difficoltà a trangugiare l'acqua era iniziata dopo che aveva visto un cane bere al suo bicchiere. Dopo aver detto questo a Breuer, il sintomo scomparve. A questo punto iniziò un nuovo tipo di trattamento; Anna raccontava a Breuer, in ordine cronologico inverso, ogni comparsa di un dato sintomo con date esatte, finché non raggiungeva la manifestazione originaria e l'avvenimento iniziale; poi il sintomo scompariva. Breuer sradicò ogni sintomo in questa tediosa maniera. Infine, l'ultimo sintomo fu fatto risalire a un incidente occorso quando ella assisteva il padre malato; aveva avuto un'allucinazione di un serpente nero, ne era rimasta sconvolta e aveva mormorato una preghiera in inglese, l'unica che le era venuta in mente. Non appena recuperato quel ricordo, scomparve la paralisi al braccio sinistro e Anna fu in grado di parlare tedesco. Anna aveva, deciso e annunciato in anticipo che sarebbe guarita per il 7 giugno 1882, cioè all'anniversario del giorno in cui era entrata in casa di cura, in tempo per le vacanze estive. Poi, secondo Breuer, ella partì da Vienna per un viaggio; ma occorse qualche tempo perché ritrovasse il suo pieno equilibrio.

Le descrizioni correnti della malattia di Anna O. non sottolineano le caratteristiche inconsuete di questa storia. Primo, la coesistenza di una personalità vivente nel presente e una vivente 365 giorni prima; secondo, il fatto che ciascuno dei sintomi appariva presumibilmente subito dopo l'avvenimento traumatico, senza un periodo d'incubazione; terzo, il fatto che i sintomi potevano essere fatti scomparire. Tuttavia non è assolutamente vero (come si afferma comunemente) che "bastava ricordare le circostanze nelle quali i sintomi erano comparsi la prima volta". Anna doveva ricordare ogni circostanza nella quale il sintomo era comparso, qualunque fosse il numero, in esatto ordine cronologico inverso. Tali caratteristiche fanno della storia di Anna O. un caso unico di cui non si conoscono altri esempi, né prima né dopo di lei.

A un seminario tenuto a Zurigo nel 1925 Jung rivelò che Freud gli aveva detto che la paziente in realtà non era stata guarita [262]. Nel 1953 Jones pubblicò una versione della storia che differisce notevolmente da quella esposta da Breuer. Secondo Jones, Freud gli aveva raccontato che al tempo della presunta conclusione della malattia la paziente era tutt'altro che guarita, e fu mentre ella era in preda alle doglie di un parto isterico dopo una gravidanza immaginaria, che Breuer la ipnotizzò, e lasciò quella casa in un bagno di sudore freddo, dopodiché partì per Venezia per una seconda luna di miele, che ebbe come risultato il concepimento di una figlia, Dora. La paziente Anna O. fu ricoverata in un istituto a Gross Enzersdorf, dove rimase per parecchi anni. La versione di Jones indica che Breuer era stato ingannato dalla paziente e che il presunto "prototipo di guarigione catartica" non era affatto una guarigione.

Ponendo a confronto la biografia di Bertha Pappenheim con le due versioni della storia di Anna O., si nota che nella prima Bertha partì da Vienna per Francoforte nel 1881, mentre Anna rimase nella casa di cura viennese fino al giugno 1882 secondo Breuer, e molto più tempo secondo Jones [263]. Un fatto ancora più strano è che la fotografia di Bertha (di cui io stesso ho potuto vedere l'originale) porta la data 1882 incisa dal fotografo e mostra una donna dall'aspetto sano, sportivo, in costume da cavallerizza, nettamente in contrasto con il ritratto di Breuer di una signorina casalinga che non aveva alcuno sfogo alle proprie energie fisiche e mentali.

In quanto alla versione di Breuer, occorre tenere presente che a quel tempo gli psichiatri facevano il possibile e si davano gran pena per mascherare l'identità dei loro pazienti quando ne pubblicavano le storie, alterando i nomi, luoghi, professioni e talvolta le date [264]. Il caso clinico di Breuer naturalmente una ricostruzione a memoria, scritta tredici o quattordici anni dopo, come disse egli stesso, "da appunti incompleti" e pubblicata a malincuore per far piacere a Freud.

In quanto alla versione di Jones, essa è piena di elementi impossibili. Primo, l'ultima figlia di Breuer, Dora, nacque l'11 marzo 1882 (come provato dalla Heimat-Rolle di Vienna), e non poteva quindi essere stata concepita dopo il presunto incidente finale del giugno 1882 [265]. Secondo, non vi fu mai una casa di cura a Gross Enzersdorf; il signor Schramm, che scrisse una storia del luogo, mi disse che doveva esservi stata confusione con Inzersdorf, dove vi era una nota casa di cura. Dopo indagini, ho appreso che questa era stata chiusa, e gli archivi medici erano stati trasferiti all'ospedale psichiatrico di Vienna. In quest'ultimo tuttavia non si potè trovare alcuna storia clinica di Bertha Pappenheim [266]. La versione di Jones, pubblicata più di settant'anni dopo l'avvenimento, si basa sul sentito dire, e dovrebbe considerarsi con cautela [267].

Ritornando alla storia di Anna O. di Breuer, è chiaro che essa differisce radicalmente da altri casi d'isteria di quel tempo, ma è analoga ai grandi casi esemplari di malattia magnetica della prima metà del diciannovesimo secolo, come quelli di Katharina Emmerich, Friedericke Hauffe o Estelle L'Hardy [268]. Le allucinazioni di Anna O. circa ciò che le era accaduto giorno per giorno un anno prima potrebbero essere paragonate alle visioni notturne di Katharina che coincidevano esattamente con il calendario della Chiesa. Le rievocazioni di Anna O. di ogni comparsa di ciascuno dei suoi sintomi, con le date esatte, ricorderanno a qualcuno le prodigiose imprese mnemoniche della veggente di Prevorst. Breuer e la sua paziente giocarono una partita dall'esito incerto, come avevano fatto Despine ed Estelle nel passato, anche se Breuer ebbe meno successo di Despine. Ai vecchi magnetizzatori, la storia di Anna O. non sarebbe apparsa tanto straordinaria come a Breuer. Fu uno di quei casi, così frequenti nel decennio 1820-30, ma così rari negli anni ottanta, in cui la paziente prescriveva al medico gli espedienti terapeutici che egli doveva usare, profetizzava il decorso della malattia e ne annunciava la data di conclusione. Ma nel 1880, quando l'uso autoritario dell'ipnosi aveva soppiantato la terapia da contratto di un tempo, una storia come quella di Anna O. non poteva più essere compresa. Juan Dalma [269] ha indicato la connessione fra il trattamento di Anna O. e il diffuso interesse per la catarsi seguito alla pubblicazione, nel 1880, di un libro sul concetto aristotelico di catarsi di Jacob Bernays [270] (zio della futura moglie di Freud). Per un certo tempo la catarsi fu uno degli argomenti più discussi tra gli studiosi e tema ricorrente di conversazione nei salotti viennesi [271]. Nessuna meraviglia che una signorina dell'alta società l'adottasse come strumento di terapia autodiretta.

Molto recentemente ho potuto appurare che Bertha Pappenheim trascorse il periodo dal 12 luglio al 29 ottobre 1882 nella casa di cura Bellevue a Kreuzlingen. Nell'archivio della clinica si è trovata la copia di una più lunga relazione, redatta da Breuer stesso, sulla storia della sua malattia [272]. È molto interessante confrontare questa relazione con la successiva storia del caso contenuta negli Studi sull'isteria (1892-95). Intere frasi sono quasi identiche; per contro nella relazione originale si trovano molti particolari che mancano negli Studi. Si legge ad esempio di litigi tra Bertha e il fratello, e che Bertha non era "affatto una persona religiosa". Alcuni mesi prima del "primo periodo" della malattia comparvero nevralgie facciali e contratture. Relativamente al "primo periodo" Breuer ammette che ne sapeva solo ciò che la paziente gli raccontava sotto ipnosi, ed ella stessa in stato cosciente sapeva solo ciò che Breuer gliene raccontava, ad esempio che vedeva un teschio, uno scheletro, al posto del padre. Breuer vide la paziente per la prima volta alla fine del novembre 1880 e diagnosticò una tosse isterica.

Il "secondo periodo" della malattia iniziò nel dicembre 1881, poco dopo che Breuer aveva incominciato la cura. I sintomi peggiorarono visibilmente. Dopo che era stata offesa una volta dal padre la paziente restò afasica per circa due settimane. Breuer tentò di stabilire diagnosi anatomiche, come tubercolo e meningite a propagazione cronica nella fossa Sylvii sinistra. A causa della malattia essa non poteva più vedere il padre ed esprimergli "il suo vero amore passionale". Nel marzo 1881 la paziente incominciò a parlare quasi esclusivamente inglese, sebbene le persone che le stavano intorno continuassero a parlarle in tedesco.

Il "terzo periodo" iniziò il 5 aprile 1881: il padre morì; la famiglia le aveva sempre mentito, e si tentò di nasconderle la verità per qualche tempo, il che suscitò l'indignazione della paziente. Il suo stato peggiorò. Verso il 15 aprile fu chiamato a consulto Krafft-Ebing; il consulto fu occasione di violente eccitazioni. Le storie che essa raccontava alla sera a Breuer erano "variazioni sul tema della morte del padre". A causa dei frequenti stati di violenta eccitazione Bertha Pappenheim fu trasferita il 7 giugno 1881 a Inzersdorf, in una villa vicina alla clinica dei dottori Fries e Breslauer. La malattia aveva raggiunto il suo punto culminante: si parla di vetri rotti, di tentativi di suicidio "per la verità poco pericolosi", di allucinazioni: la paziente tentava di salire sugli alberi per sfuggire ai serpenti. Il dottor Breslauer le somministrò del cloralio. Breuer si assentò per un viaggio di cinque settimane; quando ritornò, alla metà d'agosto, trovò la paziente "moralmente in cattivo stato, indocile, lunatica, maligna, indolente". Ora "la sua vena fantastico-poetica stava chiaramente inaridendosi"; essa riferiva sempre più di sue allucinazioni. Questa fu la talking cure o chimney-sweeping (spazzare il camino). La paziente non sopportava che le venissero sfilate le calze quando andava a dormire. Ma verso le due o le tre si lamentava che la si faceva dormire con addosso le calze. Una sera raccontò a Breuer come fosse entrata furtivamente dal padre, con addosso le calze, per origliare, e come si fosse quindi addormentata con le calze e il fratello l'avesse una volta scoperta. Dopo avere raccontato questo a Breuer "il capriccio delle calze scomparve definitivamente". Questa fu la prima di una serie di storie simili, e molti sintomi furono eliminati in questo modo. All'inizio di novembre venne in città dalla madre. Alla fine di dicembre però divenne inquieta "per motivi non precisati". Per tutta la settimana di Natale non raccontò niente di nuovo, ma solo le storie fantastiche che aveva raccontato giorno per giorno nel corso dell'anno precedente.

Il resoconto di Breuer s'interrompe qui improvvisamente e non dà alcuna informazione sul "quarto periodo" della malattia. La parola "catarsi" non compare mai e non si parla mai di una presunta "gravidanza isterica". Sorprendente è la diagnosi: "disturbi funzionali all'emiencefalo sinistro". Apparentemente Breuer interpretava l'isteria come una lesione dinamica del cervello nel senso di Charcot.

Il secondo documento è la storia clinica relativa al soggiorno nella casa di cura Bellevue dal 12 luglio al 20 ottobre 1882. Sugli ultimi sei mesi trascorsi a Inzersdorf (cioè il "quarto periodo" di Breuer) si dice soltanto che la paziente soffrì di una forte nevralgia del trigemino dalla parte sinistra; fu curata con 4-5 grammi di cloralio e crescenti dosi di morfina. Al suo arrivo alla Bellevue la morfina fu ridotta a 8 centigrammi; al momento della sua dimissione la dose era di 7 centigrammi fino a 1 grammo al giorno. La storia clinica contiene molte notizie sui sintomi somatici e sui farmaci somministrati, ma non molto sui disturbi psichici: "insufficiente comprensione della gravità del suo status nervosus"; essa restava per ore in silenzio sotto il ritratto del padre e voleva andare a visitarne la tomba a Presburgo. Alla sera perdeva la madrelingua e parlava inglese e talvolta francese...

Dove si recò la paziente dopo la dimissione dalla Bellevue non viene detto. Chiaramente era fisicamente e psichicamente malata e morfinomane in grado elevato. È davvero paradossale che il trattamento non riuscito di Anna O. sia divenuto per i posteri il prototipo di una guarigione catartica.

La seconda esperienza personale che orientò Freud verso la sua nuova teoria delle nevrosi fu la sua visita a Charcot, presso il quale ebbe modo di assistere alle dimostrazioni di paralisi traumatiche e alla loro riproduzione sotto ipnosi. L'opinione comune oggi è che questi esperimenti con pazienti isterici non avessero alcun valore scientifico, perché con tali soggetti suggestionabili e mitomani chiunque avrebbe potuto dimostrare qualunque cosa. Ciò nonostante, insieme con la storia di Anna O. tali esperimenti furono l'incentivo per la creazione della psicoanalisi di Freud.

Lo sviluppo della nuova teoria delle nevrosi, dal 1886 al 1896, può essere seguito attraverso le pubblicazioni di Freud e le sue lettere a Fliess [273].

Nel 1886 e 1887 Freud aveva molto rispetto per Charcot, si presentava come suo zelante discepolo ed esponeva le teorie del maestro secondo la propria interpretazione. Nel 1888 un'enciclopedia medica pubblicò un articolo non firmato sull'isteria, quasi certamente scritto da Freud [274]. L'autore menzionava la teoria di Charcot, pur esaminando semplicemente la localizzazione cerebrale dell'isteria, e citava il metodo terapeutico di Breuer.

Nel luglio 1889 Freud, che aveva appena tradotto uno dei manuali di Bernheim, andò a trovare lui e Liébeault a Nancy, recandosi poi al Congresso internazionale di psicologia a Parigi. È probabile ch'egli vi abbia incontrato Janet, anche se di un tale incontro non vi è testimonianza. Comunque, indipendentemente dal fatto che Freud conoscesse già Janet o meno, egli non poteva non conoscere L'automatisme psychologique, con la storia di Marie e il trattamento catartico a lei applicato. Pressappoco nello stesso periodo Freud sperimentò un metodo terapeutico simile con la sua paziente Emmy von N. [275]. Come sempre, in casi del genere, Freud alterò molti fatti per proteggere la paziente, la cui vera identità fu scoperta in seguito da Ola Anderson [276]. La relazione di Freud dà l'impressione che il trattamento abbia avuto luogo in un solo periodo prima ch'egli andasse a Parigi, ma le scoperte di Ola Andersson indicano che il trattamento si svolse in realtà in due periodi, prima e dopo il viaggio di Freud. Leibbrand sostiene che l'interesse per il caso di Anna O. fosse risvegliato dalla pubblicazione del libro di Janet; ciò spiegherebbe perché Freud attese dal 1882 al 1889 per applicare lo stesso metodo [277]. Di fatto la cronologia del caso di Emmy von N. è talmente oscura [278] che non si possono trarre conclusioni dai dati esistenti [279]. Questa storia dimostra il primo tentativo di Freud di lavorare con il metodo di Breuer, discostandosi da tale metodo in quanto la paziente veniva sottoposta a ipnosi solo per rievocare l'avvenimento traumatico iniziale: una volta che l'episodio era stato rievocato il medico doveva suggerire che il sintomo scomparisse. Tale procedimento era quindi identico a quello introdotto da Janet nel 1886.

Nel 1892 e 1893 Freud sembrò oscillare tra la scuola di Nancy, la sua vecchia fedeltà a Charcot e l'adozione del metodo catartico di Breuer. In una conferenza tenuta il 27 aprile 1892 al Wiener medizinischer Club Freud espresse pubblicamente la sua adesione al concetto di ipnosi di Bernheim, ne raccomandò l'applicazione e consigliò ai medici di andare a Nancy ad apprenderlo [280]. Nel 1893 Freud pubblicò la storia di una donna a cui vari sintomi isterici impedivano di allattare al seno il proprio figlio; due sedute di suggestioni ipnotiche furono sufficienti per eliminare tutti i sintomi, e lo stesso avvenne in seguito alla nascita di un altro figlio un anno dopo [281]. Qui non si trattò affatto di catarsi: fu una terapia nello stile di Bernheim. Il 24 maggio 1893, al Wiener medizinischer Club, Freud tenne una conferenza sulle paralisi isteriche [282], e la scrisse in francese per gli "Archives de Neurologie" di Charcot [283]. Qui egli si riferisce costantemente a Charcot modificando solo lievemente la sua teoria (invece della lesione dinamica dei centri cerebrali motori egli sostenne che la rappresentazione del braccio era dissociata da altre rappresentazioni). Rifacendosi a Janet, Freud sottolineò che le paralisi isteriche non corrispondono alla distribuzione dei nervi, come se l'isteria nulla sapesse di anatomia. Ma quattro mesi prima, l'11 gennaio 1893, Freud aveva già esposto allo stesso uditorio la nuova teoria dell'isteria alla quale stava lavorando insieme con Breuer [284]. Questa fu la base per la "Comunicazione preliminare" che molti considerano la prima pietra nell'edificio della psicoanalisi.

Gli autori estesero il concetto di isteria traumatica di Charcot all'isteria in generale. I sintomi isterici — essi dissero — sono connessi talvolta chiaramente, talvolta in veste simbolica, a un determinato trauma psichico. Tale trauma può essersi verificato durante uno stato di leggera autoipnosi oppure per il suo carattere penoso fu escluso dalla coscienza. In entrambi i casi non fu seguito da una reazione sufficiente (ad esempio urla o atti di vendetta), e scomparve dalla coscienza. Sotto ipnosi però, il ricordo del trauma è tanto vivido quanto lo fu l'episodio reale. La psicoterapia cura i sintomi isterici (sebbene non la predisposizione isterica) portando il trauma alla coscienza e scaricandolo attraverso l'affetto, le parole, o l'associazione correttiva. Questa teoria può essere considerata una combinazione del concetto di Benedikt del segreto patogeno e della terapia di Janet del riportare le "idee fisse subconsce" alla coscienza. Riguardo a Janet, gli autori ricordarono in una nota a piè di pagina il caso di una giovane donna isterica da lui guarita "con l'applicazione di un procedimento analogo al nostro". Un'altra nota diceva che "la maggiore approssimazione a quanto andiamo esponendo in linea teorica e terapeutica, l'abbiamo trovata in alcune osservazioni occasionali pubblicate da Benedikt, delle quali ci occuperemo in altro luogo". (Non vi è tuttavia altro richiamo a Benedikt) [285].

Lo scritto di Breuer e Freud suscitò molto interesse ed ebbe recensioni favorevoli in molte riviste neurologiche [286].

Nello stesso anno Freud scrisse un elogio funebre di Charcot attribuendogli una teoria dell'isteria che in realtà apparteneva in larga misura a suoi predecessori, e aggiunse una critica rispettosa [287]. Egli si chiedeva che cosa avrebbe scoperto Charcot se avesse assunto come punto di partenza la scarica di una forte emozione durante gli attacchi isterici. Egli avrebbe potuto ricercare nella storia del paziente i traumi dei quali quest'ultimo non fosse consapevole. Ciò avrebbe spiegato tali emozioni. È curioso come questo non fosse molto lontano dalla teoria di Charcot della grande hystérie come si potrebbe riscontrare nella tesi del suo discepolo Richer [288].

Nel 1894 emerse qualcosa di decisamente nuovo nell'opera di Freud: il concetto di difesa (Abwehr) [289]. Questo termine era stato usato da Meynert il quale distingueva due atteggiamenti fondamentali dell'organismo, l'attacco e la difesa, che erano riflessi nei temi delle idee deliranti. Freud diede al termine "difesa" il significato di "dimenticare" ricordi o idee penosi e mise in risalto quattro punti. Non è il trauma in sé ad essere patogeno, ma la sua rappresentazione o idea; la difesa è diretta contro le idee sessuali; la difesa è un tratto comune nelle nevrosi e fu scoperta in un caso di psicosi; la teoria della degenerazione viene negata.

Nel 1895 Freud pubblicò un contributo sulla nevrosi d'angoscia, cioè su pazienti che soffrivano costantemente di ansia diffusa e avevano attacchi acuti di angoscia senza conoscerne la causa [290]. Questa nevrosi era già stata descritta da Hecker [291] come una sottoforma di nevrastenia, da Krishaber [292] come un'entità specifica, e da Kovalevskij [293] come un'intossicazione dell'organismo dovuta alla stimolazione consecutiva e all'esaurimento di certi centri cerebrali. L'ipotesi che la frustrazione sessuale fosse causa di sintomi d'angoscia era allora già molto diffusa e l'innovazione di Freud fu il collegamento di una forma specifica di nevrosi d'angoscia con una teoria etiologica della frustrazione sessuale.

L'anno 1895 vide anche la pubblicazione degli Studi sull'isteria di Breuer s Freud [294]. La "Comunicazione preliminare" fu ristampata. Seguiva poi una ricostruzione di Breuer del caso di Anna O., presentato come prototipo, di terapia catartica, e quattro, dei casi clinici di Freud, il primo dei quali era quello di Emmy von N. (primo trattamento catartico di Freud nel 1889), seguito dalle storie di Lucie R., Katharina ed Elisabeth von R. (tutti e tre nell'ultima parte del 1892). Il libro si concludeva con un;capitolo sulla teoria dell'isteria scritto da Breuer, e un altro di Freud sulla psicoterapia dell'isteria stessa. Freud espose ora apertamente le sue divergenze con Breuer; egli concepiva una sola possibile origine dell'isteria: la difesa. Nella storia di Elisabeth von R. egli descrisse il nuovo metodo della "libera associazione", che gli era stato proposto dalla paziente stessa. I quattro casi clinici di Freud richiamano alla mente quelli di Benedikt. L'influsso di Janet è ancora evidente nell'uso fatto da Freud dei termini "idee fisse", "analisi psicologica" e "miseria psicologica".

All'inizio del 1896 Freud abbozzò la sua nuova classificazione delle nevrosi [295]. Egli si appella ancora al grande nome di Charcot, ma sottolinea la propria divergenza da Janet. Freud quindi non parlò più di analisi psicologica ma chiamò il proprio metodo "psicoanalisi". Le nevrosi furono distinte in nevrosi attuali, la cui fonte è nella vita sessuale presente del paziente, e psiconevrosi, le cui fonti sono nella vita sessuale passata. Le nevrosi attuali furono suddivise in nevrastenia, la cui origine specifica è la masturbazione, e nevrosi d'angoscia, la cui origine specifica è la stimolazione sessuale frustrata, particolarmente sotto forma di coitus interruptus. Le psiconevrosi furono suddivise in isteria e ossessioni. La causa specifica dell'isteria è l'abuso sessuale da parte di un adulto, subito passivamente nell'infanzia. Questi traumi spesso producono scarso effetto, e possono sembrare dimenticati fino alla pubertà, quando una minima causa riattiva l'impressione antecedente e agisce come un trauma attuale. L'etiologia specifica delle nevrosi ossessive è la stessa dell'isteria, con la differenza che il ruolo del bambino è più attivo, che egli prova piacere. Le idee ossessive sono semplicemente un autorimprovero in forma modificata. In questo modo Freud spiegava la prevalenza dell'isteria nelle donne e delle ossessioni negli uomini.

Nello stesso anno lo scritto di Freud sull'Etologia dell'isteria segnò un punto d'arrivo nella teoria dell'isteria alla quale aveva lavorato per dieci anni [296]. La pietra angolare della sua teoria rimaneva l'ipotesi di Breuer secondo cui l'isteria è determinata da esperienze traumatiche il cui ricordo riappare inconsciamente in modo simbolico nei sintomi della malattia [297], e che può essere guarita richiamando il ricordo alla coscienza [298]. Basandosi su questo, Freud afferma ora che le cose sono notevolmente più complicate. Il trauma deve avere sia una qualità determinante (un nesso logico tra causa ed effetto) sia una forza traumatica (dev'essere in grado di provocare un'intensa reazione). La difficoltà consisteva nel fatto che, alla ricerca del trauma, spesso si scoprivano episodi o senza rapporto con i sintomi, o innocui. La difficoltà poteva risolversi con la spiegazione di Breuer che il trauma avvenisse durante uno stato ipnoide, ma Freud respinse questa teoria e suppose che i temi ricordati dal paziente fossero solo anelli in una serie, e che dietro ad essi vi fossero traumi primitivi, più formali. In realtà — disse Freud — non appena venivano svelate catene di ricordi, esse divergevano e convergevano in punti nodali, arrivando infine ad avvenimenti di natura sessuale nella pubertà. Qui insorgeva una nuova difficoltà, poiché tali avvenimenti della pubertà erano spesso di carattere piuttosto insignificante, lille da non giustificare che fossero causa di isteria. Freud ipotizzò quindi che gli avvenimenti della pubertà fossero soltanto le cause scatenanti che riattivavano ricordi inconsci di traumi molto precedenti nell'infanzia, che erano sempre di natura sessuale. In diciotto casi analizzati in modo completo, Freud disse di aver scoperto che il paziente era stato vittima di seduzione da parte di una persona adulta del suo ambiente più vicino, spesso seguita da un'esperienza sessuale con bambini della stessa età. Tali esperienze — disse Freud — non avevano lasciato al momento alcuna impressione evidente; l'effetto traumatico veniva riattivato da banali episodi nella pubertà, anche se l'esperienza dell'infanzia rimaneva perduta per la memoria.

Freud parlò di questa teoria come di una grande scoperta, definendola "la scoperta del caput Nili (sorgente del Nilo) nella neuropatologia". In contrasto con la "Comunicazione preliminare" del 1893, egli ora affermò di essere in grado di guarire non solo i sintomi dell'isteria ma anche l'isteria stessa. In realtà, solo un anno dopo, come si vede da una lettera a Fliess, dovette ammettere di essere stato sviato dalle fantasie dei suoi pazienti [299]. Questa fu una svolta decisiva nella psicoanalisi: Freud scoprì che nell'inconscio è impossibile distinguere le fantasie dai ricordi, e da quel momento in poi non si occupò più tanto di ricostruire gli avvenimenti del passato svelando i ricordi repressi, quanto piuttosto dell'esplorazione delle fantasie.

Le fonti della nuova teoria freudiana dell'isteria sono molteplici. Primo, vi erano la teoria dell'isteria di Breuer dedotta dal caso frainteso di Anna O., i concetti di Charcot e di Richer della grande hystérie, e gli esperimenti di Charcot con i suoi pazienti della Salpètrière. Secondo, era Janet che aveva spiegato, particolarmente nel caso di Marcelle nel 1891, che nell'esplorazione e nel trattamento dei pazienti isterici si doveva ricostruire una catena di idee fisse inconsce. Terzo, vi era la psicologia associazionistica di Herbart. Il manuale di Lindner che Freud aveva usato al ginnasio, spiegava come le catene associative potessero divergere e convergere in punti nodali. Quarto, Benedikt aveva posto in rilievo l'estrema importanza della vita fantastica sia nel normale che nel nevrotico, e la frequenza di traumi sessuali precoci nell'isteria. Quinto, vi era un generale interesse per la sessualità infantile (a questo proposito Freud cita uno scritto di Stekel). Nel 1894, Dallemagne aveva affermato che molte deviazioni sessuali nel periodo dell'adolescenza derivano da esperienze sessuali infantili rivissute nella pubertà. L'originalità di Freud sta nel particolare rilievo dato al ruolo della difesa (Abwehr) e la sicurezza con la quale egli sintetizzò questi elementi in una teoria generale dell'isteria.

Considerandone la grande importanza nel modello freudiano, ne diamo qui una rappresentazione grafica. (Lo schema è mio, non di Freud, ma ne segue il pensiero quanto più esattamente possibile.)

 

La psicologia del profondo

Poteva sembrare, nel 1896, che Freud avesse ormai raggiunto il suo scopo di costruire una teoria delle nevrosi, spiegando ogni particolare dei loro sintomi e delle loro origini. Questa teoria fu considerata da alcuni, come ad esempio da Krafft-Ebing, con benevolo scetticismo; da altri, come Löwenfeld, con interesse, ma nella letteratura di quel tempo non si trova alcuna espressione di ostilità. Per Freud, tuttavia, questo non fu che il punto di partenza per la creazione di quella che fu poi chiamata psicologia del profondo [300]. La psicologia del profondo asseriva di offrire una chiave per l'esplorazione della psiche inconscia, e attraverso questa per una nuova conoscenza della psiche conscia, con una più ampia applicazione alla comprensione della letteratura, dell'arte, della religione e della civiltà.

La prima psichiatria dinamica era stata, nell'insieme, la sistemazione di osservazioni fatte su pazienti ipnotizzati. Con il metodo di Freud della libera associazione fu introdotta una nuova impostazione. La paziente si rilassava su un divano e gli si esponeva la regola fondamentale di dire qualunque cosa gli venisse in mente, anche se pareva futile, assurda, imbarazzante o ad dirittura offensiva. Nel cercare di far questo, il paziente sentiva momenti di inibizione e altre difficoltà interne, che Freud chiamò "resistenze". Col procedere delle sedute, di giorno in giorno, il paziente incominciava a manifestare sentimenti irrazionali di amore e di ostilità verso il terapeuta; Freud li chiamò "traslazione".

In realtà, sia la "resistenza" che la "traslazione" erano note ai magnetizzatori e agli ipnotisti. Questi ultimi sapevano che i loro soggetti spesso presentavano resistenza a cadere nel sonno ipnotico, e che una volta ipnotizzati, resistevano a certi ordini, oppure eseguivano gli atti suggeriti in modo distorto o incompleto. Forel aveva descritto come, sotto ipnosi, quando faceva rievocare episodi dimenticati, il procedimento diventasse tanto più difficile quanto più egli si avvicinava ai punti critici, penosi per il paziente [301]. Quanto alla traslazione, era una reincarnazione di ciò che per un secolo si era conosciuto come "rapporto" e che Janet aveva recentemente riproposto all'attenzione come influenza sonnambolica [302]. L'innovazione apportata da Freud non sta nell'aver introdotto le nozioni di resistenza e di traslazione, ma nell'idea di analizzarle come strumento basilare della terapia.

La psicologia del profondo può intendersi come la conclusione combinata dell'autoanalisi di Freud e dell'analisi dei suoi pazienti. A suo parere le scoperte si confermavano reciprocamente e confermavano gran parte della teoria della nevrosi e il modello della psiche da lui precedentemente formulati.

Gli aspetti principali della psicologia del profondo erano la teoria del sogno di Freud e la sua teoria degli atti mancati, le prime due generalizzazioni del modello elaborato per l'isteria. Queste teorie furono elaborate simultaneamente ed esposte in due dei suoi libri più conosciuti: L'interpretazione dei sogni (1899) e la Psicopatologia della vita quotidiana (1901).

La teoria dei sogni di Freud è stata esposta tanto frequentemente che è ormai nota a tutti. Considerata nella linea evolutiva della psicoanalisi, essa segue quasi lo stesso modello della sua teoria dell'isteria del 1896. Ciò diventa chiaro se si presenta graficamente anche la teoria dei sogni e se si confrontano le rappresentazioni grafiche di entrambe (vedi schema a p. 566).

In cima allo schema abbiamo il contenuto manifesto, vale a dire il sogno stesso, per quanto siamo in grado di ricordarlo. Gli psicologi sperimentali cercarono di mettere in relazione tale contenuto manifesto con le stimolazioni sensorie o motorie reali durante il sonno. Freud considerò d'importanza minore la funzione svolta da queste: egli valutò come punto principale la relazione tra il contenuto manifesto e il contenuto latente, relazione simile a quella che egli aveva scoperto nei suoi pazienti tra il sintomo isterico e i ricordi patogeni. Per scoprirli e distinguerli l'uno dall'altro egli applicò lo stesso metodo, cioè la libera associazione. Tra il sintomo isterico e il ricordo patogeno si estendeva una rete di associazioni divergenti e convergenti. Allo stesso modo, tra il contenuto manifesto e il contenuto latente Freud descrisse il lavoro onirico con il suo meccanismo di spostamento e di condensazione, nel quale si svolgeva anche il processo di simbolizzazione. Come il sintomo isterico esprimeva il trauma in forma simbolica, nel sogno il contenuto latente tende anch'esso ad esprimersi in simboli onirici. Perché il lavoro onirico trasforma il contenuto latente in contenuto manifesto? Perché proprio come vi è un conflitto dinamico fra il trauma e il sintomo isterico, così vi è un fattore dinamico, la censura, che cerca di trattenere il contenuto latente dell'inconscio. La censura non permette al contenuto latente di trovare espressione nel sogno a meno che non sia modificato per mezzo dello spostamento, della condensazione e della raffigurazione simbolica.

Ma la teoria del sogno di Freud, come pure la sua teoria dell'isteria, era un edificio che aveva due storie. La storia superiore era il sogno stesso con il suo contenuto manifesto e latente. Nel contenuto latente Freud scopre come elemento costante il residuo diurno, cioè qualche episodio più o menu irrilevante del giorno precedente al sogno. E allo stesso modo come egli aveva messo in rapporto un trauma dell'età puberale con un'esperienza sessuale precoce dimenticata, così Freud scoprì una connessione anche tra il residuo diurno e i ricordi infantili. Tra i molti avvenimenti banali della giornata il sogno sceglie quello che presenta qualche relazione con un ricordo dell'infanzia e, come si esprime Freud, il sogno sta con un piede nel presente e un piede nell'infanzia. Così si è condotti dal contenuto latente ancora più all'indietro a un ricordo infantile esprimente un desiderio inappagato di quell'epoca remota. Qui Freud introduce la nozione che aveva ritrovato nella propria autoanalisi e nei suoi pazienti, il complesso edipico: il bambino vuole possedere la madre, desidera liberarsi del padre, ma ha paura di questo minaccioso rivale e dell'evirazione come punizione per i suoi sentimenti incestuosi verso la madre. Questo è il terribile segreto — dice Freud — che ogni uomo mantiene nei recessi del proprio cuore, rimosso e dimenticato, e che appare in forma mascherata in un sogno ogni notte.

Per completare il quadro, dobbiamo aggiungere l'elaborazione secondaria, i cambiamenti che si verificano nel contenuto manifesto quando il sognatore si risveglia. Potremmo paragonarlo alla revisione fatta da certi giornali degli articoli inviati dagli autori; l'articolo può acquistare una forma più organizzata e piacevole, ma l'autore può giudicare che gran parte di ciò che egli ha voluto veramente dire è andata perduta o è stata deformata.

Freud ritenne essere la sua scoperta principale che il sogno è l'appagamento di un desiderio, o più esattamente, l'appagamento sostitutivo di un desiderio sessuale inaccettabile, rimosso, e questa è la ragione per la quale deve intervenire la censura per trattenerlo o per permetterne la comparsa solo in forma mascherata. Freud definì pure il sogno come il custode del sonno: sentimenti che potrebbero svegliare il sognatore sono mascherati in modo tale da non disturbarlo. Se tale meccanismo non funziona il sognatore ha un incubo e si risveglia. Inoltre, il sogno — dice Freud — è un processo di regressione che si manifesta simultaneamente in tre modi: come regressione topica dal conscio all'inconscio, come regressione temporale dal presente all'infanzia, e come regressione formale dal livello del linguaggio a quello delle rappresentazioni figurate e simboliche.

Le fonti della teoria dei sogni di Freud sono numerose. Innanzitutto, Freud era un buon sognatore, che ricordava i propri sogni e anni prima li aveva regolarmente annotati per qualche tempo. Il sogno dell'iniezione di Irma (24 giugno 1896) gli fornì un prototipo di analisi del sogno e l'idea che l'essenza del sogno sia l'appagamento di un desiderio. Come i grandi studiosi del sogno del passato. Scherner, Maury e Hervey de Saint Denis, Freud usò esperienze molto intime riflesse nei propri sogni per alimentare il suo libro. Per la verità Hervey de Saint-Denis rivelò di più della sua vita amorosa, mentre Freud rivelò di più della propria infanzia, famiglia e ambizioni.

La seconda fonte fu la ricerca compiuta da Freud nell'estesa letteratura del diciannovesimo secolo sui sogni [303]. Le dichiarazioni a Fliess circa la futilità di quella letteratura non dovrebbero essere prese troppo alla lettera, poiché egli fece ampiamente uso di essa. Tuttavia egli non riuscì a trovare una copia del libro di Hervey de Saint-Denis, ed evidentemente conosceva l'opera di Scherner solo attraverso le relazioni datene da Volkelt, cosicché sottovalutò l'originalità di Scherner [304]. Fu Scherner a sostenere che i sogni possono essere interpretati scientificamente secondo regole inerenti alla loro natura, e che certi simboli onirici hanno un valore generale. Tra gli altri vi erano dei simboli sessuali, molto simili a quelli più tardi descritti da Freud [305]. Il meccanismo di spostamento e di condensazione era stato descritto con altre denominazioni da molti autori. Il termine "lavoro onirico" (Traumarbeit) fu usato da Robert. Gran parte della teoria di Freud può trovarsi in Maury, Strumpell, Volkelt e particolarmente in Delage. Delage propose un concetto di energia dinamica per il quale le rappresentazioni cariche di energia psichica si rimuovono o inibiscono a vicenda, o possono fondersi insieme; vi sono nei sogni catene di associazioni che talvolta possono essere parzialmente ricostruite, antichi ricordi possono essere evocati dai sogni attraverso l'associazione con immagini recenti.

L'originalità di Freud consiste in quattro innovazioni. La prima è il modello del sogno con la distinzione in esso tra contenuto manifesto e contenuto latente e la specificità di essere vissuto simultaneamente nel presente e nel passato remoto. La seconda è l'affermazione di Freud che il contenuto manifesto è una deformazione del contenuto latente, in conseguenza della rimozione operata dalla censura. Per la verità, Popper-Lynkeus aveva recentemente espresso l'idea che l'assurdità e la mancanza di senso dei sogni derivava da qualcosa di indecente e di nascosto nel sognatore [306]. Ma certamente Freud non ricavò da lui la propria teoria [307].

La terza innovazione di Freud fu l'applicazione delle associazioni libere come metodo per l'analisi dei sogni, e la quarta fu l'introduzione dell'interpretazione sistematica dei sogni come strumento della psicoterapia.

Stranamente, Freud attribuì a Liébeault l'idea che il sogno sia il custode del sonno, mentre nulla del genere si può trovare nelle opere di Liébeault [308]. Nelle edizioni successive, Freud diede ulteriori esempi di sogni e ampliò il capitolo dedicato ai simboli onirici, in parte sotto l'influsso di Abraham, Ferenczi, Rank e Stekel. Freud inserì anche le scoperte di Silberer sulla drammatizzazione nei sogni ipnagogici. Egli considerò tipi specifici di sogni più nei particolari, come quelli di superare esami, di essere senza vestiti, o della morte di persone care.

Dopo la teoria dell'isteria e la teoria dei sogni, il terzo grande contributo di Freud alla psicologia del profondo fu la sua "psicopatologia della vita quotidiana", anch'essa da lui elaborata durante la propria autoanalisi e in base a questa. Sull'argomento comparvero in successione in una rivista psichiatrica, dal 1898 al 1901, alcuni articoli [309] che con aggiunte e modifiche furono riuniti in forma di libro nel 1904 [310].

Nel primo contributo del 1898, Freud si occupò della situazione della persona che improvvisamente dimentica un nome, non riesce a ricordarlo nonostante gli sforzi, e lo riconosce immediatamente se lo sente pronunciare. Il fare sforzi per ritrovare il nome dimenticato porta solo altre parole alla mente. Freud costatò che queste altre parole non vengono a caso, che esse formano catene di associazioni che divergono e convergono in punti nodali, e che queste associazioni si riferiscono a materiale rimosso. La dimenticanza è quindi il risultato di un conflitto tra il conscio e l'inconscio e non semplicemente una conseguenza dell'indebolimento della rappresentazione.

Nel 1899 comparve l'articolo di Freud Ricordi di copertura. Tra i nostri più antichi ricordi, alcuni sono apparentemente insignificanti anche se molto vividi. Freud distinse due specie di ricordi di copertura. Nel tipo più semplice il ricordo conservato non è che una parte di un tutto più significativo, che è stato rimosso. Ad esempio, un uomo aveva un ricordo che si riferiva al suo quarto anno di vita: l'immagine di una tavola con una bacinella piena di ghiaccio; questo fu collegato a un avvenimento doloroso, la morte della nonna, e solo questa immagine frammentaria non era stata sommersa dalla rimozione. Nel tipo più complesso, il ricordo, come appare all'individuo, è una costruzione nella quale un certo avvenimento della prima infanzia è stato combinato con un avvenimento rimosso dell'adolescenza. Il ricordo più antico non è necessariamente falso, ma è un sostituto innocuo di una rappresentazione più tarda, inaccettabile. Come esempio Freud racconta un'analisi del ricordo di copertura di un paziente ipotetico, che Siegfried Bernfeld ha dimostrato in modo convincente essere una descrizione autobiografica lievemente modificata.

Il narratore racconta che quando aveva tre anni la sua famiglia fu costretta ad abbandonare una vita agiata in campagna per trasferirsi in città, affrontando lunghi anni di maggiori difficoltà. Ricordava che all'età di due anni e mezzo egli giocava, in un prato pieno di fiori gialli, certo i comuni denti di leone, con un cuginetto e una cuginetta della sua stessa età. Lui e il cuginetto strapparono di mano alla bambina il mazzo di fiori che aveva raccolto, e una contadina le aveva dato un pezzo di pane nero per consolarla. Anche i bambini ricevettero pezzi del delizioso pane. Questo ricordo riaffiorò alla mente del narratore dopo che, all'età di diciassette anni, si recò nella sua città natale e s'innamorò di una ragazza di quindici anni con un vestito giallo. Quando aveva vent'anni, il narratore fece visita a uno zio benestante e nuovamente incontrò la cugina del vecchio ricordo; i due giovani non si innamorarono e sposarono come avrebbero desiderato i loro genitori, progetto questo che avrebbe garantito la sicurezza economica del narratore. Il significato del ricordo di copertura era quindi destinato a offrire una innocente infantile "deflorazione" come sostituto del desiderio dell'adolescenza, e della brama di gustare il pane della sicurezza economica. Da questo esempio si vede che la relazione tra l'avvenimento più recente della giovinezza e il ricordo della prima infanzia è simile alla relazione tra il "residuo diurno" degli episodi infantili nella teoria dei sogni di Freud [311].

La parte maggiore della Psicopatologia della vita quotidiana consiste in altri articoli sui lapsus verbali e di scrittura e su vari atti che sono stati raggruppati sotto il nome di atti mancati. Sebbene la fonte di questi studi sia in primo luogo l'autoanalisi di Freud e le osservazioni compiute sui suoi pazienti, il campo non era del tutto nuovo. Schopenhauer e Von Hartmann avevano già rilevato tali fatti come manifestazioni dell'inconscio [312]- Goethe che era solito dettare i suoi lavori, analizzò una volta gli errori commessi dai suoi segretari [313]. Egli costatò che alcuni errori erano suoi, alcuni erano dovuti alla non familiarità del segretario con parole difficili o straniere, ma altri derivavano dallo stato emotivo del segretario, il quale ad esempio pensava di aver sentito il nome della persona che amava e lo scriveva al posto di quello che era stato realmente pronunciato. Al tempo di Freud la psicologia aveva incominciato a studiare il problema. Nel 1895 Meringer e Mayer avevano pubblicato uno studio sui lapsus verbali, interessandosi però più della pronuncia che dei significati [314]. Molte altre fonti erano più vicine all'impostazione di Freud: una era costituita dagli studi di Hans Gross, il famoso criminologo di Graz e fondatore della psicologia forense [315]. Negli anni intorno al 1880 Gross esaminò sistematicamente le deposizioni di testimoni e accusò certe persone di significativi lapsus verbali e di analoghe manifestazioni, e pubblicò importanti osservazioni in articoli e manuali. Gross raccontò di un uomo che sostituì un testimone autentico al fine di fare una falsa testimonianza, prima verbalmente e poi per scritto, il quale poi all'ultimo momento si tradì firmando inavvertitamente col proprio nome la falsa testimonianza. Gross rilevò che i testimoni falsi si tradivano invariabilmente anche con una sola parola e pure con l'atteggiamento, l'espressione del viso o i gesti. Vi era altresì un romanzo umoristico di Theodor Vischer nel quale egli creò e rese popolare l’espressione “malizia degli oggetti” (Tücke des Objekts) per descrivere le disavventure che accadevano continuamente a talune persone, come se un piccolo demone dominasse gli oggetti, nascondendoli o sostituendoli [316].

La nozione di atti mancati, se non la loro teoria, era ben nota ad alcuni contemporanei di Freud. Karl Kraus, nella sua rivista "Die Fackel", era solito raccogliere errori di stampa divertenti che dimostravano che il tipografo aveva intuito e involontariamente tradito il vero pensiero dell'autore. Taluni autori usavano abitualmente atti mancati come un espediente tanto ovvio da non dover essere spiegato al lettore.

Nel suo Viaggio al centro della Terra [317], Jules Verne descrisse un vecchio professore tedesco che cerca di decifrare un criptogramma con l'aiuto del nipote, il quale è segretamente innamorato della figlia del professore, Gräuben. Il giovane crede di aver trovato la chiave, e con suo stupore gli dice le parole: "Sono innamorato di Gräuben." In Ventimila leghe sotto i mari [318] lo stesso autore racconta del professor Arronax che va in cerca di perle giganti in fondo al mare. Egli omette d'informare i suoi compagni che il luogo è infestato di pescicani, ma quando parla loro di un'ostrica gigante, dice che essa contiene "non meno di centocinquanta pescicani". Vedendo la sorpresa dei compagni egli subito esclama: "Ho detto pescicani? Voglio dire centocinquanta perle! Pescicani non avrebbe nessun senso. "

La Psicopatologia della vita quotidiana fu ben accolta, ebbe molte ristampe, fu ampliata e tradotta in molte lingue, e gli psicoanalisti cominciarono a pubblicare le loro raccolte di atti mancati [319].

Il quarto grande contributo di Freud alla psicologia del profondo fu il suo libro Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio, tema sul quale aveva cominciato a lavorare nel 1897 [320]. Molte teorie erano sorte sulla psicologia dei motti di spirito, del comico e dell'umorismo. Freud era stato stimolato dal libro di Theodor Lipps Komik und Humor (Comicità e umorismo), ma il suo vero punto di partenza fu l'osservazione di certe somiglianze tra i meccanismi dei motti di spirito e dei sogni [321].

Freud distinse nei motti di spirito una certa tecnica e una certa tendenza (in altre parole, un elemento di forma e uno di contenuto). Egli scoprì tecniche di condensazione, di spostamento, di espressione di un'idea col suo contrario e così via, simili a quelle del lavoro onirico. Riguardo alle tendenze, Freud distinse battute innocenti, il cui piacere proveniva solo dalla tecnica e quelle tendenziose, i cui motivi principali erano o l'aggressività o l’oscenità, o entrambe. Le arguzie oscene implicano la presenza di almeno tre persone: il narratore, il soggetto e lo spettatore; esse esprimono mentalmente il desiderio di denudare o di sedurre. I motti di spirito sono divertenti sia per le tendenze sia per le tecniche. I motti tendenziosi ci aiutano altresì a tollerare bisogni rimossi permettendo di dar sfogo ad essi in modo socialmente accettabile. Le due differenze principali che Freud costatò tra sogni e motti di spirito sono che i sogni esprimono un appagamento di desiderio e i motti di spirito soddisfano il piacere di giocare; i sogni sono una regressione dal livello del linguaggio al pensiero in immagini, ma nei motti di spirito la regressione è dal linguaggio logico al linguaggio del gioco (la funzione ludica del linguaggio nel quale i bambini trovano tanto piacere).

Il libro di Freud sui motti di spirito è una delle sue opere meno lette. È piena di giochi di parole divertenti ma intraducibili, e implica la conoscenza da parte del lettore di classici tedeschi quali Heine e Lichtenberg. Le "storielle ebraiche" erano più buffe per lettori di quel tempo che per lettori di oggi. È l'opera di un uomo che gli aneddoti e le arguzie popolari divertivano moltissimo, ma oggi sarebbero necessari molti commenti esplicativi. In grado maggiore dell'Interpretazione dei sogni il libro riflette la vita viennese contemporanea. Con quest'opera Freud eresse un piccolo monumento allo spirito della Vienna della duplice monarchia [322].

Abbiamo fin qui riassunto le ipotesi della psicologia del profondo per ciò che riguarda l'isteria, i sogni, gli atti mancati e i motti di spirito; cercheremo ora di definire i due modelli comuni che stanno alla base di tali ipotesi. L'uno è semplice, l'altro più complicato.

Il modello semplice può essere espresso graficamente con due linee che corrono parallele, quella superiore è il livello di coscienza e delle manifestazioni evidenti, quella inferiore è il livello dell'inconscio e delle manifestazioni nascoste che sono la causa delle manifestazioni coscienti. La vita psicologica si svolge su questi due piani, che possono essere molto diversi l'uno dall'altro e possono essere in contrasto. Questo modello fu originariamente elaborato da Breuer e Freud nei loro Studi sull'isteria. Sulla linea superiore mettiamo i sintomi isterici, e su quella inferiore le motivazioni inconsce che Breuer e Freud, seguendo Charcot e Janet, scoprirono essere rappresentazioni inconsce (o, nel linguaggio di quel tempo, reminiscenze traumatiche). Supponendo che il sintomo S sia sulla linea superiore e la reminiscenza traumatica T su quella inferiore, l'associazione tra S e T è triplice. Vi è una relazione ermeneutica, il sintomo è come la cifra in una lingua nota che aiuta a decifrare il testo in una lingua sconosciuta. Vi è una relazione di effetto e causa e, terzo, vi è una relazione terapeutica. S può essere eliminato applicando su T una certa manovra, come il portarlo alla consapevolezza e abreagirlo. In tal modo l'interpretazione clinica, la comprensione scientifica e l'eliminazione terapeutica del sintomo quasi coincidono.

Questo è uno sviluppo di ciò che Janet e Breuer avevano scoperto. L'innovazione di Freud fu il suo concetto dinamico della relazione tra S e T. T ha tendenza ad esprimersi nella coscienza, ma T è controllato e tenuto nell'inconscio tramite una forza attiva chiamata rimozione. Questo conflitto interno assorbe energia psichica che può essere liberata quando il paziente è guarito del suo sintomo.

Il successo della rimozione è variabile. Se la rimozione è molto forte, le reminiscenze traumatiche possono rimanere latenti e S scompare, almeno temporaneamente. Se la rimozione è estremamente debole, T emerge direttamente alla superficie e si esprime in forma non mascherata; qui S e T sono tanto simili che non occorre decifrarli. Ci si presenta un'azione sintomatica. Nei casi intermedi, vi è una sorta di equilibrio o compromesso tra le due forze in forma di un sintomo. S esprime T in forma mascherata e dev'essere decifrato.

Lo stesso modello si applica alla psicologia dei sogni, con la differenza che invece del sintomo S abbiamo il contenuto manifesto, invece del trauma T abbiamo il contenuto latente, e tra questi le forze della rimozione sono chiamate censura e si traducono nei meccanismi di spostamento e di condensazione. Anche qui troviamo tre tipi di sogni. I primi sono irrecuperabilmente perduti non appena il sognatore si sveglia, paragonabili a quei sintomi latenti nei quali la rimozione è tanto potente che nulla emerge alla superficie. Il tipo opposto è costituito da quei sogni lucidi, infantili, paragonabili agli atti sintomatici; la rimozione è così debole che il contenuto latente è rivelato senza mascherature nel contenuto manifesto. La maggior parte dei sogni è del tipo intermedio, un compromesso tra le forze inconsce che tendono a esprimersi nella coscienza, e le forze della rimozione.

Lo stesso schema si applica inoltre agli atti mancati. Nel caso della dimenticanza sintomatica, ad esempio, abbiamo come S la perdita del ricordo, invece che T la rappresentazione latente disturbante, e tra essi la forza della rimozione. Anche qui vediamo i tre tipi, come sono stati distinti da Dalbicz [323]. I primi sono gli atti inibiti in cui vi è una rimozione completa e riuscita, come nella dimenticanza di qualche cosa d'importante che si conosceva bene. Quelli opposti sono gli atti sintomatici compiuti sotto l'influsso di un impulso inconscio, nei quali l'individuo non sa perché agisce in quel dato modo. Tra i due sta un gruppo di atti disturbati nei quali la rimozione è incompleta. La maggior parte dei lapsus verbali e dei lapsus di scrittura appartiene a questo gruppo.

A riguardo dei motti di spirito si può applicare un modello simile, purché il gioco di parole stesso sia posto in luogo di S e il pensiero che ne sta alla base in luogo di T, e che la tecnica dell'arguzia sia al posto della rimozione.

Abbiamo fino a questo punto descritto il modello più semplice della psicologia del profondo, ma ve n'è anche uno più complicato che comprende un piano superiore e un piano inferiore. Nell'isteria troviamo sul piano superiore i sintomi collegati da catene di ricordi a qualche reminiscenza traumatica della pubertà, e di là al ricordo dell'infanzia sul piano inferiore. Nel sogno il piano superiore mostra il contenuto manifesto collegato attraverso il lavoro onirico e la censura al contenuto latente. Quest'ultimo è in rapporto con il piano inferiore, sede dei desideri infantili rimossi. Nella Psicopatologia della vita quotidiana (1901) un modello ugualmente complesso si applica a quei ricordi di copertura nei quali l'indizio è dato da un episodio dell'adolescenza, tra il ricordo presente e l'episodio infantile. Infine il modello a due storie si applica a quei motti di spirito nei quali il piacere preliminare è offerto dalla "tecnica" (paragonabile al lavoro onirico), ma sul livello inferiore trova soddisfacimento un piacere malvagio o sessuale.

Ma questo non è tutto, poiché la psicologia del profondo offre un terzo modello ancora più complesso. Come nella mente adulta Freud rinvenne l'influsso del mondo dimenticato dell'infanzia, così egli mise in evidenza uno strato più profondo, comune a tutti gli uomini, di cui fanno parte molti dei simboli sessuali universali ritrovati nei sogni. Non molto tempo dopo Freud avrebbe dedotto dal carattere universale del complesso edipico il concetto di uccisione del padre primordiale da parte dei figli.

Tutti questi concetti della psicologia del profondo possono apparire teorici e astratti, ma essi diventano realtà viva quando sono illustrati da un caso clinico. Tale è la classica storia di Dora, paziente curata da Freud nel 1900, anche se ne pubblicò la storia solo nel 1905 [324]. Questa storia è notevole sia per il suo valore letterario sia per l'abilità dell'autore nel tenere in sospeso il lettore per tutto il corso del racconto stesso. All'inizio Freud si preoccupa molto di spiegare che non c'è nulla di male nel trattare argomenti sessuali da un punto di vista scientifico (precauzione che sembra strana se si considera l'ondata di letteratura sessuopatologica che andava invadendo l'Europa da Krafft-Ebing in poi). La storia di Dora può anche essere considerata come esempio di quella letteratura contemporanea di "demistificazione". Alla maniera veramente ibseniana, ci troviamo dapprima di fronte a una situazione apparentemente innocente, ma come la storia va spiegandosi, siamo guidati a scoprire complicate relazioni, e si svelano importanti segreti.

Dora, una giovane di diciott'anni, afflitta da alcuni classici sintomi di petite hystérie, vive con il padre, industriale benestante, la madre, che è totalmente assorbita dai suoi doveri casalinghi, e il fratello maggiore. Come in molte famiglie, la figlia è più attaccata al padre, il figlio alla madre. I genitori di Dora sono molto amici del signor e della signora K. con i quali spesso trascorrono le vacanze, e Dora si prende amorevolmente cura dei loro due bambini.

Una prima indagine mostra già una situazione torbida. Il padre di Dora, che è frequentemente malato, viene assistito dalla signora K., e Dora soffre di questo. Il signor K. sommerge Dora di regali e di fiori, ed essa ne è infastidita. Con sdegno, Dora rivela alla madre che il signor K. le ha fatto delle proposte che il padre si rifiuta di credere. Il signor K. nega ogni cosa e ribatte dicendo di aver saputo dalla moglie che Dora ha letto gli scritti semipornografici del Mantegazza [325]. Gradualmente Dora fa confessioni sempre più sorprendenti all'analista. Essa è del tutto consapevole della relazione adulterina tra il padre e la signora K. Quattro anni prima, il signor K. l'aveva baciata ed essa aveva provato un forte disgusto nei suoi confronti. Essa si sente ceduta al signor K. dal padre in cambio del consenso del signor K. alla relazione del padre con la signora K. D'altra parte, diventa chiaro che Dora è complice delle azioni del padre. Indi apprendiamo anche di una governante che l'aveva istruita sulle questioni sessuali e le aveva spiegato la natura della relazione tra suo padre e la signora K., ed essendo essa stessa innamorata del padre di Dora, si prodigava tanto per la fanciulla. Ma quando Dora si era resa conto di questo aveva indotto i genitori a licenziare la governante. D'altra parte, diventa chiaro che se Dora è tanto legata ai figlioletti del signor K. è perché essa è profondamente innamorata di lui, nonostante le sue affermazioni contrarie. Nondimeno, Dora è molto legata al padre, e pare che lo scopo segreto della nevrosi isterica sia quello di commuovere il padre e di staccarlo dalla signora K.

Ma ciò non è tutto. Per mezzo di velate allusioni, Dora fa capire di essere consapevole che suo padre è sessualmente impotente e che perciò il suo rapporto con la signora K. deve necessariamente essere di natura anormale. Invero, sembra che Dora sia molto meglio informata sulle questioni sessuali di quanto non apparisse a tutta prima. È qui che l'analista trova la chiave per comprendere la tosse isterica di Dora. Ma Dora non è solo innamorata del padre e del signor K., essa aveva anche un romantico attaccamento alla signora K. In anni precedenti Dora abitualmente divideva una stanza con lei e parla ancora del suo "adorabile corpo bianco", ed era stata la signora K. che, ancora prima della governante, l'aveva edotta sulle questioni sessuali e le aveva prestato il libro del Mantegazza. Ma dal momento in cui Dora aveva capito che h signora K. si interessava a lei solo perché amava suo padre, l'aveva rifiutata esattamente come aveva fatto in seguito con la governante.

A questo punto la psicoanalisi dimostra di poter andare molto più lontano di qualunque "letteratura demistificante"'. Freud vuole dimostrare come l'interpretazione dei sogni agevoli un trattamento colmando i vuoti di memoria e fornendo una spiegazione dei sintomi. I due sogni di Dora e la loro interpretazione sono di gran lunga troppo complessi perché si possa qui riassumerli. Sia detto semplicemente che il primo sogno esprimeva il suo desiderio che il padre l'aiutasse a respingere l'attrazione per il signor K., che esso rivela il suo antico amore incestuoso per il padre, che era stata dedita a masturbazione nell'infanzia, che essa sapeva che il padre aveva avuto la sifilide e l'aveva trasmessa alla madre, e che aveva udito per caso i genitori nei loro rapporti intimi. Il secondo sogno conduce il lettore ancora più in là nel regno dei desideri sessuali segreti di Dora e del simbolismo di una specie di "geografia sessuale".

Questa breve relazione non può rendere la piena complessità della storia di Dora con l’intricatezza delle relazioni interpersonali e del loro riflettersi come sintomi nevrotici. Così noi vediamo come la madre di Dora si ammala regolarmente alla vigilia del ritorno del marito, mentre Dora sta male per tutto il tempo in cui il signor K. è lontano e guarisce non appena egli ritorna. Apprendiamo anche come le persone prendano a prestito, per così dire, i sintomi nevrotici l'ima dell'altra, come in altri esempi i sintomi somatici sono espressione di sentimenti nascosti o inconsci, come un diniego possa essere l'equivalente di una confessione, e come le accuse contro altri possano rappresentare autoaccuse. L'importanza ermeneutica e terapeutica della traslazione è anch'essa messa in luce.

Gli psicoanalisti del giorno d'oggi considererebbero troppo breve il trattamento di tre mesi di Dora e non più adeguata sotto molti aspetti la tecnica impiegata. Ma a parte il suo interesse intrinseco, il caso di Dora mostra esattamente lo stadio raggiunto dalla psicologia del profondo ai primi del 1900. Freud stesso aveva dichiarato che l'inconscio non fa distinzione tra fatti e fantasie. Alcuni lettori ritennero che questa distinzione non fosse abbastanza netta nel caso di Dora e rimasero poco convinti. È in questa luce che devono essere considerate le prime controversie intorno alla psicoanalisi.

La teoria della libido

Nel 1905 Freud pubblicò i Tre saggi sulla teoria sessuale [326]. Questo conciso libretto dà l'impressione di essere un compendio d'un volume più ampio, piuttosto che un'opera originale in sé. Anche in questo caso, le edizioni successive sono state considerevolmente ampliate, e per comprendere la teoria originale si dovrebbe leggere l'edizione del 1905.

Il primo saggio classifica le deviazioni sessuali secondo l'oggetto e la meta. Nel primo gruppo vi è l'inversione (omosessualità), nella cui etiologia Freud sottolineò la bisessualità fondamentale di tutti gli esseri umani, e la mancanza di una netta demarcazione tra perversione e varietà normali della sessualità. Nella sessualità dei nevrotici Freud vide tre caratteristiche: l'efficace rimozione di un forte impulso sessuale, una sessualità di qualità perversa ("la nevrosi è la negativa della perversione"), e le sue caratteristiche infantili (come pulsioni parziali non ancora unificate, localizzate in zone erogene).

Il secondo saggio tratta della sessualità infantile. Freud si chiede perché questo fenomeno sia stato quasi ignorato: non solo a causa delle idee convenzionali sull'innocenza del bambino, ma anche perché una peculiare amnesia, simile a quella provocata dalla rimozione nei nevrotici, cancella il ricordo dei primi sei od otto anni di vita. Questa amnesia "fa dell'infanzia di ciascun individuo per così dire una specie di epoca preistorica". Il "periodo di latenza" che segue deriva non solo da condizioni culturali ma anche da condizioni organiche, e consente la sublimazione delle pulsioni sessuali a beneficio della società. Freud descrisse poi le fasi successive dello sviluppo della sessualità infantile. Vi è dapprima una fase autoerotica, nella quale ogni parte del corpo può essere zona erogena, ma la cui sede abituale è la bocca, con soddisfacimento in forma di suzione. Dopo questa "fase orale", l'ano diventa la zona erogena principale e la ritenzione delle feci procura piacere. Tale zona è sostituita, nella terza fase, dai genitali; di qui la frequenza della masturbazione infantile. Durante queste fasi il bambino è un "perverso polimorfo", il che significa che sono potenzialmente presenti tutte le perversioni, e queste potenzialità perverse in condizioni specifiche possono svilupparsi in età adulta. Freud indicò inoltre alcune fonti di stimolazione sessuale (compresi i movimenti ritmici, l'attività muscolare, le forti emozioni e l'intenso lavoro intellettuale), e mise in rilievo l'elemento costituzionale nelle varietà individuali della sessualità. In edizioni successive Freud aggiunse in questo secondo saggio altri particolari su teorie sessuali infantili e sugli effetti della "scena primaria" (l'osservazione da parte del bambino del rapporto sessuale dei genitori).

Il terzo saggio è intitolato "Le trasformazioni della pubertà". In seguito al cambiamento biologico che subentra con la pubertà, vi è uno spostamento dall'autoerotismo agli oggetti sessuali, dalle pulsioni parziali alla loro unificazione sotto il primato della zona genitale, e dal piacere individuale al servizio della procreazione. In questo stadio il piacere sessuale, quale esisteva nel bambino, sopravvive in forma di "piacere preliminare", incentivo a un più pieno soddisfacimento. Freud paragonò questo meccanismo a quello dei motti di spirito nei quali la tecnica procura piacere preliminare e stimola un più profondo soddisfacimento attraverso la liberazione di sentimenti aggressivi o autoerotici. Segue la differenziazione psicosessuale tra uomini e donne. La libido — disse Freud — è fondamentalmente di natura maschile, sia che si presenti nell'uomo sia che si presenti nella donna, e a prescindere dal suo oggetto; ma allo stesso tempo Freud riprese da Fliess l'idea della bisessualità fondamentale degli esseri umani; descrisse poi l'evoluzione della psicosessualità, semplice negli uomini, più complessa nelle donne, con la conseguente maggiore disposizione della donna all'isteria. Il resto del saggio è dedicato al problema del rinvenimento dell'oggetto d'amore. Il proprio corpo e il seno della madre sono il primissimo oggetto della sessualità infantile; dopo lo svezzamento la sessualità diventa autoerotica, e solo più tardi la sessualità dev'essere nuovamente diretta verso un oggetto. Il primo oggetto, la madre, nel baciare e accarezzare l'infante ne risveglia la sessualità infantile, che conduce alla situazione edipica, tema questo che sarebbe stato notevolmente sviluppato nella successiva letteratura psicoanalitica. Freud sottolineò l'importanza di questa educazione precoce per la futura scelta amorosa e per il destino dell'individuo. Nel riepilogo, Freud pose in rilievo la parte svolta dall'elemento costituzionale, accennando anche alla frequenza della sifilide ereditaria nei nevrotici.

Malgrado la loro brevità, i Tre saggi contengono una sintesi di notevole ampiezza e portata, che Freud stesso e generazioni di psicoanalisti avrebbero continuamente esteso. Non ci soffermeremo su tali sviluppi che sono stati spiegati da molti autori nei particolari. Cercheremo solo di collocare le teorie di Freud nel contesto della patologia sessuale a lui contemporanea.

Le teorie sessuali di Freud ruotano intorno a vari temi. Primo, il concetto di libido, cioè della pulsione sessuale con la sua embriologia, le fasi successive dell'evoluzione e le metamorfosi. Secondo, l'importanza attribuita alle vicissitudini della scelta dell'oggetto amoroso, particolarmente al complesso edipico. Terzo, in base al precedente, un'interpretazione di certi tipi di carattere (in particolare i tipi orale e anale), delle nevrosi e delle deviazioni sessuali. Quarto, un sistema del simbolismo sessuale. E infine, un'indagine su episodi di vita sessuale nella prima infanzia, su fantasie sessuali precoci e sul loro ruolo nella successiva vita emotiva.

Quando i Tre saggi comparvero nel 1905, vi era, nello Zeitgeist, un estremo interesse per i problemi sessuali, ed è difficile distinguere il limite tra le fonti di Freud e gli sviluppi paralleli che si compivano intorno a lui [327]. I costumi sessuali contemporanei avevano a quell'epoca mantenuto poco o nulla degli atteggiamenti simboleggiati dal termine "vittorianesimo". Auguste Forel nelle sue memorie fa una vivace descrizione della rilassatezza dei costumi sessuali a Vienna, aggiungendo che non era affatto meglio a Parigi [328]. Zilboorg [329] accenna al fatto che le "leghe del libero amore" prosperavano per tutto l'impero zarista tra studenti e adolescenti, e che questo era "un fenomeno di natura sociologica" non limitato affatto alla Russia. Ovunque si discutevano liberamente problemi di malattie veneree, di contraccettivi e di istruzione sessuale dei bambini; tutte le possibili sfaccettature della vita sessuale apparivano "con lucida franchezza" (per usare le parole di Zilboorg) nelle opere di Maupassant, Schnitzler, Wedekind e molti altri; venivano altresì discusse in maniera alquanto impetuosa in riviste come ad esempio quella di Karl Kraus, "Die Fackel". Già Schopenhauer aveva dato un posto centrale nella sua filosofia alla metafisica del sesso; ora Weininger aveva elaborato una dottrina di misticismo sessuale in un libro che ebbe enorme successo [330]. Altri sistemi simili sarebbero stati sviluppati da Rozanov e Winthuis [331]. Soprattutto, la nuova scienza della patologia sessuale, sviluppatasi lentamente durante il diciannovesimo secolo, aveva ricevuto un impulso decisivo trent'anni prima con la pubblicazione della Psychopathia sexualis di Krafft-Ebing. Dal 1886, la produzione letteraria sull'argomento era costantemente aumentata, tanto da potersi difficilmente seguire. Nel 1899 Magnus Hirschfeld aveva iniziato la pubblicazione di un annuario, una parte del quale tentava di riportare la bibliografia allora corrente [332]. Mentre il primo volume aveva 282 pagine, il quarto (del 1902) ne aveva 980, il quinto (1903) 1368, il sesto (1904) ne contava 744 e quello del 1905 era di 1084 pagine. Non sorprende che nei Tre saggi di Freud non vi sia molto che non possa ritrovarsi tra i fatti, le teorie e le speculazioni contenute in quella enorme produzione letteraria.

Le fonti della teoria della libido sono molteplici. Ricordiamo che i termini "autoerotismo", "zone erogene" e "libido" erano già in uso [333]. I primi modelli di un concetto unificato di pulsione sessuale erano stati tracciati dai filosofi, a cominciare da Platone. Sia Platone che Freud spiegarono la bisessualità originaria degli esseri umani e la sublimazione della pulsione sessuale. Patrice Georgiades rileva che Freud considerò la libido di natura maschile, mentre Platone apprezzava l'amore omosessuale più di quello eterosessuale e considerava la sublimazione di un amore omosessuale come l'origine di tutti i sentimenti più elevati [334]. Le profonde analogie tra la teoria della libido di Freud e la filosofia di Schopenhauer sono state già accennate [335], come pure il concetto allargato di pulsione sessuale del filosofo Arréat [336]. I biologi seguirono le orme dei filosofi. Gley nel 1884 asserì che la bisessualità anatomica originaria poteva lasciare tracce fisiologiche nell’essere umano e che queste a loro volta potevano essere il punto di partenza dell'omosessualità [337]. Di nuovo, teorie simili furono sviluppate da clinici. Dessoir [338] nel 1894, e Moli [339] nel 1898 descrissero due stadi evolutivi della pulsione sessuale, uno stadio indifferenziato seguito da uno stadio differenziato; taluni individui — essi dissero — rimangono almeno parzialmente allo stadio indifferenziato, di qui l'omosessualità e le altre perversioni. Due opere nel 1903 proposero una teoria basata sul concetto della fondamentale bisessualità dell'uomo. Una era Geschhlecht und Charakter (Sesso e carattere), la famosa opera di Weininger già citata; l'altra — con un'impostazione meno filosofica e più clinica — il libro di Herman: Libido und Manie (Libido e mania) [340]. Tutte le deviazioni sessuali secondo Herman hanno origine per l'effetto combinato della bisessualità umana e dei disturbi negli stadi evolutivi della libido (nel senso dato al termine da Moli). Le anormalità sessuali sono classificate in tre gruppi: primo, le varie forme di "asessualismo" (infantilismo sessuale, autoerotismo e simili). Secondo, quelle derivate dal "bisessualismo". Terzo, quelle che appartengono al "sovrasessualismo" (perlopiù la sessualità anormale, senile). La gran parte delle deviazioni sessuali s'inquadra nel secondo gruppo, nel quale Herman classifica a coppie (uranismo-lesbismo, sadismo-masochismo ecc.). Che la libido indifferenziata sia diretta verso un uomo o verso una donna dipende molto dal caso: a questo riguardo ci si richiama a Meynert [341]. Libido und Manie di Herman era certamente opera nota a Freud, dato ch'egli la citò nei suoi Tre saggi.

Le nozioni di sessualità infantile e di fasi precoci di sviluppo sessuale non erano del tutto nuove. L'idea che il piacere dell'infante al seno materno trovasse espressioni successive nel piacere estetico era già stata considerata da Erasmus Darwin [342]. Il primo a studiare l'erotismo orale nei bambini fu il pediatra ungherese Lindner, che descrisse molte varietà, semplici e combinate, del succhiarsi il pollice, e ipotizzò che queste fossero espressioni di un soddisfacimento erotico infantile [343]. Questo scritto aveva attirato l'attenzione di Krafft-Ebing e di altri, i quali supposero che anche certe nutrici ottenessero un soddisfacimento erotico dall'allattare.

Il concetto di Freud dell'erotismo anale sembra essere più originale, sebbene ne fossero stati anticipati alcuni degli aspetti. Charles Fourier, il socialista utopista francese, classificò l'impulso a giocare con il fango e l'immondizia come fase infantile transitoria tra gli istinti umani fondamentali [344]. Fourier proponeva di socializzare tale pulsione: i bambini in questa fase sarebbero organizzati in "piccole bande" di raccoglitori di sterco, con loro divertimento e beneficio per la società. A un livello più speculativo, un rappresentante della medicina romantica, K. R. Hoffmann, aveva elaborato una teoria per la quale l'espulsione degli escrementi non era solo una funzione corporea ma anche una "pulsione fondamentale di vita" (Grundtrieb des Lebens), che poteva talvolta volgersi contro l'individuo [345]. Una correlazione può rilevarsi anche tra la teoria freudiana dell'erotismo anale e lo Zeitgeist. È tendenza umana trascurare le cose che sono troppo ovvie e prestare attenzione ad esse quando scompaiono. Ad esempio il folclore dei contadini europei rimase sconosciuto agli scienziati o fu da loro disprezzato, finché non cominciò a tramontare, e solo allora i folcloristi incominciarono a occuparsene. In maniera simile, per secoli l'umanità aveva accettato naturalmente la vista e l'odore degli escrementi, ma quando alla fine del diciannovesimo secolo gli impianti idraulici divennero generali, quando gli uomini cominciarono a vivere in un mondo dolcificato e deodorato, l'attenzione fu attratta sull'argomento. La nuova preoccupazione fu illustrata da una compilazione di 600 pagine di Krauss e Ihm, che prendeva in esame la diversa importanza degli escrementi presso vari popoli del mondo, con una introduzione elogiativa di Freud nella quale egli parla delle manifestazioni coprofile dei bambini, della rimozione di queste, e della loro connessione con la pulsione sessuale [346].

Ciò che Freud disse della fase fallica della libido rifletteva un interesse generale del suo tempo. Gli educatori, i pediatri e i sessuopatologi conoscevano tutti la frequenza della masturbazione tra gli infanti e i bambini piccoli, e si preoccupavano per le possibilità di seduzione dei bambini da parte di domestici e di altri adulti [347]. L'esistenza di una sessualità infantile senza dubbio era ignorata da molti, o considerata come una manifestazione rara e anormale, ma c'erano coloro che sapevano come stavano le cose. Particolare menzione meritano i popolari libri di Michelet: Nos fils e La femme; quest'ultimo era noto a Freud che lo citò per un altro riguardo [348].

Il termine e il concetto di sublimazione erano ben noti, e Freud non pretese mai di averli introdotti per primo. Essi vengono citati come un'idea corrente in un romanzo pubblicato nel 1785, e più tardi usati da Novalis, Schopenhauer, e particolarmente da Nietzsche [349].

Freud rese in termini sistematici l'idea che la pulsione sessuale attraversa le sue prime fasi di sviluppo nella prima infanzia, a cui fa seguito un periodo di latenza, che il suo apparente inizio nella pubertà era in realtà una riattivazione e una riorganizzazione. Fatti simili erano stati osservati e descritti prima da Dallemagne, poi da Ribot, ma questi autori considerarono tale sviluppo un'eccezione [350].

L'idea che la pulsione sessuale fosse diretta verso il soggetto stesso anziché su un oggetto esterno era abbastanza diffusa. Il concetto di amore narcisistico, che era stato abbondantemente sviluppato da poeti e scrittori, aveva raggiunto gli psichiatri [351]. Havelock Ellis descrisse varie forme di "autoerotismo" e Naecke introdusse il termine "narcisismo".

La grande importanza delle immagini della madre e del padre per la vita amorosa futura dell'individuo era stata altresì anticipata, e Nietzsche non fu l'unico a credere che "ogni uomo porta in sé l'immagine della madre", e che dalla qualità di tale immagine dipenderà il suo atteggiamento futuro verso le donne". In un celebre romanzo Laclos fa spiegare a Valmont, seduttore per eccellenza, che non si può sedurre una fanciulla innocente e onesta finché non si è distrutto in lei il suo rispetto per la madre [352]. Jules Laforgue spiegò che era stata la perdita del rispetto verso la madre a indurre Amleto a trattare Ofelia tanto rudemente [353]. L'innovazione di Freud fu l'introduzione e la sistemazione di questo concetto di imago paterna e materna in psichiatria.

Che possa sorgere un legame erotico tra l'infante e la madre ben sapevano molti educatori e scrittori. Stendhal aveva raccontato del proprio amore incestuoso precoce per la madre [354]. Michelet aveva reso popolare questa nozione. Freud affermava ora che entro certi limiti tale legame è naturale e normale, e aggiunse due idee: il desiderio sentito dal bambino della morte del padre, e la sua paura della punizione e dell'evirazione da parte del padre. Il concetto completo di complesso edipico, come Freud l'avrebbe in seguito reso sistematico, includeva queste tre componenti: desiderio incestuoso verso la madre, desiderio di uccidere il padre, e immagine di un padre crudele, evirante.

In realtà, il modello mitologico di questo complesso si trova non tanto nel dramma di Edipo quanto piuttosto nel mito di Saturno e Giove: Saturno fu minacciato di morte dal padre Urano, il primo dio del mondo, ma fu salvato dalla madre; Saturno allora evirò il padre. In seguito Saturno mangiò i propri figli eccetto l'ultimo, Giove, il quale fu salvato dalla madre; Giove poi soppiantò il padre. Lo stesso mito è stato ritrovato in India e presso gli ittiti [355]. Secondo Dumézil, storico delle religioni, questo mito è semplicemente il riflesso di condizioni che esistevano un tempo [356]. Nelle antiche dinastie dell'India, i poteri politici e i poteri sessuali erano identificati gli uni con gli altri, e il re era un grande maschio tirannico, pauroso di essere detronizzato e privato della propria virilità dai figli. D'altra parte, i filosofi indiani spiegavano il processo della rinascita attribuendo al reincarnato sentimenti simili a quelli del complesso edipico. Vasubandhu lo descrisse nel modo seguente:

L'essere intermedio... possiede l'occhio divino. Esso vede il luogo della sua nascita, per quanto lontano. Esso vede il padre e la madre uniti. Il suo spirito è disturbato dall'effetto del compiacimento e dell'ostilità. Se è un maschio è preso dal desiderio di un maschio verso la madre; se è una femmina, è presa dal desiderio della femmina verso il padre; d'altra parte odia il padre o la madre, che considera come rivale o maschile o femminile. Come è detto nel Prajnapti: "poi viene in mente nei Gandharva o un pensiero di concupiscenza o un pensiero di odio". Lo Spirito è così turbato da questi due pensieri erronei che, per desiderio amoroso, esso si attacca al luogo dove i due organi sono uniti, immaginando di essere esso stesso che diventa unito... l'essere intermedio gode così del piacere di insediarsi nella matrice [357].

Uno degli aspetti della psicoanalisi che divenne popolarissimo riguarda i simboli sessuali (i "simboli freudiani"). In questo campo, i molti predecessori di Freud possono essere collocati in quattro gruppi:

1) Gli antropologi fecero raccolte dei simboli osceni tradizionali rinvenuti nella poesia priapea, e di kryptadia di tutti i paesi. A Freud fu chiesto di commentare una raccolta di questo tipo dallo studioso di folclore Oppenheim [358].

2) L'interesse per i simboli onirici attirò altresì l'attenzione su quelli con significato sessuale. Secondo Laignel-Lavastine e Vinchon un libro dei sogni del Rinascimento, quello di Pierus, descrive sogni di serpenti, alberi, fiori, giardini, denti, colonne e grotte che hanno significati simili a quelli del simbolismo freudiano [359]. Il primo studio obiettivo del simbolismo onirico fu compiuto da Scherner, ed è da rilevare che i simboli da lui giudicati sessuali erano uguali a quelli descritti trentotto anni dopo nell'Interpretazione dei sogni di Freud [360].

3) Ampie ricerche sul simbolismo sessuale nei vari culti, miti e religioni erano state compiute nel corso di tutto il diciannovesimo secolo. L'iniziatore di tali studi, Jacques-Antoine Dulaure, affermò che le civiltà primitive che adoravano il sole ne incorporavano le forze rigeneratrici nell'immagine del fallo [361]. Egli descrisse ampiamente il culto del fallo e il suo simbolismo, con innumerevoli esempi tratti da antiche civiltà. Questo libro ebbe enorme successo e rese popolare l'idea che era esistito un culto universale del fallo. Molti archeologi dilettanti si infatuarono della ricerca di resti simbolici di quel culto. Per dare solo un esempio: nel romanzo di Flaubert Bouvart et Pécuchet i due eroi della storia, nell'occuparsi di "archeologia celtica", tengono per certo che il "tumulo" simboleggi l'organo femminile e la "pierre levée" il maschio; che le torri, le piramidi, le candele nelle chiese, le pietre miliari e gli alberi fossero simboli fallici. Essi aprirono una sezione di falli nel loro museo privato. Nel frattempo un serio studioso, Adalbert Kuhn, interpretò i fuscelli per il fuoco rituale come simboli della generazione umana [362]. A metà dell'era vittoriana in Inghilterra, George Cox [363] spiegò il simbolismo sessuale delle religioni antiche: la verga, l'albero, il bastone del pastore, lo scettro, il serpente, il toro, erano simboli maschili; l'arca, la nave, la tazza (compreso il sacro Graal), il pozzo, la cesta, la lampada, il loto, erano simboli femminili. Poiché "i pensieri suscitati dal riconoscimento della differenza tra uomo e donna sono tra le più misteriose eccitazioni del cuore umano", Cox ammise che "una filosofia che pretendesse di riconciliare gli impulsi naturali degli adoratori con un senso del diritto e del dovere avrebbe avuto uno strano e quasi irresistibile fascino". In Germania, Nagele interpretò il culto del serpente nell'antichità come un culto fallico [364]. In Italia, De Gubernatis elaborò una teoria sistematica del simbolismo sessuale universale ricavata dalla botanica [365] e dalla zoologia [366].

4) L'esperienza clinica aveva fornito molti dati sul simbolismo sessuale. La psichiatria romantica si soffermò sulla parte svolta dagli impulsi e dalle frustrazioni sessuali nelle psicosi [367]. Neumann, più tardi Santlus e in minor misura Griesinger descrissero le manifestazioni mascherate della pulsione sessuale nei loro pazienti. La nozione che molte forme di misticismo patologico derivassero da una sessualità rimossa era diffusa tra romanzieri, psichiatri e scrittori religiosi [368]. Il criminologo Hans Gross condusse altresì un'indagine sistematica sulle forme mascherate di sessualità frustrata e sulla loro importanza per la criminalità.

Un altro campo dell'indagine di Freud era costituito dalle varietà e vicissitudini delle fantasie sessuali e dal loro ruolo successivo nella vita emotiva. Freud sostenne che l'osservazione da parte dei bambini piccoli del rapporto sessuale dei genitori, cioè quella che egli chiamò la scena primaria, aveva un influsso profondamente disturbante sul bambino, specialmente se l'atto era interpretato come sadistico. Freud attribuì inoltre una grande importanza alle teorie che i bambini costruiscono per rispondere alle proprie domande su come nascono i bambini, e sui rapporti sessuali dei loro genitori. Freud accennò a questo come ulteriore argomento a favore della tendenza contemporanea a dare un'istruzione sessuale ai bambini. Un'altra fantasia era il "romanzo familiare" di certi bambini i quali immaginano di ave e genitori di una condizione sociale molto superiore a quella dei genitori reali. La questione fu ampiamente sviluppata da Otto Rank [369]. Anche qui ritroviamo una riflessione psicoanalitica su un tema popolare contemporaneo. In un periodo in cui la maggior parte dei paesi europei aveva un re o un imperatore, molti malati mentali affermavano di essere discendenti di famiglie sovrane, o addirittura di essere il monarca legittimo. Krafft-Ebing descrisse una varietà di tali deliri sotto il nome di Originare Paranoia (questo termine è stato spesso malinteso come "delirio circa l'origine della propria famiglia"; in realtà, significava una forma di paranoia la cui "origine" poteva essere ricondotta all'età in cui inizia la memoria). In Francia, una famosa paziente, Hersilie Rouy, fu ricoverata in un ospedale psichiatrico perché si affermava di nascita regale, ma venne dimessa con un cospicuo risarcimento per un errore tecnico nell'ordine di ricovero. Essa pubblicò due "autobiografie": in una dissimulò gran parte delle sue idee deliranti, nell'altra le espresse pienamente [370]. L'originalità di Freud fu nel dimostrare che il "romanzo familiare" non esiste soltanto in forme paranoidi estreme ma è frequente tra i bambini nella sua forma embrionale, e ha qualche attinenza anche con il folclore e la mitologia.

Descrizioni correnti della vita di Freud affermano che la pubblicazione delle sue teorie sessuali suscitò collera a causa della loro novità inaudita in una società "vittoriana". Prove scritte dimostrano che ciò non corrisponde ai fatti. I Tre saggi apparvero nel mezzo di un'ondata di letteratura contemporanea sulla sessuologia e furono accolti favorevolmente [371]. La principale originalità di Freud fu di sintetizzare idee e concetti che per la maggior parte erano sparsi e parzialmente organizzati, e di applicarli direttamente alla psicoterapia. Un'illustrazione clinica fu il caso del piccolo Hans, che per la teoria della libido rappresentava ciò che il caso di Dora era stato per la psicologia del profondo.

La storia è dal punto di vista letterario di qualità inferiore rispetto al caso di Dora e tende alla prolissità. Fu raccontata dal padre del piccolo Hans e commentata da Freud.

Hans era il primogenito di uno psicoanalista che fu uno dei discepoli più vicini a Freud. La madre riversava su di lui le più tenere cure. Spesso lo prendeva con sé nel letto, e addirittura, come risulta in seguito, spesso lo portava con sé quando andava alla toeletta. All'età di tre anni Hans cominciò a interessarsi molto per il proprio "fapipì". Avendo chiesto alla madre se anche lei ne aveva uno, essa rispose affermativamente. A tre anni e mezzo, la madre scoprì che si masturbava e lo minacciò di evirazione. Pressappoco alla stessa epoca nacque la sorellina. A Hans fu detto che era stata portata dalla cicogna, ma egli restò impressionato dalla borsa del medico e dal catino pieno d'acqua e di sangue nella stanza della madre. Cominciò a chiedersi se altre persone e gli animali avevano un "fapipì", e sembrò particolarmente interessato dalla dimensione di quello dei cavalli. Giunse alla conclusione che la presenza di quell'organo distingueva gli esseri animati da quelli inanimati; tuttavia, egli osservò che la sorellina non ce l'aveva, e affermò che le sarebbe cresciuto. Anche prima dei quattro anni, Hans aveva una disposizione "poligama"; si innamorò di una serie di bambine dai sette agli undici anni, ma abbracciava anche teneramente un cuginetto di cinque anni.

All'età di quattro anni e nove mesi, Hans (come si scopri più tardi) vide cadere a terra un cavallo che trainava un carro molto carico. Poco dopo cominciò ad essere sempre più impaurito, si attaccò molto più alla madre e manifestò poi la paura di andare per strada, temendo di essere morsicato da un cavallo. Freud consigliò al padre di dire a Hans che aveva paura dei cavalli perché si interessava tanto dei loro "fapipì", e di cominciare a impartirgli poco per volta un'istruzione sessuale.

Questo fu l'inizio di un processo durato quattro mesi (dal gennaio al maggio 1908). Le frasi, i sogni, i giochi spontanei del bambino furono annotati dal padre e comunicati a Freud. La fobia si estese alle giraffe, agli elefanti e ai pellicani dopo una visita allo zoo di Schonbrunn. Una mattina Hans raccontò una sua fantasia: vi erano due giraffe nella sua stanza, una grande e una sgualcita. Il padre interpretò questa fantasia come una trasposizione di una scenetta familiare: Hans aveva l'abitudine di andare nella camera dei genitori alla mattina presto, il padre diceva sempre alla madre che non doveva prenderlo nel Ietto, e la madre diceva che era una sciocchezza, che qualche minuto non poteva far niente. La giraffa grande fu interpretata come rappresentazione del pene del padre, quella sgualcita come gli organi genitali della madre.

Il 20 marzo 1908 il padre condusse Hans nello studio di Freud per una breve visita. Freud spiegò al bambino che lui aveva paura del padre perché amava tanto la madre. Questa breve visita fu seguita da un notevole miglioramento, ma la fobia presto si estese a nuovi soggetti, cioè a robusti cavalli che tiravano carri con pesanti carichi, carri da traslochi e simili; Hans raccontava di cavalli che cadevano e facevano "chiasso coi piedi". Poi cominciò a provare disgusto per le mutandine gialle da donna e a occuparsi degli escrementi, delle vasche da bagno, dei carri carichi e delle casse ecc. Una mattina Hans racconta di aver pensato che mentre era nel bagno, veniva lo stagnaio e svitava la vasca e lo colpiva nella pancia con un trivello. L'interpretazione del padre fu: mentre era a letto con la mamma, il padre lo spingeva via con il suo grosso pene. Una successiva interpretazione fu nel senso di una fantasia di generazione: il padre lo mise nel grembo della mamma con il suo grosso pene. L'avversione di Hans per le vasche da bagno era collegata al suo desiderio che la madre allontanasse la mano quando taceva il bagno alla sorellina cosicché la bambina annegasse. La fantasia del cavallo che cade fu interpretata come il desiderio (e allo stesso tempo la paura) che il padre cadesse e morisse, e anche come fantasia della madre nel processo del parto. Infatti si scoprì che Hans non aveva creduto la storia della cicogna e aveva capito molto circa la gravidanza della madre.

Alla base della fobia di Hans apparve quindi il desiderio di possedere la madre e che il padre e la sorellina morissero: il suo complesso di evirazione; l'influsso di teorie sessuali infantili precoci; il suo risentimento contro i genitori per avergli raccontato la falsa storia della cicogna.

Il 25 aprile 1908, Hans, che aveva appena compiuto cinque anni, rispondendo ad alcune domande del padre, ammise, in un clima di confidenza e di accettazione, che avrebbe desiderato di vederlo morto e di sposare la mamma. Questo fu il punto culminante del processo terapeutico, e da quel momento in poi i residui della fobia recedettero gradualmente: il complesso edipico era stato superato [372].

La storia del piccolo Hans non fu accettata tanto facilmente quanto lo erano state le pubblicazioni precedenti di Freud, ma il significato di tale scetticismo è stato malinteso. Non tanto perché si giudicasse la storia immorale, quanto piuttosto perché a taluni lettori pareva che il bambino fosse stato eroticamente precoce in misura inconsueta prima della fobia; ci si chiedeva anche se la fobia stessa non si fosse sviluppata come conseguenza dell'atteggiamento inquisitorio del padre e delle sue domande allusive. La psicologia delle testimonianze, che nel 1909 era un ramo nuovo e alla moda della psicologia, esponeva numerosi esempi di bambini che davano false testimonianze, e ciò si dimostrava essere la risposta alla suggestione inconscia (avendo i bambini una singolare abilità nel percepire ciò che gli adulti si aspettavano che essi testimoniassero). Gli psicoanalisti accolsero la storia del piccolo Hans come la prima conferma della teoria freudiana della sessualità infantile ottenuta dall'osservazione diretta su un bambino. Fu anche il primo esempio di analisi infantile (che tuttavia si sarebbe sviluppata in seguito con metodi diversi), e fu anche la prima analisi di controllo di cui si abbia notizia.

Il reverendo Oskar Pfister [373] fece alcuni commenti sui cambiamenti che erano avvenuti nella psicoanalisi. In origine, Freud attribuiva i sintomi nevrotici alla rimozione di ricordi penosi, perlopiù di natura sessuale (prendendo il termine "sessualità" nel suo senso abituale); la guarigione veniva conseguita attraverso l'abreazione. Nel 1913 la psicoanalisi parlava della rimozione di fantasie come pure di ricordi, e di sintomi nevrotici con origine nel complesso edipico; la guarigione avveniva mediante l'analisi della traslazione e della resistenza: il concetto di sessualità fu ora esteso a comprendere, sotto il nome di "psicosessualità", tutte le categorie incluse sotto la parola Liebe (amore). Ciò avrebbe assolto la psicoanalisi dall'accusa di pansessua-lismo. Tuttavia, certi critici sostennero che il concetto di psicosessualità rendeva ancora più ardua la comprensione della teoria della libido e specialmente di quella della sublimazione.

Dalla metapsicologia alla psicoanalisi dell'Io

Intorno al 1913 poteva sembrare che la psicoanalisi avesse raggiunto la propria completezza. Tuttavia, e con sorpresa dei seguaci di Freud, doveva ancora verificarsi una grande metamorfosi. Questa volta la più recente dottrina non era contenuta in un singolo libro (come l'Interpretazione dei sogni e i Tre saggi), ma in una serie di articoli e di brevi monografie pubblicati nel corso di una decina d'anni.

Nel 1914, nell'Introduzione al narcisismo, Freud presentò le sue nuove vedute come ipotesi che era disposto a ritrattare o modificare se i fatti l'avessero contraddetta [374]. Fino ad allora le nozioni di conflitto tra conscio e inconscio, e di dualismo della libido e delle pulsioni dell'Io, erano state fondamentali in psicoanalisi. Nei Tre saggi Freud aveva già parlato di uno stadio infantile di autoerotismo precedente all'investimento della libido sul primo oggetto, la madre. Nel frattempo Jung aveva spiegato che la schizofrenia derivava da un'"introversione della libido", e Adler aveva sottolineato l'importanza della stima di sé. Havelock Ellis in Inghilterra, e Naecke in Germania avevano descritto il narcisismo come forma specifica di deviazione sessuale nella quale l'individuo è innamorato di sé stesso. La teoria di Freud del narcisismo sembra essere stata destinata a soddisfare tutti costoro.

Questa teoria richiese una nuova sistemazione della teoria delle pulsioni. La distinzione precedente di Freud tra pulsioni dell'Io (non sessuali) e libido (sessuale) veniva modificata dal nuovo concetto di libido dell'Io, cosicché vi erano ora due specie di impulsi dell'Io: libidici e non libidici. Freud mantenne il concetto di un primo stadio di autoerotismo, ma disse che come l'Io comincia ad essere differenziato, la libido fino a quel momento diffusa si concentra su di esso, e questo è il narcisismo primario. Nello stadio successivo è mantenuta una parte del narcisismo primario, e la libido è ampiamente investita sulla madre e in seguito su altri oggetti. La libido oggettuale può essere ritirata e reinvestita nell'Io, ciò che Freud chiamò più tardi "narcisismo secondario".

Un residuo di narcisismo primario si ritroverà, mediante l'analisi, in individui normali, e ancor più in nevrotici, omosessuali e altri. Il ritiro della libido oggettuale spiega condizioni quali i deliri di grandezza, l'ipocondria, la schizofrenia e la parafrenia.

Normalmente, il sentimento amoroso procede direttamente dalla libido oggettuale e questo è l'amore anaclitico. Se l'intera libido è investita in un'altra persona e non ne è mantenuta abbastanza per l'Io, è un'infatuazione. Vi è amore del tipo narcisistico quando il narcisismo primario è stato indebitamente prolungato: l'individuo vede allora nell'oggetto solo ciò che egli stesso è, è stato e vorrebbe essere.

Questa teoria del narcisismo doveva essere il preludio di una ristrutturazione completa della teoria psicoanalitica. Nel 1915 Freud annunciò che stava lavorando a un libro intitolato Zur Vorbereitung einer Methapsychologie (Introduzione alla metapsicologia), composto di dodici saggi, dei quali però solo cinque furono pubblicati. Freud sentiva il bisogno di ricostruire un'impalcatura concettuale che fosse sufficientemente ampia da comprendere tutti i fatti e gli aspetti della psicoanalisi. Egli definì la "metapsicologia" come un sistema che doveva descrivere i fatti psicologici dai punti di vista topico, dinamico ed economico. Quello topico (che si rifaceva a una ben nota citazione tratta da Fechner) significava la distinzione tra inconscio, preconscio e conscio. Quello dinamico si riferiva alle forze psichiche in conflitto l'una con l'altra. Quello economico considerava la regolazione delle forze mentali fondata sul principio di piacere-dispiacere.

In Pulsioni e loro destini (1915) Freud definì la pulsione come "rappresentante psichico degli stimoli che sorgendo nell'interiorità corporea pervengono nella psiche", a differenza dello stimolo sensoriale che è prodotto da eccitamenti esterni specifici [375], Freud definì poi le caratteristiche generali delle pulsioni, la loro forza, meta, fonte, e i loro destini: la conversione nell'opposto, la riflessione sulla propria persona, la rimozione, la sublimazione. Indicò inoltre il processo d'introiezione (l'infante introietta il piacere e proietta il dispiacere). Infine Freud accennò alla genesi dell'amore e dell'odio, affermando che sebbene essi formino una coppia di opposti, l'odio ha le sue radici in uno stadio di vita psichica più antico dell'amore. Quest'ultimo punto, che contraddiceva la teoria originale della libido, precorse ulteriori cambiamenti.

Lo scritto sulla rimozione sorprese quegli analisti che consideravano la rimozione l'unico concetto esplicativo della patogenesi [376]. La rimozione collocata ora al terzo posto tra i destini delle pulsioni) fu distinta in rimozione originaria, nella quale le rappresentanze psichiche delle pulsioni non sono mai state ammesse alla coscienza, e rimozione consecutiva, nella quale le rappresentazioni coscienti vengono trascinate nell'inconscio in quanto associate con un'idea primaria rimossa. Quando sono rimosse idee emotivamente cariche la sorte dell'idea e dell'emozione può essere diversa; le idee rimosse si organizzano in fantasie, e le emozioni si trasformano in angoscia.

Nel terzo scritto metapsicologico Freud pose in rilievo che l'inconscio contiene più che materiale rimosso, e riesaminò le caratteristiche principali della mente inconscia (precedentemente chiamate processo primario) [377]. L’ inconscio non ha alcun rapporto con la realtà, non conosce i princìpi di contraddizione o di tempo; l'energia inconscia è slegata. Freud sottolineò altresì l'importanza delle fantasie inconsce, e il fatto che le rappresentazioni inconsce devono attraversare uno stadio di verbalizzazione al livello preconscio prima di diventare coscienti.

In un quarto saggio Freud riaffermò taluni aspetti della teoria dei sogni dal punto di vista della metapsicologia [378]. Nel quinto, Lutto e melanconia, egli espose un'interpretazione della depressione melanconica nei termini della nuova metapsicologia, ponendola in confronto con la normale reazione di lutto che segue alla morte di una persona cara [379]. Il "lavoro del lutto" (Trauerarbeit) consiste in un lento, graduale dissolvimento dei legami emotivi con l'oggetto perduto e nell'incorporazione della sua immagine idealizzata nel soggetto. Nella melanconia è come se il paziente avesse inconsciamente perduto un oggetto per il quale aveva sentimenti ambivalenti di amore e odio. In conseguenza della sua incorporazione "l'ombra dell'oggetto è caduta sull'Io", di qui le tendenze melanconiche all'odio di sé e al suicidio.

Nel 1920 Freud ancora una volta sorprese i suoi seguaci pubblicando il libro Al di là del principio di piacere, che sembrò dare alla metapsicologia la sua forma definitiva [380]. Se il titolo evocava Nietzsche, il contenuto era certamente ispirato da Fechner. Uno dei tre elementi della metapsicologia, l'aspetto economico, era stato da Freud identificato con il principio di piacere-dispiacere, concetto mutuato da Fechner. Prima di Fechner, il principio di piacere era stato comunemente inteso semplicemente come un ricercare piacere ed evitare dispiacere. Fechner lo aveva posto in relazione con il principio di stabilità, e Freud, seguendo Fechner, aveva messo il dispiacere in rapporto con l'aumento di tensione, e il piacere con la riduzione della tensione a un livello ottimale. La regola basilare della vita era quindi la regolazione della quantità di stimolazione attraverso il meccanismo del principio di piacere-dispiacere. Freud tuttavia aveva già riconosciuto che il principio di piacere-dispiacere era limitato in primo luogo dal principio di realtà, che doveva essere preso in considerazione per tutto il corso dell'evoluzione umana, e in secondo luogo perché le pulsioni originariamente piacevoli, una volta rimosse, perdevano tale qualità. Ora egli affermò che tali limiti andavano "al di là del principio di piacere". Un altro più antico principio, la "coazione a ripetere" fu ora considerato come l'unica spiegazione possibile di certi fatti clinici. Nei sogni ripetitivi delle nevrosi traumatiche, negli attacchi isterici, in certe forme di gioco infantile vediamo ripetersi episodi spiacevoli. La traslazione nel corso dell'analisi si rivela essere un inconscio rivivere situazioni dell'infanzia. Nella nevrosi, come nella vita normale, taluni individui si trovano ripetutamente in situazioni identiche, giungendo a credere nella predestinazione. Freud distinse tra il principio di piacere-dispiacere, che è benefico per l'organismo, e il carattere demoniaco della coazione a ripetere; e ciò lo indusse a fare una digressione di carattere filosofico.

Dopo varie considerazioni sul Reizschutz (tendenza dell'organismo a proteggere da una sovrastimolazione), egli propose una nuova definizione delle pulsioni. Le pulsioni non hanno un carattere progressivo, non tendono ad agevolare lo sviluppo dell'individuo e della specie. La loro meta è conservativa, esse tendono a ristabilire condizioni precedenti. In vero stile fechneriano, Freud arriva fino al punto di affermare che l'evoluzione degli organismi è il riflesso della storia evolutiva della terra e della sua relazione con il sole. Freud ora formula in via d'ipotesi una nuova duplice classificazione delle pulsioni: l'eros (che raggruppa tutte le forme di pulsioni libidiche), e la pulsione di morte (che i seguaci di Freud avrebbero presto chiamato thanatos). In tale sistema dualistico Freud sembrò postulare che la pulsione di morte fosse quella fondamentale. Come Schopenhauer, Freud proclamò ora che "lo scopo della vita è la morte", che la pulsione di autoconservazione stessa è un aspetto della pulsione di morte, perché protegge dalla morte accidentale, per cause esterne, al fine di preservare l'individuo da una morte per cause interne. L'eros è ora molto più che la pulsione sessuale, esso esiste in ogni cellula vivente e spinge la sostanza vivente verso la costituzione di esseri più grandi, è un differimento della morte mediante una fuga in avanti. La pulsione di morte è la tendenza al dissolvimento della sostanza vivente e al ritorno a uno stato di materia inanimata. Le due pulsioni sono inseparabili, la vita è un compromesso tra eros e pulsione di morte, finché quest'ultima prevale. Freud espresse la speranza che il progresso della biologia potesse consentire una formulazione di tali speculazioni in termini scientifici. Nel frattempo dovette riformulare gran parte delle sue concezioni cliniche. Per molti anni egli aveva proclamato il primato della libido, e nel 1908 aveva respinto l'idea di Adler di una pulsione aggressiva autonoma. Nel suo primo scritto metapsicologico del 1915 egli aveva tuttavia attribuito l'origine dell'odio a pulsioni dell'Io non libidiche, ponendone l'origine in una fase precedente a quella dell'amore. Ora con le sue nuove teorie egli dovette ammettere l'esistenza di un masochismo primario che non era semplicemente un sadismo rivolto all'interno, e nei suoi scritti successivi attribuì sempre maggiore importanza alla parte svolta dalle pulsioni aggressive e distruttive. Egli sembrò porre su queste ultime lo stesso accento che aveva un tempo posto sulla libido.

Le teorie contenute in Al di là del principio di piacere (1920) non erano affatto così nuove come sembrarono ad alcuni dei suoi seguaci. Freud stava ritornando alla tendenza alla speculazione che aveva soddisfatto scrivendo il suo Progetto di una psicologia (1895), come pure a Fechner che aveva ispirato le sue precedenti opere speculative. All'inizio di Al di là del principio di piacere Freud collega il principio di piacere-dispiacere con il principio di costanza formulato da Fechner [381]. Come osserva Freud: "Il principio di costanza non è altro che un caso particolare del più generale 'principio della tendenza alla stabilità' di Fechner." Fechner distingueva tre forme di stabilità: la stabilità assoluta (implicante una immobilità permanente delle parti di un tutto), la stabilità completa (le parti del tutto sono animate da movimenti tanto regolari che ogni parte del tutto ritorna allo stesso punto a intervalli regolari), e una "stabilità approssimata" (una tendenza più o meno perfetta a ritornare allo stesso punto a intervalli regolari, come nei movimenti del cuore e in altre attività psicologiche ritmiche). Sembrerebbe che tale sistemazione di Fechner ispirasse una struttura simile per le idee di Freud. Al principio di piacere-dispiacere egli aggiunse la pulsione di morte (un ritorno alla stabilità completa di Fechner), e la coazione a ripetere come qualcosa d'intermedio tra la stabilità approssimata e la stabilità assoluta.

La nozione di coazione a ripetere fu, dal punto di vista clinico, il contributo più originale contenuto in Al di là del principio di piacere, pur essendo già stata espressa da altri autori. Tarde aveva già descritto la propensione di un criminale a rivivere il proprio crimine nell'immaginazione, a ritornare alla scena del suo crimine e a ripeterlo, come un esempio particolare di una tendenza più generale a ripetere, consciamente o meno, atti e situazioni facenti parte della storia individuale [382].

Anche il concetto di Freud di pulsione di morte aveva molti precursori. Von Schubert tra i romantici lo aveva espresso chiaramente, principalmente come un desiderio, nell'ultima parte della vita, di morire [383]. Più vicino all'idea di Freud, Novalis proclamò che "la vita è finalizzata alla morte" e che "la caratteristica della malattia è l'istinto di autodistruzione" [384]. All'opposto dell'istinto di morte Novalis pose l'istinto di organizzazione, la cui più alta espressione era il linguaggio umano, la civiltà, la filosofia. Alla fine del diciannovesimo secolo, lo psichiatra russo Tokarskij scrisse un saggio filosofico sulla morte, nel quale, alla maniera degli antichi stoici, dissociava dall'idea di morte i vari sentimenti e immagini ad essa collegati, finché non rimaneva in essa nulla di spaventoso [385]. Egli citò un centenario il quale diceva che a una certa età il bisogno di morire veniva altrettanto naturale come il bisogno di dormire. Un altro russo, Mecnikov, sostenne che vi era qualche cosa come una pulsione di morte [386]. Egli aggiunse altre osservazioni, supponendo che il desiderio di morire dev'essere un sentimento particolarmente piacevole, ma che poche persone lo provano, o perché muoiono prematuramente, o a causa dei disagi della, vecchiaia. Questi due autori russi però consideravano l'istinto di morte solo come un desiderio di morire, mentre l'idea di istinti distruttivi e autodistruttivi fu molto più diffusa per tutto il diciannovesimo secolo. Essa seguiva una tradizione risalente a Hobbes e resa popolare da Darwin e dai darwiniani sociali, da Lombroso e da Nietzsche. Fechner aveva scritto un singolare breve saggio nel quale avanzava l'idea che la distruzione fosse un principio più fondamentale della creazione [387]. Al principio c'era la distruzione; poi la distruzione incominciò a distruggersi, e questa fu la creazione. Anche tra gli psicoanalisti era stato talvolta espresso il concetto di una pulsione di morte. Sabina Spielrein aveva scritto Die Destruktion als Ursache des Werdens (La distruzione come causa del divenire) [388]. La teoria di Rank secondo la quale ogni uomo tende a ritornare nel grembo materno è stata considerata da Moxon come un'anticipazione del concetto freudiano di pulsione di morte [389].

Le classiche coppie di opposti erano Eros-Neikos e Bios-Thanatos, ma non Eros-Thanatos, sebbene uno scrittore austriaco, Schaukal, avesse pubblicato una serie di cinque storie brevi di carattere piuttosto tetro con quel titolo [390]. Freud dapprima formulò i suoi concetti come ipotesi, ma in scritti successivi dimostrò di credervi fermamente. In ogni processo psicologico egli vide la presenza dei due processi. L'eros come una tendenza a formare più ampie unità, e la pulsione di morte, thanatos, come la tendenza contraria; quest'ultimo concetto si avvicina molto alla definizione di evoluzione e dissoluzione data da Spencer. Freud fu ancora una volta costretto a reinterpretare le proprie teorie delle varie condizioni cliniche; la melanconia, ad esempio, fu ora da lui considerata come il districarsi di libido e pulsione di morte.

Il concetto di Freud di pulsione di morte incontrò una certa resistenza, anche tra gli psicoanalisti più fedeli. Brun, in Svizzera, obiettò che non vi era alcun appoggio biologico alla nozione di pulsione di morte; la morte — egli disse — era il finis, ma non il telos della vita. Gli psicoanalisti, come ad esempio Karl Menninger, che applicano la nozione di pulsioni di vita e di morte, lo fanno da un punto di vista empirico e clinico più che da un punto di vista biologico [391]. In realtà, come dimostra Mechler, il concetto freudiano di pulsione di morte può essere meglio interpretato alla luce dell'interesse per la tematica della morte condiviso da un certo numero di suoi eminenti contemporanei: biologi, psicologi e filosofi esistenziali [392].

Mentre le nozioni contenute in Al di là del principio di piacere furono accolte dagli psicoanalisti con sentimenti confusi, quelle esposte tre anni più tardi in L'Io e l'Es (1923) ebbero grande successo sebbene apportassero ampie modifiche nella teoria psicoanalitica [393]. Per molti anni la psicoanalisi era stata considerata una psicologia del profondo, primariamente concentrata sulla mente inconscia e sull'influsso di questa sulla vita cosciente. Freud aveva distinto tre strati psichici: il conscio, il preconscio e l'inconscio. Le nevrosi erano manifestazioni di conflitti tra il conscio e l'inconscio, essendo il conscio implicitamente identificato con l'Io. Ora Freud avvertiva che il suo modello concettuale era divenuto inadeguato; considerò la vita psichica come prodotto dell'interazione di tre istanze psichiche: l'Io, l'Es e il Super-io. L'Io fu definito come "l'organizzazione coordinata dei processi mentali in una persona"; vi era nell'Io una parte conscia e una parte inconscia; all'Io cosciente appartenevano la percezione e il controllo motorio, e all'Io inconscio la censura onirica e i processi di rimozione. Il linguaggio è una funzione dell'Io; i contenuti inconsci divenivano preconsci per mezzo delle parole.

L'Es non era molto diverso da ciò che Freud aveva originariamente descritto come l'inconscio, sede sia del materiale rimosso sia delle pulsioni, a cui erano state aggiunte le fantasie inconsce e i sentimenti inconsci, in particolare i sentimenti di colpa. Il termine "inconscio" era ora un aggettivo usato per qualificare non solo l'Es, ma anche parti dell'Io e del Super-io. Il termine "Es" potrebbe farsi risalire a Nietzsche, ma Freud ammise di averlo ripreso dal Libro dell'Es di Georg Groddeck, che era un ammiratore della psicoanalisi [394].

La parte più nuova dell'Io e l'Es è quella dedicata alla terza istanza, il Super-io, sebbene Freud avesse già affrontato alcuni dei suoi aspetti sotto il nome di ideale dell'Io. Il Super-io è l'istanza vigilante, giudicante e punitiva nell'individuo, fonte dei sentimenti sociali e religiosi dell'umanità. La sua origine è nelle prime configurazioni individuali dell'Io, che sono state sorpassate, e soprattutto nell'introiezione della figura paterna come parte della risoluzione del complesso edipico.

La costruzione del Super-io in un individuo dipende quindi dal modo in cui è stato risolto il complesso edipico. D'altra parte, il Super-io riceve la propria energia dall'Es, di qui il suo carattere frequentemente crudele, sadistico. Questo nuovo concetto spiegava il ruolo svolto dai sentimenti di colpa nevrotici nelle ossessioni, nella melanconia, nell'isteria e nella criminalità. Le idee di autopunizione e di criminalità a causa di sentimenti di colpa sarebbero state in seguito sviluppate e accentuate in psicoanalisi e in criminologia. Freud conclude che "l'Es è interamente amorale, l'Io si sforza di essere morale, il Super-io può essere ipermorale e diventare quindi tanto crudele quanto solo può esserlo l'Es".

In conseguenza di queste nuove teorie, l'Io viene a porsi in primo piano sulla ribalta della psicoanalisi, specialmente come sede dell'angoscia: angoscia reale, cioè paura causata dalla realtà, angoscia pulsionale per le pressioni dell’Es, e angoscia per senso di colpa conseguente alle pressioni del Super-io. Freud conclude con una descrizione del miserevole stato dell'Io, sottoposto alle pressioni dei suoi tre padroni. Era chiaro che l'interesse principale della psicoterapia sarebbe stato ora quello di soccorrere l'Io riducendo tali pressioni e aiutandolo ad acquistare forza.

A molti contemporanei di Freud la teoria della struttura psicologica umana costituita da queste tre entità — Io, Es, Super-io — sembrò sconcertante, anche se non vi era in essa nulla di rivoluzionario. Come si è già eletto, la nozione di Es può essere fatta risalire ai romantici, e l'essenza del Super-io deriva inequivocabilmente da Nietzsche, in particolare dalla sua Genealogia della morale. La definizione dell'Io come organizzazione coordinata dei processi mentali ricordava la funzione di sintesi descritta da Janet, e la forza dell'Io non era molto diversa dal concetto di tensione psicologica di Janet. L'Io era un antico concetto filosofico in una nuova veste psicologica. La definizione di Nacht dell'Io come "l'entità attraverso la quale l'individuo diventa cosciente della propria esistenza e dell'esistenza del mondo esterno" è quasi uguale a quella che Fichte aveva dato in termini filosofici [395].

Nel 1926 Freud pubblicò Inibizione, sintomo e angoscia, un libro che taluni analisti hanno giudicato essere la più difficile delle sue opere. L'inibizione fu ridefinita come limitazione delle funzioni dell'Io; l'angoscia come una condizione emotiva penosa accompagnata da processi di scarica (entrambe percepite dall'individuo). L'angoscia non era più un sintomo, ma una condizione necessaria per la formazione di sintomi. Come già si affermava nell'Io e l'Es, l'Io è l'unica sede dell'angoscia; l'angoscia può manifestarsi in due circostanze: o quando le barriere protettive dell'Io sono oltrepassate, oppure come segnale d'avvertimento contro il pericolo derivante dalle pulsioni, a cui l'Io reagisce con varie forme di "difesa". La rimozione non è ora altro che una delle forme di difesa; le altre sono: la formazione reattiva, l'isolamento e l'annullamento retroattivo. La rimozione è caratteristica dell'isteria, le altre tre difese sono tipiche delle nevrosi ossessivo-coatte. In questa nuova teoria, la rimozione non è più la causa dell'angoscia, al contrario, è l'angoscia che dà origine alla rimozione e alle altre difese.

Inibizione, sintomo e angoscia segnò una nuova fase nella trasformazione delle teorie di Freud, dalla metapsicologia alla psicologia dell'Io. Sembrerebbe che questo libretto fosse, almeno in parte, una confutazione della teoria di Rank secondo la quale ogni angoscia nasce dal trauma della nascita. Con la maggiore importanza che Freud attribuì all'Io, egli si avvicinò di più ai concetti di Janet (ad esempio, l'idea del meccanismo d'isolamento nelle nevrosi coatte), e di Adler (formazione reattiva come forma di compensazione). Vi sono inoltre somiglianze degne di nota tra le nuove teorie freudiane dell'angoscia e quelle espresse nel 1859 da Heinrich Neumann [396].

Come conseguenza di queste nuove teorie, l'attenzione della terapia freudiana si spostò dall'analisi delle forze pulsionali a quella dell'Io, dal rimosso al rimovente. L'analisi delle difese scopriva necessariamente l'angoscia, e il compito dell'analista era ora quello di dissipare l'eccesso di angoscia e di rafforzare l'Io perché potesse fronteggiare la realtà e controllare la pressione delle pulsioni e del Super-io.

Un ulteriore passo verso la psicoanalisi dell'Io fu compiuto da Anna Freud con il suo libro L'Io e i meccanismi di difesa, che descrive la varietà dei meccanismi di difesa dal punto di vista, teorico e pratico [397]. Freud stesso aveva ridefinito l'Io come un sistema di funzioni (fronteggiare la realtà, controllare le pulsioni e integrare le tre "istanze" della personalità), un sistema operante con la propria energia desessualizzata. Nelle sue ultime opere egli sottolineò gli aspetti biologici dell'Io, sostenne che esso possedeva caratteristiche ereditarie e indicò l'autoconservazione come una delle sue funzioni principali [398].

Il passo finale verso la moderna psicoanalisi dell'Io fu segnato dalla celebre monografia di Heinz Hartmann del 1939, che sottolineò l'autonomia dell'Io e la sua funzione di adattamento. Questo scritto avrebbe ispirato una generazione di psicoanalisti, ma Freud era ormai giunto al termine dell'opera sua [399].

La tecnica psicoanalitica

La creazione di Freud di un nuovo metodo psicoterapeutico fu un lungo processo che subì una successione di metamorfosi, dai suoi primissimi tentativi fino alla fine della sua vita, e che sarebbe stato continuato dai suoi discepoli dopo la sua morte.

Non sappiamo con certezza come Freud curò i suoi primi pazienti nevrotici. Forse applicò quel metodo intuitivo, non sistematico, che rientrava nella tradizione del medico comprensivo per i problemi dei pazienti e disposto ad aiutarli offrendo loro appoggio e direzione. Molto probabilmente egli si giovò degli insegnamenti di Moritz Benedikt circa l'importanza della seconda vita (sogni a occhi aperti, desideri repressi, ambizioni) e del segreto patogeno, ed è noto che applicò la tecnica di Bernheim della suggestione ipnotica.

La prima descrizione di una psicoterapia propriamente freudiana apparve nel 1895 nel contributo di Freud agli Studi sull'isteria. In questa fase era un adattamento del trattamento catartico di Breuer e quasi uguale al procedimento di Janet. Probabilmente ispirato dalla terapia di Weir Mitchell fu l'uso sussidiario del rilassamento fisico (per il quale sarebbe stato adottato il divano psicoanalitico). Considerata la difficoltà che egli aveva nell'ipnotizzare i propri pazienti e ricordando che Bernheim era in grado di far ricordare al soggetto, nello stato di amnesia postipnotica, ciò che era accaduto sotto ipnosi, Freud diceva ai suoi pazienti di chiudere gli occhi e di concentrarsi. Mentre premeva la mano sulla fronte del paziente, lo rassicurava che il ricordo dimenticato sarebbe riaffiorato. Talvolta faceva questo in modo diretto, altre volte attraverso le catene di associazioni. Freud inoltre osservò che i sintomi nevrotici s'intensificavano quanto più ci si avvicinava al nucleo patogeno.

Nello stesso contributo sono definiti per la prima volta i concetti di "resistenza" e di "traslazione". Freud aveva osservato in alcuni casi un rallentamento o un arresto dell'associazione libera, e denominò questo fenomeno l’esistenza, cercando di analizzarlo [400]. Egli considerò la resistenza come il risultato o di cause interne (dal materiale stesso), o di cause esterne, collegate in qualche modo al terapeuta. Talvolta il paziente si sentiva trascurato dal medico, ed era sufficiente una semplice spiegazione per far riprendere il flusso associativo. Talvolta il paziente temeva di diventare troppo dipendente dal medico. Talvolta, anche, il paziente trasferiva ricordi penosi sul terapeuta; il compito di quest'ultimo era di rendere il paziente consapevole della resistenza e scoprirne l'origine nella storia della sua vita.

Cinque anni dopo, nel 1900, L'interpretazione dei sogni offrì alla psicoterapia un metodo pratico per l'interpretazione dei sogni.

Una descrizione del metodo psicoanalitico di Freud, scritta nel 1903 su richiesta di Lowenfeld e pubblicata nel 1904, illustra le modifiche che esso aveva subito nei dieci anni precedenti [401]. Il paziente viene ancora fatto sdraiare su un divano, ma il medico ora sta seduto su una sedia dietro di lui, fuori dal suo campo visivo. Il paziente non deve più chiudere gli occhi, né Freud gli pone più la mano sulla fronte. Il metodo dell'associazione libera è ora dominato da una regola fondamentale: il paziente deve dire tutto ciò che gli passa per la mente, anche se lo ritiene assurdo, immorale o penoso. Freud spiega come analizza la resistenza con le lacune e le deformazioni nel materiale ottenuto. Si sviluppa una nuova ampia tecnica d'interpretazione che utilizza come materiale non solo le associazioni libere e la resistenza, ma anche gli atti mancati, le azioni sintomatiche e i sogni del paziente. Freud respinge ora l'uso dell'ipnosi e afferma che la tecnica psicoanalitica è molto più facile a praticarsi di quanto il lettore possa supporre da una descrizione scritta.

Un anno dopo, nel 1905, comparve il Frammento di un'analisi d'isteria (scritto nel 1901): Freud dimostrava nel caso di Dora come l'interpretazione dei sogni potesse essere usata per la psicoterapia. La traslazione viene ridefinita come un rivivere inconscio di episodi passati, nel quale il terapeuta viene visto come se fosse stato uno dei partecipanti. La traslazione, uno dei principali ostacoli nella cura, viene ora considerata come il più potente strumento terapeutico se utilizzata abilmente dal medico.

Nel 1910 Freud volse l'attenzione alla contro traslazione, vale a dire ai sentimenti irrazionali del terapeuta verso il paziente [402]. Nel suo libretto sulla Psicoanalisi "selvaggia", Freud, abbandonando l'opinione espressa nel 1903, disse che era molto difficile imparare la psicoanalisi e che dato il pericolo dell'"analisi selvaggia" si sarebbe dovuta fondare un'organizzazione per insegnare la psicoanalisi e qualificare gli analisti [403].

Nel 1912 Freud affermò che non era necessario interpretare tutti i sogni di un paziente; molti non richiedevano un'interpretazione completa e spesso non occorreva alcuna interpretazione [404]. In un altro scritto Freud distinse una traslazione positiva e una traslazione negativa, aggiungendo che vi erano forme miste (ambivalenti) e che la traslazione era un fenomeno generale nella vita umana [405]. In un terzo scritto egli introdusse il principio dell'attenzione liberamente fluttuante: l'analista, lungi dal concentrarsi troppo intensamente sulle cose dette dal paziente, doveva fidarsi della propria "memoria inconscia"; non doveva prendere tanti appunti ma limitarsi ad annotare date, fatti importanti e testi di sogni [406]. Non doveva speculare sulle cause e sulla struttura del caso finché non fosse abbastanza progredito: "Andate avanti senza un'intenzione determinata", consigliò Freud. L'analista doveva seguire l'esempio del chirurgo in quanto a freddezza emotiva verso il paziente; doveva essere sua preoccupazione di fungere da specchio, che riflettesse per il paziente ciò che egli mostra all'analista, e l'analista doveva perciò essere opaco per il paziente. Né l'analista doveva richiedere al paziente operazioni intellettuali (come ad esempio di meditare su un certo periodo di vita), né doveva cercare di incanalare il processo di sublimazione del paziente. Freud proclamò che era necessario che lo psicoterapeuta si sottoponesse a un'analisi di addestramento. Nel 1914 Freud spiegò che nella situazione di traslazione tutti i sintomi hanno sostituito il loro significato precedente con un significato nuovo, organizzandosi in una nevrosi di traslazione che può essere guarita [407]. La nevrosi di traslazione è ima malattia artificiale, un regno intermedio tra la malattia e la vita reale, una transizione dalla nevrosi alla salute. In tal modo non solo vengono analizzate le parole del paziente ma anche il suo comportamento, e una volta che tutto è interpretato al paziente, ci si aspetta che egli utilizzi questa nuova comprensione. In presenza di una paziente donna che manifesti un amore di traslazione — aggiunse Freud nel 1915 — il ruolo dell'analista è di dimostrarle che il presunto amore è una forma di resistenza [408].

Nel 1919 Freud mise in guardia gli analisti dall'imboccare strade sbagliate [409]. Egli ripudiò l'innovazione e la norma di Ferenczi del ruolo attivo dell'analista e insorse contro l'idea che l'analista desse soddisfazione emotiva al paziente; l'analisi doveva essere condotta in un'atmosfera di astinenza. Né Freud ammise che una psicoanalisi dovesse essere integrata dalla psicosintesi, né che dovesse trattare di religione o filosofia e assumersi il compito di istruire il paziente. Ciò nonostante Freud si preoccupava dell'applicazione futura della psicoanalisi a clienti poveri; in tale evenienza egli ritenne che la psicoanalisi sarebbe dovuta essere integrata dall'ipnosi.

In Al di là del principio di piacere (1920) Freud reinterpretò il significato della traslazione come manifestazione della coazione a ripetere. Il concetto di pulsione di morte e le nuove teorie che sarebbero presto seguite implicarono profonde modifiche nelle tecniche psicoanalitiche, e altre ne vennero apportate dai promotori della psicoanalisi dell'Io. L'epicentro del lavoro analitico ora non fu più l'indagine diretta dell'inconscio, ma l'esplorazione delle difese dell'Io. Gli impulsi inconsci erano sentiti come minacce dall'Io, che provava angoscia e si proteggeva attraverso un sistema di difese. Compito dell'analista era quello di svelare cautamente tali difese e di elaborare almeno una parte dell'angoscia che ne era alla base (Freud ammise ora che l'angoscia non poteva essere completamente eliminata). Il terapeuta analizzava queste difese, sia quelle anacronistiche sia quelle inappropriate, e la loro relazione con i sintomi nevrotici. Egli insegnava al paziente a usare difese più appropriate, che permettessero un migliore adattamento.

Nelle ultime pubblicazioni di Freud si potrebbe percepire un tono quasi pessimistico. Egli ipotizzò che il futuro avrebbe attribuito molto maggiore importanza alla psicoanalisi come scienza dell'inconscio che come metodo terapeutico. In Analisi terminabile e interminabile (1937) Freud ammise che taluni trattamenti psicoanalitici devono essere ripresi dopo un certo numero di anni, mentre altri devono essere continuati, sia pure con intervalli, per tutta la vita [410]. Le prospettive terapeutiche sono limitate da fattori biologici, dalla forza costituzionale delle pulsioni, dalla debolezza dell'Io e particolarmente dalla pulsione di morte. Meno di tutti sono accessibili alla psicoanalisi il desiderio del pene da parte della donna e l'atteggiamento femminile di un uomo verso il proprio sesso. Nel Compendio di psicoanalisi, pubblicato postumo, Freud aggiunse a questi fattori negativi l'inerzia psichica, una specie di viscosità della libido e una debole capacità di sublimazione [411]. Egli raffigurò l'esito finale del trattamento come dipendente dall'equilibrio tra le forze che analista e paziente riescono a mobilitare a loro vantaggio, e la somma di forze negative operanti contro di loro.

Il modo migliore per valutare la novità e l'originalità dei metodi psicoanalitici di Freud è di confrontarli con quelli preesistenti, da cui egli partì.

Freud non fu il primo terapeuta a trascorrere un tempo considerevole con i suoi pazienti, a permettere loro di parlare in un'atmosfera di benevolenza, ad ascoltare tutte le loro lamentele, a registrare tutta la storia della loro vita e a prendere in considerazione le cause emotive della malattia. Tutto questo era stato fatto da Janet, da Bleuler e da molti altri prima di loro, e fu preliminare all'uso di un metodo particolare. Ma la psicoanalisi può essere primariamente compresa come una modifica delle tecniche precedentemente esistenti dell'ipnotismo.

L'ipnotizzatore, seduto su una sedia, stava di fronte al soggetto seduto su un'altra sedia e lo istruiva su come raggiungere il sonno ipnotico; il paziente dimostrava più o meno resistenza, ma si arrendeva nei casi favorevoli. Queste sedute venivano ripetute, spesso giornalmente, finché il paziente imparava a cadere rapidamente nel sonno ipnotico. La terapia ipnotica poteva quindi richiedere settimane o mesi. Nello stato ipnotico venivano rivelate capacità sconosciute e ricordi dimenticati, il soggetto svolgeva parti nuove e l'ipnotizzatore poteva indurre una regressione a periodi precedenti di vita del paziente. Ma il paziente spesso opponeva resistenza agli interventi dell'ipnotizzatore. Nel corso del trattamento ipnotico si stabiliva un singolare rapporto tra il soggetto e l'ipnotizzatore. Il forte elemento erotico del rapporto, come pure la possibilità di una dipendenza infantile del paziente, che rendevano delicato il compito di concludere il trattamento ipnotico, furono messi in risalto da molti autori.

Nella tecnica psicoanalitica il paziente si sdraia su un divano e il terapeuta sta seduto su una sedia dietro di lui, vedendolo ma non essendone visto. L'analista spiega la regola fondamentale, difficile da seguire, e il paziente deve superare le resistenze, che non scompaiono completamente neanche nel migliore dei casi. Dopo qualche settimana tuttavia, il paziente impara a superare la propria resistenza e anche a trovar piacere nel parlare a caso. Avviene un allentamento graduale delle associazioni e anziché seguire una successione di pensiero, il soggetto salta da un'idea all'altra. Col procedere dell'analisi appaiono sempre più ricordi dell'infanzia anche più remota, frammischiati con ricordi di sogni e fantasie, e il paziente incomincia ad avere un'immagine stranamente distorta dell'analista. L'analista dà interpretazioni che il paziente accetta o non accetta. Mentre con l'ipnosi la resistenza è semplicemente considerata un inconveniente, in psicoanalisi essa diventa un fenomeno importante da analizzare. Ciò che l'ipnotizzatore chiama rapporto, è chiamato traslazione dall'analista, che la considera come una riattivazione di antichi atteggiamenti verso i genitori da sottoporre ad analisi. Sono il lento sviluppo e la successiva risoluzione della nevrosi di traslazione che vengono considerati gli strumenti principali della tecnica psicoanalitica.

La contrapposizione può essere riassunta come nel seguente specchietto:

Ipnosi                                                                                                                                   Psicoanalisi

Situazione ambientale: paziente seduto.

Il soggetto sta di fronte all'ipnotista.                                                           Situazione ambientale: paziente sdraiato. L'analista è                                                                                                                      seduto dietro il paziente, lo vede ma non ne è visto.

Istruzioni preliminari: come diventare ipnotizzato.                                        Istruzioni preliminari: regola psicoanalitica fondamentale.

Prima settimana: il soggetto impara a diventare ipnotizzato.                          Prima settimana: il paziente supera l'avversione per la                                                                                                                      regola fondamentale.

Settimane o mesi seguenti: emergono capacità sconosciute,

nuovi ruoli, ricordi latenti.                                                                          Settimane, mesi o anni seguenti: allentamento del                                                                                                                      processo associativo, ricordi e fantasie frammentari,                                                                                                                       immagine deformata dell'analista.

Regressione ipnotica d'età.                                                                          Regressione psicoanalitica alle fasi preedipiche.

Suggestioni ipnotiche (in passato il "contratto" usato dai magnetizzatori).        Interpretazioni date al soggetto che è libero di accettarle                                                                                                                      o meno.

Resistenza come elemento di disturbo.                                                         Resistenza e analisi della resistenza.

Rapporto spesso utilizzato come strumento terapeutico.                                 Traslazione utilizzata e analizzata come strumento                                                                                                                      terapeutico.

I1 rischio di una dipendenza ipnotica rende difficile

la conclusione del trattamento.                                                                   Il trattamento termina con la risoluzione della nevrosi di                                                                                                                      traslazione.

Certe caratteristiche della tecnica psicoanalitica possono essere comprese nel contesto di ciò che scrissero i neuropatologi alla fine del diciannovesimo secolo circa la "diabolica abilità" degli isterici nell'ingannare il terapeuta e nel coinvolgerlo nei loro giochi. È come se ogni regola della tecnica freudiana fosse escogitata per battere l'astuzia di questi pazienti. La situazione ambientale specifica (lo psicoanalista vede ma non è visto) priva il pazienti di un uditorio e della soddisfazione di osservare le reazioni del terapeuta. La regola fondamentale, insieme con l'atteggiamento neutro dell'analista, impedisce al paziente di deformare le parole dell'analista e pone quest'ultimo nella posizione di un genitore sensibile che ignora le sciocche parole di un bambinetto. La regola che tutti gli appuntamenti devono essere pagati — che la seduta abbia luogo o meno — e in anticipo, impedisce al paziente di punire il terapeuta assentandosi o non pagando. L'analisi della traslazione, quando si presenta, elude lo scopo nascosto ma sempre presento dell'isterico, che è quello di sedurre il terapeuta. Per la stessa ragione viene data libertà completa di verbalizzazione, ma è proibita ogni specie di messa in atto e non è consentito alcun contatto con il terapeuta al di fuori delle ore di terapia. A causa della tendenza dell'isterico a sconfiggere il terapeuta con ogni mezzo, anche a prezzo di rimanere malato, non si promette la guarigione e al paziente si dice che la guarigione dipende dai suoi sforzi.

Le tecniche psicoanalitiche possono quindi essere considerate come una trasformazione delle antiche tecniche degli ipnotizzatori, concepite particolarmente per superare la basilare malizia degli isterici e il loro costante tentativo di imbrogliare l'ipnotizzatore. Tuttavia, sembra che la sempre presente resistenza dei soggetti psicoanalizzati abbia ereditato tale tratto isterico. La psicoanalisi incorporò anche i princìpi di altre tecniche psicoterapeutiche note in precedenza. Il sollievo da segreti penosi, patogeni, attraverso la confessione senza dubbio svolge una parte importante in talune guarigioni psicoanalitiche. L'esplorazione della vita interiore dei desideri e delle ambizioni frustrati, e delle fantasie, come insegna Benedikt, è parte integrale della psicoanalisi. L'alleviamento dei sintomi attraverso la presa di coscienza degli influssi inconsci non era sconosciuto. In una lettera all'amico Chanut, Descartes parlò della sua propensione a innamorarsi di donne con gli occhi strabici [412]. Nel riflettere sulla cosa, egli ricordò che da bambino amava una giovane signora che aveva quel difetto. Dopo aver riconosciuto e compreso questo nesso, la sua predilezione scomparve. In questa lettera noi troviamo la teoria del complesso (determinazione di un atto cosciente mediante un ricordo inconscio 0 semicosciente), e la nozione della sua terapia con il riportarlo alla coscienza e l'interpretarlo [413]. L'utilizzazione terapeutica della nevrosi di traslazione è paragonabile all'evocazione di un'ossessione latente nell'esorcismo, o alle tecniche mesmeriane di provocazione di crisi al fine di controllarle gradualmente [414]. Il concetto di traslazione stesso non fu che l'ultima metamorfosi del "rapporto", la cui lunga evoluzione, come l'utilizzazione terapeutica fattane da Janet, è stata descritta in precedenza [415]. Taluni scrittori e filosofi ricorrevano al pensiero spontaneo come aiuto per il lavoro creativo. Il poeta e medico romantico Johann Wilhelm Ritter era solito annotare qualunque pensiero gli venisse in mente, talvolta in forma incompleta e oscura, ma dal mezzo di quel groviglio poterono emergere brillanti aforismi e suggerimenti utili per esperimenti scientifici [416]. Un po' diversa fu la tecnica di Ludwig Börne. In un saggio sull'arte di diventare uno scrittore originale in tre giorni, Börne raccomandava di rinchiudersi per tre giorni con un rifornimento di carta, di scrivere "senza falsità e senza ipocrisia", su qualunque argomento venisse in mente [417]. L'idea di Börne era che gli uomini sono soffocati dal peso delle idee convenzionali e non osano pensare per conto proprio. Suo scopo era quello di liberare la mente dal pensiero adulterato. "La sincerità è la fonte di ogni specie di genio", proclamò Börne [418]. In un altro saggio Börne disse che "ciò che è pericoloso è la parola rimossa, ciò che è stato disprezzato si vendica, ma ciò che è stato detto ad alta voce non è invano" [419]. L'opera di Börne fu tenuta in grande stima dalla generazione di Freud e da Freud stesso.

Altre tecniche della spontaneità utilizzavano l'automatismo psichico. Dall'inizio del magnetismo, era noto che in una trance ipnotica si poteva indurre il soggetto a disegnare, dipingere, scrivere ecc. e di ciò egli non avrebbe ricordato nulla nello stato vigile. Più tardi, la scrittura automatica (attività nella quale il soggetto era consapevole di stare scrivendo ma non di ciò che scriveva) fu introdotta nella psicopatologia da Charles Richet, e usata come espediente terapeutico da Janet. La fissazione del cristallo divenne altresì oggetto di studi sistematici: un individuo guardava dentro una qualche superficie riflettente e incominciava a vedere delle nuvole che prendevano forme di proiezioni visive di pensieri inconsci. Anche il disegno automatico divenne di moda negli anni intorno al 1880 e abbiamo visto che Janet utilizzò il parlare automatico con la paziente Madame D., nel 1892. Questa era la tecnica più vicina a quella di Freud dell'associazione libera.

Freud contrapponeva alle libere associazioni dei pazienti l'attenzione liberamente fluttuante dell'analista, e anche in questo ebbe un predecessore. Nell'autobiografia, Galton disse che una volta nella sua vita si era occupato di mesmerismo e aveva magnetizzato circa ottanta persone, facendo in tale processo un'osservazione inattesa:

Mi avevano assicurato che il successo era effetto della forza di volontà da parte del magnetizzatore, così dapprima esercitai tutta la forza di volontà che possedevo, e questo era sfibrante; poi, in via sperimentale, m'interruppi un po', continuando a tenere lo stesso atteggiamento di prima, e scoprii di avere Io stesso successo. Così feci sempre più interruzioni, e alla fine riuscii a lasciar vagare la mia mente liberamente mantenendomi sempre con lo sguardo fisso. E la cosa funzionava ugualmente [420].

Tutti questi strumenti terapeutici e forse molti altri possono riconoscersi nell'ambito del procedimento terapeutico di Freud. Ma ciò non ne diminuisce le caratteristiche veramente uniche, vale a dire di aver avuto origine nell'autoanalisi di Freud. L'analisi di Freud fu un'applicazione ad altre persone dell'autotrattamento che egli immaginò per la propria nevrosi creativa. Ciò non esclude il fatto che egli possa aver applicato in precedenza taluni degli strumenti di tale procedimento (ad esempio l'associazione libera) e che egli analizzasse allo stesso tempo i pazienti e sé stesso. La psicoanalisi si distingue essenzialmente da altri metodi terapeutici in quanto il paziente ripete l'esperienza della malattia creativa di Freud, sebbene in forma attenuata e sotto una guida qualificata. Sottoporsi a una psicoanalisi con esito positivo significa fare un viaggio attraverso l'inconscio, un viaggio dal quale la persona esce necessariamente con una personalità modificata. Ma questo a sua volta dà luogo a un dilemma. Gli psicoanalisti affermano che il loro metodo è superiore ad ogni altro tipo di terapia, essendo l'unico capace di ristrutturare la personalità. D'altra parte, sempre più numerose limitazioni, controindicazioni e pericoli sono stati messi in rilievo da Freud e dai suoi successori. Potrebbe essere che la psicoanalisi, come terapia, venga sostituita da altre terapie meno laboriose e più efficaci, mentre qualche persona, privilegiata se la permetterà come esperienza unica, capace di cambiare la sua visione del mondo, del prossimo e di sé stessa?

Filosofia della religione, storia della civiltà e letteratura

Poco dopo aver concepito la sua teoria psicoanalitica Freud estese le sue riflessioni ai campi della religione, della sociologia, della storia delle civiltà, dell'arte e della letteratura. Le opere che scrisse su questi temi hanno suscitato opinioni contrastanti. Taluni critici furono inclini a considerarle come saggi alla maniera di Börne, vale a dire come pensieri frettolosamente annotati per chiarirsi le idee, scartando tutte quelle puramente convenzionali, e scrivendo tutto ciò che si sente circa un certo argomento. Ma vi sono stati sia freudiani sia non freudiani i quali considerarono tali opere una legittima estensione della ricerca psicoanalitica ai regni della filosofia, della civiltà, della sociologia e della teoria dell'arte e della letteratura.

Sebbene Freud sostenesse di disprezzare la filosofia, egli certamente espresse idee filosofiche, nel senso di un'ideologia materialistica, ateistica. La sua filosofia fu una forma estrema di positivismo, che considerava pericolosa la religione e superflua la metafisica. Nel 1907, Freud paragonò i sistemi ossessivo-coatti dei nevrotici ai riti e alle credenze religiose, e concluse che la religione era una nevrosi ossessiva universale, e l'ossessione una religione individualizzata [421]. Vent'anni più tardi nell'Avvenire di un'illusione (1927), Freud definì la religione come un'illusione ispirata dalla credenza infantile nell'onnipotenza del pensiero, una nevrosi universale, una specie di narcotico che impedisce il libero esercizio dell'intelligenza, e qualche cosa che l'uomo dovrà abbandonare [422]. Psicoanalisti d'indirizzo religioso obiettarono che li end aveva oltrepassato i confini della psicoanalisi ed esprimeva la sua personale opinione filosofica; ma Freud indubbiamente credeva che la psicoanalisi potesse smascherare la religione come qualunque altro sintomo nevrotico.

Con Totem e tabù Freud si propose di riandare all'origine non solo della religione ma anche della civiltà umana, e di trovare un collegamento tra il complesso edipico individuale e la preistoria dell'umanità [423]. Leggendo le opere di Tylor, Lang, Frazer e di altri etnologi, Freud notò che nei popoli pi unitivi come pure nei nevrotici vi era lo stesso orrore per l'incesto, lo lesso carattere irrazionale nel tabù primitivo e nelle fobie nevrotiche, la stessa onnipotenza del pensiero nelle procedure magiche e nelle fantasie nevrotiche. Freud progettò una teoria complessiva che conferisse una base comune per spiegare i sintomi nevrotici, le manifestazioni sociali e culturali nei popoli primitivi e l'origine della civiltà. Il nucleo comune viene dimostrato nella storia dell'uccisione del padre primordiale, estensione della nozione del complesso edipico. Ogni bambino — disse Freud — deve superare il suo secreto desiderio di uccidere il padre e sposare la madre. Se riesce a superare con successo tale prova, il suo Super-io è costruito, ed egli sarà preparato per uno sviluppo normale e per una normale vita adulta; se fallisce, è destinato ad essere nevrotico. Questo è il destino di ogni uomo, ma tale destino individuale è il riflesso di un evento decisivo accaduto nella preistoria dell'umanità. Secoli fa gli uomini vivevano in orde sotto il dispotismo di un vecchio padre crudele, che teneva per sé tutte le donne ed esiliava i figli diventati grandi. I figli scacciati vivevano in una comunità unita da sentimenti e comportamento omosessuali. Alla fine, i figli uccidevano e mangiavano il padre, soddisfacendo il proprio odio, ma questo fu l'inizio del totemismo. Essi onoravano l'animale totemico come un antenato benevolo (come doveva essere stato il padre), ma a intervalli regolari lo uccidevano e lo divoravano. Dopo aver ucciso il padre, essi non osavano prenderne le donne, effetto questo di un'obbedienza posteriore; inoltre la nuova organizzazione sarebbe stata minacciata se i maschi avessero litigato tra loro per le femmine. Questa fu l'origine dei primi due comandamenti dell'umanità, la proibizione del patricidio e la proibizione dell'incesto, l'inizio della civiltà umana, delle morali e della religione, e allo stesso tempo il prototipo del complesso edipico.

L'idea dell'umanità primitiva che viveva in orde sotto il comando di un maschio tirannico fu uno degli assunti ipotetici di Darwin. J. J. Atkinson ampliò la descrizione di Darwin: conseguentemente al fatto che il padre esiliava i figli rivali, vi erano due gruppi che vivevano in stretta prossimità; uno era la "famiglia ciclopica" comprendente il capo maschio, le femmine catturate, le sue discendenti femmine e una truppa di bambini di ambo i sessi, l'altro una banda di figli esiliati "che vivevano molto probabilmente in uno stato di poliandria" e in "pacifica unione" [424]. Quando un gruppo di maschi si sentiva più forte del padre, lo attaccava e lo uccideva, e il giovane maschio più forte gli succedeva. Tale lotta poteva essersi perpetuata, ma Atkinson suppose che a un certo punto una moglie fosse stata in grado di persuadere il patriarca a tenere uno dei figli perché potesse succedergli, alla condizione di non toccare le mogli dell'uomo anziano, e questo fu l'inizio della proibizione dell'incesto. Freud si rifece altresì alla teoria di William Robertson Smith sull'origine dei culti semitici: nel tempo in cui gli uomini vivevano in piccoli clan sotto la credenza e la regola del totemismo, essi usavano sacrificare un animale totemico a intervalli regolari e mangiarlo in un banchetto cerimoniale [425].

È probabile che Trasformazioni e simboli della libido (1912; ed. definitiva 1952: Simboli della trasformazione) di C. G. Jung abbia fatto convergere l'interesse di Freud sulla storia della civiltà, ma vi era anche un acuto interesse a riguardo del totemismo tra gli etnologi contemporanei. Numerose teorie, che sono oggi in gran parte dimenticate, sorsero ovunque [426]. Durkheim sostenne che il totemismo era stata la radice comune di tutte le religioni dell'umanità. Frazer enunciò tre diverse teorie, la terza delle quali è esposta nel suo libro Totem and Exogamy (Totem ed esogamia), che fu una delle fonti principali di Freud. Nel 1912 Wundt tentò una ricostruzione degli stadi successivi attraversati dall'umanità, uno dei quali era quello del totemismo.

In realtà, non è impossibile che l'ispirazione per Totem e tabù provenisse meno da un'imperscrutabile preistoria che dagli eventi contemporanei. In quegli anni la Turchia, impero anacronistico e limitrofo dell'Austria, era governata dal "sultano rosso" Abd ul-Hamid II. Questo despota aveva potere di vita e di morte sui suoi sudditi, manteneva centinaia di mogli in un harem sorvegliato da eunuchi, e di tanto in tanto massacrava intere popolazioni del suo impero. Nel 1908 "i figli si unirono contro il vecchio crudele", i Giovani Turchi si ribellarono e rovesciarono il sultano, al fine di fondare una comunità nazionale in cui potessero fiorire la civiltà e le arti. Questi avvenimenti venivano considerati con il più acuto interesse in Austria, più che in qualunque altro paese. Qualunque cosa possano pensare gli etnologi dell'uccisione del padre primordiale, la storia mantiene il suo valore come mito filosofico, corrispondente al mito di Hobbes dell'origine della società [427]. Là condizione originaria dell'umanità, secondo Hobbes, fu "la guerra di ognuno contro ognuno"; poi gli uomini si unirono e delegarono la difesa dei loro diritti a un sovrano, e questo potere doveva da lui essere usato per il bene comune e come egli riteneva conveniente. Questa fu l'origine della monarchia assoluta, che per molti secoli fu la forma più comune di governo, nel bene e nel male. Come Hobbes rappresentò un mito filosofico dell'origine della monarchia assoluta, Freud rappresentò quello della sua dissoluzione.

In Psicologia delle masse e analisi dell'Io (1921), Freud propose i primi clementi di una sociologia che respingeva il concetto di una pulsione sociale autonoma ed era basata sulla teoria della libido [428]. Freud prese in esame le teorie di Le Bon, MacDougall e Trotter. La teoria della folla di Le Bon - egli disse - non spiegava il segreto del potere del capo risiedente nell'"Eros, che tiene unite tutte le cose del mondo". La libido unisce l'individuo al capo e lo induce a rinunciare alla propria individualità. Accanto alla massa transitoria, non organizzata, vi sono anche le "masse durevoli, artificiali" come la Chiesa e l'esercito, in cui il legame dell'individuo al capo ò un legame d'amore, rafforzato dall'illusione che il capo lo ami. I singoli individui s'identificano con il capo e sono legati tra loro dalla loro comune-identificazione. Tutte queste manifestazioni della libido, inoltre, coprono qualche cosa di più fondamentale: le pulsioni aggressive. Quando un gruppo si sgretola, si scatena l'aggressività sotto forma di esplosioni di violenza, oppure la perdita di sicurezza produce angoscia, che assume la forma di panico. In realtà gli individui sono tenuti uniti tra loro dagli elementari sentimenti dell'invidia e dell'aggressività. Quando un cantante famoso attrae una frotta di giovani donne, la loro comune ammirazione per lui è la sola cosa che le trattiene dal tirarsi reciprocamente i capelli. "Il sentimento sociale sta quindi nella trasformazione di un sentimento precedentemente ostile in un attaccamento positivo sotto forma di identificazione... tutti gli individui vorrebbero essere uguali ma anche essere governati da una singola persona": assunto, questo, non molto lontano dalla teoria di Hobbes sull'origine della società. Freud concluse sottolineando la somiglianza tra questi gruppi di uguali con il loro capo e l'orda primordiale.

Psicologia delle masse e analisi dell'Io trasse ovviamente ispirazione dalla disgregazione dell'Impero asburgico alla fine del 1918, con il panico e la miseria che vi seguirono. Ma s'inserì anche nel contesto di una precedente corrente di "psicologia delle masse", la cui origine e storia non sono generalmente conosciute. Come indicò Dupréel, dopo l'insurrezione della Comune di Parigi nel 1871 vi era stata nell'Europa occidentale un"'ondata di pessimismo antidemocratico", tenuto in vita dalle agitazioni socialiste, dagli scioperi e dai sanguinosi tumulti così frequenti in quel periodo [429]. Il filosofo Teine dedicò il proprio lavoro alla compilazione di una storia della Rivoluzione francese nella quale diede particolare risalto alle rivolte e agli omicidi collettivi, con un'analisi delle loro cause sociali e psicologiche. Le conclusioni di Taine furono sviluppate e rese in forma sistematica da Tarde in Francia e da Sighele in Italia.

Tarde postulò un processo interpsicologico fondamentale che egli chiamò imitazione [430]. L'imitazione può essere cosciente o inconscia, si riferisce sia agli individui sia ai gruppi. Secondo Tarde, il padre è il primo signore, sacerdote e modello per il figlio; l'imitazione del padre da parte del figlio è il fenomeno primario che sta alla base della società. L'imitazione non si sofferma sulla forza o sull'abilità, ma sul prestigio, un fenomeno che Tarde, in un primo momento, paragonò all'ipnotismo. In seguito egli spiegò che il prestigio non deriva né dall'intelligenza né dalla forza di volontà, ma da "un'azione fisica non analizzabile" che "potrebbe forse collegarsi attraverso un invisibile anello alla sessualità" [431]. Tarde sottolineò la parte svolta dall'inconscio nella psicologia delle masse. Egli descrisse folle unite dall'amore, altre unite dall'odio. In quanto a Sighele, egli pose in rilievo che nessun fenomeno di massa può essere compreso senza un'analisi del contesto storico e sociale, come pure della composizione specifica delle folle considerate [432].

Questi insegnamenti di Tarde, Taine e Sighele furono adottati, semplificati al massimo e resi popolari da Le Bon nella sua Psicologia delle folle [433]. Ogni uomo nella massa — disse Le Bon — perde la propria individualità e acquista una parte dell'"anima della folla"; l'"anima della folla" è intellettualmente inferiore e mostra una specie di malignità intrinseca. Ciò può spiegarsi soltanto attraverso una specie di regressione ipnotica a uno stadio mentale preistorico dell'umanità. Le Bon applicò questi concetti dell'anima della massa alla psicologia dei gruppi sociali e alle vicissitudini della storia. Il libro ebbe un enorme successo. La teoria di Le Bon fu considerata da molti come una verità scientifica indiscutibile. Ci si potrebbe stupire che Freud l'abbia assunta come punto di partenza per la sua teoria. Come dimostra Reiwald, le teorie di Freud, mentre contraddicono Le Bon, mostrano considerevoli somiglianze con quelle di Tarde [434]. Ciò che Tarde aveva chiamato imitazione, Freud chiamò identificazione, e per molti versi le idee di Freud apparvero essere quelle di Tarde trasposte in concetti psicoanalitici. Nel Disagio della civiltà (1929) Freud espose opinioni supplementari sulle origini della civiltà [435]. Un certo numero di uomini scoprirono che se ponevano dei limiti al soddisfacimento delle loro pulsioni sessuali, erano in grado di costruire una comunità forte e unita. Tale situazione tuttavia portò inevitabilmente a un conflitto insolubile tra gli impulsi dell'individuo e le richieste della società. Queste ultime aumentarono nel corso del progresso della civiltà, approfondendo il conflitto, e Freud si chiese se le esigenze della società civile contemporanea non eccedessero il potere del singolo individuo di rimuovere le proprie pulsioni, creando in tal modo una nevrosi della civiltà. Il problema esaminato in questo saggio talvolta richiama alla mente Hobbes, ma può essere chiaramente ricondotto alla Genealogia della morale di Nietzsche e attraverso di lui al Supplément au voyage de Bougainville di Diderot [436].

Nello stesso saggio Freud presentò una nuova ipotesi circa l'addomesticamento del fuoco. Quando l'uomo primitivo incontrava il fuoco, lo estingueva orinando. Data la forma fallica delle fiamme, egli sperimentava un sentimento erotico di competizione omosessuale. Il primo uomo che rinunciò a tale piacere erotico fu in grado di piegare il fuoco a un uso pratico. "Questa grande conquista civile sarebbe perciò il premio a una rinuncia pulsionale." La donna fu posta a guardia del focolare perché anatomicamente incapace di estinguere il fuoco come l'uomo. In altra sede, Freud suggerì che la donna fu l'inventrice degli abiti perché voleva nascondere la sua vergognosa mancanza del pene; i peli del pube ispirarono l'invenzione della tessitura [437].

Mentre considerò la religione nociva e la filosofia inutile, Freud giudicò invece l'arte benefica all'uomo. Ma che cos'è l'essenza dell'arte? Freud la definì come "una conciliazione del principio di piacere e del principio di realtà" (similmente a Nietzsche che la considerava una fusione dei princìpi dionisiaco e apollineo) [438]. Il bambino piccolo vive interamente secondo il principio di piacere, ma quest'ultimo recede gradualmente in favore del principio di realtà, che dominerà per tutta la vita adulta. L'artista conserva il principio di piacere più a lungo degli altri, ma viene a un compromesso con il principio di realtà creando opere d'arte che soddisferanno il principio di piacere ad altri uomini. In un altro scritto, riferendosi più al poeta che all'artista, Freud pose in rilievo il ruolo della fantasia: predominante nel bambino, essa recede gradualmente, ma lo scrittore creativo è in grado di mantenerla e di convertirla in opera letteraria mediante certi strumenti, soprattutto procurando il piacere preliminare in elementi di forma [439]. Un altro dei contributi di Freud all'estetica è la sua analisi del perturbante, quel particolare sentimento di orrore e di brivido che pervade le opere di uno scrittore come E.T. A. Hoffmann [440]. Esso appare talvolta nell'inesplicabile ripetersi di avvenimenti che in sé stessi possono essere innocui; talvolta nella credenza in un doppio, o nel terrore dei fantasmi o di altri esseri maligni. Un sentimento del perturbante — riteneva Freud — sorge in situazioni nelle quali vengono stimolati materiale profondamente rimosso o atteggiamenti animistici dell'infanzia.

L'unico esempio di critica d'arte lasciatoci da Freud fu il suo articolo sul Mosé di Michelangelo, che dapprima apparve anonimo [441]. Binswanger osservò che il metodo usato da Freud in questo studio appartiene alla psicologia dell'espressione, che è anche uno dei primi stadi nella metodologia psicoanalitica [442]. In quanto alla critica letteraria, Freud dedicò una monografia di un'ottantina di pagine a un romanzo breve, Gradiva, di Wilhelm Jensen [443]. Freud dimostrò che si poteva dare un'interpretazione psicoanalitica dei deliri e dei sogni del protagonista, ma non spinse le sue interpretazioni alla personalità dell'autore.

Sotto il nome di "patografie" Moebius aveva pubblicato una serie di monografie che pretendevano di delucidare il pensiero di uno scrittore mediante una valutazione di fattori ereditari, della sua costituzione e biografia. Non fu molto tempo prima che i discepoli di Freud scrivessero monografie simili basate su concetti psicoanalitici. Freud stesso offrì il modello classico di tali studi con il suo saggio Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci (1910).

Leonardo da Vinci è generalmente considerato un genio universale incompreso dai suoi contemporanei. Nella sua personalità Freud sottolineò tre caratteristiche. In primo luogo, che la sua sete di conoscere lo portò a trascurare i suoi talenti principali e a volgere il proprio interesse sempre più verso l'investigazione scientifica; secondo, che essendo un lavoratore lento egli lasciò numerosi schizzi, ma la maggior parte delle sue opere rimase incompiuta; terzo, il suo "freddo rifiuto della sessualità" che fece presumere che fosse omosessuale. Freud rintracciò la radice comune di queste tre caratteristiche nella sessualità infantile di Leonardo. Figlio illegittimo, trascorse i primi tre o quattro anni della sua vita con la madre abbandonata, finché il padre, nel frattempo sposatosi, non lo adottò. Una madre, in tali situazioni, è incline a riversare fa propria libido sul bambino, determinando in tal modo un attaccamento incestuoso in lui: in questo la psicoanalisi vede una possibile origine della futura omosessualità. In realtà, non esistono documenti obiettivi sulla prima infanzia di Leonardo, ma l'artista annotò un ricordo de: primi anni della sua vita: un giorno, giacendo egli nella culla, un uccello (un nibbio) volò su di lui, gli aprì la bocca e vi inserì la coda. Questa fantasia potrebbe avere il significato di una perversione sessuale di tipo passivo, oppure essere una reminiscenza del succhiare al seno materno. La traduzione tedesca usata da Freud traduce "nibbio" con Geier, avvoltoio, e Freud commentò che nell'antico Egitto la figura di un avvoltoio era il geroglifico per madre, che la dea dalla testa d'avvoltoio Mut (che ricorda il tedesco Mutter) aveva una struttura androgina e un organo maschile; che inoltre, nel Medioevo, la specie degli avvoltoi era considerata completamente femminile, ingravidata dal vento. Tutto questo — disse Freud — richiama alla mente le teorie sessuali dei bambini. La curiosità sessuale infantile di Leonardo fu eccezionalmente stimolata a causa della situazione familiare, e divenne la base della sua successiva, insaziabile curiosità. La sua fissazione inconscia all'immagine della madre può essere distinta, secondo Freud, nei suoi capolavori artistici. Freud suppose che l'episodio dell'avvoltoio fosse un ricordo simbolico dei baci appassionati che egli ricevette dalla madre; che il sorriso di Monna Lisa evocasse un ricordo dell'enigmatico sorriso della madre a Vinci, tale che esso apparve nella Gioconda e in molti altri dipinti. Nel quadro della Madonna col Bambino e sant'Anna, Anna ha l'aspetto giovane come Maria, ed entrambe sorridono. Freud vide qui una sintesi dell'infanzia di Leonardo, divisa tra la madre vera e la matrigna. Infine, la ribellione dell'artista contro il padre fu un'altra determinante nella ricerca scientifica di Leonardo e nella sua fede non cristiana [444].

Il saggio di Freud su Leonardo da Vinci suscitò opinioni divergenti. Oskar Pfister credette che si potesse scorgere un avvoltoio come crittogramma inconscio nella Madonna col Bambino e sant'Anna di Leonardo. Meyer Schapiro raccolse le critiche fatte dagli storici d'arte [445]. La parola "nibbio" era stata erroneamente tradotta con Geier (avvoltoio). La fantasia del nibbio che introduce la coda nella bocca dell'infante era (com'è dimostrato da paralleli nel folclore) un presagio d'ispirazione. Artisti precedenti avevano dipinto sant'Anna e Maria insieme, con aspetto ugualmente giovane; il motivo del viso sorridente faceva parte della scuola del Verrocchio, il maestro di Leonardo. Non vi è alcuna prova che Leonardo trascorse i suoi primi anni solo con la madre; vi sono infatti ragioni per supporre che egli fosse stato preso dal padre alla nascita. Talune di queste argomentazioni sono state messe in dubbio da K. R. Eissler [446]. Il saggio di Freud su Leonardo da Vinci è stato generalmente ammirato per il magnifico stile e l'indefinibile fascino, e paragonato al sorriso enigmatico della Gioconda. Forse alcune delle interpretazioni date da Freud di Leonardo si riferivano a ciò che la sua autoanalisi gli aveva rivelato della propria infanzia.

Si potrebbe classificare tra le patografie lo studio di Freud dedicato al caso del magistrato tedesco Daniel Paul Schreber [447]. Uomo d'intelligenza e capacità eccezionali, Schreber trascorse dieci anni in istituti psichiatrici a causa di una grave malattia mentale. Dopo esserne stato dimesso, egli pubblicò nel 1903 un lungo racconto dei propri deliri, con il testo dei rapporti legali scritti su di lui dagli esperti. Nonostante il suo grande interesse fenomenologico, questo libro era una base alquanto limitata per una patografia; mancavano dati circa la famiglia di Schreber, la sua infanzia e la storia della sua vita prima del ricovero. La malattia stessa non era descritta nella sua evoluzione cronologica, ma solo nella forma che aveva assunto dopo molti anni di evoluzione [448]. Inoltre, i curatori avevano tagliato dalle Memorie di Schreber le parti che sarebbero state le più importanti dal punto di vista psicoanalitico. Rimaneva tuttavia un'inestricabile quantità di idee deliranti di tutti i generi. Schreber raccontò di come egli parlasse con il sole, gli alberi, gli uccelli (che erano frammenti di anime di persone decedute), di come Dio gli parlasse in lingua tedesca nobile, come quasi tutti gli organi del suo corpo fossero stati alterati, come si avvicinasse la fine del mondo, di come Dio lo avesse eletto a salvare l'umanità e così via. Tra tutti questi deliri Freud ne scelse due particolari che considerò fondamentali: primo, Schreber sosteneva di trovarsi coinvolto in un processo di trasformazione da uomo in donna; secondo, lamentava di aver subito assalti omosessuali da parte del suo primo medico, il neurologo Flechsig. Freud ipotizzò che l'omosessualità rimossa fosse la causa della malattia paranoide di Schreber. L'oggetto d'amore omosessuale di Schreber era stato il padre, poi Flechsig, in seguito Dio, oppure il sole. Freud spiegò che nell'omosessualità rimossa la frase "io lo amo" poteva essere negata in diversi modi, ognuno originando una varietà di deliri (persecuzione, erotomania, deliri di gelosia, deliri di grandezza). Fondamentale nei deliri di persecuzione è il meccanismo di "proiezione". La frase negata "io lo amo" è sostituita da "io non lo amo", "io lo odio"... "perché egli mi odia e mi perseguita".

La teoria di Freud dell'origine omosessuale della paranoia fu adottata da molti psicoanalisti, mentre altri ritennero che fosse valida soltanto per una certa forma di questa malattia. Taluni critici misero in rilievo che la deviazione di Schreber era la trans-sessualità più che l'omosessualità, e che la sua malattia mentale era la schizofrenia e non la paranoia. Essi aggiunsero che se anche era stato provato che vi era stata un'omosessualità rimossa, ciò non spiegherebbe le cause della malattia, ma solo il suo quadro sintomatico. Ida Macalpine e Richard Hunter proposero un'altra interpretazione psicoanalitica del caso Schreber: una profonda regressione a una fase primitiva di libido indifferenziata avrebbe provocato la riattivazione di fantasie infantili di procreazione [449].

Freud analizzò anche il caso di Christoph Haizmann, un pittore del diciassettesimo secolo, che si diceva aver stipulato due patti col diavolo, uno firmato con l'inchiostro e uno col proprio sangue, ma che riuscì a redimersi e a farsi restituire i due patti dal diavolo [450]. Sulla base di documenti accessibili (compresi dipinti suoi e frammenti del suo diario), Freud concluse che Haizmann, come Schreber, era preda di un potente complesso paterno. Il diavolo era una proiezione della sua ostilità contro il padre, e anche qui vi era un conflitto sull'omosessualità e sull'angoscia di evirazione. La Macalpine e Hunter reinterpretarono la storia di Haizmann come avevano fatto per il caso Schreber, alla luce delle nozioni di confusione sessuale e di fantasie di procreazione [451]. Vandendriessche rinvenne nuovi documenti su Haizmann, ma questi non hanno cambiato sostanzialmente la nostra conoscenza del caso [452]. Nessun critico finora sembra essersi chiesto se una parte dei deliri di Schreber e di Haizmann non potesse ascriversi a esagerazione o mitomania.

Una valutazione psicoanalitica di Dostoevskij fu scritta da Freud come introduzione alla pubblicazione di minute fino ad allora sconosciute dei Fratelli Karamazov [453]. Freud disse che Dostoevskij potè descrivere in modo indimenticabile un parricidio perché egli stesso soffriva di un rovinoso complesso paterno. Durante quegli accessi parossistici nei quali egli appariva come morto, Dostoevskij s'identificava col padre come desiderava che egli fosse (cioè morto), e allo stesso tempo l'accesso aveva il valore di una punizione per tale desiderio. La passione di Dostoevskij per il gioco traeva origine dalle sue tendenze autodistruttive, collegate con il suo complesso paterno. "Anche il Fato, infine, non è altro che una proiezione paterna più tarda", concluse Freud.

Mosè e il monoteismo che apparve in successione su "Imago" nel 1937 e 1938, non è né una patografia, né un libro erudito, né un romanzo [454]. Pur ammettendo che molto del saggio era ipotetico, Freud lo ritenne abbastanza plausibile da giustificarne la pubblicazione. In sintesi,

Freud partì dall'assunto che Mosè non fosse un ebreo ma un egiziano di rango e condizione elevati. Il re egiziano Akhenaton proclamò una religione monoteistica, ma dopo la sua morte una controrivoluzione fomentata dai sacerdoti ristabilì i culti pagani. Avendo rifiutato di abbandonare il monoteismo, Mosè fu respinto dagli egiziani e scelse gli ebrei come suo popolo. Con l'aiuto dei suoi seguaci, i leviti, Mosè trasmise il monoteismo ai giudei e li guidò fuori dell'Egitto, nella penisola del Sinai, dove essi si unirono con i midianiti, una tribù che adorava un dio locale insignificante chiamato Yahwèh. Scoppiò una rivolta contro Mosè ed egli fu ucciso dalla sua gente. Circa sessant’anni dopo però i due popoli furono riunificati da un nuovo capo, anch'egli di nome Mosè (i due furono più tardi confusi e considerati uno solo), che fece un compromesso tra il monoteismo e il culto di Yahwèh. Questa duplice struttura della nazione e della religione ebraica conteneva i germi delle future secessioni e vicissitudini politiche. Il ricordo del primo Mosè fu rianimato negli insegnamenti di successivi profeti, e il desiderio del ritorno del Mosè ucciso si risolse nella credenza nel ritorno del messia. La Storia di Gesù Cristo fu una riproduzione della storia del primo Mosè.

Mosè e il monoteismo sconcertò molti degli allievi di Freud e provocò indignate proteste da parte di ambienti ebraici. Storici della religione ne posero in risalto gli errori e le assurdità. Fu anche fatto rilevare che innumerevoli leggende erano nate intorno a Mosè dai secoli prima di Cristo fino a quel tempo. L'idea che Mosè fosse un egiziano era stata avanzata molte volte, da Eduard Meyer, tra gli altri, le cui opere erano ben note a Freud [455]. Molto di ciò che Freud afferma potrebbe altresì ricondursi a Schiller [456] e a Karl Abraham [457]. Secondo David Bakan, lo scopo di Freud era quello di respingere l'antisemitismo separando le caratteristiche mosaiche (l'onere del Super-io storico) dall'immagine dell'ebreo, e questo solo un ebreo era in grado di farlo [458]. Freud svolgerebbe quindi la parte di "un nuovo Mosè che giunge con una nuova Legge consacrata alla libertà psicologica personale". Un'altra interpretazione, plausibile come qualunque altra, sarebbe che Freud identificava sé stesso con il primo Mosè, e i suoi seguaci fedeli con i leviti; che egli considerava la propria partenza da Vienna come la fuga di Mosè dall'Egitto, e la psicoanalisi contemporanea come una mescolanza della sua propria dottrina con gli insegnamenti "impuri", pseudoanalitici. (In realtà era preoccupato per la direzione presa dal movimento e ne temeva le distorsioni nel mondo anglosassone.) Egli prevedeva un prolungato conflitto interno tra i due elementi nella psicoanalisi, ma sarebbero anche venuti profeti a ripristinarne la purezza originale.

Nonostante il suo rifiuto della filosofia e la mancanza d'interesse per la politica, Freud non potè fare a meno di esprimere opinioni su molti problemi d'interesse generale. Merita un breve accenno la sua opinione circa la guerra e la pace, e a riguardo dei fenomeni parapsicologici.

In una lettera a Einstein del settembre 1932, Freud espresse l'opinione che il maggiore ostacolo alla creazione di un'organizzazione centrale per assicurare la pace risieda nell'esistenza di pulsioni aggressive e distruttive nell'uomo [459]. La pulsione di morte può essere rivolta verso l'interno o verso l'esterno. Non di rado essa è volta verso l'esterno per la conservazione dell'individuo. Di fronte a tali pulsioni vi sono le varie forme di libido, che possono essere usate per agire contro le pulsioni distruttive fino a un certo limite; tuttavia, l'Eros e la pulsione di morte sono sempre frammischiati. Un'altra soluzione sarebbe l'educazione di una categoria superiore di persone indipendenti di pensiero e inaccessibili alle intimidazioni, capaci di guidare le masse sulla via della ragione.

Per molto tempo Freud rimase scettico a riguardo dei fenomeni parapsicologici, ma nel 1911 egli divenne membro della Society for Psychical Research [460]. Nel settembre 1913 egli raccontò a Lou Andreas-Salomé [461] di strani casi di trasmissione del pensiero di cui era venuto a conoscenza, ma non li pubblicò fino a molto più tardi, insieme con altri casi simili [462]. Freud affermò che la situazione psicoanalitica della traslazione apriva un nuovo accesso verso l'esplorazione dei fenomeni telepatici e affini. Riguardo lilla parapsicologia egli mantenne un atteggiamento di cautela, come dimostra l'intervista da lui concessa a Tabori nel 1935 [463]. Freud paragonò le discussioni circa i cosiddetti fenomeni occulti a una disputa sulla composizione dell'interno della terra: nulla sappiamo di certo, ma presumiamo che sia composto di metalli pesanti a temperatura molto alta; una teoria che affermi Mattarsi di una composizione d'acqua satura di anidride carbonica non appare logica, ma meriterebbe qualche discussione; se però spuntasse qualcuno con una teoria che l'interno della terra è fatto di marmellata, questa non sarebbe meritevole di alcuna attenzione scientifica.

Un appunto annotato da Freud nel 1938, forse il suo ultimo pensiero, possiede l'enigmatica semplicità di un oracolo delfico: "Misticismo: l'oscura autopercezione del regno al di fuori dell'Io, dell'Es [464]."

Le fonti del pensiero di Freud

Le fonti della psicoanalisi di Freud sono molteplici e conosciute in modo ; incora incompleto. Uomo di grande cultura scientifica e letteraria, che si trovò al bivio tra le principali correnti culturali del suo tempo, lettore onnivoro, capace di comprendere rapidamente l'interesse di idee nuove al fine ili adottarle e di dar loro una forma originale, Freud fu autore di una polente sintesi nella quale è impresa quasi disperata discernere che cosa provenisse dall'esterno e che cosa fosse suo contributo personale. In effetti, molte delle teorie di Freud erano note prima di lui o appartenevano alle correnti contemporanee. Freud attinse dai suoi maestri, colleghi, avversari, consoci, pazienti e allievi. "Un buono scrittore — disse Nietzsche — ha non soltanto il suo spirito, ma anche quello dei suoi amici [465]." Una gran parte di questo volume è stata dedicata ad autori e a sistemi di pensiero che a seconda del punto di vista potrebbero chiamarsi fonti o precursori di Freud. In ciò che segue tenteremo di dare un elenco succinto di tali fonti e precursori per quanto ci sono noti oggi.

La prima e principale fonte di ogni pensatore creativo si trova nella sua personalità. Freud possedeva quella sorta di ascetismo che fa il ricercatore scientifico, e una padronanza superiore della propria lingua, che (insieme con l'acuto interesse per la vita segreta delle persone e l'intuito psicologico) produce un grande scrittore. Egli era anche un buon sognatore, che potè illustrare L'interpretazione dei sogni con le sue produzioni oniriche. Soprattutto (come pensiamo noi), è dalla sua malattia creativa che trassero origine i più importanti princìpi della psicoanalisi: le nozioni di sessualità infantile, della libido con le sue fasi successive, le fissazioni e la trasformazione in angoscia, di situazione edipica, il romanzo familiare, la teoria dei sogni, gli atti mancati e i ricordi di copertura, il concetto di sintomi come appagamento sostitutivo di desideri, la nozione che le fantasie svolgono una parte principale nelle nevrosi e nella creazione poetica, e che le fantasie precoci, come pure le prime autentiche esperienze sessuali, hanno una parte fondamentale nel destino dell'individuo [466].

I diretti maestri di Freud — Brücke, Meynert ed Exner — furono i fautori di un'impostazione positivistica, rigorosamente scientifica, dello studio della neurofisiologia e della neuropsichiatria. Tuttavia, come abbiamo visto, questi uomini si abbandonarono alla corrente contemporanea della mitologia del cervello. Essi produssero ampie costruzioni speculative, che, evidentemente a loro insaputa, non furono altro che la tarda rinascita della filosofia della natura. Qui fu la fonte del "modello della psiche" di Freud del 1895, il cui influsso può essere seguito nelle sue successive costruzioni metapsicologiche. Maria Dorer sottolineò l'influsso di Meynert sulle teorie di Freud [467]. L'assunto fondamentale di Meynert era che le parti filogeneticamente più antiche del cervello erano il centro dei movimenti involontari ed erano controllate dalla corteccia, apparsa in una fase di evoluzione più recente e sede della funzione di costruzione dell'Io. Meynert distinse un Io primario, derivante dal funzionamento immediato dei centri corticali, e un Io secondario, risultante dall'attività dei fasci connettivi. Meynert riteneva che quando l'attività dei centri più recenti era disturbata, l'attività di quelli filogeneticamente più antichi acquistava più importanza. In questo modo egli spiegò l'origine delle idee di grandezza e di persecuzione. Egli considerò tali deliri come una manifestazione psicologica di due istinti fondamentali, l'attacco e la difesa, che la malattia aveva messo in primo piano. Il concetto di Freud di regressione fu costruito su uno schema simile. Abbiamo visto che Meynert e Freud dissentivano circa l'ipnosi; Meynert era uno di coloro che ne contestavano energicamente l'efficacia e si opponevano al suo impiego a motivo della sua natura erotica; Freud non accettava tali obiezioni, ma più tardi espresse anch'egli idee simili. Freud adottò anche idee precedentemente insegnate da Meynert circa la psicogenesi della perversione sessuale, e particolarmente dell'omosessualità [468].

Tra i maestri immediati di Freud vi furono anche Moritz Benedikt e Josef Breuer. L'influsso di Breuer fu tale che egli viene talvolta considerato il cofondatore della psicoanalisi. Abbiamo visto come il caso non compreso, e la non riuscita guarigione di Anna O. ispirassero Freud a ricercare una teoria e un trattamento delle nevrosi. Sembrerebbe che Breuer abbia anche ispirato Freud con parte della sua mitologia del cervello. Il ruolo di Benedikt nell'origine della psicoanalisi è stato generalmente trascurato, sebbene una nota lilla "Comunicazione preliminare" di Breuer e Freud avrebbe dovuto attrarre l'attenzione [469]. Abbiamo visto come Benedikt [470] spiegò l'importanza della vita segreta, i sogni a occhi aperti, le fantasie, i desideri e le ambizioni repressi, l'importanza dell'elemento sessuale nell'isteria e in altre nevrosi, e come egli ottenne brillanti guarigioni psicoterapeutiche liberando i pazienti dai loro segreti patogeni [471].

Maria Dorer ha dimostrato che una delle fonti principali della psicoanalisi fu la psicologia di Herbart, predominante in Austria all'epoca della giovinezza di Freud [472]. Herbart spiegò il concetto dinamico di una soglia fluttuante tra il conscio e l'inconscio, di conflitti tra rappresentazioni che sono in lotta fra di loro per ottenere l'accesso al conscio e che sono rimosse da quelle più forti ma tendono a ritornare, oppure producono un effetto indiretto nella coscienza, e la nozione di catene d'associazioni che s'incrociano in punti nodali, ma anche delle "associazioni che emergono liberamente", l'idea che i processi mentali nell'insieme sono regolati da una tendenza all'equilibrio. Tutto questo si ritrova nella psicoanalisi, seppure talvolta in forma modificata. Non sappiamo se Freud lesse Herbart, ma è certo che era stato iniziato alla psicologia di Herbart quando era allo Sperlaeum, attraverso il manuale di Lindner [473]. La psicologia di Griesinger e Meynert era anch'essa herbartiana in gran parte. Freud si richiama anche all'idea di Griesinger che in certe psicosi allucinatorie il paziente nega l'avvenimento che ha fatto insorgere la malattia [474].

Problema più oscuro è quello della possibile influenza della psichiatria romantica su Freud [475]. Abbiamo visto che Reil spiegò che molte malattie mentali avevano una causa psicogena e potevano essere guarite con la psicoterapia. Ideler considerò le passioni come la causa principale delle psicosi (specialmente l'amore sessuale frustrato). Egli parlò di fuga nella malattia, sostenne che l'origine dei deliri poteva essere ricondotta all'infanzia, e credette nella psicoterapia delle psicosi. Heinroth sottolineò l'effetto nocivo dei sentimenti di colpa, e applicò una psicoterapia differenziata. Neumann mise in risalto la relazione tra angoscia e impulsi frustrati; egli spiegò il significato sessuale nascosto dei vari tipi di deliri e di comportamento psicotico. È questione dubbia fino a che punto questi autori fossero stati dimenticati nell'Europa centrale alla fine del diciannovesimo secolo. Probabilmente nel corso di quel secolo fluì sempre una corrente sotterranea di psichiatria romantica, che sarebbe rivissuta negli anni 1890. Molte di quelle che, a posteriori, ci paiono novità sorprendenti nelle teorie della psicosi di uomini come Bleuler, Freud e Jung, apparvero ai loro contemporanei come un ritorno a concezioni psichiatriche antiquate.

L'origine della psicoanalisi non può essere compresa senza prendere in considerazione alcune tendenze delle ultime decadi del diciannovesimo secolo. Tre di queste sono state descritte in capitoli precedenti. Una fu la nuova scienza della patologia sessuale che ricevette un impulso decisivo da Krafft-Ebing [476]. La seconda fu lo studio psicologico dei sogni [477], e la terza l'esplorazione dell'inconscio [478].

Un'altra fonte importante del pensiero freudiano, la "tendenza demistificante", merita di essere qui accennata più in particolare, poiché è stata generalmente trascurata. È la ricerca sistematica dell'inganno e dell'autoin-ganno e la scoperta della verità sottostante (nota comunemente in Francia come démystification). Questa corrente sembra aver avuto inizio con i moralisti francesi del diciassettesimo secolo. La Rochefoucauld nelle sue Massime smascherò atteggiamenti e atti virtuosi come manifestazioni contraffatte di amour propre (in linguaggio attuale: di narcisismo). Schopenhauer descrisse l'amore come una mistificazione dell'individuo attraverso il "genio della specie", intendendo che le qualità attribuite alla persona amata sono illusioni derivanti dalla volontà inconscia della specie. Karl Marx affermò che le opinioni di un individuo, a lui sconosciute, sono condizionate dalla classe sociale, che è determinata da fattori economici. La guerra e la religione sono "mistificazioni", nelle quali le classi dominanti ingannano le classi inferiori e sé stesse. Nietzsche, ammiratore sia dei moralisti francesi sia di Schopenhauer, fu un altro esponente della tendenza demistificante. Egli perseguì instancabilmente le manifestazioni della volontà di potere sotto i suoi vari travestimenti, e quelle del risentimento sotto la forma dell'idealismo e dell'amore per l'umanità; pose in risalto il bisogno dell'uomo di "finzioni". Nella letteratura contemporanea la "demistificazione" divenne un tema abusato; nei drammi di Ibsen, ad esempio, taluni personaggi vivono nella completa inconsapevolezza della brutta realtà che sta dietro le facciate delle loro vite, finché non viene lentamente o brutalmente rivelata. La distruzione delle loro illusioni causa allora una catastrofe come in Rosmersholm e nell'Anitra selvatica. Negli Spettri (1881), Ibsen espresse in dramma l'idea che molte delle nostre azioni libere e volontarie non sono che la ripetizione di azioni compiute dai nostri genitori: "Viviamo in un mondo di spettri". Il concetto di Ibsen degli spettri fu citato molte volte da Freud nell'Interpretazione dei sogni e lo si può ravvisare nel suo concetto di traslazione. Il saggista Max Nordau scrisse libri che denunciavano le "menzogne convenzionali della civiltà". L'economista Vilfredo Pareto sottolineò l'importanza dell'autoinganno nei fenomeni sociali ed economici [479]. Hans Gross, fondatore della psicologia forense, condusse inchieste sugli atti mancati e Mille manifestazioni di sentimenti sessuali nascosti o rimossi [480].

Un'altra fonte importante della psicoanalisi fu la precedente psichiatria dinamica, da cui attinse molto più di quanto non si creda generalmente. Sarà sufficiente richiamarne cinque tratti caratteristici [481]. Primo, l'ipnosi, il metodo principale, fu praticata per qualche tempo da Freud e la tecnica psicoanalitica derivò da una graduale modifica dell'ipnosi [482]. Secondo, la prima psichiatria dinamica s'interessò particolarmente di certi quadri clinici, specialmente dell'isteria, e fu su pazienti isterici che Freud compì le sue indagini più importanti. Terzo, la prima psichiatria dinamica concepì due modelli della mente umana: uno basato sulla coesistenza di una psiche inconscia e di una psiche conscia, l'altro in forma di un gruppo di sottopersonalità. Freud iniziò con un modello del primo tipo, e adottò poi il modello del secondo tipo differenziando l'Es, l'Io e il Super-io. Quarto, la prima psichiatria dinamica fondò le sue teorie della patogenesi della malattia nervosa sui concetti di un fluido indeterminato, di energia mentale e attività autonoma di frammenti scissi della personalità. Vi è un riconoscibile collegamento tra questi concetti e quelli di libido e di complessi inconsci. Infine, lo strumento psicoterapeutico essenziale dei magnetizzatori e degli ipnotisti fu il rapporto, e abbiamo visto che la traslazione psicoanalitica fu una delle varie metamorfosi del rapporto.

Negli anni intorno al 1880 la prima psichiatria dinamica aveva infine ricevuto un marchio ufficiale di approvazione da Charcot, di cui Freud proclamava orgogliosamente di essere stato allievo, e da Bernheim, a cui Freud fece visita a Nancy. Non è facile valutare l'influsso esercitato da Charcot su Freud. Come si è accennato in precedenza, tale influsso sembra essere stato prevalentemente di natura personale, come un incontro esistenziale. Freud aveva un'immagine idealizzata del maestro francese e non rimase alla Salpètrière abbastanza tempo per rendersi conto che le dimostrazioni di Charcot con soggetti isterici ipnotizzati mancavano di qualunque valore scientifico. Freud esagerò l'importanza che Charcot attribuiva alla eredità dissimile (degenerazione, nel gergo medico del tempo) nell'etiologia dell'isteria; ed evidentemente egli non lesse il libro di Richer nel quale si dimostra che gli attacchi isterici erano riattivazioni di traumi psichici prevalentemente di natura sessuale (idea che Freud avrebbe in seguito sviluppato come propria). Tutto questo prova che l'influsso di un maestro spesso si esercita non tanto nei suoi insegnamenti effettivi quanto nelle percezioni distorte delle menti degli allievi. Ciò vale anche per l'influsso della scuola di Nancy su Freud, che attribuì quindi a Liébeault l'idea che "il sogno è il custode del sonno", affermazione che è in diretta opposizione con la teoria del sonno di Liébeault. Il fenomeno per il quale i pazienti danno spiegazioni razionali del fatto di obbedire a suggestioni postipnotiche era ben conosciuto; Freud non aveva bisogno di andare a Nancy per apprenderlo da Bernheim. Il procedimento di Bernheim di far recuperare ai soggetti il ricordo di ciò che era successo sotto ipnosi non aveva il significato che gli attribuì Freud, poiché nella dimostrazione di Berheim ciò accadeva subito dopo un breve e lieve stato ipnotico. Va riconosciuto come merito di Freud che da questo gli venne l'idea di far ricuperare ai suoi pazienti ricordi dimenticati da molto tempo in uno stato di veglia. Questo è un altro esempio di una scoperta attraverso un'errata interpretazione dei fatti.

L'influsso di Janet su Freud è un problema controverso che non è mai stato studiato in modo obiettivo. Nei suoi primi scritti Freud riconobbe la priorità di Janet a riguardo della scoperta della parte svolta dalle "idee fisse subconsce" (nei termini di Janet) nell'etiologia dei sintomi isterici, e della loro successiva guarigione mediante la "catarsi" (secondo la terminologia di Breuer e Freud). Quando Breuer e Freud pubblicarono la "Comunicazione preliminare" nel 1893, la priorità di Janet era di sette anni, ed egli aveva pubblicato sei o sette casi clinici importanti [483]. Per i contemporanei che conoscevano sia la letteratura psichiatrica francese sia quella tedesca, la priorità di Janet e la somiglianza tra il suo procedimento e quello di Breuer e Freud erano incontestabili. Janet inoltre anticipò Freud dimostrando, fin dall'inizio, che il solo ricupero del ricordo traumatico non era sufficiente, e che il "sistema psicologico" (il "complesso") doveva essere "dissociato" ("elaborato" in termini freudiani). L'influenza di Janet su Freud è ovvia negli Studi sull'isteria, anche nella terminologia usata; Freud usò i termini di Janet "miseria psicologica" e "analisi psicologica". Nel 1896 Freud denominò il proprio sistema "psicoanalisi" per distinguerlo dall'"analisi psicologica" di Janet, e incominciò a porre in rilievo le differenze tra le sue idee e quelle di Janet. Così facendo, Freud diede un'immagine deformata dei concetti di Janet, asserendo che la teoria dell'isteria di Janet era fondata sul concetto di " degenerazione". In realtà Janet spiegò che l'isteria derivava dall'interazione in diverse proporzioni, tra fattori costituzionali e traumi psichici, e questo è esattamente ciò che Freud denominò più tardi "serie complementari", Freud rilevò la parte svolta dalla rimozione nella patogenesi dei sintomi isterici, ma trascurò 1'"abbassamento del campo della coscienza" nella teoria di Janet. Janet sostenne che "Freud chiama 'rimozione' ciò che io ho chiamato 'abbassamento del campo della coscienza'" [484], ed è degno di nota che entrambe le nozioni possono essere ricondotte a Herbart [485], per il quale erano due aspetti dello stesso fenomeno. Freud inoltre criticò il concetto di Janet che l'isteria derivasse da una debolezza della "funzione di sintesi".

Un concetto simile, tuttavia, fu in seguito adottato dalla psicoanalisi sotto il nome di "debolezza dell'Io". Il passaggio di Janet dallo studio dei fenomeni "subconsci" a quello della "tensione psicologica" anticipò il passaggio della psicoanalisi dalla "psicologia del profondo" alla "psicologia dell'Io". La "funzione del reale" di Janet fu trasposta nella psicoanalisi sotto il nome di "principio di realtà". Riguardo alla tecnica psicoanalitica, vi è una certa analogia tra il "parlare automatico" usato da Janet nel caso di Madame D. e il metodo di Freud dell'associazione libera [486]. Una somiglianza più notevole è quella fra la traslazione psicoanalitica e l'uso sistematico di Janet di quelle varietà di rapporto fra terapeuta e paziente che egli chiamò "influenza sonnambolica" e "bisogno di direzione" [487], somiglianza questa che è stata riconosciuta da Jones [488]. Per la verità è difficile studiare i periodi iniziali dell'analisi psicologica di Janet e della psicoanalisi di Freud senza giungere alla conclusione, espressa da Régis e Hesnard, che "i metodi e i concetti di Freud furono modellati su quelli di Janet, a cui sembra essersi ispirato costantemente", finché le strade dei due non divennero divergenti [489].

Freud riconobbe sempre come propri maestri i grandi scrittori: i tragici greci, Shakespeare, Goethe, Schiller. Senza dubbio egli trasse molta ispirazione da essi, ma l'influsso di scrittori di minor grandezza sul suo pensiero non, dovrebbe essere dimenticato, particolarmente quello di Heine, di Börne [490], e di Lichtenberg [491]. La psicoanalisi dimostra una precisa analogia con certe tendenze letterarie contemporanee, quale il circolo "Giovane Vienna", il neoromanticismo e, come si è già accennato, il modo di Ibsen di smascherare le menzogne convenzionali e l'inconsapevolezza.

Le fonti filosofiche di Freud sono molte, ma nonostante le molte indagini, non sono ancora ben conosciute [492]. Pur avendo Freud espresso ripetutamente disprezzo per la filosofia e non avendo mai accettato l'idea di fare una filosofia della psicoanalisi, egli aveva un chiaro bagaglio filosofico che si rivelò nella sua Weltanschauung, come pure nel modo in cui egli rese psicologici certi concetti filosofici.

Fin dalla giovinezza Freud fu esposto al genere di pensiero filosofico prevalente in Europa dopo il 1850, che pretendeva di respingere ogni sorta di metafisica e di studiare il mondo solo da un punto di vista scientifico. In effetti, tale rifiuto della filosofia è l'equivalente di una filosofia specifica: lo scientismo, la dottrina secondo la quale la conoscenza del mondo potrebbe essere acquisita solo attraverso la scienza. Ma poiché la scienza ha i suoi limiti, una grossa parte della realtà (forse la parte maggiore) è inconoscibile. Stando alla logica, il positivismo dovrebbe implicare agnosticismo, poiché l'esistenza di Dio non può essere provata o confutata dalla scienza. Tuttavia Freud, come molti altri scienziati contemporanei, fu un ateo risoluto. Questa mescolanza di positivismo, scientismo e ateismo si rivela nello scritto di Freud L'avvenire di un'illusione (1927).

Stranamente questo modo di pensare estremamente positivistico condusse a un risorgere della filosofia della natura in una forma mascherata durante la seconda metà del diciannovesimo secolo. I depositari del positivismo, nel loro zelo per ripulire la scienza da qualunque traccia di metafisica, espulsero l'anima dalla psicologia, il vitalismo dalla biologia e la finalità dall'evoluzione. I neurofisiologi affermarono di poter spiegare i processi mentali in termini di strutture del cervello, esistenti o ipotetiche (questa fu la mitologia del cervello a cui ci siamo già riferiti), o anche esclusivamente in termini di processi fisici e chimici. Questi fisiologi ignoravano il detto di Bichat che "la fisiologia non è la fisica degli animali più di quanto l'astronomia non sia la fisiologia delle stelle" [493]. I princìpi di conservazione e trasformazione dell'energia furono trasposti in fisiologia e in psicologia come base delle costruzioni speculative che potrebbero essere denominate "mitologia dell'energetica". L'ipotesi di Darwin che l'evoluzione della specie è diretta dalla trasmissione ereditaria di modificazioni casuali attraverso la lotta per la vita e l'eliminazione del non adatto, divenne dogma scientifico. Toccò a Haeckel trasformare il darwinismo in una pseudoreligione sotto il nome di monismo. Freud era immerso in quel tipo di pensiero filosofico. Abbiamo visto che la mitologia del cervello di Meynert, la mitologia dell'energetica di Brücke e la combinazione di entrambe di Exner, condussero Freud a costruire il suo Progetto di una psicologia del 1895.

L'influsso di Darwin su Freud è stato esaminato in un capitolo precedente [494]. Si ricordi che Darwin introdusse una psicologia centrata intorno agli istinti, con particolare riferimento agli istinti aggressivi e amorosi. Tra le prove di Darwin della teoria dell'evoluzione vi erano i fenomeni di "reversione" che Freud, in campo psicologico, chiamò "regressione". Darwin abbozzò anche una teoria biologica dell'origine della società e dei princìpi morali. Freud prese da lui l'immagine degli uomini primitivi come esseri bestiali che vivevano in bande sotto la tirannia di un vecchio (il crudele vecchio padre di Totem e tabù). Anche Lombroso condivise l'idea che l'uomo preistorico fosse un essere bestiale e crudele. Lombroso credeva che il "criminale nato" fosse una revivificazione dell'uomo primitivo, e l'immagine di Freud dell'inconscio dell'uomo civile non era molto diversa dall'immagine di Lombroso dell'uomo primitivo. Alla dottrina darwiniana Haeckel aggiunse la sua cosiddetta legge biogenetica fondamentale [495], che Freud sembrò aver assunto come scontata. Abbiamo altresì visto che i modelli di pensiero di Marx potrebbero riconoscersi in taluni aspetti della psicoanalisi [496].

Il solo filosofo di cui Freud frequentò le lezioni fu Franz Brentano, propugnatore di una filosofia del tutto diversa. Questi proveniva da un'illustre famiglia che comprendeva il poeta Clemens Brentano, ed era fratello del famoso economista Lujo Brentano; divenne frate domenicano e professore di filosofia a Wurzburg, ma non potendo accettare il dogma dell'infallibilità del papa, abbandonò la Chiesa e andò a insegnare filosofia a Vienna come libero docente (esempio unico di inversione della normale carriera universitaria). Brentano insegnò una nuova psicologia basata sul concetto di intenzionalità, che egli aveva riesumato dalla filosofia scolastica medievale. Rudolf Steiner, che era uno dei suoi ascoltatori, disse che Brentano era un logico perfetto al quale ogni concetto doveva essere perfettamente chiaro e avere un suo posto preciso in un'argomentazione dialettica, ma talvolta dava l'impressione che il suo pensiero fosse un mondo a sé, fuori della realtà. Brentano era un oratore brillante, e le signore distinte di Vienna affollavano le sue lezioni; tra i suoi uditori vi erano uomini di interessi diversi, quali Edmund Husserl, Thomas Masaryk, Franz Kafka, Rudolf Steiner e Sigmund Freud. Brentano fu una figura eminente nella vita sociale viennese. Dora Stockert Meynert lo descrisse come somigliante a un Cristo bizantino, dalla voce dolce, che costellava la sua eloquenza con gesti di grazia inimitabile, "figura di un profeta con lo spirito di un uomo di mondo" [497]. Brentano era dotato di un prodigioso talento linguistico, e oltre alla fama di erudito e di filosofo originale, egli era noto per la sua improvvisazione di elaborati giochi di parole. Egli creò un nuovo genere di indovinello chiamato dal-dal-dal che divenne popolarissimo nei salotti viennesi e fu imitato; egli ne pubblicò molti anonimamente. Freud li citò in una nota nel Motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio; è l'unica citazione di Brentano nei suoi scritti. Prove che Freud possa essere stato influenzato da Brentano potrebbero trovarsi solo studiando accuratamente gli scritti di Freud e scoprendo in essi idee specifiche di Brentano stesso. Un lavoro del genere è stato fatto da James Ralph Barclay, il quale concluse che molti dei concetti di Freud potevano essere ricondotti a Brentano [498]. La nozione d'intenzionalità compare in Freud nella forma modificata di un'energia psichica incanalata verso mete pulsionali e l'appagamento di desideri. L'"esistenza intenzionale" di Brentano divenne 1'"investimento" di Freud. Per Freud, come per Brentano, la percezione non era un processo passivo ma un'attività dotata di energia psichica. L'evoluzione del processo primario in processo secondario, come fu descritta da Freud, è altresì rintracciabile in Brentano.

Neanche l'influsso della filosofia romantica su Freud può rintracciarsi in modo diretto, benché sia indubbiamente presente. Abbiamo parlato in un capitolo precedente delle somiglianze tra il pensiero romantico, Goethe e G. H. von Schubert da una parte e alcuni dei concetti di Freud dall'altra [499]. Tuttavia, il principale influsso esercitato su Freud dalla filosofia della natura derivò da due epigoni di questa, Bachofen e Fechner [500]. Un preciso parallelo può essere tracciato tra le fasi di evoluzione della società umana di Bachofen e le fasi della libido di Freud: questi però non cita mai Bachofen. In quanto a Fechner, va ricordato che Freud lo citò ripetutamente e ne trasse il concetto topico della mente, il concetto di energia mentale, il principio di piacere-dispiacere, di costanza, di ripetizione e forse l'idea del predominio della pulsione distruttiva sull'Eros. I concetti principali della metapsicologia di Freud derivano quindi da Fechner.

Tuttavia, la più vicina premessa alla psicoanalisi si trova nei filosofi dell'inconscio, Carus, Von Hartmann e, particolarmente, Schopenhauer e Nietzsche. Per chi ha familiarità con questi ultimi due filosofi non vi può essere il minimo dubbio che il pensiero di Freud fosse l'eco dei loro. Thomas Mann [501] disse che i concetti psicoanalitici erano le idee di Schopenhauer "tradotte dalla metafisica nella psicologia". F. W. Foerster [502] giunse a dire che nessuno doveva occuparsi di psicoanalisi prima di aver studiato a fondo Schopenhauer. Un tale studio dimostrerebbe agli psicoanalisti che hanno anche più ragione di quanto essi stessi non credano. Lo stesso vale tanto più per Nietzsche, le cui idee pervadono la psicoanalisi e il cui influsso è evidente, anche nello stile letterario di Freud. Ciò non è sfuggito all'attenzione di taluni psicoanalisti. Wittels, ad esempio, parlò della "divisione di Nietzsche in dionisiaco e apollineo, che è quasi completamente uguale a quella tra funzione primaria e funzione secondaria" [503]. Freud nel suo famoso scritto sui delinquenti per senso di colpa osservò che Nietzsche aveva descritto gli stessi individui sotto il nome di "delinquenti pallidi" [504]. Tipicamente nietzschiani sono il concetto di autoinganno della coscienza attraverso l'inconscio e il pensiero emotivo, le vicissitudini delle pulsioni (le loro combinazioni, conflitti, spostamenti, sublimazioni, regressioni e il volgersi contro l'individuo), l'energia carica di rappresentazioni, gli impulsi autodistruttivi dell'uomo, l'origine della coscienza e dei princìpi morali volgendo all'interno gli impulsi distruttivi, il risentimento e i sentimenti di colpa nevrotici, l'origine della civiltà nella rimozione delle pulsioni, per non parlare degli attacchi contro i costumi e la religione contemporanei [505].

L'enumerazione delle fonti di Freud dovrebbe tener conto anche dei suoi pazienti e dei suoi allievi. In capitoli precedenti di questo volume, sono stati dati esempi illustrativi della parte svolta dai pazienti nella storia della psichiatria dinamica. Anche Freud imparò molto da alcuni dei suoi pazienti. Tra questi, fu Elisabeth von R. che gli suggerì il metodo della libera associazione. Quanti altri suggerimenti egli ricevette da altri pazienti non sappiamo. Ma almeno un uomo ebbe una parte importante come paziente esemplare da cui Freud imparò moltissimo (come Janet da Madeleine). Questo paziente divenne famoso sotto il nome di "uomo dei lupi". Ecco un riassunto del suo caso.

Il giovane ventitreenne arrivò a Vienna all'inizio del 1910 e iniziò in quell'anno un trattamento analitico con Freud. Figlio di un ricco proprietario terriero russo, egli era intelligente, lucido, generoso, ma afflitto da abulia in grado eccezionale, che lo rendeva incapace di compiere qualunque cosa nella vita. In realtà, questo caso dev'essere apparso meno strano in Russia che nel resto dell'Europa; era esattamente l'immagine di quella condizione che viene chiamata in russo oblomovščina [506], condizione non eccezionale nei figli di ricchi proprietari terrieri che conducevano una vita interamente passiva, oziosa. II paziente fu chiamato l'"uomo dei lupi" a causa di un sogno terrificante di lupi che aveva avuto all'età di tre anni e mezzo. Per il suo atteggiamento straordinariamente passivo nella situazione analitica, come nel resto della sua vita, non vi fu alcun progresso per quattro anni, finché Freud non fissò un termine al trattamento e dichiarò che si sarebbe concluso nel giugno del 1914. Tale decisione produsse un rapido progresso e il paziente potè ritornare in Russia. Il suo caso fu di enorme interesse per Freud per la quantità di materiale che emerse, parte del quale confermava le sue teorie contraddicendo quelle di Adler e Jung. Ma parte di esso era anche del tutto nuova e gli sembrò quasi incredibile. Nel 1918 Freud pubblicò un estratto del caso, lo ampliò in un'edizione successiva, ma non pubblicò mai l'intera storia clinica [507]. Quando l'uomo dei lupi fuggì a Vienna dopo aver perso la sua fortuna nella Rivoluzione bolscevica, Freud lo prese in analisi gratuitamente per qualche mese e organizzò una sottoscrizione perché egli potesse vivere a Vienna con la moglie, e in seguito ricevere un trattamento integrativo da Ruth Mack Brunswick [508]. L'"uomo dei lupi" divenne una figura molto nota negli ambienti psicoanalitici, e una specie di esperto in problemi psicoanalitici. Senza dubbio egli ebbe una parte significativa nell'evoluzione di Freud alla "metapsicologia", contribuendo altresì alla sua comprensione dei fenomeni di controtraslazione.

Un altro problema che richiede una chiarificazione è l'influsso degli allievi di Freud sul pensiero del loro maestro. È certo che Freud trasse molte idee da Stekel, Adler, Ferenczi, Abraham, Rank, Silberer, Pfister, Jung, e litri. Gli esponenti della psicologia individuale rilevano il fatto che nel 1908 Adler propose il concetto di un impulso aggressivo primario, che Freud rifiutò adottandolo però sotto altra forma nel 1920; egli inoltre assunse da Adler i concetti di confluenza delle pulsioni (che aveva origine da Nietzsche). Jung introdusse in psicoanalisi i termini "complesso" e "imago", sottolineò l'idea dell'identificazione del bambino piccolo con il padre, stimolò l'interesse di Freud allo studio dei miti, e promosse altresì l'istituzione di un'analisi di addestramento obbligatoria per il futuro psicoanalista. In realtà è praticamente impossibile distinguere la parte svolta dagli allievi nella formazione delle idee di un maestro. Non solo gli allievi apportano nuovi progressi, ma i loro interessi particolari, le loro domande, e la sfida provocata dal loro contraddire le opinioni del maestro, sono difficilmente suscettibili di una valutazione completa.

È senz'altro possibile che si scoprano altre fonti di Freud, finora non identificate. Un tentativo in tale direzione è stato compiuto da David Bakan, il quale sostenne di avere rintracciato la connessione tra Freud e la tradizione della Cabala [509]. Ogni ebreo — disse Bakan, — che studi o no l'ebraico, inevitabilmente assorbirà qualche cosa della tradizione mistica ebraica, e ciò era tanto più vero per un ebreo di estrazione galiziana come Freud, i cui genitori e antenati erano stati per molto tempo immersi nelle correnti dell'hasidismo. Nella storia piuttosto tempestosa del misticismo ebraico, la psicoanalisi freudiana apparirebbe quindi come una delle sue tante vicissitudini. Il pensiero cabalistico è pervaso da un senso del mistero e del potere, aspira a estrarre significati nascosti dalle Scritture, e insegna una specie di metafisica del sesso. Secondo Bakan, l'antisemitismo dominante indusse Freud a nascondere la sua identità ebraica, cosicché egli presentò una derivazione del misticismo ebraico nelle sue opere in maniera velata. Un esame obiettivo dei fatti dimostra tuttavia che Bakan esagerò notevolmente l'intensità dell'antisemitismo a Vienna all'epoca della giovinezza di Freud e nei suoi anni maturi, e molte sue interpretazioni di opere di Freud sono discutibili. Certo, alcune delle analogie che egli traccia tra i concetti psicoanalitici (in particolare quelli di sessualità) e le dottrine cabalistiche sono sorprendenti, ma la questione è molto più complessa. Non vi è alcuna prova che Freud abbia mai avuto conoscenza di scritti mistici ebraici; d'altra parte, la metafisica cabalistica del sesso non è che un episodio di una tendenza di misticismo sessuale la cui storia non è ben nota: è un campo vasto, di cui troviamo rappresentanti maggiori e minori prima di Freud e contemporanei a lui.

Si ricordi che la filosofia di Schopenhauer era, in ampia misura, un tipo di misticismo sessuale fra tanti altri. Due esponenti successivi di tale tendenza conobbero Freud: Wilhelm Fliess e Otto Weininger. Wilhelm Fliess combinava il misticismo sessuale con un misticismo dei numeri. Come abbiamo visto, Fliess affermava di aver trovato una correlazione tra la mucosa nasale e gli organi genitali, e di aver scoperto la bisessualità fondamentale degli esseri umani [510]. Tanto negli uomini quanto nelle donne vi erano componenti fisiologiche sia maschili che femminili, in ognuno vi era una legge di periodicità basata sul numero ventotto per la componente femminile, e ventitré per quella maschile; usando i due numeri in varie combinazioni, Fliess era in grado di calcolare, a posteriori, il verificarsi di ogni avvenimento biologico. In quegli anni, Freud e Fliess erano entusiasti l'uno delle teorie dell'altro; Fliess in seguito completò e perfezionò le proprie. Vi fu un'aspra controversia tra Fliess e Weininger circa la priorità della teoria sulla bisessualità fondamentale; strana illusione in entrambi, giacché la teoria era tuttaltro che nuova. Era caratteristico dei tempi che Fliess fosse criticato per la sua teoria nasale-genitale e per la sua numerologia, ma non per il suo pansessualismo [511]. In quanto a Otto Weininger, il suo famoso libro Geschlecht und Charakter fu l'abbozzo di un sistema metafisico accentrato intorno al concetto della bisessualità fondamentale dell'essere vivente [512]. Alla luce di tale principio basilare, Weininger tentò di trovare risposte a problemi filosofici irrisolti. Il misticismo sessuale che pervadeva l'atmosfera intellettuale a Vienna alla fine del diciannovesimo secolo e all'inizio del ventesimo si estese anche alla nuova scienza della patologia sessuale. Abbiamo visto che certi autori rendevano in termini romantici le perversioni sessuali, insistendo sulle inaudite sofferenze emotive dei devianti sessuali [513]. Niente è più lontano dalla verità che l'assunto comune per il quale Freud fu il primo a introdurre teorie sessuali nuove in un'epoca in cui tutto ciò che era sessuale era "tabù". È notevole che altri sistemi di misticismo sessuale si siano sviluppati contemporaneamente a Freud, ma in modo del tutto indipendente da lui. In Russia, Vasilij Rozanov, l'iniziatore del trascendentalismo sessuale, spiegò la santità del sesso, che egli identificava con Dio [514]. Per riassumere:

L'atto sessuale — egli disse — è il centro dell'esistenza e il momento nel quale l'uomo diventa un dio. Il sesso è la fonte metafisica della mente, dell'anima, e della religione. Egli chiamò religioni del Sole le antiche religioni orientali e l'ebraismo primitivo, perché erano terrene e mondane, esaltavano la procreazione e la fertilità, la continuità della famiglia e la perpetuazione della specie. L'antica civiltà egizia era "una sorta di lirismo fallico". Il cristianesimo, che insegna l'ascetismo, la castità e la verginità, è una religione di morte. La vita è la casa; la casa dev'essere calda, bella e rotonda come un ventre. Gli omosessuali crearono la civiltà greca e furono i più grandi geni. La prostituzione è "il fenomeno più sociale, in una certa misura il prototipo della socialità...; i primi Stati nacquero dagli istinti delle donne verso la prostituzione". Rozanov interpretò gli scrittori attraverso le loro vite intime ("dalla loro "biancheria intima" come egli diceva); il suo simbolismo sessuale complessivo lo condusse a vedere il fallo ovunque nella natura [515].

Un altro sistema molto discusso di misticismo sessuale fu quello di Winthuis.

Il missionario cattolico Joseph Winthuis [516], che lavorò presso la tribù gunantuna della Nuova Guinea, sorprese gli ambienti degli etnologi con un libro sugli esseri bisessuati [517]. Egli disse che la lingua gunantuna conteneva un gran numero di parole e idiomi con un doppio significato, che questa gente aveva un linguaggio di segni, di cui ogni gesto aveva un significato sessuale, e una lingua di simboli pittorici basata su due linee fondamentali: diritta (il fallo) e curva (la vagina). Avendo registrato trenta canzoni apparentemente innocue dei gunantuna, Winthuis scoprì che ventinove di esse avevano un significato nascosto tanto grossolano che egli si sentì costretto a tradurle in latino invece che in tedesco. Winthuis concluse che la mente primitiva è pervasa di sessualità. Egli sviluppò quindi una teoria della religione primitiva come adorazione di un dio bisessuale, teoria che gradualmente estese a tutti i popoli primitivi, ai popoli preistorici e alla storia della religione nell'insieme [518]. L'essenza di questa religione era la credenza in un dio bisessuale e l'adorazione di esso. La sessualità in tale religione è sacra, perché l'atto sessuale è una ripetizione dell'avvenimento primordiale col quale il dio bisessuale creò il mondo, ed è così una perpetuazione dell'atto divino della creazione nel nome del dio, e per ordine suo. Violente polemiche sorsero intorno a queste teorie, che Winthuis difese con una convinzione quasi fanatica.

Ci si stupisce forse delle somiglianze e della possibile connessione tra il misticismo cabalistico, la metafisica del sesso di Schopenhauer, i sistemi di Fliess e Weininger, il trascendentalismo di Rozanov e la presunta scoperta di Winthuis di un'adorazione universale di un dio bisessuale. Sfortunatamente, il misticismo sessuale è una delle correnti meno esplorate nella storia delle idee, e sarebbe prematuro tentare di valutare la parte da esso svolta nell'atmosfera culturale nella quale crebbe la psicoanalisi di Freud.

In questa enumerazione incompleta delle fonti di Freud possiamo vedere che esse fanno parte di tre diversi periodi, di lunghezza ineguale. Nel primo periodo egli attinse direttamente o indirettamente ai suoi maestri e ai numerosi autori da lui letti. Nel secondo e relativamente breve periodo della sua autoanalisi, Freud imparò primariamente da sé stesso. Nel terzo periodo, che si estese dal 1902 fino alla sua morte, Freud imparò soprattutto da alcuni pazienti privilegiati e dai suoi allievi.

L'influsso dell'opera di Freud

Una valutazione obiettiva dell'influsso di Freud è enormemente difficile. La storia è troppo recente, deformata dalla leggenda e non tutti i fatti sono ancora venuti alla luce.

L'opinione generale è che Freud esercitò un potente influsso, non solo sulla psicologia e la psichiatria, ma su tutti i campi della cultura e che tale influsso è giunto fino a cambiare il nostro modo di vivere e il nostro concetto dell'uomo. Un problema più intricato riguarda le divergenze che sorgono non appena si cerchi di valutare la misura in cui tale influsso fu benefico o meno. Da una parte vi sono coloro che comprendono Freud tra i liberatori dello spirito umano, e che pensano addirittura che il futuro dell'umanità dipenda dal fatto che essa accetti o rifiuti gli insegnamenti della psicoanalisi [519]. Dall'altra parte vi sono coloro che sostengono essere stato disastroso l'effetto della psicoanalisi. LaPiere, ad esempio, afferma che il freudismo distrusse l'etica dell'individualismo, dell'autodisciplina e della responsabilità che prevaleva nel mondo occidentale [520].

Ogni tentativo di dare una risposta obiettiva a queste due domande — cioè la misura e la natura dell'influsso della psicoanalisi — si trova di fronte a tre grandi difficoltà.

Primo: come nel caso di Darwin, l'importanza storica di una teoria non è limitata a ciò che era originariamente nella mente del suo autore, ma è data anche dalle estensioni, aggiunte, interpretazioni e deformazioni della teoria stessa [521]. Perciò una valutazione dell'influsso di Freud dovrebbe cominciare con una descrizione storica della scuola freudiana e delle varie correnti da essa derivate: i freudiani ortodossi, i successori più originali (ad esempio, gli iniziatori della psicoanalisi dell'Io), le scuole devianti propriamente dette, con i loro scismi e rami devianti, e le altre scuole (Adler e Jung) fondate su princìpi fondamentali radicalmente diversi, sia pure come risposta alla psicoanalisi. E, ultima cosa ma non meno importante, si dovrebbero prendere in considerazione i concetti pseudofreudiani distorti, ampiamente divulgati dai giornali, dalle riviste e dalla letteratura popolare.

Secondo: una difficoltà ancora maggiore nasce dal fatto che fin dall'inizio la psicoanalisi si è sviluppata in un'atmosfera di leggenda, con il risultato che una valutazione obiettiva non sarà possibile finché non si saranno completamente separati i fatti storici veri dalla leggenda. Sarebbe prezioso conoscere il punto di partenza della leggenda freudiana e i fattori che l'hanno condotta al suo attuale sviluppo. Sfortunatamente lo studio scientifico delle leggende, della loro struttura tematica, del loro sviluppo e delle loro cause, è uno dei campi meno conosciuti della scienza [522], e fino a oggi nulla è stato scritto riguardo a Freud che sia paragonabile allo studio di Etiemble della leggenda sviluppatasi intorno al poeta Rimbaud [523]. Un rapido sguardo alla leggenda freudiana rivela due caratteristiche principali. La prima è il tema dell'eroe solitario che lotta contro una schiera di nemici, che soffre "le frombole e i dardi dell'oltraggiosa fortuna" ma alla fine trionfa. La leggenda esagera notevolmente la misura e la parte dell'antisemitismo, l'ostilità del mondo accademico e dei presunti pregiudizi vittoriani. La seconda caratteristica della leggenda freudiana è la cancellazione della maggior parte del contesto scientifico e culturale nel quale si sviluppò la psicoanalisi, quindi il tema dell'assoluta originalità dei risultati, in cui all'eroe si attribuiscono i risultati dei suoi predecessori, colleghi, allievi, avversari e contemporanei.

Messa da parte la leggenda, ci è consentito di vedere i fatti in una luce diversa. Freud ci si presenta come persona che ha avuto una carriera che era quella media dell'accademico contemporaneo nell'Europa centrale, carriera i cui inizi furono solo moderatamente ostacolati dall'antisemitismo, e con intoppi non maggiori di molti altri. Egli visse in un tempo in cui le polemiche scientifiche avevano un tono più violento di oggi, e non soffrì mai di un grado di ostilità pari a quello di cui soffrirono uomini come Pasteur ed Ehrlich [524]. La comune leggenda, d'altra parte, attribuisce a Freud molto di ciò che appartiene, in particolare, a Herbart, Fechner, Nietzsche, Meynert, Benedikt e Janet, e trascura l'opera di precedenti esploratori dell'inconscio, dei sogni e della patologia sessuale. Molto di ciò che viene attribuito a Freud era sapere corrente diffuso, e la sua parte fu quella di cristallizzare queste idee e di dar loro una forma originale.

Giungiamo ora alla terza grande difficoltà nel valutare la misura e la natura dell'influsso esercitato dalla psicoanalisi. Molti autori hanno tentato di fare un inventario dell'influsso delle idee di Freud sulla psicologia del normale e dell'anormale, sulla sociologia, l'antropologia, la criminologia, l'arte, il teatro e il cinema; come pure sulla filosofia, la religione, l'educazione e i costumi. Non cercheremo di ripetere tali inchieste, e neanche di riassumerle, ma dobbiamo mettere in rilievo un fatto che è stato talvolta trascurato: la psicoanalisi stessa fu fin dall'inizio collegata ad altre correnti preesistenti o contemporanee di natura più generale. Intorno al 1895 la professione di neuropsichiatra era diventata di moda, vi era un'attiva ricerca di nuovi metodi psicoterapeutici, e uomini come Bleuler e Moebius tentavano di "ripsicologizzare" la psichiatria; le prime pubblicazioni di Freud apparvero come manifestazioni di questo nuovo corso. Nello stesso periodo vi fu un ampio sviluppo della psicopatologia sessuale: la teoria della libido di Freud fu una tra le molte novità in quel campo. Abbiamo già accennato alle affinità tra la prima psicoanalisi e le opere letterarie di Ibsen, Schnitzler, del gruppo "Giovane Vienna" e dei neoromantici; a queste devono aggiungersi i movimenti di avanguardia che sorsero più tardi, vale a dire i futuristi, i dada e i surrealisti [525]. L'aperta dichiarazione di ateismo di Freud si accordava con l'atteggiamento di molti scienziati contemporanei e gli procurò il favore del Monisten-Bund di Haeckel [526]. Il suo sistema fu giudicato abbastanza materialista da essere adottato da psicologi russo-sovietici prima di essere soppiantato dalla psichiatria pavloviana [527]. La prima guerra mondiale diede luogo a una corrente del "declino dell'Occidente" di cui le Considerazioni attuali sulla guerra e la morte di Freud non furono che una delle tante manifestazioni [528]. I disastri della prima guerra mondiale e la catastrofe incombente della seconda guerra mondiale costrinsero i pensatori a ricercare vie per salvare il mondo [529]. Il compito della psicoterapia fu allora quello di dare all'individuo un mezzo per tollerare le tensioni e l'angoscia, di qui lo spostarsi della psicoanalisi dalla psicologia del profondo alla psicoanalisi dell'Io [530].

Tuttavia ciò non è tutto, in quanto nel frattempo il progresso della tecnologia aveva inaugurato la società opulenta. A un sistema basato su un duro lavoro e su un'intensa competizione a cui il darwinismo sociale aveva dato l'ideologia successe un sistema basato sul consumo di massa con una filosofia edonistico-utilitaristica. Questa è la società che ha adottato entusiasticamente la psicoanalisi di Freud, spesso nella sua forma più distorta. I fatti esposti da LaPiere nel suo libro sull'etica freudiana sono forse esatti, ma non è giusto renderne responsabile Freud, non più di quanto non sarebbe giusto rendere responsabile Darwin per il modo in cui i militaristi, i colonialisti e altri gruppi predatori, e infine Hitler e i nazisti, si valsero di teorie pseudo-darwiniane. Accadde così a Freud, come era accaduto a Darwin e ad altri prima di loro, che essi sembrarono avviare una travolgente rivoluzione culturale quando in realtà fu la rivoluzione radicata nei cambiamenti socioeconomici a coinvolgere loro. Ritornando a Freud, passerà certo molto tempo prima che si possa distinguere ciò che può attribuirsi all'influsso diretto del suo insegnamento, e in quale misura le tendenze sociali, economiche e culturali diffuse si siano valse di concetti freudiani, o pseudofreudiani, per i loro scopi.

Noi siamo forse preparati, ora, a dare una risposta a quella difficile domanda: che cosa appartiene con sicurezza a Freud e costituisce la più intima originalità della sua opera? Possiamo distinguere tre grandi contributi: la teoria psicoanalitica, il metodo psicoanalitico e l'organizzazione psicoanalitica.

Quali che siano il numero delle sue fonti e i grovigli del suo contesto, la teoria psicoanalitica è universalmente riconosciuta come una sintesi potente e originale che è stata di incentivo per numerosi ricercatori e per molte scoperte nel campo della psicologia normale e anormale. Tuttavia, il problema del suo status scientifico non è ancora chiarito. A questo riguardo la posizione della psicoanalisi è sorprendentemente simile a quella del magnetismo animale nel 1818, quando il medico Virey si chiese perché le scoperte fatte nel campo della fisica al tempo di Mesmer fossero ora considerate ovvie, mentre la validità della dottrina di Mesmer continuava ad essere oggetto di discussioni emotivamente cariche [531]. Al contrario, scoperte fatte al tempo di Freud nel campo dell'endocrinologia, della batteriologia e simili sono inequivocabilmente integrate nella scienza, mentre la validità dei concetti psicoanalitici continua a essere messa in dubbio da molti psicologi sperimentali e da epistemologi [532]. Questo paradosso ha indotto molti freudiani a considerare la psicoanalisi come una disciplina al di fuori del campo della scienza sperimentale e più affine alla storia, alla filosofia, alla linguistica [533], o come una varietà dell'ermeneutica [534].

Anche più che il modello concettuale della psicoanalisi, il metodo psicoanalitico è la creazione di Freud, e costituisce la più intima originalità della sua opera. Freud fu l'inventore di un nuovo modo di occuparsi dell'inconscio, vale a dire la situazione psicoanalitica con la regola fondamentale, l'associazione libera, l'analisi delle resistenze e della traslazione. Questa è l'incontestabile innovazione di Freud.

Ma la novità più interessante di Freud fu probabilmente la fondazione di una "scuola" secondo un modello che non aveva alcun parallelo nei tempi moderni, ma è un rivivere delle antiche scuole filosofiche dell'antichità grecoromana, quali le abbiamo descritte in un precedente capitolo [535]. Fin quasi dall'inizio Freud fece della psicoanalisi un movimento con una propria organizzazione e una propria casa editrice, le sue rigide regole di appartenenza e la sua dottrina ufficiale, cioè la teoria psicoanalitica. La somiglianza tra la scuola psicoanalitica e le scuole filosofiche greco-romane fu rafforzata dopo l'imposizione di una iniziazione sotto forma di analisi di addestramento. Non solo l'analisi di addestramento richiede un grave sacrificio finanziario, ma anche un abbandono del riserbo e di tutto il Sé. Con questo mezzo un seguace è integrato nella società in modo più indissolubile di quanto non lo sia mai stato un pitagorico, uno stoico o un epicureo nella sua organizzazione. L'esempio di Freud a questo riguardo sarebbe stato seguito da Jung e da alcuni altri movimenti di psichiatria dinamica. Siamo così indotti a considerare il più sorprendente risultato di Freud la rinascita del tipo greco-romano di scuole filosofiche, e questo è senza dubbio un avvenimento degno di nota nella cultura moderna.

Note

Per gli scritti di Freud i rimandi di pagina si riferiscono, salvo diversa indicazione, ai volumi delle "Opere" e degli "Epistolari" di S. Freud in corso di pubblicazione presso l'editore Boringhieri.

[1] Seguiamo qui la cronologia data da A. Kasamas, Österreichische Chronik (Hollinak, Vienna 1948).

[2] G. Wolf, Die Juden, in "Die Völker Oesterreich-Ungarns. Ethnographische und cultur-historische Schilderung" (Prochaska, Vienna e Teschen 1883) vol. 7.

[3] H. Tietze, Die Juden Wiens. Geschichte - Wirtschaft - Kultur (Tal, Lipsia e Vienna 1933).

[4] A. Zemlinsky, Geschichte der Türkisch-Israehtischen Gemeinde zu Wien (Papo, Vienna 1888).

[5] S. Mayer, Ein Jüdischer Kaufmann, 1831 bis 1911. Lebenserinnerungen von Sigmund

Mayer (Duncker & Humblot, Lipsia 1911).

[6] M. Vishnitzer (a cura di), The Memoirs of Ber of Bokchow (1723-1805) (Oxford Univ.

Press, Londra 1922).

[7] Mayer, Ein Judischer Kaufmann cit.

[8] H. Steinthal, lieber Juden und Judentum. Vorträge und Aufsätze, a cura di G. Karpeles (Poppelauer, Berlino 1906).

[9] J. Breuer, Curriculum vitae, in H. Meyer, Dr Joseph Breuer, 1842-1925. Nachruf, 23. Juni 1925 (s.d.) pp. 9-24.

[l0] S. Freud, L'interpretazione dei sogni (1899) p. 186.

[11] Tietze, Die Juden Wiens cit., p. 231.

[12] M. Gruenwald, Vienna (Jewish Publication Society of America, Filadelfia 1936) pp. 518-23.

[13] Come, ad esempio, S. Zweig, Die Welt von Gestern (Fischer, Stoccolma 1958) e O. Lubarsch, Ein bewegtes Gelehrtenleben (Springer, Berlino 1931).

[14] Lettera al presidente della Kadimah, firmata "Joseph Breuer, stirpe Judaeus, natione Germanus" (J. B., ebreo di razza, tedesco di nazionalità). Sono molto grato a Käte Breuer per avermi mostrato la lettera e avermi autorizzato a citarla.

[15] Renée Gicklhorn, F. Kalivoda e J. Sajner, Nové archìvì nàlezy o dêtstvî Sigmunda Freuda v Pribore, Czech. Psychiat., vol. 63, 131-36 (1967); R. Gicklhorn e Sajner, The Freiberg Period of the Freud Family, J. Hist. Med., vol. 24, pp. 37-43 (1969).

[16] Una fotocopia del certificato di matrimonio dei genitori di Freud è riprodotta nell'articolo di W. Aron, Notes on Sigmund Freud's Ancestry and Jewish Contacts, Yivo Ann. Jewish soc. Sci., vol. 11, 286-95 (1956-57).

[17] La cronologia della vita di Jacob Freud è incerta. Si dice che avesse ventinove anni nel 1884 e che si fosse sposato a diciassette, il che porrebbe la sua nascita nel 1815 e il suo primo matrimonio nel 1832. Ma il figlio Emanuel si dice avesse ventinove anni nel 1852: sarebbe nato, quindi, nel 1831. In tal caso, al tempo della sua nascita, suo padre avrebbe avuto sedici anni.

[18] R. Gicklhorn, Eine Episode aus Freuds Mittelschulzeit, Unsere Heimat, vol. 36, 18-24 (1965), in particolare la nota a p. 23.

[19] E. Jones, Vita e opere di Sigmund Freud, trad. it., 3 voll. (Il Saggiatore, Milano 1962) vol. 1, p. 94.

[20] S. Bernfeld, Sigmund Freud, M.D., 1882-1885, Int. J. Psycho-Anal., vol. 32, 204-17 (1951). La citazione è da p. 207.

[21] Jones, Vita e opere cit., vol. 1, pp. 31 sg.

[22] E. Simon, Sigmund Freud, the Jew, Leo Baeck Inst. Yb., vol. 2, 270-305 (1957).

[23] Freud, Autobiografia (1924), parzialmente compresa in C. L. Musatti, Freud (con antologia freudiana) (Universale scientifica Boringhieri, N. 56).

[24] Freud, Le origini della psicoanalisi: lettere a Wilhelm Fliess 1887-1902.

[25] Id., Psicoanalisi e fede: lettere al pastore Pfister (1909-1937).

[26] Freud e K. Abraham, Briefe (1907-1926) (Fischer, Francoforte s. M. 1965).

[27] Freud e Lou Andreas-Salomé, Briefwechsel (Fischer, Francoforte s. M. 1966).

[28] Freud, Lettere alla fidanzata, trad. it. (Boringhieri, Torino 1968).

[29] M. Freud, Glory Reflected (Robertson, Londra 1957).

[30] Siegfried e Suzanne Bernfeld, Freud's Early Childhood, Bull. Menninger Clin., vol. 8, 107-14 (1944)-

[31] Bernfeld, Sigmund Freud, M.D. cit., pp. 204-17.

[32] Id., Freud's Scientific Beginnings, Am. Imago, vol. 6, 165-96 (1949).

[33] Id., Freud's Studies on Cocaine, 1884-1887, J. Am. psychoanal. Ass., vol. 1, 581-613 (1953).

[34] S. e S. Bernfeld, Freud's First Year in Practice, 1886-1887, Bull. Menninger Clin., vol. 16, 37-49 (1952).

[33] Josef e Renée Gicklhorn, Sigmund Freuds akademische Laufbahn im Lichte der Dokumente (Urban & Schwarzenberg, Vienna 1960).

[36] R. Gicklhorn, Der Wagner-Jauregg "Prozess" (non pubblicato).

[37] K. R. Eissler, Sigmund Freud und die Wiener Universität (Huber, Vienna e Stoccarda 1966).

[38] Maria Dorer, Historische Grundlagen der Psychoanalyse (Meiner, Lipsia 1932).

[39] Ola Andersson, Studies in the Prehistory of Psychoanalysis (Svenska Bokförlaget, Stoccolma 1962).

[40] F. Witteis, Sigmund Freud. Der Mann, die Lehre, die Schule (Tal, Lipsia 1924).

[41] Helen Walker Puner, Freud: His Life and His Mind (Howell & Soskin, New York 1947).

[42] H. Sachs, Freud, Master and Friend (Harvard Univ. Press, Cambridge 1945).

[43] Jones, Vita e opere cit.

[44] Non si conosce il motivo per cui il nome datogli inizialmente fu poi mutato in Sigmund.

[45] Aron, Notes on S. Freud's Ancestry cit.

[46] La parola May era scritta con la grafia antica, invece di Mai, cosicché era facile confonderla con März (marzo).

[47] Renée Gicklhorn mi informa che, secondo i registri cittadini, Jacob Freud visse nel 1860 al numero 114 della Weissgärberstrasse, nel 1864 al numero 5 della Pillersdorfgasse, nel 1865 al numero 1 della Pfeffergasse, nel 1872 al 5 della Pfeffergasse. Non si sa in che data si trasferì poi in Kaiser Josefstrasse.

[48] Freud, L'interpretazione dei sogni (1899) p. 199.

[49] R. Gicklhorn, Eine Episode cit.

[50] Judith Bernays Heller, Freud's Mother and Father, Commentary, vol. 21, 418-21 (1956).

[51] H. Stanescu, Unbekannte Briefe des jungen Sigmund Freud an einem rumänischen Freund, Neue Lit. (Zeitschrift des Schriftstellerverbandes der RVD), vol. 16, N. 3, 123-29 (giugno 1965).

[52]Questo famoso poema, imitazione d'un inno orfico, fu incluso nelle opere complete di Goethe e ritenuto un'opera inedita dei suoi anni giovanili. Ricerche successive tuttavia hanno dimostrato che il vero autore era Georg Christoph Tobler (1757-1812), giovane poeta svizzero, che lo inviò a Goethe. Si veda R. Pestalozzi, Sigmund Freuds Berufswahl, Neue Zürch. Ztg. (1° luglio 1956).

[53] Bernfeld, Sigmund Freud, M.D. cit. L'elenco completo dei corsi ai quali Freud era iscritto si trova alle pp. 216 sg.

[54] M. Benedikt, Aus meinem Leben. Erinnerungen und Erörterungen (Konegen, Vienna 1906) pp. 60-62.

[55] Vedi cap. 5, p. 311.

[56] Una vera e propria "scuola di Helmholtz" nel senso inteso da Bernfeld non esistè mai. È una vera sfortuna che una simile errata convinzione sia stata accolta senza alcun senso critico da tanti storici.

[57] K. E. Rotschuh, Geschichte der Physiologie (Springer, Berlino 1953) pp. 139-41.

[58] Erna Lesky, Die Wiener medizinische Schule im 19. Jahrhundert (Böhlau, Graz 1965) pp. 535-37.

[59] Breuer, Curriculum vitae, in Meyer, Dr Joseph Breuer, 1842-1925 cit.

[60] L. Breuer, Leitfaden beim Religionsunterrichte der Israelitischen Jugend (Klopfsen & Eurich, Vienna, 2° ed. riv. 1855).

[61] Dalla lettera alla Kadimah (1894), per cortese autorizzazione di Käthe Breuer.

[62] Anche questi particolari furono forniti da Käthe Breuer.

[63] Una copia di questo carteggio è in possesso di Käthe Breuer, che gentilmente mi autorizzò a prenderne visione.

[64] R. Steiner, Mein Lebensgang (Philos. Anthropos. Verlag, Dornach 1925) pp. 134 sg.

[65] A. de Kleyn, Josef Breuer (1842-1925), Acta oto-lar., vol. 10, 167-71 (1926).

[66] Vedi cap. 10, p. 940. Sono grato a Käthe Breuer per avermi mostrato i documenti della Breuer-Stiftung, e al nipote di Josef Breuer, George Bryant, per ulteriori informazioni.

[67] J. S. Mill, Gesammelte Werke (a cura di T. Gompertz) vol. 12, trad. ted. di S. Freud (Fües's Verlag, Lipsia 1880).

[68] Jones, Vita e opere cit., vol. 1, cap. 7.

[69] Nessuna inchiesta documentaria è stata finora condotta negli archivi dell'Ospedale generale di Vienna. Seguiamo il resoconto di Jones, basato sulle lettere di Freud alla fidanzata.

[70] Lesky, Die Wiener medizinische Schule cit., pp. 373-79.

[71] B. Sachs, Barnay Sachs (1858-1944) (Ngw York 1949) p. 55. Pubblicazione privata.

[72] A. Forel, Rückblick auf meinem Leben (Europa-Verlag, Zurigo 1935) p. 64.

[73] T. Meynert, Gedichte (Braumüller, Vienna e Lipsia 1905).

[74] Dora Stockert Meynert, Theodor Meynert und seine Zeit (Oesterreichischer Bundes-Verlag, Vienna e Lipsia 1930).

[75] T. Aschenbrandt, Die physiologische Wirkung und Bedeutung des Cocain insbesondere auf den menschlichen Organismus, Dt. med. Wschr., vol. 9, 730-32 (1883).

[76] Freud, Ueber Coca, Zentbl. ges. Ther., vol. 2, 289-314 (1884).

[77] C. Koller, Vorläufige Mitteilung über locale Anästhesierung am Auge, Klin. Mbl. Augenheilk., vol. 22, 60-63 (1884).

[78] Freud, Beitrag zur Kenntnis der Cocainwirkung, Wien. med. Wschr., vol. 35, 129-33 (1885).

[79] A. Erlenmeyer, Ueber die Wirkung des Cocains bei Morphiumentziehung, Zentbl. Nervenheilk., vol. 8, 289-99 (1885).

[80] Freud, Ueber den Ursprung des Nervus acusticus, Mschr. Ohrenheilk. Lar.-Rhinol., n.s., vol. 20, 245-51, 277-82 (1886).

[81] Nell'Interpretazione dei sogni (1899) Freud dice che Parigi era stata per molti anni il soggetto di uno dei suoi sogni e la gioia che provava ogni volta che metteva piede sulle strade di Parigi era per lui la garanzia che anche altri sogni si sarebbero realizzati (p. 184).

[82] Jones, Vita e opere cit., vol. 1, p. 232.

[83] Freud, Relazione sui miei viaggi di studio a Parigi e a Berlino (1886). Questo documento, ritrovato da Josef Gicklhorn, è stato pubblicato in J. e R. Gicklhorn, Sigmund Freuds akademische Laufbahn cit., pp. 82-89.

[84] Jones, Vita e opere cit., vol. 1, cap. 10.

[85] Erlenmeyer, Uebet Cocainsucht, Dt. Med.-Ztg., vol. 7, 672-75 (1886).

[86] J.-M. Charcot, Neue Vorlesungen über die Krankheiten des Nervensystems insbesondere der Hysterie, trad. ted. di S. Freud (Toeplitz & Deuticke, Lipsia e Vienna 1886).

[87] Jones, Vita e opere cit., vol. 1, pp. 223 sg.

[88] Vedi sopra, p. 528.

[89] R. Gicklhorn, Das erste öffentliche Kinder-Kranken-Institut in Wien, Unsere Heimat, vol. 30, 146-57 (1959).

[90] Lesky, Die Wiener medizinische Schule cit., passim; E. Menninger-Lerchenthal, Jubiläum der Gesellschaft der Aerzte in Wien, Ost. Ärzteztg. (1964).

[91] B. Breitner, Hand an zwei Pflügen (Inn-Verlag, Innsbruck s.d.) pp. 222-24.

[92] H. Page, Injuries of the Spine and Spinal Chard without Apparent Mechanical Lésions, and Nervous Shock (Churchill, Londra 1882).

[93] G. L. Walton, Case of Typical Hysterical Hemianesthesia in a Man Following Injury, Archs Med., vol. 10, 88-95 (1883); Id., Case of Hysterical Hemianesthesia, Convulsions and Motor Paralysis Brought on by a Fall, Boston med. surg. J., vol. 111, 558 sg. (1884).

[94] J. J. Putnam, Récent Investigations info the Pathology of So-called Concussion of the Spine, Boston med. surg. J., vol. 109, 217-20 (1883).

[95] R. Thomsen e H. Oppenheim, Heber das Vorkommen und die Bedeutung der sensorischen Anästhesie bei Erkrankungen des Zentralen Nervensystems, Arch. Psychiat. NervKrankh., vol. 15, 559-83, 633-80, 656-67 (1884).

[96] J. e R. Gicklhorn, Sigmund Freuds akademische Laufbahn cit., pp. 82-89.

[97] Anz. k.k. Ges. Ärzte Wien, N. 25, 149-52 (1886); Allg. wien. med. Ztg, vol. 31, 505-07 (1886); Wien. med. Wschr., vol. 36, 1445-47 (1886); Münch. med. Wschr., vol. 33, 768 (1886); Wien. med. Presse, vol. 27, 1407-09 (1886). Resoconto particolareggiato di Arthur Schnitzler; Wien. med. Bl., vol. 9, 1292 sg. (1886).

[98] M. Benedikt, Elektrotherapie (Tendier & Co., Vienna 1868) pp. 413-45.

[99] M. Rosenthal, Klinik der Nervenkrankheiten (1870) (Enke, Stoccarda, 2ª ed. 1875) pp. 466 sg.

[100] Stockert Meynert, Theodor Meynert cit., in cui è pubblicata la copia di una lettera di tono molto adulatorio di Charcot a Meynert, e si parla d'una visita di Meynert a Charcot nel 1892.

[101] P. Richer, Etudes cliniques sur l'hystéro-épilepsie ou grande hystérie (Delahaye & Lecrosnier, Parigi 1881) p. 258.

[102] Laquer, Neural. Zentbl., vol. 6, 429-32 (1887).

[103] A.V. Luzenberger, Ueber einen Fall von Dyschromatopsie bei einem hysterischen Manne, Wien. med. Bl., vol. 9, 1113-26 (16 settembre 1886). Luzenberger era assistente di Meynert alla Psychiatrische Klinik di Vienna.

[104] Bamberger era stato uno dei quattro membri del giurì che aveva concesso a Freud una borsa di studio per recarsi a Parigi. Freud aveva lavorato per tre anni nel laboratorio di Meynert. Nell'anno precedente aveva sostituito per tre settimane un medico alla casa di cura di Leidesdorf.

[105] Freud, Osservazione di un caso grave di emianestesia in un paziente isterico (1886).

[106] Ciò è stato dimostrato in base alle ricerche compiute nell'archivio della società da K. Sablik, Sigmund Freud und die Gesellschaft der Aerzte in Wien, Wien. klin. Wschr., vol. 80, 107-10 (1968).

[107] A. Schnitzler, Recensione di Charcot, Neue Vorlesungen über die Krankheiten des Nervensystems, trad. ted. di S. Freud, Int. klin. Rdsch., vol. 1, 19 sg. (1887).

[108] L'aggettivo geistreich, che letteralmente significa "pieno di spirito" poteva a quel tempo avere una connotazione ironica se usato per qualificare un uomo di scienza: sottintendeva che egli era dotato più d'immaginazione che di senso critico.

[109] Si veda G. de la Tourette, Traité clinique et thérapeutique de l'hystérie d'après l'enseignement de la Salpêtrière (Pion, Parigi 1901) pp. 76-88.

[110] Freud, Bemerkungen über Cocainsucht und Cocainfurcht, Wien, med. Wschr., vol. 37, 929-32 (1887).

[111] Wien. med. Wschr., vol. 37, 200 sg. (1887).

[112] Meynert, Beitrag zum Verständnis der traumatischen Neurose, Wien. klin. Wschr., 489-502 (1889).

[113] R. Gicklhorn, Das erste öffentliche Kinder-Kranken-Institut in Wien, Unsere Heimat, vol. 30, 146-57 (1959).

[114] Seguiamo le date e l'ortografia dei nomi risultanti dalla Heimat-Rolle di Vienna.

[115] H. Bernheim, Die Suggestion und ihre Heilwirkung, trad. ted. di S. Freud (Deuticke, Lipsia e Vienna 1889).

[116] Id., Neue Studien über Hypnotismus, Suggestion und Psychotherapie, trad. ted. di S. Freud (Deuticke, Lipsia e Vienna 1892).

[117] Freud, Ueber Hypnose und Suggestion, Int. klin. Rdsch., vol. 6, 814-18 (1892).

[118] Questa traduzione esiste in due forme, il cui testo è identico; l'unica differenza riguarda titoli e date, che sono: Poliklinische Vorträge von Prof. J. M. Charcot übersetzt von Sigmund Freud. Mit zahlreichen Holzschnitten im Text (Deuticke, Lipsia e Vienna 1892), e Poliklinische Vorträge von Prof. J. M. Charcot übersetzt von Sigmund Freud. I. Band. Schuljahr 1887/88. Mit 99 Holzschnitten (Deuticke, Lipsia e Vienna 1894).

[119] L. Eisenberg, Das geistige Wien. Künstler- und Schriftstellerlexikon, 2: Medicinisch-naturwissenschaftlicher Theil (Daberkow, Vienna 1893) pp. 132 sg.

[120] Vedi sopra, pp. 626 sg.

[121] M. Schur, Some additionai "Day Residues" of the Specimen Dream of Psychoanalysis, in R. M. Loewenstein e altri, "Psychoanalysis, a General Psychology. Essays in Honor of Heinz Hartmann" (International Univ. Press, New York 1966) pp. 45-85.

[122] Così lo riferì a Fliess poco dopo (lettera del 2 novembre 1896). Invece nell'Interpretazione dei sogni (1899) la scritta è riferita così: "'Si prega di chiudere gli occhi' oppure 'Si prega di chiudere un occhio'" (pp. 292 sg.).

[123] Edith Buxbaum, Freud's Dream Interpretation in the Light of His Letters to Fliess, Bull. Menninger Clin., vol. 15, 197-212 (1951).

[124] D. Anzieu, L'auto-analyse. Son rôle dans la découverte de la psychanalyse par Freud. Sa fonction en psychanalyse (PUF, Parigi 1959).

[125] H. F. Ellenberger, La maladie créatrice, Dialogue, Can. phil. Rev., vol. 3, 25-41 (1964).

[126] Vedi cap. 4, pp. 253 sg.

[127] Vedi cap. 7, pp. 775-79.

[128] Freud, Le origini della psicoanalisi: lettere a Wilhelm Fliess (1887-1902) p. 118.

[129] Ibid., p. 108.

[130] C. Si Freund, lieber psychische Lähmungen, Neural. Zentbl., vol. 14, Ç38-46 (1895).

[131] Freud, Le origini della psicoanalisi cit., p. 100. In realtà nell'articolo di Freund non c'è nulla che giustifichi una simile accusa.

[132] Ciò è dimostrato da alcune espressioni, quale ad esempio "Meinen Kollegen zum Trotz" (a dispetto dei miei colleghi) in una lettera del 30 maggio 1896; o quando si vanta d'essere stato "sfacciato" (frech) nei loro confronti.

[133] Freud, Frammento di un'analisi d'isteria. (Caso clinico di Dora.) (1901), p. 364. Si noti che questo scritto del 1901 fu pubblicato nel 1905.

[134] J.J. von Uexküll, Niegeschaute Welten (Fischer, Berlino 1936) pp. 153-45.

[135] P. Valéry, Autres ihumbs, in Œuvres, "Pléiade" (Gallimard, Parigi 1960) vol. 2, p. 673.

[136] "Noli foras ire, in teipsum redi; in interiore nomine habitat veritas" (De vera religione, cip. 30, S 72).

[137] III. Internationaler Kongress für Psychologie in München vom 4.-7. August 1896 (Lehmann, Monaco 1897) p. 369.

[138] A.W. Van Renterghem, Liébeault en zijne School (Van Rossen, Amsterdam 1898) p.133.

[139] J.L. Pagel, Biographisches Lexikon hervorragender Aerzte des neunzehnten Jahrhunderts (Urban, Berlino 1901) p. 545.

[140] C. Tournier, Essai de classification étiohgique des névroses, Archs Anthrop. crim., vol. 15, 28-39 (190°). Nel corso della sua vita Tournier raccolse una grande quantità di materiale, ma ne pubblicò ben poco.

[141] Vedi sopra, p. 509.

[142] Jb. Psychiat. Neural., vol. 20, 391 (1901).

[143] J. e R. Gicklhorn, Sigmund Freuds akademische Laufbahn cit., p. 99.

[144] Ciò è stato molto ben dimostrato da E.H. Erikson, The Dream Specimen of Psycho-analysis, J. Ani. psychoanal. Ass., vol. 2, 5-56 (1954).

[145] Per esempio, Freud dice che andava due volte al giorno a casa di una paziente per praticarle un'iniezione e che, con grande disappunto della portinaia, sputava per le scale, ma aggiunge che la colpa era della donna, che non aveva messo una sputacchiera (Interpretazione dei sogni, 1899, p. 223). Il particolare sembra piuttosto volgare ai lettori d'oggi, ma a quei tempi, in cui sputare era usuale e ammesso, e le sputacchiere erano distribuite almeno altrettanto generosamente quanto i posacenere al giorno d'oggi, non vi era nulla di strano in tale comportamento.

[146] La storia non pare del tutto convincente. Meynert non negò l'esistenza dell'isteria maschile, come dimostra la pubblicazione dell'articolo di Luzenberger (vedi sopra, pp. 507 sg.). L'isteria è per eccellenza la malattia che non si può tenere nascosta. Ricerche da me compiute tra esperti austriaci di storia della medicina hanno rilevato il loro scetticismo circa l'asserita "isteria maschile" di Meynert. Anche supponendo che Meynert sia stato capace di nascondere che soffriva di isteria maschile, è mai possibile che, dopo parecchi anni di polemiche con Freud, egli l'abbia chiamato al proprio capezzale per fargli una simile confessione?

[147] T. Gomperz, Traumdeutung und Zauberei, ein Blick auf das Wesen des Aberglaubens (Carl Gerold's Sohn, Vienna 1866).

[148] C'erano parecchi sinonimi utilizzabili: Traumauslegung, Interpretation der Träume, Deutung des Traumes e altri. Traumdeutung ricordava il termine Sterndeuterei (astrologia).

[149] Virgilio, Eneide. VII.459 sg., trad. A. Caro (SEI, Torino, 5ª ed. 1955).

[150] H. Blüher, Werke und Tage. Geschichte eines Denkers (List, Monaco 1953) p. 253.

[151] Ilse Bry e A. H. Rifkin, Freud and the History of Ideas: Primary Sources, 1886-1910, Sci. Psychoanal., vol. 5, 6-36 (1962). Vedi anche cap. 10, pp. 907 sg.

[152] J. e R. Gicklhorn, Sigmund Freuds akademische Laufbahn cit.

[153] Eissler, Zwei bisher übersehene Dokumente zur akademischen Laufbahn Sigmund Freuds, Wien. klin. Wschr., vol. 78, 16-19 (1966). [154] Id., Sigmund Freud und die Wiener Universität (Huber, Berna 1966).

[155] A. Engelbrecht, Wilhelm Ritter von Härtel, Jber. Fortschr. klass. Altertumswiss., vol. 141, 75-107 (1908).

[156] K. Kraus, Die Fakultät in Liquidation, Fackel, vol. 5, N. 144, 4-8 (17 ottobre 1903).

[157] R. Gicklhorn, Eine mysteriöse Bildaffäre, Wien. GeschBl., vol. 13, 14-17 (1958).

[158] Eissler, Kritische Bemerkungen zu Renée Gicklhorns Beitrag "Eine mysteriöse Bildaffäre", Wien. GeschBl., vol. 13, 55-60 (1958).

[159] Grazie alla cortesia della professoressa Ebenstein, direttrice della Oesterreichische Galerie, io stesso ho potuto vedere il dipinto di Orlik nei depositi del museo: si tratta di un olio, che misura 55 per 37 cm, valutato circa 100 dollari.

[160] Bry e Rifkin, Freud and the History of Ideas cit.

[161] Jones, Vita e opere cit., vol. 1, cap. 13. [162] Vedi cap. 10, pp. 932 sg.

[163] Seguiamo Jones, Vita e opere cit., vol. 3, p. 113.

[164] T. Mann, Freud und die Zukunft (Bermann-Fischer, Vienna 1936).

[165] S. Zweig, Worte am Sarge Sigmund Freuds, Erbe Zukunft, vol. 2, loisg. (1947).

[166] Anna Freud Bernays, My Brother, Sigmund Freud, Am. Mercury, vol. 51, 335-42 (1940).

[167] R. Gicklhorn, Eine Episode aus Sigmund Freuds Mittelschulzeit cit.

[168] R. Laforgue, Ein Bild von Freud, Z. Psychoter. med. Psychol., vol. 4, 210-17 (1954).

[169]M. Freud, Glory Reflected. Sigmund Freud. Man and Father (Angus & Robertson, Londra 1957).

[170] Questo documento è stato trovato negli archivi del ministero austriaco della Guerra da Renée Gicklhorn, che molto generosamente me ne fece avere una fotocopia, con l'autorizzazione a servirmene per il presente volume.

[171] Ho mostrato questo documento a un amico viennese più anziano, pratico di ricerche d'archivio, il quale in gioventù aveva prestato servizio nell'esercito austro-ungarico. Dopo attenta lettura, costui me lo restituì con un sorriso, dicendo: "Ciò dimostra che Freud era in buoni rapporti con l'ufficiale che stilò il rapporto."

[172] A. Albrecht, Prof. Sigmund Freud. The Eminent Vienna Psycho-Therapeutist Now in America, Boston Evening Transcript, 3 (11 settembre 1909).

[173] R. Recouly, A Visit to Freud, Outlook, N. Y., vol. 13;, 27-29 (5 settembre 1923).

[174] M. Eastman, Heroes I Have Known. Twelve Who Lived Great Lives (Simon & Schuster, New York 1942) pp. 261-73.

[175] A. Breton, Les pas perdus (Gallimard, Parigi 1924) pp. 116 sg.

[176] H. R. Lenormand, Les confessions d'un auteur dramatique, 2 voll. (Michel, Parigi 1949) vol. 1, pp. 270 sg.

[177] J. H. Schultz, Psychotherapie, Leben und Werk grosser Aerzte (Hippokrates-Verlag, Stoccarda 1952).

[178] V. von Weizsäcker, Erinnerungen eines Arztes. Natur und Geist (Vandenhoeck & Ruprecht, Gottinga 1954) pp. 173 sg.

[179] Ludwig, Der entzauberte Freud (Posen, Zurigo 1946) pp. 177-80.

[180] Odette Pannetier, Visite au Professeur Freud. Je me fais psychanalyser, Candide, vol. 13, N. 645 (23 luglio 1936).

[ 181] R. R. Grinker, Réminiscences of a Persona) Contact with Freud, Am. J. Orthopsychiat., vol. 10, 850-54 (1940).

[182] Hilda Doolittle, Writings on the Wall, Life Letters Today, vol. 45, 67-98, 137-54; vol. 46, 72-89, 136-51; vol. 48, 33-45 (1945).

[183] J. Wortis, Fragments of an Analysis with Freud (Simon & Schuster, New York 1954).

[184] B. Goetz, Erinnerungen an Sigmund Freud, Neue Schweiz. Rdsch., vol. 20, 3-11 (maggio 1952).

[185] CG. Jung, Notes on the Seminar in Analytical Psychology Conducted by C.G. Jung (Zurigo, 23 marzo-6 luglio 1925) (Zurigo 1926). Dattiloscritto a cura dei partecipanti al seminario.

[186] Ne fu un esempio il suo rifiuto, nel 1936, d'incontrarsi con Janet a Vienna, persuaso (del tutto a torto) che Janet l'avesse insultato nel 1913. Un altro esempio fu il suo commento alla notizia della morte di Adler (vedi cap. 8, pp. 748 sg.).

[187] Jones, Vita e opere cit., vol. 1, pp. 369 sg. Egli parla di "fobia dei viaggi", perché Freud andava alla stazione un'ora prima dell'orario di partenza del treno. In realtà, in un'epoca in cui i posti non si potevano prenotare, quella era la cosa più pratica da farsi.

[188] I viennesi che veramente non amavano Vienna la abbandonarono; quelli che la amavano sostenevano di odiarla, ma vi rimanevano. "Il viennese è un essere scontento di sé, che odia i viennesi, ma non può vivere senza i viennesi", diceva Hermann Bahr in Wien (Krabbe, Stoccarda 1906) p. 9. M. Freud (Glory Reflected cit., p. 48) esprime seri dubbi circa il supposto odio di suo padre per Vienna.

[189] Freud, Prefazione alla traduzione ebraica di Totem e tabù (Universale scientifica Boringhieri, N. 36) p. 27.

[190] Freud non dimostrò mai alcuna simpatia per il movimento sionista né ebbe contatti personali con Theodor Herzl, per quanto entrambi vivessero a Vienna e avessero parecchie conoscenze in comune. Il nome di Freud non compare nelle 1800 pagine a stampa del diario di Herzl, Tagebücher, 3 voll. (Jüdischer Verlag, Berlino 1922-23).

[191] S. E. Hyman, Freud and Boas: Secular Rabbis?, Commentary, vol. 17, N. 3, 264-67 (1954).

[192] D. Riesman, Individualism Reconsidered and Other Essays (The Free Press, New York 1954) pp. 305-408.

[193] Wittels, Freud and His Time (Grosset & Dunlap, New York 1931) pp. 3-46.

[194] Tra i vari studi su Freud scrittore, si veda in particolare quello di W. Muschg, Freud als Schriftsteller, Psychoanal. Beweg., vol. 2, 467-509 (1930).

[195] L. Koehler, Neue Zürch. Ztg., N. 667 (16 aprile 1939).

[196] P. J. Moebius, Angewählte Werke, vol. 5: Nietzsche (Barth, Lipsia 1904).

[197] C. E. Maylan, Freuds tragischer Komplex. Eine Analyse der Psychoanalyse (Reinhardt, Monaco 1929).

[198] M. Natenberg, The Case History of Sigmund Freud. A Psycho-biography (Regent House, Chicago 1929).

[199] Fromm, Sigmund Fieud's Mission. An Analysis of His Personality and Influence (Grove Press, New York 1963).

[200] P. Bailey, Sigmund the Unserene. A Tragedy in Three Acts (C. C Thomas, Springfield 1965).

[201] Maryse Choisy, Sigmund Freud: A New Appraisal (Philosophical Library, New York 1963) p. 48.

[202] F. Alexander, The Neurosis of Freud, Saturday Rev. Lit., 18 sg. (2 novembre 1957).

[203] R. Merton, Resistance to the Systematic Study of Multiple Discoveries in Science, Archs eur. Sociol., vol. 4, 237-82 (1963).

[204] Choisy, Sigmund Freud cit., pp. 48 sg.

[205] Marthe Robert, La rivoluzione psicoanalitica: la vita e l'opera di Freud, trad. it. (Boringhieri, Torino 1967) p. 62.

[206] Un esempio tra i tanti è la convinzione di Freud che l'Interpretazione dei sogni incontrasse soltanto silenzio o critiche negative, mentre in realtà ebbe un gran numero di recensioni positive o addirittura entusiastiche. Vedi anche cap. 10, pp. 907 sg.

[207] Eissler, Freud: Versuch einer Persönlichkeitsanalyse (dattiloscritto). Sono molto grato ad Eissler per avermi prestato questo studio, autorizzandomi a citarlo qui.

[208] Id., Goethe: A Psychoanalytic Study, 1775-1786, 2 voll. (Wayne State Univ. Press, Detroit 1963).

[209] E. Menninger-Lerchenthal, Julius Wagner-Jauregg, Furche (20 aprile 1957).

[210] J. Wagner von Jauregg, Lebenserinnerungen, a cura di L. Schönbauer e M. Jentsch (Springer, Vienna 1950).

[211] Vedi cap. 10, pp. 974-77.

[212] Eissler, Julius Wagner-Jaureggs Gutachten über Sigmund Freud und seine Studien zur Psychoanalyse, Wien. klin. Wschr., vol. 70, 401-07 (1958).

[213] Freud, Lettere 1873-1939, trad. it. (Boringhieri, Torino 1960) pp. 312 sg.

[214] A. Schnitzler, Ueber funktionelle Aphonie und deren Behandlung durch Hypnose und Suggestion, Int. klin. Rdsch., vol. 3, 405-08 (1889).

[215] Wien. med. Presse, vol. 27, 1407-09 (1886).

[216] Int. klin. Rdsch., vol. 1, 19 sg. (1887).

[217] Ibid., vol. 3, 891-93 (1889).

[218] A. Schnitzler, Wien. klin. Rdsch., vol. 9, 662 sg., 6795g., 696 sg. (1895).

[219] Si veda Olga Schnitzler, Spiegelbild der Freundschaft (Residenz Verlag, Salisburgo 1962).

[220] A. Schnitzler, Anatol (1889), trad- it. (Ateneo, Roma 1967).

[221] Id., Paracelsus (1892), in Gesammelte Werke, 1: Die Theaterstücke (Fischer, Berlino 1912) vol. 2, p. 957.

[222] Id., Leutnant Gusti (Fischer, Berlino 1901).

[223] Id., Frau Beate und ihr Sohn (Novella) (Fischer, Berlino 1913).

[224] Id., Ueber Krieg und Frieden (Bermann-Fischer, Stoccolma 1939).

[225] Id., Der Geist im Wort und der Geist in der Tat (Fischer, Berlino 1927).

[226] Id., Buch der Sprüche und Bedenken. Aphorismen und Fragmente (Phaidon-Verlag, Vienna 1927).

[227] Id., Flucht in die Finsternis (Fischer, Berlino 1931).

[228] Jones, Vita e opere cit., vol. 3, pp. 108 sg.

[229] H. Hesse, Der Regenmacher, in Das Glasperlenspiel (Fretz & Wasmuth, Zurigo 1943) vol. 2, pp. 261-328.

[230] L. Agassiz, Methods of Study in Natural History (Houghton, Mifflin & Co., Boston, 14ª ed. 1882) pp. 296-98.

[231] Agassiz diceva: "Ho mostrato che c'è una corrispondenza tra la successione dei Pesci nelle epoche geologiche e i diversi stadi del loro sviluppo nell'uovo: questo è tutto." Quanto a Karl Ernst von Baer, il lavoro di tutta la sua vita è condensato in questa frase: "Tutti gli animali nascono da uova, e quelle uova sono identiche, all'inizio."

[232] Freud, Beobachtungen über Gestaltung und feineren Bau der als Hoden beschriebenen Lappenorgane der Aals, Sber. K. Akad. Wiss. Wien, vol. 75, sez. 1, 417-31 (1877).

[233] Id., Ueber den Ursprung der hinteren Nervenwurzeln im hinteren Rückenmark Ammocoetes (Petromyzon Planeri), Sber. math.-naturwiss. Classe K. Akad. Wiss., vol. 75, sez. 3, 15-27 (1877).

[234] Id., Eine neue Methode zum Studium des Faserverlaufes im Zentralnervensystem, Arcli. Anat. Physiol., Anat. Abt., 453-60 (1884).

[235] Id., Die Struktur der Elemente des Nervensystems, Jb. Psychiat, vol. 5, 221-29 (1884)

[236] Id., Ein Fai] von Hirnblutung mit indirekten basalen Herdsymptomen bei Skorbut Wien. med. Wschr., vol. 34, 244 (1884); Id., Ein Fall von Muskelatiophie mit ausgebreiteten Sensibilitätsstörungen (Syringomyelie), ibid., vol. 35, 389, 425 (1885); Id., Akute multiple Neuritis der Spinalen- und Hirnnerven, ibid., vol. 36, 168 (1886).

[237] S. Freud e O. Rie, Klinische Studie über die halbseitige Cerebrallähmung der Kind« (Deuticke, Vienna 1891).

[238] Freud, Zur Auffassung der Aphasien. Eine kritische Studie (Deuticke, Lipsia e Vienna 1891).

[239] Steinthal, Einleitung in die Psychologie der Sprachwissenschaft (Dümmler, Berlino 1881).

[240] L'importanza della teoria di Steinthal è stata sottolineata da H. Delacroix, Linguistique et psychologie, J. psycho!., vol. 20, 798-82; (1923); Id., Le langage et la pensée (Alcan, Parigi 1924) pp. 493 sg. Si veda anche O. Marx, Aphasia Studies and Language Tfieory in the 19th Century, Bull. Hist. Med., vol. 40, 328-49 (1966).

[241] A. Ombredane, L'aphasie et l'élaboration de la pensée explicite (PUF, Parigi 1951) pp. 107-09.

[242] Jones dice che nelle biblioteche inglesi non esiste nessuna copia del libro di Freud sull'afasia e che esso non fu menzionato da Head. Ho fatto di persona la prova in due biblioteche, quella del British Museum e quella del Wellcome Historical Museum, e ho costatato che entrambe posseggono una copia dell'edizione originale tedesca. Il nuovo concetto freudiano di agnosia è riconosciuto da H. Head, Aphasia and Kindred Disorders of Speach (Cambridge Univ. Press, Cambridge 1926) vol. 1, p. 10;. Inoltre il libro di Freud fu citato, insieme con scritti di altri autori, da H. Bergson, Matière et mémoire (Alcan, Parigi 1896) p. 131.

[243] E. Rosenthal, Contribution à l'étude des diplégies cérébrales de l'enfance, Tesi di medicina, N. 761, Lione (1892-93).

[244] Freud, Zur Kenntnis der cerebralen Diplegien des Kindesalters (Deuticke, Lipsia ej Vienna 1893).

[245] Int. klin. Rdsch., vol. 7, 1209 (1893).

[246] Freud, Les diplégies cérébrales infantiles, Revue neurol., vol. 1, 177-83 (1893).

[247] Id., Die infantile Cerebrallähmung, in H. Nothnagel, "Handbuch der speziellen Pathologie und Therapie" (Holder, Vienna 1897) vol. 9, pt. 2, sez. 2.

[248] Citato da Van Gehuchten, Contribution à l'étude du faisceau pyramidal, J. Neurol. Hypnol., vol. 1, 336-45 (1897).

[249] Ibid.

[250] II titolo tedesco Entwurf einer Psychologie è stato dato dai curatori di Aus den Anfängen der Psychoanalyse (1950). Il Progetto, in traduzione italiana riveduta, è ora compreso nel vol. 2 delle "Opere di S. Freud".

[251] Si veda Ellenberger, Fechner and Freud, Bull. Menninger Clin., vol. 20, 201-14 (1956).

[252] H. Sachs, Vorträge über Bau und Thätigkeit des Grosshirns und die Lehre von der Aphasie und Seelenblindheit für Aerzte und Studierende (Preuss & Jünger, Breslavia 1893) p. 110.

[253] P. Amacher, Freud's Neurological Education and Its Influence on Psychoanalytic Theory, "Psychological Issues", vol. 4, N. 4 (International Univ. Press, New York 1965).

[254] E. Brücke, Vorlesungen über Physiologie, 2 voll. (Braumüller, Vienna 1876).

[255] T. Meynert, Klinische Vorlesungen über Psychiatrie (Braumüller, Vienna 1890).

[256] S. Exner, Entwurf zu einer physiologischen Erklärung der psychischen Erscheinungen (Deutiscke, Vienna 1894).

[257] Bl. Jüd. Frauenbundes, vol. 12, N. 7-8 (luglio-agosto 1936). Numero speciale dedicato a Bertha Pappenheim.

[258] Dora Edinger, Bertha Pappenheim, Leben und Schritten (Ner-Tamid-Verlag, Francoforte s. M. 1963).

[259] L'identità di Bertha Pappenheim e Anna O. è stabilita da Dora Edinger nella sua bio-biografia e mi è stata confermata da una comunicazione personale di membri delle due famiglie Breuer e Pappenheim.

[260] S. Freud e J. Breuer, Studi sull'isteria (1892-95).

[261] Jones, Vita e opere cit., vol. 1.

[262] Jung, Notes on the Seminar in Analytical Psychology cit.

[263] Dora Edinger mi informò che da un modulo di registrazione (Meldezettel) rinvenuto di recente nell'archivio comunale di Francoforte, Bertha Pappenheim e sua figlia giunsero in quella città nel novembre 1888; non è stato però possibile scoprire dove esse vissero tra il 1882 e il 1888.

[264] La data che Breuer indica per la morte del padre di Anna O. è tuttavia identica a quella che nella Heimat-Rolle di Vienna risulta essere la data di morte di Siegmund Pappenheim: 5 aprile 1881.

[265] Jones aggiunge che Dora Breuer si suicidò a New York nel 1942; in realtà, stando a informazioni ricevute dalla comunità ebraica di Vienna, essa si suicidò a Vienna per non essere assassinata dai nazisti.

[266] Sono riconoscente per l'aiuto ricevuto nelle mie ricerche dai signori Schramm, di Gross Enzersdorf, e da Karl Neumayer, sindaco di Inzersdorf, e dal dottor W. Podhajsky, direttore dell'ospedale psichiatrico di Vienna (Psychiatrisches Krankenhaus der Stadt Wien).

[267]Mea culpa! In pubblicazioni precedenti ho riferito la storia di Anna O. secondo la versione datane da Jones, senza applicare la norma di controllare ogni dato.

[268] Vedi cap. 2, pp. 83-95 e cap. 3, pp. 150-53.

[269] J. Dalma, La catarsis en Aristoteles, Bernays y Freud, Revta Psiquiat. Psicol. med., vol. 6, 253-69 (1963); Id., Reminiscencias culturales clásicas en algunas corrientes de psicologia moderna, Revta Fac. Med. Tucumân, vol. 5, 301-32 (1964).

[270] J. Bernays, Zwei Abhandlungen über die Aristotelische Theorie des Drama (Hertz, Berlino 1880).

[271] W. Wetz, Shakespeare vom Standpunkte der vergleichenden Literaturgeschichte (Haendcke, Lehmkübe, Amburgo 1897) p. 30. Wetz lamentava che in seguito al trattato di Bernays c'era stata una tale mania per l'argomento della catarsi, che relativamente poca gente si interessava ancora alla storia del dramma.

[272] Sono grato al dottor Wolfgang Binswanger, direttore della casa di cura Bellevue, per le fotocopie che mi ha fornito e per l'autorizzazione a utilizzarle.

[273] Si veda Ola Andersson, Studìes in the Prehistory of Psychoanalysis cit.

[274] A. Villaret, Handwörterbuch der gesamten Medizin, 2 voll. (Stoccarda 1888-91) vol. 1 (1888) pp. 886-92, s.v. "Hysterie".

[275] Breuer e Freud, Studi sull'isteria (1892-95) pp. 213-62.

[276] Andersson, A Supplement to Freud's Case History of Frau Emmy v.N. Scritto inedito.

[277] W. Leibbrand, Sigmund Freud, "Neue Deutsche Biographie", vol. 5 (Duncker & Humblot, Berlino 1961) pp. 407-09.

[278] Tlie Chronology of tlic Case o£ Frau Emmy von N., appendice alla trad. inglese degli Studi sull'isteria di Breuer e Freud nel vol. 2 della Standard Edition delle opere di Freud (pp. 307-09).

[279] Nella storia del caso della signora Emmy von N. esposto da Freud c'è un solo riferimento cronologico preciso: la paziente si era spaventata leggendo, nella "Frankfurter Zeitung" dell'8 maggio 1889, la storia di un crudele trattamento inflitto da un garzone a un ragazzino. L'ufficio archivio di tale giornale mi ha informato che un articolo simile non si è potuto trovare nella "Frankfurter Zeitung" lungo tutto il mese di maggio del 1889. Ciò confermerebbe l'opinione espressa dai curatori della Standard Edition che Freud modificò non soltanto nomi e luoghi, ma anche, nel caso in questione, la cronologia del racconto.

[280] Questa conferenza fu recensita in Int. klin. Rdsch., vol. 6, 814-18, 853-56 (1892).

[281] Freud, Un caso di guarigione ipnotica (1888-92).

[282] Recensita da E. Mandi, Int. klin. Rdsch., vol. 7, 107-10 (1893).

[283] Freud, Alcune considerazioni per uno studio comparato delle paralisi motorie organiche e isteriche (1893).

[284] Recensione di E. Mandi, Int. klin. Rdsch., vol. 7, 868 sg. (1893).

[285] Breuer e Freud, Meccanismo psichico dei fenomeni isterici (1893).

[286] Vedi cap. 10, p. 889.

[287] Freud, Charcot (1893).

[288] P. Richer, Etudes cliniques sur l'hystéro-épilepsie ou grande hystérie (Delahaye & Lecrosnier, Parigi 1881) pp. 103, 116, 122.

[289] Freud, Le neuropsicosi da difesa (1894).

[290] Id., Legittimità di separare dalla nevrastenia un preciso complesso di sintomi come "nevrosi d'angoscia" (1894).

[291] E. Hecker, Ueber larvierte und abortive Angstzustände bei Neurasthenie, Zentbl. Nervenheilk., vol. 16, 565-72 (1893).

[292] M. Krishaber, De la névropathie cérébro-cardiaque (Masson, Parigi 1873).

[293] P. J. Kowalewsky, Die Lehre vom Wesen der Neurasthenie, Zentbl. Nervenheilk., vol. 13, 241-44, 294-319 (1890).

[294] Breuer e Freud, Studi sull'isteria (1892-95).

[295] Freud, L'ereditarietà e l’etiologia delle nevrosi (1896); Id., Nuove osservazioni sulle neuropsicosi da difesa (1896).

[296] Id., Etiologia dell'isteria (1896).

[297] Ciò era già implicito nella teoria di Charcot della grande hystérie, come è sviluppata in Richer, Etudes cliniques cit.

[298] Questo era il metodo terapeutico di Janet; vedi cap. 6, pp. 432-35.

[299] Freud, Le origini della psicoanalisi cit., lettera a Fliess del 21 settembre 1897.

[300] A Eugen Bleuler si attribuisce comunemente l'introduzione del termine Tiefenpsychologie (psicologia del profondo), che era diffuso al tempo in cui la psicoanalisi era identificata con la psicologia dell'inconscio.

[301] Vedi cap. 3, pp. 145 sg.

[302] Vedi cap. 3, pp. 179-82.

[303] Vedi cap. 5, pp. 356-66.

[304] Quando Freud sostiene (Interpretazione dei sogni, 1899, p. 86) a proposito del libro di Scherner, che sarebbe scritto in uno stile talmente ampolloso da suscitare l'antipatia del lettore, questo è vero soltanto per quanto riguarda la prefazione, non l'insieme del volume, il cui stile è invece conciso e semplice, seppure non vivace.

[305] K. A. Scherner, Das Leben des Traumes (Berlino 1861) p. 203.

[306] Lynkeus (pseud. di J. Popper), Phantasien eines Realisten (Reissner, Dresda 1899), vol. 2, pp. 149-63.

[307] Detto per inciso, Filone di Alessandria aveva già scritto: "Perfino le visioni che essi hanno nel sonno sono, necessariamente, più chiare e più pure per coloro che giudicano ciò che è moralmente bello preferibile per sé stesso, proprio come le loro azioni durante il giorno non possono che essere più degne di apprezzamento" (Filone, De somniis).

[308] Il dottor André Cuvelier di Nancy, che ha fatto studi speciali sull'opera di Liébeault, m'informa che l'idea che "il sogno è il custode del sonno" è in diretto contrasto con la dottrina di Liébeault. (Per Liébeault è la fissazione sull'idea del riposo a custodire il sonno, il sogno invece è un elemento perturbatore.) Sembrerebbe che Freud si sia richiamato a Liébeault confondendolo con un altro autore finora non identificato.

(309] Freud, Meccanismo psichico della dimenticanza (1898); Ricordi di copertura (1899); Psicopatologia della vita quotidiana (1901), pubblicati in "Monatsschrift für Psychiatrie und Neurologie".

[310] Id., Psicopatologia della vita quotidiana (1901).

[311] Bernfeld, An Unknown Autobiographical Fragment by Freud, Am. Imago, vol. 4, 3-19 (1946).

I312] Schopenhauer aveva osservato che chi fa un errore involontario nel cambiare denaro spesso lo fa a proprio vantaggio.

[313] W. von Goethe, Hör-, Schreib- und Druckfehler, in Goethes Werke (Cotta, Stoccarda e Tubinga 1833) vol. 45, pp. 158-64.

[314] R. Meringer e C. Mayer, Versprechen und Verlesen (Behrs Verlag, Berlino 1895).

[315] H. Gross, Handbuch für Untersuchungsrichter (Leuschner & Lubensky, Graz 1894) pp. 90, 93.

[316] F. T. Vischer, Auch Einer. Eine Reisebekanntschaft (Machler, Berlino 1879).

[317] J. Verne, Viaggio al centro della Terra (1864), trad. it. (Mursia, Milano 1967).

[318] Id., Ventimila leghe sotto i mari (1869), trad. it. (Utet, Torino 1959).

[319] Per esempio H. Silberer, Der Zufall und die Koboldstreiche des Unbewussten (Bircher, Berna 1921).

[320] Freud, Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905).

[321] T. Lipps, Komik und Humor (Voss, Amburgo 1898).

[322] Tra l'altro, questa è un'ennesima prova contro la diceria che Freud "odiò Vienna per tutta la vita" (vedi sopra, pp. 535 sg.).

[323] R. Dalbiez, La méthode psychanalitique et la doctrine freudienne (Desclée de Brouwer, Parigi 1936) vol. 1, pp. 7-37.

[324] Freud, Frammento di un'analisi d'isteria. (Caso clinico di Dora.) (1901).

[325] Vedi cap. 5, p. 350.

[326] Freud, Tre saggi sulla teoria sessuale (1905).

[327] Vedi cap. 5, pp. 341-56.

[328] A. Forel, Rückblick auf mein Leben (Europa-Verlag, Zurigo 1935) pp. 64 sg.

[329] G. Zilboorg, Sigmund Freud. His Exploration of the Mind (C. Scribner's Sons, New York 1951) pp. 73-75.

[330] Vedi cap. 5, p. 344; cap. 10, pp. 914-16.

[331] Vedi sopra, pp. 627 sg.

[332] Jahrbuch für sexuelle Zwischenstufen unter besonderer Berücksichtigung der Homosexualität (Spohr, Lipsia 1899) vol. 1.

[333] Vedi cap. 5, pp. 349 sg., 356.

[334] P. Georgiades, De Freud à Platon (Fasquelle, Parigi 1934).

[335] Vedi cap. 4, pp. 244-46.

[336] Vedi cap. 5, p. 356.

[337] E. Gley, Les aberrations de l'instinct sexuel, Revue phil., vol. 17, 66-92 (1884).

[338] M. Dessoir, Zur Psychologie der Vita sexualis, AHg. Z. Psychiat., vol. 50, 941-75 (1894).

[339] A. Moll., Untersuchungen über die Libido sexualis (Kornfeld, Berlino 1898) vol. 1.

[340] G. Herman, "Genesis". Das Gesetz der Zeugung, vol. 5: Libido und Manie (Strauch, Lipsia 1903).

[341] Vedi cap. 5, pp. 351 sg.

[342] E. Darwin, Zoonomia: or, the Laws of Organic Life (Johnson, Londra 1801) vol. 1, pp. 200 sg.

[343] S. Lindner, Das Saugen an den Fingern, Lippen etc. bei den Kindern (Ludeln), Jb. Kinderheilk. phys. Erzieh., n.s., vol. 14, 68 sg. (1879).

[344] C. Fourier, Pages choisies, a cura di C. Gide, "Recueil Sirey" (Parigi 1932). Si veda anche M. Leroy, Histoire des idées sociales en France (Gallimard, Parigi 1950) pp. 246-92.

[345] K. R. Hoffmann, Die Bedeutung der Excrétion im thierischen Organismus (1823), citato da F. von Müller, Spekulation und Mystik in der Heilkunde. Ein Ueberblick über die leitenden Ideen der Medizin im letzten Jahrhundert (Lindauer, Monaco 1914).

[346] F. S. Krauss e H. Ihm, Der Unrat im Sitte, Brauch, Glauben und Gewohnheitsrecht der Völker von John Gregory Bourke (Ethnologischer Verlag, Lipsia 1913).

[347] Vedi cap. 5, pp. 346 sg.

[348] Freud, Il motto di spinto e la sua relazione con l'inconscio (1905) cap. 2, § 7.

[349] H. Jung-Stilling, Theobald oder die Schwärmer, eine wahre Geschichte (Francoforte e Lipsia 1785).

[350] Vedi cap. 5, p. 352.

[351] Vedi cap. 5, p. 328.

[352] Choderlos de Laclos, Les liaisons dangereuses (1782), "Pléiade" (Gallimard, Parigi 1959) p. 263.

[353] J. Laforgue, Hamlet, ou les suites de la pitié filiale, La Vogue, vol. 3 (1886), ripubblicato in Œuvres complètes (Mercure de France, Parigi 1901) vol. 2, pp. 17-72.

[354] Stendhal, Vie de Henry Brulard (1836) (Union générale d'édition, Parigi 1964 cap. 3, pp. 57-67.

[355] H. G. Guterbock, Kumarbi, Mythen vom churritischen Kronos (Europa-Verlag, Zurigo 1946).

[356] G. Dumézil, Religion et mythologie préhistorique des Indo-Européens, in "Histoire générale des religions", a cura di M. Gorce e R. Mortier (Quillet, Parigi 1948) vol. 1, pp. 448-50.

[357] Vasubandhu, L'Abhidharmakosa de Vasubandhu, trad. e annotato da L. de La Vallée Poussin (Geuthner, Parigi 1923-26) vol. 2, pp. 50 sg. Una credenza simile si può trovare nel Libro tibetano dei morti.

[358] Freud, Sogni nel folklore. (In collaborazione con Ernst Oppenheim.) (1911).

[359] Laignel-Lavastine e Vinchon, Les maladies de l'esprit et leurs médecins du XVIe au XIXe siècle (Maloine, Parigi 1930) pp. 101-18.

[360] Vedi cap. 5, p. 357.

[361] J. A. Dulaure, Histoire abrégée des différents cultes (Guillaume, Parigi, 2a ed. 1825), vol. 1: Des cultes qui ont précédé et amené l'idolâtrie; vol. 2: Des divinités génératrices chez les anciens et chez les modernes.

[362] A. Kuhn, Die Herabkünft des Feuers und des Göttertranks (Dümmler, Berlino 1859).

[363] G.W. Cox, The Mythology of the Aryan Nations (Longmans. Green & Co., Londra 1870) vol.2, pp. 112-30.

[364] A. Nagele, Der Schlangen-Cultus, Z. Völkerpsychol. Sprachwiss., vol. 17, 264-89 (1887).

[365] A. de Gubernatis, La mythologie des plantes ou les légendes du règne végétal, 2 voll. (Reinwald & C.ie, Parigi 1882).

[366] Id., Mythologie zoologique ou les légendes animales (Durand & Pedone Lauriel, Parigi 1874),

[367] Vedi cap. 4, pp. 249-52.

[368] Il filosofo Léon Brunschvicg più tardi sottolineò che le interpretazioni mistiche del Cantico di Salomone date da austeri uomini di chiesa erano esattamente l'opposto dei commenti freudiani sugli scrittori mistici, "entrambi con la stessa aria di infallibilità". Si veda L. Brunschvicg, A propos de l'analogie, in "Mélanges offerts a Monsieur Pierre Janet" (D'Artrey, Parigi 1939) pp. 31-38.

[369] O. Rank, II mito della nascita degli eroi, trad. it. (Libreria psicoanalitica internazionale, Zurigo-Napoli-Vienna 1921).

[370] Una relazione su questa paziente, a proposito della quale tanto fu pubblicato, si può trovare in P. Sérieux e J. Capgras, Les folies raisonnantes; le delire d'interprétation (Alcan, Parigi 1909) pp. 386 sg.

[371] Vedi cap. 10, p. 919.

[372] Freud, Analisi della fobia di un bambino di cinque anni. (Caso clinico del piccolo Hans.) (1908).

[373] O. Pfister, Die psychoanalytische Methode (Klinkhardt, Lipsia e Berlino 1913) pp. 59 sg.

[374] Freud, Introduzione al narcisismo (1914).

[375] Id., Metapsicoìogia (1915): Pulsioni e loro destini, trad. it. in Musatti, Freud (con antologia freudiana) (Universale scientifica Boringhieri, N. 56).

[376] Id., Metapsicologia (1915): La rimozione, trad. it. in Musatti, Freud cit.

[377] Id., Metapsicologia (1915): L'inconscio.

[378] Id., Metapsicologia (191;): Supplemento metapsicologico alla teoria del sogno.

[379] Id., Metapsicoìogia (1915): Lutto e melanconia.

[380] Id., Al di là del principio di piacere (1920).

[381] II principio freudiano di piacere-dispiacere e della sua funzione economica è "sostanzialmente identico" al concetto di Fechner, secondo L. Binswanger, Erinnerungen an Sigmund Freud (Francke, Berna 1956).

[382] G. Tarde, Philosophie pénale (Storck, Lione 1890).

[383] Vedi cap. 4, pp. 241 sg.

[384] Novalis, Fragmente über Ethisches, Philosophisches und Wissenschaftliches, in Sämtliche Werke, a cura di C. Meissner, vol. 3 (1898), pp. 292, 168, 219.

[385] A. Tokarskij, Voprosi filosofii i psichologii (Mosca 1897) vol. 8, pp. 931-78. Sono grato al professor Sipkovenskij di Sofia, che fu tanto gentile da leggere quell'opuscolo e mandarmene un riassunto.

[386] E. Metchnikoff, Etudes sur la nature humaine. Essai de philosophie optimiste (Masson, Parigi, 3a ed. 1905) pp. 343-73.

[387] G.T. Fechner, Vier Paradoxa, in "Kleine Schriften von Dr. Mises" (Breitkopf & Härtel, Lipsia 1875).

[338] Sabina Spielrein, Die Destruktion als Ursache des Werdens, Jb. psychoanal, psychopath. Forsch., vol. 4, 464-503 (1912).

[389] C. Moxon, Freud's Death Instinct and Rank's Libido Theory, Psychoanal. Rev., vol. 13, 294-303 (1926).

[390] R. Schaukai, Eros Thanatos (Wiener Verlag, Vienna e Lipsia 1906).

[391] K. Menninger, Man Against Himselt (Harcourt & Brace, New York 3938).

[392] A. Mechler, Der Tod als Thema der neueren medizinischen Literatur, Jb. Psycho].

[393] Freud, L'Io e l'Es (1922).

[394] G. Groddeck, Il libro dell'Es. Lettere di psicoanalisi a un'amica, trad. it. (Adelphi, Milano 1968).

[395] Sacha Nacht, citato a memoria. Dietro mia richiesta Nacht rispose di ricordare d'aver dato tale definizione, ma di non poter assolutamente trovare il riferimento.

[396] Freud, Inibizione, sintomo e angoscia (1926), trad. it. (Boringhieri, Torino 1966).

[397] Anna Freud, L’Io e i meccanismi di difesa, trad. it. (Martinelli, Firenze 1967).

[398] H. Hartmann, The Development of the Ego Concept in Freud's Work, Int. J. Psycho-Anal., vol. 37, 425-38 (1956).

[399] Id., Psicologia dell'Io e problema dell'adattamento, trad. it. (Boringhieri, Torino 1968).

[400] Il rallentamento o l'arresto delle associazioni avrebbe potuto essere spiegato in molti modi. Attribuirlo alla resistenza interna del paziente e attribuire la resistenza a sua volta alla rimozione, questa fu la duplice ipotesi di Freud, come sottolinea R. Allers, The Successful Error: A Critical Study of Freudian Psychoanalysis (Sheed & Ward, New York 1940) cap. 1.

[401] Freud, Il metodo psicoanalitico freudiano (1903).

[402] Id., Le prospettive future della terapia psicoanalitica (1910).

[403] Id., Psicoanalisi "selvaggia" (1910), trad. it. in Musatti, Freud cit.

[404] Id., Tecnica della psicoanalisi: L'impiego dell'interpretazione dei sogni nella psicoanalisi (1911).

[405] Id., Tecnica della psicoanalisi: La dinamica della traslazione (1911).

[406] Id., Tecnica della psicoanalisi: Consigli al medico nel trattamento psicoanalitico (1911)

[407] Id., Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi (1913-14): 2. Ricordare, ripetere ed elaborare, trad. it. in Musatti, Freud cit.

[408] Id., Nuovi consigli sulla tecnica della psicoanalisi (1913-14): 3. Osservazioni sull'amore di traslazione, trad. it. in Musatti, Freud cit.

[409] Id., Vie della terapia psicoanalitica (1918).

[410] Id., Analisi terminabile e interminabile (1937).

[411] Id., Compendio di psicoanalisi (1938), trad. it. in Freud, Psicoanalisi (Esposizioni divulgative).

[412] R. Descartes, Lettera del 6 giugno 1647, in Œuvres et lettres, "Pléiade" (Gallimard, Parigi 1958) pp. 1272-78.

[413] Uno dei curatori di Descartes dice che storie più 0 meno simili furono raccontate da Stendhal e Baudelaire. S. De Sacy, Descartes par lui-même (Ed. du Seuil, Parigi 1956) p. 119.

[414] Vedi cap. 2, pp. 72 sg.

[415] Vedi cap. 3, pp. 179-82 e cap. 6, pp. 434 sg.

[416] R. Haym, Die romantische Schule (Gaertner, Berlino 1870) p. 617.

[417] L. Börne, Gesammelte Schriften (Baickler & Co., Milwaukee 1858) vol. 2, pp. 116 sg.

[418] "Aufrichtigkeit ist die Quelle aller Genialität": questa espressione è diventata proverbiale in Germania.

[419] Börne, Lichtsstrahlen aus seinen Werken (Brockhaus, Lipsia 1870).

[420] F. Galton, Mémoires of My Life (Methuen, Londra, 2" ed. 1908) p. 80.

[421] Freud, Azioni ossessive e pratiche religiose (1907), trad. it. in Musatti, Freud cit.

[422] Id., L'avvenire di un'illusione (1927).

[423] Id., Totem e tabù (1912-13), trad. it. (Universale scientifica Boringheri, N. 30).

[424] J- J- Atkinson, Primai Law, pubblicato come seconda parte di A. Lang, Social Origins

[425] W. Robertson Smith, Lectures on the Religion of the Semites, s. 1: The Fundamental Institutions (Black, Londra 1894).

[426] Un resoconto particolareggiato e critico di queste teorie è stato fatto da A. Van Gennep, L'état actuel du problème totémique (Leroux, Parigi 1920).

[427] T. Hobbes, Il Leviatano (1651), trad. it. (Utet, Torino 196;).

[428] Freud, Psicologia delle masse e analisi dell'Io, in Freud, Il disagio della civiltà e altri saggi (Boringhieri, Torino 1971).

[429] E. Dupréel, Y a-t-il une foule diffuse?, in "Centre international de synthèse, 4e semaine internationale: la foule", a cura di G. Bohn (Alcan, Parigi 1934) pp. 109-30.

[430] Tarde, Les lois de l'imitation (Alcan, Parigi 1890).

[431] Id., Les crimes des foules, in "Actes du Ille Congrès d'anthropologie criminelle, Bruxelles, août 1892" (Hayez, Bruxelles 1894) pp. 73-90.

[432] S. Sighele, La folla delinquente (1891).

[433] G. Le Bon, Psicologia delle lolle, trad. it. (Longanesi, Milano 1970).

[434] P. Reiwald, Vom Geist der Massen (Pan-Verlag, Zurigo 1946) pp. 131-42.

[435] Freud, Il disagio della civiltà (1929), trad. it. in Il disagio della civiltà e altri saggi cit.

[436] Vedi cap. 4, p. 216 e cap. 5, p. 32;.

[437] Freud, Introduzione alla psicoanalisi (nuova serie di lezioni) (1932), trad. it. in Freud, Introduzione alla psicoanalisi (prima e seconda serie di lezioni) (Universale scientifica Boringhieri, NN. 39/40) lez. 33, p. 531.

[438] Id., Precisazioni sui due princìpi dell'accadere psichico (1911), trad. it. in Musatti, Freud cit.

[439] Id., Il poeta e la fantasia (1907), trad. it. in Freud, Saggi sull'arte, la letteratura e il linguaggio (Boringhieri, Torino 1969) vol. 1.

[440] Id., Il perturbante (1919).

[441] Id., Il Mosè di Michelangelo (1913), trad. it. in Freud, Saggi sull'arte cit., vol. 1

[442] Binswanger, Erfahren, Verstehen, Deuten, in Ausgewählte Vorträge und Aufsätze (Francke, Berna 195;) vol. 2, pp. 40-66.

[443] W. Jensen, Gradiva - Fantasia pompeiana, trad. it. in Freud, Saggi sull'arte cit., vol. 2.

[444] Freud, Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci (1910), trad. it. in Saggi sull'arte cit., vol. 1.

[445] M. Schapiro, Leonardo and Freud: An Art Historical Study, J. Hist. Ideas, vol. 7, 147-78 (1956).

[446] K. R. Eissler, Leonardo da Vinci: Psychoanalytic Notes on the Enigma (Hogarth, Londra 1962).

[447] Freud, Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (dementia paranoides) descritto autobiograficamente. (Caso clinico del presidente Schreber.) (1910).

[448] Alcuni dati relativi al curriculum familiare e personale di Schreber, nonché a racconti del caso clinico, sono stati forniti da F. Baumeyer, The Schreber Case, Int. J. Psycho-Anal., vol. 37, 61-74 (1956).

[449] Ida Macalpine e R. A. Hunter, The Schreber Case, Psychoanal. Q., vol. 22, 328-71 (1953).

[450] Freud, Una nevrosi demoniaca nel secolo decimosettimo (1922).

[451] Macalpine e Hunter, Schizophrenia 1677: A Psychiatric Study of An Illustrated Autobiographical Record of Demoniacal Possession (Dawson & Sons, Londra 1956).

[452] Vandendriessche, The Parapraxis in the Haizmann Case of Sigmund Freud (Publications universitaires, Lovanio 1965).

[453] Freud, Dostoevskij e il parricidio (1927), trad. it. in Freud, Saggi sull'arte cit., vol. 1.

[454] Id., Mosè e il monoteismo: tre saggi (1934-38).

[455] E. Meyer, Geschichte des Altertums (Stoccarda, 5ª ed. 1926) vol. 1, t. 2, p. 679.

[456] F. Schiller, Die Sendung Moses, in Sämtliche Werke (Cotta, Stoccarda e Tubinga1836) vol. 10, pp. 468-500.

[457] K. Abraham, Amenhotep IV (Ichnaton), Imago, vol. 1, 334-60 (1912).

[458] D. Bakan, Sigmund Freud and the Jewish Mystical Tradition (Van Nostrana, Princeton 1958).

[459] Freud, Perché la guerra? (1932), trad. it. in Il disagio della civiltà cit., p. 287.

[460] E. Servadio, Freud's Occult Fascinations, Tomorrow, vol. 6, 9-16 (inverno 1958).

[461] Lou Andreas-Salomé, In der Schule bei Freud (Niehans, Zurigo 1958) pp. 191-93.

[462] Freud, Sogno e telepatia (1921).

[463] C. Tabori, My Occult Diary (Rider & Co., Londra 1951) PP. 213-19.

[464] Freud, Risultati, idee, problemi (1938).

[465] F. Nietzsche, Umano, troppo umano, trad. it. in "Opere di F. Nietzsche", voi. 4, t. 2

(Adelphi, Milano 1965) p. 138.

[466] Vedi sopra, pp. 512-18.

[467] Maria Dorer, Historische Grundlagen der Psychoanalyse (Meiner, Lipsia 1932) pp. 128-43.

[468] Vedi cap. 5, pp. 351 sg. [469] Sono grato a Erna Lesky, direttrice dell'Istituto di storia della medicina dell'Università di Vienna, che richiamò la mia attenzione sull'opera di Moritz Benedikt e sulla sua influenza sulla psichiatria dinamica.

[470] Vedi cap. 5, p. 353.

[471] M. Benedikt, Aus der Pariser Kongresszeit. Erinnerungen und Betrachtungen, Int. klin. Rdsch., vol. 3, 1611-14, 1657-59.7

[472] Dorer, Historische Grundlagen cit., pp. 71-106.

[473] G. A. Lindner, Lehrbuch der empirischen Psychologie nach genetischer Methode (Wiesner, Graz 1858).

[474] Freud, Precisazioni sui due princìpi dell'accadere psichico (1911), trad. it. in Musatti, Freud cit.

[475] Vedi cap. 4, pp. 247-52.

[476] Vedi cap. 5, pp. 341-56. [477] Vedi cap. 5, pp. 356-66.

[478] Vedi cap. 5, pp. 366-74.

[479] V. Pareto, Le mythe vertuïste et la littérature immorale (Rivière, Parigi 1911). Si veda anche G. H. Bousquet, Vilfredo Pareto, sa vie et son œuvre (Payot, Parigi 1928) p. 144.

[480] Vedi cap. 5, pp. 353 sg., e sopra, p. 573.

[481] Vedi cap. 3, p. 128.

[482] Vedi sopra, pp. 600 sg.

[483] Vedi cap. 6, pp. 420-33.

[484] XVIIth International Congress of Medicine (Londra 1913) sez. 12, pt. 1, pp. 15-64.

[485] Vedi cap. 6, pp. 468 sg.

[486] Vedi cap. 6, p. 426.

[487] Vedi cap. 6, pp. 434 sg.

[488] Jones, The Action of Suggestion in Psychotherapy, J. abnorm. Psychol., vol. 5, 217-54 (1911).

[489] E. Régis e A. Hesnard, La psychoanalyse des névroses et des psychoses (Alcan, Parigi, 2° ed. 1922) p. 352.

[490] Vedi sopra, p. 603.

[491] E. Krapf, Lichtenberg und Freud, Acta Psychother. psychosom. orthopaedag., vol. 1, 241-55 (1954)

[492] J. A. Sours, Freud and the Philosophers, Bull. Hist. Med., vol. 35, 326-45 (1961).

[493] X. Bichat, Recherches physiologiques sur la vie et la mort (Brosson, Gabon & Co., Parigi 1796) p. 84.

[494] Vedi cap. 4, pp. 277 sg.

[495] Vedi cap. 4, PP- 274 sg.

[496] Vedi cap. 4, pp. 28isg.

[497] Dora Stockert-Meynert, Theodor Meynert und seine Zeit (Oesterreichischer Bundesverlag, Vienna e Lipsia 1930) pp. 149-56.

[498] J. R. Barclay, Franz Brentano and Sigmund Freud: An Unexplored Influence Rela-tionship (Idaho State College, 17 ottobre 1901). Ciclostilato.

[499] Vedi cap. 4, pp. 240-42.

[500] Vedi cap. 4, pp. 253-62.

[501] Vedi cap. 4, PP- 245 sg.

[502] F.W. Foerster, Erlebte Weltgeschichte, 1869-1953. Memoiren (dock & Lutz, Norimberga 1953) p. 98.

[503] Witteis, Freud and His Time cit.

[504] Freud, Alcuni tipi di carattere tratti dal lavoro psicoanalitico (1916), cap. 3 "I delinquenti per senso di colpa", trad. it. in Freud, Saggi sull'arte cit., vol. 1, p. 251.

[505] Vedi cap. 5, pp. 324-26. Si veda anche C. Dimitrov e A. Jablenski, Nietzsche und Freud, Z. psychosom. Med. Psychoanal., vol. 13, 282-98 (1967).

[506] Questo termine fu coniato sul nome dell'eroe di un romanzo di I. Gonòaròv, Oblòmov (1859), trad. it. (Einaudi, Torino 1965).

[507] Freud, Dalla storia di una nevrosi infantile. (Caso clinico dell'uomo dei lupi.) (1914), trad. it. in Freud, Psicoanalisi infantile (Universale scientifica Boringhieri, N. 29).

[508] Ruth Mack Brunswick, Supplemento alla "Storia di una nevrosi infantile" di Freud, in R. Fliess, Letture di psicoanalisi (Boringhieri, Torino 1972).

[509] Bakan, Sigmund Freud and the Jewish Mystical Tradition cit.

[510] W. Fliess, Die Beziehungen zwischen Nase und weiblichen Geschlechtsorganen in ihrer biologischen Bedeutung dargestellt (Deuticke, Lipsia e Vienna 1897). In questo libro Freud è citato più volte, in particolare alle pp. 12, 99, 192, 197 sg., 218.

[511] C'erano, ad esempio, gli attacchi sarcastici di Benedikt, Die Nasen-Messiade von Fliess, Wien. med. Wschr., vol. 5, 361-65 (1901).

[512] Vedi cap. 5, p. 344 e cap. 10, pp. 914-16.

[513] Vedi cap. 5, pp. 350 sg.

[514] R. Poggioli, Rozanov (Hillary House, New York 1962); V. V. Rozanov, Solitaria, con una breve storia della vita dell'autore a cura di E. Gollerbacli, trad. ingl. (Wishart & Co., Londra 1927).

[515] Rozanov, Izbrannoe. Vstupilelnaija statija i redakcija ju, P. Ivaska (Izdatelstvo Imeni Čekova, New York 1956).

[516] C. Laufer, Di. Joseph Winthuis zum Gedächtnis, Anthropos, vol. 51, 1080-82 (1956).

[517] J. Winthuis, Das Zweigeschlechterwesen bei den Zentralaustraliern und anderen Völkern (Hirschfeld, Lipsia 1928).

[518] Id., Einführung in die Vorstellungswelt primitiver Völker. Neue Wege der Ethnologie (Hirschfeld, Lipsia 1931); Id., Mythos und Kulturgeheimnisse (Strecker & Schröder. Stoccarda 1935); Id., Mythos und Religionswissenschaft (ed. privata dell'autore. Moosburg 1936).

[519] Eissler, Medical Orthodoxy and the Future of Psychoanalysis (International Univ. Press, New York 1965).

[520] R. LaPiere, The Freudian Ethic (Duell, Sloane & Pierce, New York 1959).

[521] Vedi cap. 4, pp. 271-78.

[522] Uno dei primi pionieri di tali studi fu l'etnologo francese Arnold van Gennep. Il suo libro La formation des légendes (Flammarion, Parigi 1929) è ormai superato, ma ha avuto il merito di indicare la strada.

[523] R. Etiemble, Le mythe de Rimbaud (Gallimard, Parigi 1961).

[524] Vedi cap. 5, pp. 311-13.

[525] Vedi cap. 10, pp. 933 sg., 962, 970-74.

[526] Vedi cap. 10, pp. 942-48.

[527] Vedi cap. 10, pp. 986, 992.

[528] Vedi cap. 10, pp. 966 sg.

[529] Vedi cap. 10, pp. 996 sg.

[530] Vedi sopra, pp. 594-96 e cap. 10, p. 1002.

[531] Vedi cap. 4, p. 289, nota 11.

[532] Si veda, ad esempio, Critical Essays on Psychoanalysis, a cura di S. Rachman (Macmillan, New York 1963).

[533] J. Lacan, Ecrits (Ed. du Seuil, Parigi 1966).

[534] Binswanger, Erfahren, Verstehen, Deuten cit., vol. 2, pp. 67-80; P. Ricoeur, De l'interprétation. Essai sur Freud (Ed. du Seuil, Parigi 1965).

[535] Vedi cap. 1, pp. 46 sg.